Il Vampiro nella storia

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"Vampiro" è il termine che individua il morto bevitore di sangue, ed è di origine slava: dall'Europa baltico-balcanica, infatti, proviene la maggior parte delle leggende giunte fino a noi. Secondo molti, la parola va messa in relazione con il lituano "wempti", "bere", e il turco "uber", "essere diabolico". Il senso sarebbe "demone che beve": il vampiro propriamente detto è un defunto che sopravvive alla propria morte succhiando il sangue sottratto ai vivi: il che gli concede un osceno simulacro di esistenza. Secondo uno studioso, Evel Gasparini, la radice slava della tradizione vampirica è legata alla forma di religiosità pagana praticata da quei popoli. Una religiosità dalle radici profonde, se si considera che gli ultimi ad essere cristianizzati con la forza furono i baltici (*) che rinunciarono al paganesimo soltanto alla fine del XII secolo e che i riti ancestrali continuarono ad essere praticati, clandestinamente o in forma sincretistica col cristianesimo (nota di Lunaria: vedi il culto idolatra a maria, scopiazzato da tantissime Dee...) Residui ritualistici delle antiche festività pagane vennero registrate dagli antropologi in alcune zone dell'Europa slava, ancora nei primi decenni del '900. La religione degli slavi pre-cristiani aveva una forte tinta manistica: prevedeva un culto dei morti. La vita d'oltretomba era considerata come una specie di risvolto negativo della vita di questo mondo. Credendo che i morti vivessero la stessa vita dei vivi, si disponevano presso i cadaveri varie provviste di cibo, armi e oggetti di cui si pensava che il defunto potesse avere bisogno. Si riteneva che il morto si separasse di malavoglia dalla sua gente, per cui vegliavano il cadavere e cercavano di distrarlo con canti e danze.  In particolare, si temeva il ritorno dei morti di morte violenta e delle vergini: si pensava che questi morti fossero avidi delle gioie di cui il trapasso li aveva privati.

Onde assicurarsi la "tranquillità dei defunti" presso certi popoli era in uso il rito delle esequie ripetute. A intervallo di tre, cinque, sette anni, i sepolcri venivano riaperti, le ossa lavate con i balsami, i resti riavvolti in teli funebri. Quando nel corso di tali cerimonie, un corpo veniva trovato non decomposto, si credeva che il morto fosse già tornato periodicamente nel mondo a succhiare il sangue per prolungare la propria vita. Allora, li si impalava o bruciava.
La tipologia del Vampiro variava a seconda del popolo di appartenenza. I polacchi lo chiamavano "Upir" e credevano che avesse una lingua affilata come un pungiglione. In Russia era detto "Mjertovjek", ed era considerato il figlio di un lupo mannaro e di una strega. Per i serbi era il "Vurdalak"; dai macedoni era detto "Vrukolak" e il suo richiamo notturno causava la morte a chi gli rispondeva. Gli albanesi lo chiamavano "Sampir", i bulgari "Norferat", "Ogoljen" i boemi, "Gierach" i prussiani.
Malgrado le differenziazioni, esistono caratteristiche comuni: il Vampiro ha un viso emaciato, folti capelli e corpo villoso, al punto di avere peli anche sul palmo della mano; le labbra sono gonfie e tumefatte, i canini lunghi e aguzzi, le unghie lunghissime e livide, le orecchie appuntite e mobili come quelli dei pipistrelli, l'alito fetido. Teme l'aglio, l'esposizione al sole, la visione dei simboli sacri. Il suo morso è anestetico, tanto che la vittima che lo subisce durante il sonno non si desta, e il morso è contagioso: chi ne muore, diviene Vampiro a sua volta.
Nel corso dei secoli tutta l'Europa fu percorsa da epidemie di vampirismo. La "Saga degli uomini di Eyr" narra la storia di Torolf Gambastorta, alla cui morte si cominciarono a verificare misteriosi decenni di uomini e animali. Si udivano rumori, e appariva anche il cadavere dello stesso Torolf. Si riaprì la sua tomba e lo si ritrovò perfettamente conservato. Dopo poco tempo, si decise di bruciarlo, dopodiché il Vampiro non apparve più.
Saxo Grammaticus, nel XIII secolo racconta nella "Danica Historia" che durante una pestilenza in Danimarca si attribuì la morìa all'opera di un morto che vagava per le campagne. Anche qui il Vampiro venne esumato, decapitato, trafitto al cuore: la peste si estinse. Anche in Inghilterra nel 1100 venne esumato in Inghilterra il corpo di un Vampiro e si dovette darlo alle fiamme.
A partire dal Seicento, le documentazioni aumentano. Epidemie di vampirismo si hanno in Moravia (1662, 1685), Istria (1672), Grecia (1701), Prussia orientale (1710, 1721, 1750), Ungheria (1725, 1732), Slesia (1755), Valacchia (1756), Russia (1772), Serbia (1731); ma la prima volta che il termine "vampiro" venne utilizzato risale al 1725, nei documenti parocchiali di Barn in Moravia: di una salma sospetta, si dice che è in "Vampertione infecta".
Nel secolo successivo il fenomeno diminuì tanto che nel 1824 il Parlamento britannico abolì la legge che prescriveva di trafiggere con un cuneo di legno i cadaveri dei suicidi e dei morti sospetti. Una legge analoga rimase in vigore fino al primo '900 nel Rhode Island, sede nella seconda metà del Settecento dell'unica epidemia di vampirismo documentata negli Stati Uniti. (da questa vicenda Lovecraft ne trasse lo spunto per il suo racconto "The Shunned House")
La straordinaria concetrazione di fenomeni vampirici nel Secolo dei Lumi generò un fiume di scritti e di dibattiti; anche Voltaire e Rousseau se ne interessarono. Voltaire si mostrò scettico, mentre Rousseau concluse che la società umana era basata sullo sfruttamento e perciò
"il nostro Vampiro sono gli altri". (**)

