Era almeno dal 1995 che volevo leggere questo libro
ma risultavano già difficili da trovare (difatti all'epoca ne lessi pochissimi di questa serie). In biblioteca si trovano (non tutti)
"CONTROMANO"
"Nossignori, non andrò mai contromano", disse Tim.
"No e poi no. Soprattutto intorno ad una chiesa."
"Tu... che cosa?", strillarono gli altri.
"Non ci vado, contromano", ripeté Tim, deciso.
"In senso antiorario, insomma, da destra a sinistra. Non intorno a una chiesa, poco ma sicuro."
"Perché no?"
"Me l'ha detto la nonna. è pericoloso, mi ha detto. Possono succedere cose terribili."
Avevano giocato a nascondino fra le tombe e le lapidi del cimitero che circondava la vecchia chiesa, quasi tutte così alte e imponenti da sembrare fatte apposta per nascondervisi dentro.
Come "base" avevano usato il vecchio monumento ai Caduti e, appena uno di loro veniva avvistato, doveva correre a toccarlo prima che ci riuscisse il ragazzo che era "sotto".
A Tim l'idea non era piaciuta granché.
"è come se si ballasse sulle tombe", aveva protestato prima che gli altri riuscissero a persuaderlo a partecipare al gioco.
Ma ora si erano stancati di giocare e avevano deciso di organizzare una gara di corsa intorno alla chiesa e al cimitero.
E poi Tim se n'era uscito con quella faccenda del "contromano".
"Niente contromano", aveva detto, quando William aveva suggerito di andare in senso antiorario.
"Se proprio dobbiamo fare questa gara, sarà meglio che corriamo in senso inverso."
"E che cosa dovrebbe succedere, se vai contromano?"
"Qualcosa di brutto", rispose Tim, vago. "Non so altro. Ma la nonna..."
"Di tua nonna ce ne facciamo un baffo, vero, ragazzi?", lo interruppe William.
Però, guardandosi intorno, constatò che anche gli altri parevano dubbiosi.
Dennis, per esempio, si era tirato indietro come se gli fosse passata la voglia di prendere parte alla gara. Kevin, le mani sui fianchi, si mordicchiava il labbro inferiore. Pete aveva abbassato gli occhi sul sentiero, come se avesse appena scoperto qualcosa d'interessantissimo in mezzo all'erba.
William conosceva bene quei segni premonitori.
"D'accordo. Vuol dire che andrò da solo. E farò il giro contromano o in senso antiorario o come altro volete chiamarlo", decise.
"E scommetto che non mi succederà un bel niente. Siete dei bei fifoni, a spaventarvi per le chiacchiere di una vecchietta scema."
"Mia nonna non è una vecchietta scema", affermò Tim. "Tu fallo, e vedrai quello che ti succederà."
"Lo farò, eccome", disse William. "E quando tornerò, faremo la gara, d'accordo? Ai blocchi di partenza... pronti... via!"
E scattò verso sinistra.
Gli altri rimasero a guardarlo, a disagio. Non gli sarebbe successo niente, di sicuro. Non era possibile. Non avrebbero dovuto dare ascolto alle chiacchiere di Tim.
Videro la testa e le spalle di William mentre il ragazzo costeggiava il muro del cimitero. Lo seguirono con lo sguardo quando girò l'angolo, dove il terreno diventava più basso, permettendo loro di scorgere soltanto la sua testa… e poi niente del tutto.
Fra un momento William avrebbe svoltato l'altro angolo e sarebbe tornato indietro. Fino a quel momento, il muro di cinta avrebbe impedito loro di vederlo.
"Ho un'idea", annunciò Pete.
Quando William completò il giro, i suoi amici erano pronti a riceverlo.
"Fatto", disse. "Così ora possiamo farlo tutti insieme. Datemi solo il tempo di riprendere fiato."
Si curvò ansimando, le mani sulle ginocchia, e poi si raddrizzò.
