Ariosto: "Miser, fuor d'ogni ben "


Come tutti i sonetti dell'Ariosto, anche questo ha una struttura petrarchesca; l'orrido paesaggio alpestre cui fa riscontro l'animo del poeta tormentato dalla solitudine e dal pensiero della donna lontana, è reso con insolito vigore e con un'immediatezza sincera. 

Anche la stessa terzina finale, nonostante l'iperbole, rende con efficacia l'affanno del poeta.


Miser, fuor d'ogni ben, carco di doglia (1),

per questi aspri, selvaggi, orridi sassi (2), 

or con sicuri, or con dubbiosi passi,

mi vo struggendo d'empia, ardente voglia; (3)


ch'altro cielo, altre mura ed altra soglia

chiude 'l mio cor (4), e la mia Donna stassi lontan, 

forse con gli occhi umidi e bassi,

e a me di rivederla Amore invoglia.


Onde meco vaneggio e, pien di fele,

di gelosia, di noia e di martiri,

empio l'aria di duol la notte e 'l giorno;


tal che l'accese, amare mie querele

e le nebbie atre e folte dei sospiri

escon dei scogli e de le pietre intorno.



Note:

1) Carico di dolore.

2) Monti

3) Dallo sfrenato e ardente desiderio di rivedervi

4) Perché il mio cuore è chiuso sotto un cielo diverso, in una città (mura) ed in casa (soglia) diverse.