Malombra: commento critico, trama e gli stralci più belli



La protagonista indiscussa di questo grande romanzo d'amore e follia è la giovane, oscuramente affascinante, Marina Crusnelli di Malombra, ospitata dallo zio, il conte Cesare d'Ormengo, in una magnifica villa sul Lago di Como. Venuta in possesso di un autografo dell'antenata Cecilia, apparentemente portata alla morte dal marito, padre dell'attuale conte, si convince di esserne la reincarnazione e di avere l'obbligo di vendicarne l'assassinio.
Quando alla villa giunge lo sconosciuto scrittore Corrado Silla, orfano di una cara amica del conte Cesare, i due giovani vengono subito travolti da un amore tormentato ma assoluto.
Un amore destinato tuttavia, a causa della crescente pazzia di Marina, a essere trascinato verso un gorgo inevitabile.

Un testo fondamentale dell'Ottocento italiano, uno straordinario romanzo romantico molto amato anche da autori come Verga.

L'autore Antonio Fogazzaro (Vicenza, 1842-1911) fu un grande interprete delle tensioni fra dovere e passione che attraversavano la società italiana cattolica dell'epoca. Fra le sue opere spiccano, oltre a "Malombra", "Piccolo Mondo Antico", "Piccolo Mondo Moderno", "Il Santo e Leila", annoverabili tra gli esempi migliori del Romanticismo italiano.

Inizia così…

1) In paese sconosciuto

Uno dopo l'altro, gli sportelli dei vagoni sono chiusi con impeto; forse, pensa un viaggiatore fantastico, dal ferreo destino che, ormai senza rimedio, porterà via lui e i suoi compagni nelle tenebre. La locomotiva fischia, colpi violenti scoppiano di vagone in vagone sino all'ultimo: il convoglio va lentamente sotto l'ampia tettoia, esce dalla luce dei fanali nell'ombra della notte, dai confusi rumori della grande città nel silenzio delle campagne addormentate: si svolge sbuffando, mostruoso serpente, tra il laberinto delle rotaie, sinché, trovata la via, precipita per quella ed urla, tutto battiti dal capo alla coda, tutto un tumulto di polsi viventi.
V'ha poca probabilità d'indovinare che cosa pensasse poi quel viaggiatore fantastico, rapito tra fiotti di fumo, stormi di faville, oscure forme d'alberi e di casolari. Forse studiava il senso risposto dei bizzarri ed incomprensibili geroglifici ricamati sopra una borsa da viaggio ritta sul sedile di fronte a lui; poiché vi teneva fissi gli occhi, di tanto in tanto moveva le labbra, come chi tenta un calcolo, e quindi alzava le sopracciglia, come chi trova di riuscire all'assurdo.
Eran già passate alcune stazioni, quando un nome gridato, ripetuto nella notte, lo scosse. Una folata d'aria fresca gli disperse le fila sottili del ragionamento; il convoglio era fermo e lo sportello aperto. Egli discese in fretta; era il solo viaggiatore per...
"Signore", disse una voce rauca e vibrata, "è Lei che va dai signori del Palazzo?"
Questa domanda gli fu tratta a bruciapelo da un uomo che gli si piantò di fronte con la sinistra al cappello e una frusta nella destra.
"Ma..."
[...] Corsero fragorosamente attraverso paeselli oscuri, deserti, dove le case pareano difendere accigliate il sonno della povera gente; passarono davanti a giardini, a piccole ville vanitose, in fronzoli, che avevano un'aria sciocca nell'ombra solenne della notte. Dopo un lungo tratto di pianura la strada saliva e scendeva poggi che parlavano del sole e parevano guardar tutti là verso l'oriente; finché sguisciò dentro una valle angusta e scura tra selvosi fianchi di monti. Ne radeva talvolta l'unghia estrema, talvolta se ne torceva lontano come per ribrezzo di quell'ispido tocco; alla fine vi si gettò risolutamente addosso.
[...] Qui, per consolarsi, il bizzarro giovinotto tirò una furiosa frustata alla cavalla che portò via correndo l'altro interlocutore e ruppe così il dialogo. Giunta, dopo lunga fatica, al collo dell'erta, si fermò a prender fiato. Lassù la scena mutava. Monti ripidi salivano a destra e a sinistra, lasciando appena posto alla strada; altri monti si mostravano a fronte della discesa, un po' sfumati sopra le vette nere degli alberi che cominciavano, poco sotto il collo, a fiancheggiarla.
[...] Invano il signor Silla guardava curiosamente al di sopra dei muri; appena poteva discernere qualche fantasma d'albero proteso dal pendio, a braccia sparse, in atto di stupore e di supplica. Un tocco vibrato di campanello lo fe' trasalire; la guida s'era fermata a un cancello di ferro.
Tosto qualcuno aperse: i ciottoli del viottolo, la soglia del cancello furono inghiottiti dall'ombra; ora passava sotto la lanterna una sabbia fine fine e, ai lati, negre piante dai rami folti, impenetrabili.
Dopo la sabbia, erba e vestigia incerte di un sentiero tra un denso fogliame di viti; poi larghi scalini nerastri, sconnessi, a cui si giungeva di fianco. Non se ne vedeva né principio né fine; solo si udiva verso l'alto e verso il basso un discorrer modesto di acqua cadente…