"Su, mettiamoci in riga", disse.
Nessuno si mosse. Continuavano a guardare alla sinistra della chiesa, come se ancora aspettassero il suo arrivo.
"Allora?", sbottò William, spazientito.
Nessuno gli badò. E a quel punto William si rese conto che si erano messi d'accordo di fingere di non vederlo, per farlo spaventare.
"E va bene", disse dopo una breve riflessione. "Se è questo che volete, farò un altro giro."
Partì di nuovo, ma stavolta, quando il muro lo nascose alla vista degli amici, si fermò. Avrebbe restituito loro lo scherzo, pensò, facendo credere di essere sparito per davvero.
Rapidamente, procedette carponi per un po' e alla fine si acquattò dietro una grossa lapide, in attesa.
Di colpo notò una ragazza più o meno della sua età, nascosta dietro le lapide della tomba accanto, che lo fissava incuriosita.
"Ti stai nascondendo?" chiese la ragazza.
William annuì. "Ssst", le sussurrò, "potrebbero sentirti."
"Scusa"
"Che ci fai qui?", bisbigliò ancora William.
"Mi nascondo anch'io, no?"
"Da chi?". William non aveva visto altre ragazze nei paraggi.
"Dalle mie sorelle, naturalmente."
William la squadrò da capo a piedi. Aveva capelli biondi lunghi fino sulle spalle e un abito lungo fino ai piedi.
Le sorelle dovevano essere dall'altra parte del muro, per questo non le aveva viste.
"Perché sei vestita in quel modo?"
"Perché mi piace. Dai, vieni a sederti qui."
William esitò appena un attimo prima di schizzare a raggiungerla.
"Cos'è che non va nel mio vestito, secondo te?", chiese la ragazza.
"Mi sembra scomodo per correre e scavalcare i muri e via dicendo. è troppo lungo..."
"Mai avuto problemi. E poi questa è la moda. Come ti chiami?"
"William"
La conversazione stava diventando noiosa. Ormai era tempo che i suoi amici cominciassero a cercarlo. Kevin sarà il primo a muoversi, ci scommetto, pensò.
Prima avrebbero fatto un giro attorno al muro di cinta, e poi, non riuscendo a trovarlo, avrebbero guardato nel cimitero.
E a quel punto lui sarebbe saltato fuori e li avrebbe spaventati a morte.
Sì, aveva proprio calcolato tutto a puntino.
"Mi chiamo Jane", si presentò la ragazza.
"Ah, sì"
"Prima mi sono nascosta in una tomba... quella laggiù".
Gliela indicò.
William rivolse alla tomba un'occhiata distratta, più che altro per educazione, ma subito dopo la fissò con maggiore attenzione. Era un sepolcro rettangolare di pietra massiccia, che svettava di un metro buono sopra il terreno ed era coperto da una spessa lapide di marmo.
A giudicare dal suo stato, così corroso dalle intemperie, doveva avere almeno un centinaio di anni.
"Come hai fatto a infilarti là sotto?", chiese incredulo.
Nemmeno lui sarebbe riuscito a spostare quella lapide.
"Non è stato facile", ridacchiò la ragazza, "ma ce l'ho fatta. E sono perfino riuscita a richiuderla sopra di me. Era così umida e scivolosa, capisci, che non ho avuto problemi a farla scorrere. Il problema è stato che, una volta dentro, non sono più stata capace di spostarla per uscire."
William la fissò esterrefatto. "E allora come... come hai fatto?"
Che domanda sciocca!, si disse subito dopo. Di certo le sorelle l'avevano scoperta e l'avevano liberata.
"Non ce l'ho fatta", rispose la ragazza sorridendo.
Si alzò e si incamminò nell'erba.
"Jane! Ehi, Jane!", la chiamò William in un sussurro.
"Stai giù o ti vedranno."
"Non possono, stai tranquillo. Dai, vieni."
Stava per alzarsi anche lui, quando di colpo si bloccò, rendendosi improvvisamente conto di quello che lei gli aveva appena detto.
