"Mirra" di Vittorio Alfieri: i versi più belli




Mirra: tragedia dell'amore incestuoso che Mirra vive per il padre Ciniro, condotta sapientemente attraverso i meandri dell'anima della fanciulla incolpevole. Gli Dei, l'ira di Venere contro l'orgoglio della madre Cecri, hanno alimentato nella sua fragile carne l'orrendo peccato. Mirra è sola, abbandonata, nessuno può aiutarla. Vive soffrendo in silenzio. Solo in fine un breve velato accenno alla sua passione. è quanto basta, perché nella sua mente, quel grido ormai insopprimibile e rivelatore, sostituisca all'immagine dell'Amore-impossibile l'immagine della Passione-Morte. Mirra, con la spada del padre, si uccide.


Atto Primo, Scena Prima

Cecri: Vieni, o fida Euriclèa: sorge ora appena
l'alba; e sì tosto a me venir non suole
il mio consorte. Or, della figlia nostra
misera tanto, a me narrar puoi tutto.
Già l'afflitto tuo volto, e i mal repressi
tuoi sospiri, mi annunziano...

Euriclèa: Oh regina!...
Mirra infelice, trascina una vita
peggio assai d'ogni morte.
[...]

Cecri: è ver, ch'io da gran tempo
di sua rara beltà languire il fiore
veggo: una muta, una ostinata ed alta
malinconia mortale appanna in lei
quel sì vivido sguardo: e, piangesse ella!...
Ma, innanzi a me, tacita stassi; e sempre
pregno ha di pianto, e asciutto sempre ha il ciglio.
E invan l'abbraccio; e le chieggo, e richieggo,
invan ognor, che il suo dolor mi sveli.
Niega ella il duol; mentre di giorno in giorno
io dal dolor strugger la veggio.

Euriclèa: [...] D'amor non è dunque il suo male. Amore,
benchè di pianto e di sospir si pasca,
pur lascia ei sempre un non so che di speme,
che in fondo al cor traluce; ma di speme
raggio nessuno a lei si affaccia: è piaga
insanabil la sua; pur troppo!... Ah! morte,
ch'ella ognor chiama, a me deh, pria venisse!


Atto Secondo, Scena Prima

Perèo: [...] Ah! riamarmi, forse
Mirra il vorrebbe, e par nol possa [...]
Or sappi, ch'ella a me sempre tremante
viene, ed a stento a me si accosta; in volto
d'alto pallor si pinge; [...] nel suolo le pupille, sempre
di pianto pregne, affigge; in doglia orrenda
sepolta è l'alma; illanguidito il fiore
di sua beltà divina: ecco il suo stato.
[...] Di sua tristezza, il labbro suo la niega;
ma di dolor pieno, e di morte, il viso
disperata la mostra. [...]

Scena Seconda

Perèo: [...] Di nuzial corona ornata il crine,
lieto ammanto pomposo, è ver, ti veggo:
ma il tuo volto, e i tuoi sguardi, e i passi, e ogni atto
mestizia è in te. [...]


Scena Quarta

Mirra: E me pur fai
rabbrividire, inorridir. Che osasti? 
Nullo omai de' celesti, e men la Diva
terribil nostra, è da invocar per Mirra.
Abbandonata io son dai Numi; aperto
è il mio petto all'Erinni; esse v'han sole
possanza, e seggio. Ah! Se riman pur l'ombra
di pietà vera in te, fida Euriclèa,
tu sola il puoi, trammi d'angoscia:
è lento, è lento troppo, ancor che immenso, il duolo.


Atto Terzo, Scena Prima

Mirra: Non tremo... Parmi;... od almen, non tremerò più omai,
poiché ad udirmi or sì pietosi state.
L'unica vostra, e troppo amata figlia
son io, ben so. Goder d'ogni mia gioja,
e v'attristar d'ogni mio duol vi veggo;
ciò stesso il duol mi accresce. Oltre i confini
del natural dolore il mio trascorre;
invan lo ascondo; e a voi vorrei pur dirlo...
ove il sapessi io stessa. Assai già pria,
ch'io fra'l nobile stuol de' proci illustri
perèo scegliessi, in me cogli anni sempre
la fatal mia tristezza orrida, era ita
ogni dì più crescendo. Irato un Nume,
implacabile, ignoto, entro al mio petto
si alberga; e quindi, ogni mia forza è vana
contro alla forza sua.... Credilo, o madre;
forte, assai forte (ancor ch'io giovin sia)
ebbi l'animo, e l'ho: ma il debil corpo,
egro ei soggiace;... e a lenti passi in tomba
andar mi sento... Ogni mio poco e rado
cibo, mi è tosco: ognor mi sfugge il sonno,
o con fantasmi di morte tremendi,
più che il vegliar, mi dan martìro i sogni:
nè dì nè notte, io non trovo mai pace,
nè riposo, nè loco. Eppur sollievo
nessuno io bramo; e stimo, e aspetto, e chieggo
come rimedio unico mio, la morte.
Ma, per più mio supplicio, co' suoi lacci
viva mi tien natura. Or me compiango,
or me stessa abborrisco: e pianto, e rabbia
e pianto ancora... è vicenda questa,
incessante, insoffribile, feroce
in cui miei giorni infelice trapasso.
Ma che?... Voi pur dell'orrendo mio stato
piangete? Oh madre amata!... Entro il tuo seno
ch'io suggendo tue lagrime, conceda
un breve sfogo anco alle mie!...

