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Il paesaggio di Rosa Mezzera (Bergamo 1780 circa - Roma 1826)
veniva presentato all'Esposizione di Belle Arti di Brera nel 1810 come prova di pensionato straordinario a Roma, città in cui la pittrice risiedeva da ormai quattro anni e da cui inviava paesaggi e vedute ideali dell'agro romano che il Caimi giudicherà più tardi "senza originalità" perché "si accosta troppo servilmente allo stile seguito allora in quella città".
In realtà i paesaggi della Mezzera godevano di una buona considerazione da parte della critica (un dipinto "Cascatelle di Tivoli", forse questo, partecipava nel 1809 alla celebre mostra tenutasi in Campidoglio), ed erano esposti a Brera accanto alle opere di soggetto sacro di Giuseppe Diotti o a quelle mitologiche di Antonio Calliani. In questo modo le vedute che la Mezzera inviava da Roma tenevano aggiornati il panorama artistico e accademico lombardo visto che, nei primi decenni dell'Ottocento, alle Esposizioni la pittura di paesaggio era ancora affidata agli esempi dei tedeschi e, tra l'altro, bisognerà attendere il 1838 per vedere a Brera l'affidamento della tanta auspicata cattedra di Paesaggio al professor Giuseppe Bisi
Un dipinto di Giuseppe Bisi
In questo dipinto
la Mezzera sceglie di ritrarre un luogo molto caro ai paesisti che studiavano a Roma, come ricordava anche il pittore Francesco Hayez che, nel 1812, segnalava in quel sito la presenza di artisti quali Woogd, Verstappen e Chauvin impegnati nello studio "dal vero"; anche Giuseppe Tambroni, nel 1814, nel suo "Cenno intorno allo stato attuale di Belle Arti in Roma", confermava l'importanza dello studio del paesaggio en plein air: "Questo genere di pittura non può essere trattato grandiosamente fuori che in Roma, ove per la qualità degli Arbori sempre verdi, per la bellezza del Cielo, per la maestà delle antiche rovine che formano e nobilitano i punti di vista, l'immaginazione dei Pittori si esalta e si aggrandisce."
Il panorama di Tivoli, infatti, si prestava bene alle composizioni pittoriche degli artisti che lì riuscivano a cogliere e coniugare quelle nuove visioni che si erano fatte strada tra gli intellettuali sin dalla metà del XVIII secolo: la "grazia intellettuale", le rovine antiche, il "Sublime" delle cascate.
Abbandonato lo stereotipo fascinoso della cascata (*), con la sua caduta eccezionale e fragorosa, la Mezzera sceglie di impostare la tela in una composta e pacata veduta, secondo uno schema ancora neoclassico, in cui la ricostruzione ideale del borgo di Tivoli e le figure, rigorosamente in vesti antiche, diventano elementi fondamentali su cui fa perno questo "paesaggio arcadico".
Con molta probabilità, come già indicato da Chiara Nenci, il dipinto della Mezzera potrebbe essere una delle opere esposte nella Pinacoteca, nella sala XIII o nella IV, dove erano raccolti "i diversi paesi mandati come saggio", come riportato nella "Guida" del 1822.
(*) dipinta anche da altri artisti:
Una breve citazione anche per altre pittrici:
Adélaïde Labille–Guiard
Giovanna Fratellini
Marie Denise Villers
Marie-Gabrielle Capet
Marie-Victoire Lemoine
Rose-Adélaïde Ducreux
Nota di Lunaria: comunque, abbiamo qualche miniatura che raffigura donne intente a dipingere
De Claris Mulieribus, 1361 |