"Che significa che non ce l'hai fatta?", chiese, timoroso.
"Che sono rimasta là sotto. Le mie sorelle non mi hanno trovata, così le sto ancora aspettando. Sono morta di fame, naturalmente. Vieni a vedere dove sono sepolta."
Ora William stava sudando, e non per il caldo: era un sudore gelido, il suo.
Poi capì. La ragazza scherzava, ovviamente.
Tirò il fiato e si alzò e seguì quella ragazza dai lunghi capelli e dalla lunga veste e che portava - lo notò guardandola più da vicino - un paio di stivaletti neri abbottonati di lato.
Riuscì a leggere soltanto il nome, Jane, e due date prima di distogliere bruscamente lo sguardo dalla lapide che lei gli indicava.
Si guardò freneticamente intorno.
I suoi amici erano entrati nel cimitero e lo stavano cercando dietro ogni lapide, dietro ogni tomba.
Li chiamò a gran voce, ma loro non gli badarono. Cominciarono a sudargli le mani. Avrebbero dovuto vederlo e udirlo benissimo, e invece lo ignorarono completamente.
Inorridito, riportò lo sguardo sulla ragazza: continuava a sorridere, come se sapesse che cos'era successo.
"Vedi?", gli disse, "Adesso siamo praticamente uguali..."
"Oh, perdinci!" gli sfuggì di bocca.
Restò ritto lì, con le mani sulla bocca, mordicchiandosi le nocche e sforzandosi di escogitare un modo per rimettere le cose a posto, per farle tornare normali.
Contromano! Era quella la risposta, era quella la causa di tutto. Adesso sapeva che cosa fare.
Tornò di corsa verso il muro di cinta dietro la chiesa.
"Non andare!", gridò la ragazza; ma lui non le diede retta.
Raggiunse il muro e vi si arrampicò. Atterrito com'era riuscì a superarlo soltanto al secondo tentativo.
Si lasciò cadere sull'erba, poi si rialzò e prese a correre, più veloce che poteva, in senso orario, stavolta, fino a ritrovarsi davanti all'ingresso.
A quel punto chiamò di nuovo i suoi amici e quando li vide voltarsi, si affrettò a correre loro incontro.
"Non riuscivate a trovarmi, eh?", gridò, pregando che potessero sentirlo.
"Dove t'eri cacciato?", strillò Tim.
Sollevato oltre ogni dire, si affrettò a raggiungerli.
Aveva funzionato, dunque.
"Laggiù", rispose, indicando la lapide dietro la quale si era appostato.
Poi si diresse verso la tomba mostrategli da Jane e, con aria indifferente, provò a scoperchiarla. La lapide non si mosse.
William rabbrividì.
"è morta giovane, questa Jane", commentò Pete, leggendo l'iscrizione su una piccola pietra tombale vicino ai suoi piedi. "Aveva più o meno la sua nostra età. Chissà di che cosa è morta..."
"Di fame", rispose William, senza pensarci; poi, prima che potessero chiedergli come facesse a saperlo, aggiunse in fretta "Allora, la facciamo questa gara di corsa o no?" e dopo una breve pausa, riprese, "comunque, tanto per non correre rischi, andremo in senso orario... giusto nel caso che la nonna di Tim abbia ragione."
Andando verso l'uscita, si voltò un'ultima volta. Lei era ancora lì da qualche parte, ne era sicuro, in attesa che le sorelle venissero a salvarla. E la cosa più terribile era che sarebbe stata lì per sempre.
Di colpo, desiderò soltanto allontanarsi da quel posto orribile.
Non ci sarebbe più tornato, decise.
Perché se ci fosse tornato, sapeva che cosa sarebbe potuto accadere.
"D'altro canto", sbottò, "potremo anche lasciar perdere questa storia della corsa. Andiamo a fare qualcosa di più interessante, che ne dite?"









