Shakespeare (3) Commento ai Sonetti

 Nota di Lunaria: i sonetti di Shakespeare li ho letti diversi anni fa e li preferisco ad altre sue opere. Purtroppo, però, non sono altrettanto famosi e conosciuti. Li riporto qui, con un commento introduttivo "nuovo di zecca" tratto da


La raccolta dei sonetti di Shakespeare, in numero di 154, più un'appendice costituita da un poemetto, "Lamento di un Amante", fu data alle stampe nella primavera del 1609. Si tratta di una storia scabrosa: talmente scabrosa che nel 1640 il letterato che ne curò la seconda edizione si fece premura di alterare tutti i pronomi, volgendoli al femminile, in modo da trasformare il giovane amico celebrato dal poeta in una giovane amica. I critici vittoriani, dal canto loro, preoccupati anch'essi di scagionare il più grande fra i poeti britannici dall'accusa di omosessualità, (*) puntarono sull'uso della parola "love" che nell'inglese di Shakespeare può significare oltre che amore anche affetto e amicizia.

(*) Nota di Lunaria: anche nella bibbia l'amicizia di Davide con Gionata è ambigua e sembra alludere ad un amore omosessuale. Forse anche perché Davide era stanco di aver copulato con più di settecento donne...

Tuttavia, la vicenda adombrata nei sonetti non ha nulla da spartire con l'amicizia: si tratta inequivocabilmente di una passione: tenera e struggente, gelosa e malinconica, senza tregua, ossessionata dal pensiero della morte. è vano cercare un ordine logico nei sonetti; la vicenda è appena accennata. La maggior parte dei componimenti, i primi 126, sono dedicati o fanno riferimento a un giovane bellissimo. I rimanenti (esclusi gli ultimi due, che sono di pura imitazione) alludono invece a una "dama bruna", "dark lady" che viene, in modo non ben chiaro, a frapporsi fra il poeta e il giovane amico o tra il poeta e un rivale. Vani sono stati i tentativi di dare un nome a queste elusive figure.
Del resto le infinite supposizioni non hanno altro valore che di curiosità.
La bellezza dei sonetti non risiede certamente nella vicenda storica che può averli ispirati, se mai ve ne fu una, ma sta innanzi tutto nella loro musicalità inimitabile; su questo schema, s'inseguono e balenano immagini di una bellezza struggente: volubili cieli estivi, luci d'alba, scintillio d'onde, tripudio di fiori, fanno da sfondo e insieme da richiamo alla bellezza dell'essere amato e ai suoi mutevoli umori di cui il poeta è schiavo. Su tutto, trascorre come un brivido, il pensiero della vecchiaia e della morte in agguato, che uccideranno quei fiori, che spegneranno quel sorriso. Per cui sgorga insistente, dalle labbra del poeta, la preghiera che l'amico si sposi e tramandi così ad altri esseri la sua fragile bellezza destinata al tramonto. Ma più forte di questa pallida speranza di immortalità attraverso la stirpe, suona la certezza del poeta, conscio del suo valore: la bellezza che egli canta non morrà, continuerà a vivere, perché affidata a versi immortali.

Qui riporto quei passaggi dei Sonetti che avevo trascritto perché mi erano piaciuti; purtroppo non possiedo i Sonetti di Shakespeare "nella mia collezione di libri" e all'epoca non avevo la possibilità di fotografare le copertine dei libri che noleggiavo...
Mi riservo di richiedere nuovamente in prestito il libro e di aggiungere la foto del libro nei prossimi mesi...

"Che il tempo infaticabile conduce l'estate nell'inverno orrido e ve l'affonda linfa stretta dal gelo, vive foglie perdute, beltà  sommersa in neve e squallore dovunque, se allor e non rimanesse l'essenza dell'estate, liquida prigioniera chiusa in mura di vetro..."

"Contempla in me quell'epoca dell'anno quando le foglie ingiallite, poche o nessuna, pendono da quei rami tremanti contro il freddo, nudi cori in rovina ove dolci cantaron gli uccelli.
Tu vedi in me il crepuscolo di un giorno, quale dopo il tramonto svanisce all'occidente, subito avvolto dalla notte nera, gemella della Morte che tutto sigilla nel riposo.
Tu vedi in me il languire di quel fuoco che aleggia sulle ceneri della propria giovinezza, come sul letto di morte su cui dovrà  spirare, consunto da ciò che già fu suo alimento."

"Di qui il tuo nome trarrà vita immortale anche s'io debba, morto, non lasciar più ricordo, la terra a me darà sol la fossa comune mentre tu avrai tomba degli uomini negli occhi.
Tuo sepolcro saranno i miei versi soavi, che occhi non ancor nati leggeranno...
Così tu nutrirai di Morte, che d'uomini si nutre e morta Morte più non accadrà di morire...."


La calligrafia di Shakespeare