Introduzione a Robert Louis Stevenson ("Il Dottor Jekyll e Mister Hyde" e "Il Signore di Ballantrae")


I due romanzi del grande scrittore scozzese del secolo scorso che gli isolani dei mari del sud chiamarono con affettuosa ammirazione "The Teller of tales" ("Il Narratore di racconti") trattano tutti e due, in modo diverso, quello che si potrebbe definire il tema dello sdoppiamento della personalità.
Un tema che, introdotto da Stevenson nella letteratura mondiale, vi è rimasto per sempre, colorandosi ora di scienza, ora di fantasia fino a riapparire, ironico e fantasioso, con toni da Barone di Münchhausen nel racconto di Calvino "Il visconte dimezzato".
In realtà, nel "Signore di Ballantrae", le persone fisiche sono due, i fratelli nemici, accaniti nell'odio fino a portarsi alla reciproca distruzione; ma i due uomini sono talmente simili e antitetici da rappresentare non tanto due caratteri distinti quanto i due aspetti di una stessa personalità: bello, spregiudicato, crudele l'uno; saggio, tranquillo, generoso e fondamentalmente mite l'altro, il minore.
L'inimicizia fra i due fratelli, forse latente fin dall'infanzia, si rivela il giorno in cui una moneta lanciata in aria decide della scelta politica dei due.
Il caso vuole che al fratello maggiore tocchi seguire il partito che sarà poi destinato a soccombere, quello degli Stuart. Per capire la situazione dalla quale scaturisce tutto l'intreccio del racconto sarà meglio dare un breve cenno della condizione della Scozia nel 1700, epoca nella quale è ambientato il romanzo.
Infatti la Grande Ribellione del 1745, uno degli avvenimenti cruciali nella storia della Scozia, celeberrimo nelle Isole Britanniche, noto e ricordato in Scozia almeno quanto le imprese garibaldine in Italia, è rimasta nella storia d'Europa un fatto marginale e relativamente poco noto.
Dal 1715 regnava nelle Isole Britanniche la famiglia reale tedesca degli Hannover, imparentata alla lontana con la famiglia degli Stuart. Gli Stuart del ramo principale, di tendenze cattoliche e di origine scozzese, erano invece stati cacciati dall'Inghilterra fin dal 1688. Aiutati dalla Francia, gli Stuart ambivano naturalmente a riconquistare il trono. 
Già nel 1715 vi era stato un tentativo di riconquista, rapidamente fallito. Nel 1745 gli Stuart tornarono all'attacco. Questa volta il giovane principe che tentava, come al solito con l'appoggio francese, di riconquistare il trono degli avi, sembrava poter contare su brillanti speranze di successo: era Charles Edward Stuart, coraggioso, bellissimo, affascinante. Aveva dietro di sé l'appoggio della potente Francia e del mondo cattolico. Con molto intuito politico fu deciso che la conquista dovesse incominciare dalla Scozia e scendere poi verso l'Inghilterra.
è difficile spiegare come mai la Scozia, in maggioranza puritana e fieramente anticattolica, fosse rimasta sensibile al fascino degli Stuart; la verità è che, al di là di ogni considerazione politica, la Scozia, specialmente la nobiltà, era rimasta sentimentalmente attaccata a quella dinastia che era scaturita dal suo seno e la preferiva, con tutti i suoi difetti, con la sua arroganza e le sue pretese al diritto divino dei re, alla nuova dinastia straniera importata in Inghilterra dal partito dei Whigs, la sinistra dell'epoca.
Fu così che gran parte della nobiltà scozzese si schierò a fianco del "bel principe Carlo" e si trovò coinvolta con lui nella paurosa disfatta di Culloden che pose fine nel sangue ad un'impresa che era incominciata sotto i migliori auspici ed era parsa, ad un certo momento, quando le truppe dello Stuart arrivarono fino a Derby, vicinissima al successo.
Le rappresaglie del partito degli Hannover contro i nobili ribelli furono pesantissime e posero fine per sempre al predominio dei clan. Si può dire che incominciasse da allora la storia moderna ed il pieno inserimento nella vita nazionale britannica dell'antico regno di Scozia. Non tutte le famiglie scozzesi si gettarono a corpo morto nella lotta; alcune agirono con prudenza politica, cercando di tenere i piedi in due staffe. Così furono i protagonisti del romanzo: ci sono due figli; ebbene, uno seguirà il partito degli Stuart e partirà per la guerra; l'altro rimarrà a casa e resterà fedele alla casa regnante.
Così, comunque vadano le cose, la Casa di Ballantrae si salverà. La sorte sembra aver fatto la scelta giusta: l'impresa più avventurosa tocca al più ardito e avventuroso dei due fratelli.
Sarà James ad andare ramingo per il mondo passando di avventura in avventura, dalle pazze notti di Parigi all'India misteriosa.
Henry rimarrà a cercare di tenere insieme le traballanti fortune della Casa di Ballantrae, insieme al vecchio padre che sospira il figlio assente e alla moglie, ex fidanzata del fratello che non lo ama e lo disprezza. Ma incomincerà da allora la folle saga di odio tra i due fratelli, con i suoi drammatici colpi di scena e i suoi inseguimenti al di là dell'Oceano.
"Il Signore di Ballantrae" è un romanzo, diciamo così, psicologico, ma è anche, com'era nella natura del suo Autore, un racconto di avventure, con puntate in paesi lontani, paurose odissee nel deserto, fughe e duelli. Ai due fratelli nemici fanno riscontro, come a sottolinearne maggiormente la personalità, i due fedelissimi: ombra e mentore di Henry un tranquillo, fedele e pauroso avvocatino scozzese; a fianco di James il misterioso, devotissimo, taciturno indiano Secundra.

