Il Funerale di Giovanni Galeazzo Visconti

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Nel 1400, a Milano e dintorni, si sviluppò una nuova epidemia di peste che causò circa 20.000 morti.

Giovanni Galeazzo Visconti, signore della città, fece emanare una serie di disposizioni per combattere il flagello, tra cui quello di stendere un cordone sanitario attorno a Milano, ordinando che l'arrivo delle merci provenienti da sud si dovessero fermare a San Giuliano Milanese.


Il Duca, il 14 luglio 1400, scrisse da Pavia ai XII di provvisione e ai sindaci di Milano, dicendo che non trovava plausibile le loro ragioni di lasciare gli ammalati di peste nelle loro case, anziché trasportarli fuori Milano.

Giovanni Galeazzo dichiarò che era sua intenzione che gli ammalati venissero provvisti di tutto il necessario, sia di medici che di medicinali e che le persone sane, espulse dalla città, dovessero essere ospitate nei monasteri di Viboldone, Chiaravalle, Mirasole, Crescenzago e altri luoghi vicini.

Malgrado le precauzioni prese per debellarla, la peste uccise lo stesso duca di Milano, Giovanni Galeazzo, che morì nel castello di Melegnano il 3 settembre 1402.


La notizia della sua morte fu tenuta nascosta a causa della situazione politica del momento.

Il corpo del Duca fu portato nel monastero di Viboldone, dove gli furono estratti il cuore, in seguito donato alla basilica pavese di S.Michele, e i visceri portati in Francia e sepolti nel santuario di Sant'Antonio di Vienne.

Il corpo rimase a Viboldone.

In una cronaca contemporanea si può leggere che "corpus ex Melignano, ubi per secessum positus obierat Viboldonum per subitationem, jure majorem rerum, traslatum erat (Monasterium illud Humiliatorum est) ibique cum magnis diviis conditum, et sepultum"

I funerali di Stato furono celebrati il 20 ottobre, con una tale grandiosità da superare qualsiasi altra cerimonia dell'epoca: un grande corteo seguì in Duomo il feretro, privo però della salma del Duca, sepolta provvisoriamente nel cimitero del convento di Viboldone, dove rimase sino a quando fu terminato il monumento funebre costruito per lui nella Certosa di Pavia, che l'accolse definitivamente.