Se i razionalisti e medici negavano il fenomeno, il clero, specialmente i preti di campagna, lo diffondevano, confortati da testi quali il Malleus Maleficarum, la Demonomania, le Disquisitionum Magicarum, il Compendium Maleficarum, nei quali l'esistenza del vampiro veniva dimostrata e sostenuta con citazioni dalla Bibbia e dalla Patristica, anche se alcuni cardinali come Prospero Lambertini, in seguito papa Benedetto XIV, raccomandò di trattare le voci sui risurgenti come superstizioni popolaresche. Se ciò fu sufficiente a convincere le persone colte, non bastò per le genti di campagna, tanto che si svolgevano pratiche esumatorie in presenza di preti e magistrati.


(*) Argomento che avevo già trattato a fondo. Pubblichiamo la prova:



La religione degli antichi Balti fu l'ultimo culto pagano d'Europa. Essa possedeva caratteristiche peculiari e un pantheon indoeuropeo tutto proprio. La religione degli antichi Estoni condivideva invece le credenze pagane comuni agli altri popoli finnici. La più antica attestazione sulle religione degli antichi Balti risale a Pietro da Duisburg (XV secolo) il quale annotò: "I Prussiani adoravano come Dio ogni creatura e cioè il sole, la luna e le stelle, i fulmini, i volatili persino i quadrupedi, fino alla rana". Da questa descrizione deriva che essi adoravano una schiera numerosa di Dei naturali minori, mentre altre testimonianze ci danno notizia di una divinità superiore, cui tutte le altre erano subordinate. Così Maletius (XV secolo) narra di "un colle presso i Samogizi, nei pressi del fiume Nauvas, sulla cui cima era tenuto acceso da un sacerdote il fuoco perpetuo in onore di Perkunas, che da quel popolo superstizioso è ancor oggi ritenuto signore dei fulmini e delle tempeste". Anche la classe sacerdotale, cui potevano appartenere entrambi i sessi, doveva essere organizzata gerarchicamente: "Nel mezzo di questa perversa nazione, e precisamente in Nadrovia, v'era un luogo detto Romow, dove abitava un tale detto Criwe, che quelle genti rispettavano come un papa, poiché come il papa regge la chiesa universale dei fedeli, così dal cenno e dal mandato di costui erano governate non solo dette genti, ma anche i Lituani e le altre nazioni della Livonia [...] I Prussiani credevano nella risurrezione della carne; non così come avrebbero dovuto. Infatti pensavano che se una persona era nobile o ignobile, ricca o povera, potente o debole in questo mondo, tale sarebbe stata anche nell'altro; perciò accadeva che insieme con i cadaveri dei nobili si bruciassero le armi, i cavalli, i servi e le serve, i cani da caccia, gli uccelli rapaci d'uso venatorio e altre cose" (Pietro da Duisburg).
Il primo a fondare una chiesa e a condurre opera di conversione fu l'agostiniano Meinhard, intorno al 1170. Il suo successore fu ucciso dai pagani, ma [...] col vescovo Alberto furono organizzate crociate e venne costruita la cattedrale di Riga (1201); venne anche creato un ordine di monaci-soldati ("Ordine dei Portaspada"). Grazie ai drastici metodi di evangelizzazione militare la pur viva resistenza dei pagani fu stroncata nel sangue, e in breve germanesimo e cattolicesimo presero solidamente piede in Livonia.