Se "Il Signore di Ballantrae" ha i toni e la struttura di un romanzo di avventura, "Il dottor Jekyll e il signor Hyde" sembra, a prima vista, rientrare piuttosto nella tradizione inglese dei romanzi dell'orrore.
Suspense, brivido, un mistero che si addensa sotto gli occhi attoniti e preoccupati di un amico fedele. Eppure, il famosissimo Dottor Jekyll è ben più del protagonista di una storia da raccontare la sera accanto al fuoco: è il frutto di una di quelle splendide intuizioni per le quali così spesso l'arte precede la scienza.
è lo studio della disgregazione di una personalità, del graduale rivelarsi di quella bestia primordiale e malvagia che sonnecchia in ognuno di noi.
Guai se la nostra personalità superiore perde il suo potere di tenere sotto controllo gli istinti che, duramente repressi, tentano du emergere alla superficie.
Che poi nel Dottor Jekyll la disgregazione sia indotta artificialmente, per una disperata ansia di ricerca e di studio, aggiunge commozione e orrore al racconto: si rinnova nel dramma del Dottor Jekyll l'antica storia di Faust, l'eterna tragedia dell'irrequieto spirito umano. Il dottor Jekyll è prototipo e il modello, peraltro insuperato, di numerosi romanzi fantascientifici, dall'"Uomo invisibile" di Wells al "Visconte dimezzato" di Calvino. Ma la consumata abilità del narratore fa sì che si ritorni sempre con immutato e rabbrividente piacere alla lettura dell'ormai antico capolavoro stevensoniano.
"Il Signor di Ballantrae" e il "Dottor Jekyll e il signor Hyde" sono fra i  libri più famosi e rappresentativi di R.L.Stevenson e contengono molti degli ingredienti di avventura e mistero che ricorrono frequentemente nella sua narrativa.
Ma la personalità narrativa di Stevenson è così varia e multiforme che non c'è scelta nelle sue opera che possa compiutamente rappresentarla: chi abbia letto da ragazzo "L'isola del tesoro" o "Kidnapped" lo ricorderà per sempre come il delizioso narratore di avventure; "La Freccia Nera" incanta ancora adulti e ragazzi in qualsiasi versione, con la sua emozionante rievocazione delle lotte dinastiche nell'Inghilterra medioevale; il graziosissimo "Diavolo nella bottiglia" trasporta il lettore nel clima incantato e scanzonato delle leggende e delle superstizioni dei mari del sud. Un altro aspetto della personalità di Stevenson, meno noto, è la sua grazia e abilità come poeta per ragazzi: "A child's garden of verses" è una raccolta di poesie per la fanciullezza, ricca di gentilezza, armonia, humour.
Purtroppo, la tisi contro la quale l'autore aveva lottato tutta la vita (facendo persino una lunghissima crociera che lo portò a Samoa) ebbe il sopravvento: così "il narratore di racconti" che aveva spaziato dalle brume della Scozia al sole splendente dei mari del sud, chiudeva la sua breve vita il 3 dicembre 1894 a Samoa. Venne sepolto sulla cima di una montagna: una tomba più romantica e romanzesca non l'avrebbe potuta inventare nemmeno lui, sognatore di tanti esaltanti avventure.