Shakesperare (8): la femminilità nel "Macbeth"

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è stato necessario attendere la critica femminista perché il re venisse denudato. Non si parla solo di Duncan o dell'usurpatore Macbeth: il re, in termini figurati, è l'elemento maschile che predomina in modo indiscusso nel testo. Come osserva con grande acume Marilyn French, "le prime parole umane che risuonano sul palcoscenico sono quasi un'epitome del dramma: What bloody man is that?"
Motivi metrici hanno determinato la resa italiana "Chi è quell'uomo che sanguina?"; ma l'originale, pur chiaro nel suo significato primario, presenta ben altri sottotoni, a cominciare dal "what" che può suggerire non tanto un'interrogazione sull'identità del singolo personaggio comparso in scena quanto un dubbio più generale su che cosa sia l'Uomo coperto di sangue che può assurgere a emblema di questa tragedia (e si aggiunga che "bloody" non corrisponde solo a "insanguinato" ma anche "sanguinario, maledetto").
Nel mondo del "Macbeth" i valori vincenti sono quelli "virili", sono l'epica delle teste mozzate, del nemico scucito "dall'ombelico fino alla mascella", mentre il principio femminile è martoriato o irriso, stravolto.
Si pensi alla feroce uccisione di Lady Macduff, priva della protezione di un marito che ha abbandonato la Scozia per motivi di strategia politica (motivi, cioè, di pertinenza esclusivamente maschile).
Re Duncan è insistentemente dotato di caratteristiche "femminili": ha un cuore traboccante, che lo rende incline alle lacrime e si esprime per metafore naturali; è insomma tanto gentile e mite da soccombere a Macbeth (Nota di Lunaria: che in una celebre battuta, afferma che Lady Macbeth dovrebbe partorire solo maschi).  Al contrario, Macduff che ucciderà il tiranno, è tanto poco "infettato" dall'elemento femminile, da essere stato strappato al ventre materno con lo squarcio violento di un parto cesareo.
è vero che sono le donne a mettere in moto gli sviluppi dell'azione, ma si tratta di donne innaturali, donne che si inoltrano in un terreno a loro precluso.
Le Sorelle Fatali sono femmine barbute (donne dotate di attributi maschili; donne che ribaltando l'ordine sociale - quindi naturale, quindi divino - aspirano al potere, quanto meno a quello della conoscenza). Lady Macbeth, quasi assumendo inconsciamente l'androginia delle streghe (Nota di Lunaria: Banquo infatti le apostrofa con "che creature son queste, tanto vizze e selvatiche d'aspetto (...) dovreste essere donne, pur se quelle barbe m'impediscono di pensarvi tali") invoca che le venga estirpato il sesso per potersi inserire in un universo virile e brutale che la rende capace di azioni, ancora una volta, "innaturali" per una donna; lo dimostra l'infanticidio teorico che prospetta a Macbeth nel momento in cui lo vede "svirilizzato", dall'incertezza e dai dubbi. E sappiamo che Lady Macbeth pagherà amaramente questa sua trasgressione, questa incursione nel dominio dell'altro sesso.

Nota di Lunaria: l'idea di donna barbuta è presente anche nel cristianesimo:


La morte di Macbeth determina una circolarità, una restaurazione dell'ordine iniziale e dei suoi valori, fondati sulla legittimità del massacro "lealista". Nell'immagine che in chiusura di dramma mostra il giovane re circondato dai suoi baroni, il potere torna ad essere l'unica preoccupazione e l'ultima realtà. In scena non restano che uomini: le streghe sono scomparse, e Lady Macbeth, inesorabile sposa fallica del tiranno, si è suicidata forse proprio nel momento in cui la sua natura "femminile" accennava a riprendere il sopravvento (un Jekill ante litteram?)

Nota di Lunaria: nel film di Polanski (1971) Lady Macbeth è rappresentata da un'attrice che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, ha fattezze angeliche e delicate, in vestiti dai toni pastello.


 Il principio femminile, "il latte dell'umana gentilezza", è sparito dai cieli della Scozia.