(**) Nota di Lunaria: curiosamente, anche de Sade cita questa metafora del vampiro, in un suo libro, per riferirsi... a Dio:


"Qualunque sofisma sostengano i fautori assurdi della divinità chimerica degli uomini, non vi dicono altro se non che non c'è effetto senza causa, ma non vi dimostrano che occorre risalire ad una prima causa eterna, causa universale di tutte le cause particolari, che sia inoltre essa stessa creatrice e indipendente dalle altre cause. Convengo che noi non riusciamo a comprendere il legame, la successione e la progressione di tutte le cause. L'ignoranza di un fatto non è mai però motivo sufficiente per crearsene o determinarne un altro. Coloro che vogliono persuadervi dell'esistenza del loro abominevole Dio osano sfrontatamente dirvi che, dal momento che non possiamo collegare la vera causa agli effetti, occorre che necessariamente ammettiamo la causa universale. Si può fare un ragionamento più sciocco? Come se non fosse meglio confessare la propria ignoranza, invece di sostenere un'assurdità, o come se l'ammissione di tale assurdità divenisse una prova della sua esistenza. Confessare la propria pochezza non è un inconveniente, senza dubbio; l'adozione del fantasma è piena di ostacoli contro cui non faremmo che urtare se ci manteniamo tranquilli, ma dove potremmo spezzarci se permettiamo che le nostre teste si riscaldino: e le chimere accalorano sempre.
Concediamo, se si vuole, un istante, ai nostri antagonisti l'esistenza del vampiro (*) che crea lo loro felicità. Chiedo loro, in tale ipotesi, se la legge, la regola, la volontà mediante la quale Dio guida gli esseri, sono della stessa natura della nostra volontà e della nostra forza, se Dio, nelle stesse circostanze, possa volere o non volere, se la stessa cosa possa piacergli e dispiacergli, se non cambi di avviso, se la legge che lo determina è immutabile. Se è lei che lo guida, egli non fa che eseguire; quindi, non ha alcun potere (...) Se il vostro Dio non è libero, se è costretto ad agire in conseguenza delle leggi che lo dominano, allora è una forza simile al destino, alla fortuna, non influenzabile con i voti, non modificabile con le preghiere, non placabile con le offerte e che è meglio disprezzare in eterno piuttosto che implorare con tanto poco successo. Se poi il vostro esecrabile Dio è più pericoloso, più cattivo e più crudele ancora, e ha nascosto agli uomini ciò che era necessario per la loro felicità, il suo progetto allora non era di renderli felici (Nota di Lunaria: sicuramente il suo progetto non era quello di rendere felici e magnificate nel Divino le donne...); egli non li ama, quindi, non è né giusto, né benefico. Mi sembra che un Dio non debba volere altro se non il possibile, e non è possibile che l'uomo osservi leggi che lo tiranneggiano o che gli sono sconosciute."

(*) Il vampiro succhiava il sangue dei cadaveri. Dio fa scorrere il sangue degli uomini, entrambi, a ben vedere, sono chimerici: è sbagliarsi dare all'uno il nome dell'altro? (Nota dello stesso de Sade)

Io, che sono più spiccia, definisco dio una tenia. Una tenia che parassita il corpo e la mente delle donne. Sempre succhia-energie, come il vampiro, ma più nascosta del vampiro; appunto: nascosta nel corpo della donna, che la alberga in sé e la nutre senza neanche rendersene conto.


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