Shakespeare (2): Giulietta e Romeo & Otello


Commento a "Giulietta e Romeo"

Giulietta e Romeo: due nomi inseparabili: i nomi degli amanti di Verona come le loro due ombre giovanili, sono avvinti per l'eternità.

Quando Shakespeare scrisse questo dramma era appena al di là della trentina: non abbastanza giovane, secondo la mentalità dell'epoca, per interpretare la parte di Romeo ma certamente abbastanza giovane per rammentare la dolcezza struggente, l'impazienza, il pianto degli amori giovanili e quel fascino irripetibile che ha l'incanto di tutto ciò che è mattutino: l'aurora, la rugiada, lo stupore del risveglio, il canto dell'allodola.

Storicamente, le basi della vicenda sono incerte: Shakespeare attinge, attraverso liberi versioni inglesi e francesi, a due celebri novelle italiane: quella del conte Luigi da Porto, pubblicata a Venezia nel 1535, e il rimaneggiamento che ne fece il frate Matteo Bandello.
Entrambi i novellieri affermano che il fatto è avvenuto a Verona, a cavallo tra Duecento e Trecento; tuttavia le cronache dell'epoca non ne serbano alcuna traccia e le famiglie dei Montecchi e dei Capuleti non risultano esistenti; per trovare un fondamento storico occorre trasformare i Montecchi in Monticoli e identificare i Capuleti nei signori Dal Cappello, appartenenti al clan dei conti di San Bonifacio, che un'accanita rivalità divideva dai Monticoli.
Soltanto alla fine del Cinquecento, uno storico veronese, il Della Corte, accenna alla tragica sorte dei due amanti e alla loro sepoltura in un'unica tomba. Questa tomba esiste, nel chiostro dei Cappuccini, vicino alla cappella dove, secondo la tradizione, frate Lorenzo celebrò le nozze segrete; e così pure si conserva la dimora duecentesca dei Dal Cappello, indicata come "La casa di Giulietta".

Nella vicenda di Giulietta e Romeo, ambientata in una cornice medioevale  e in una Verona che il poeta non aveva mai visto, echeggia un motivo eterno: il trionfo di un giovane amore sul mondo degli adulti, solo apparentemente ragionevoli, in realtà prigionieri di ambizioni meschine e rivalità.
Un tema simile era considerato esplosivo in un'epoca autoritaria come quella della regina Elisabetta; e difatti i divulgatori inglesi della novella l'avevano fatta precedere da lunghi prologhi giustificativi, in cui ammonivano i lettori a prendere esempio dalla fine tragica dei due innamorati per non lasciarsi travolgere dai "lascivi desideri e voglie insubordinate", fino a trascurare, colpa imperdonabile, "l'autorità e il consiglio di genitori e amici".
Paradossalmente la storia doveva servire non alla glorificazione dell'amore ma alla sua denuncia come fonti d'affanni e di tribolazioni senza fine.
Qualche tempo prima, due giovani nobili, lady Catherine Grey e il conte di Hertford, per essersi sposati segretamente e senza il consenso della regina, erano stati rinchiusi nella Torre di Londra.
La vicenda di Giulietta e Romeo toccava un aspetto scottante della vita di ogni giorno e i sostenitori più convinti furono i giovani; Shakespeare però, a differenza dei predecessori, non si preoccupò di moralizzare: la sua simpatia va tutta agli amanti; attraverso la loro passione rivive il tempo magico della sua vita, quando era egli stesso un innamorato, e invidia Giulietta e Romeo per essere morti prima di aver veduto consumarsi il loro sogno.






"L'Otello di Shakespeare: un evento realmente successo?"