[...]

Deh! non mi torre ad esso,
o dammi tosto a morte...

[...]

Or mi ritraggo
a mie stanze, per poco: asciutto affatto
recar vo' il ciglio all'ara; e al degno sposo
venir gradita con serena fronte.


Atto Quarto, scena Terza

Mirra: Che dite voi? Già nel mio cor, già tutte
le Furie ho in me tremende. Eccole; intorno
col vipereo flagello e l'atre faci
stan le rabide Erinni: ecco quai merta
questo imenèo le faci...


Scena Quarta

Cecri: Oh parole!... Oh dolor!... Deh! Tu sei padre;
padre tu sei;... perchè innasprirla?...Or forse
non è abbastanza misera?... Ben vedi,
mal di sé stessa è donna; ad ogni istante
fuor di sé stessa è dal dolore...

Ciniro: Oh stato!... A sì terribil vista
non reggo... Ah! Sì, padre pur troppo io sono;
e di tutti il più misero... Mi sforza
già, più che l'ira, or la pietà. Mi traggo
a pianger solo altrove. Ah! Voi sovr'essa
vegliate intanto. In sé tornata in breve,
ella udrà poscia favellarle il padre.


Scena Settima

Mirra: Uscito è il padre?... Ei dunque
ei di uccidermi niega?... Deh! Pietosa
dammi tu, madre, un ferro (1); ah! Sì; se l'ombra
pur ti riman per me d'amore, un ferro,
senza indugiar, dammi tu stessa. Io sono
in senno appieno; e ciò ch'io dico, e chieggo,
so quanto importi: al senno mio, deh! credi;
n'è tempo ancor; ti pentirai, ma indarno,
del non mi aver d'un ferro oggi soccorsa.
[...] Ah! Troppo dolor mi accresce anco il vederti; il cuore,
nell'abbarracciarmi tu, vieppiù mi squarci...
Ma... oimè!... che dico? [...]
Tu vegliare al mio vivere? Ch'io deggia,
ad ogni istante, io rimirarti? Innanzi
agli occhi miei tu sempre? Ah! Pria sepolti
voglio in tenebre eterne gli occhi miei:
con queste man mie stesse, io stessa pria
me li vo' sverre, (2) io, dalla fronte...
[...]


(1) Spada
(2) Strappare, svellere.


Cecri: [...] Me dunque abborri?

Mirra: Tu prima, tu sola,
tu sempiterna cagione funesta
d'ogni miseria mia...

Cecri: Che parli?... Oh figlia!...
Io la cagion?... Ma già il tuo pianto a rivi....

Mirra: Deh! perdonami; deh!... Non io favello;
una incognita forza in me favella...
Madre, ah! Troppo tu m'ami, ed io...


Atto Quinto, Scena Seconda

Ciniro: [...] Già l'oltraggio tuo crudo i giorni ha tronchi
del misero Perèo [il promesso sposo di Mirra che ha capito che lei non lo ama]

Mirra: Che ascolto? Oh cielo!

Ciniro: Perèo, sì, muore; e tu lo uccidi. Uscito
del nostro aspetto appena, alle sue stanze
solo, e sepolto in un muto dolore,
ei si ritrae; null'uomo osa seguirlo.
Io, (lasso me!) tardo pur troppo io giungo...
Dal proprio acciaro trafitto, ei giacea
entro un mare di sangue: a me gli sguardi
pregni di pianto e di morte inalzava:...
e, fra i singulti estremi del suo labbro
usciva ancor di Mirra il nome.


Mirra: O Morte, Morte,
cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
sempre sarai?... [...] Me misera!... Ove sono?
Ove mi ascondo?... Ove morir? - Ma il brando
tuo mi varrà [rapidissimamente avventatasi al brando del padre, se ne trafigge]


Scena Terza

Ciniro: Più figlia
non c'è costei. D'infame orrendo amore
ardeva ella per... Ciniro...
[...] Deh! vieni: andiam, ten priego,
a morir d'onta e di dolore altrove


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