Intorno al personaggio del Moro di Venezia si è creato una specie di enigma. Shakespeare ha voluto realmente scegliere un africano come protagonista della sua tragedia? Nella novella italiana di Giovan Battista Giraldi Cintio, da cui è desunto l'intreccio, la cosa è fuori dubbio: fin dal titolo l'autore accenna a un "capitano moro" e tutto lascia pensare che sia così anche nell'opera di Shakespeare. Ma nel 1873 Rawdon Brown, studioso di cronache italiane antiche, formulò un'ipotesi sorprendente: il Moro di Venezia non sarebbe un africano - l'espressione "moro" era estremamente vaga nel Seicento - bensì un gentiluomo di una stirpe dei Moro, famiglia patrizia veneziana: si sarebbe trattato di Cristoforo Moro, luogotenente della Serenissima Repubblica a Cipro, il quale all'inizio del XVI sec. rientrando in patria perdette la moglie in circostanze poco chiare. Shakespeare, secondo Rawdon Brown, dovette indulgere in una specie di gioco di parole trasformando colui che era stato Moro di nome in un moro in carne e ossa; ma la designazione di Cristoforo Moro come modello storico di Otello lascia perplessi, infatti, anche perché non si accorda con l'epoca dell'attacco dei Turchi conto Cipro, descritto con tanta esattezza da suggerire l'ipotesi che Shakespeare lo abbia appreso direttamente, frequentando la dimora dell'ambasciatore veneziano presso la Corte inglese. Alcuni suggeriscono che l'uccisione di Desdemona fu suggerita da un altro episodio, cronologicamente più vicino alla data della tragedia e avvenuto in ambiente veneziano: l'assassinio della gentildonna Lucrezia Cappello, uccisa dal marito Giovanni Sanudo, che sospettava un tradimento, senza il minimo fondamento. Giovanni, prima di ucciderla, la mandò a confessarsi in chiesa e la notte seguente la uccise con una stilettata alla gola. Il fatto avvenne nel 1602 e la vicenda destò interesse in tutta Europa, data la notorietà delle famiglie coinvolte.
Anche nella tragedia di Shakespeare compare questo particolare: Otello, prima di uccidere Desdemona, le dice: "Avete pregato stasera, Desdemona? Se vi sovviene d'alcuna colpa non ancora riconciliata al Cielo e alla grazia chiedetene perdono immediatamente"; il Moro, infatti, non vuole uccidere "l'anima di Desdemona", facendola morire in peccato mortale e condannandola all'inferno. Forse Shakespeare era a conoscenza del delitto di Giovanni Sanudo e le circostanze della morte di Lucrezia colpirono la sua fantasia, tanto che volle trasformarla in Desdemona, una delle più affascinanti e famose eroine creato dal suo genio.




Comunque, se si tiene presente l'ipotesi che il Moro sia effettivamente un africano, l'infame Iago è un bianco: odia il Moro che considera ingiustamente anteposto a lui nella carriera e desidera fargli del male.

A me è piaciuto molto il film "Othello" del 1995, anche se purtroppo non avendolo in dvd non posso riportare qualche fotogramma significativo...


 Lo avevamo trasmesso in tv parecchi anni fa su un'emittente privata, mi pare.


Nota di Lunaria: curiosamente, in "Candyman", celebre film dell'orrore, Daniel è figlio di schiavi e innamorato della bianca Caroline; la tragedia, nella storia di "Candyman" non è l'assassinio di Caroline - che indubbiamente ama Daniel come Desdemona ama Otello - ma la feroce tortura a cui i famigliari di Caroline, venuti a conoscenza del suo amore per Daniel, infliggeranno all'uomo: mutilarlo alla mano, cospargerlo di miele e lasciarlo in balia di uno stormo di api.













Infine, il nome "Desdemona" viene spesso menzionato nella musica Metal o Gothic. C'è una band polacca, ascrivibile ad un genere di rock alternativo-elettronico che si chiama proprio così! Anche se come monicker non è che sia proprio così adatto per la musica che fanno...


La mia canzone preferita dei Desdemona è "Bring In All". https://www.youtube.com/watch?v=Za0_1V9uMDQ

Esistevano poi i Power Metallers Desdemona, davvero bravi e che andrebbero riscoperti oggigiorno, anche se queste sonorità Power sanno troppo di "datato"  https://www.youtube.com/watch?v=B6OVcWrwcBo


e i Desdemona americani, autori di una sorta di rock\dark country tra Miami e I Love You But I've Chosen Darkness, che recensii svariati anni fa
http://desdemona.bandcamp.com/album/lost-in-the-valley-of-devils


p.s oggigiorno Shakespeare sarebbe un fan dei Cradle of Filth!!!




Per un altro approfondimento, vedi:
https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/12/shakespeare-milton-nel-commento-di-de.html