Doomed-forever


La Galleria dell'Artista si trova qui:
 
doomed-forever.deviantart.com

L'intervista:

http://www.darkitalia.it/obscurezine/interviews/item/543-doomed-forever-cimiteri,-chiese,-sepolcri-nell-arte-fotografica.html












 
 

Saint Vitus




Ecco qui due meravigliose immagini Doom Metal a sfondo sepolcrale...
La prima immagine è il logo dei Grandiosi Saint Vitus, la più Grande Doom Metal Band dell'universo !!!  EmojiEmojiEmojiEmoji


Fotogrammi tratti da "Rapsodia satanica"








Fotogrammi presi dal film muto "Rapsodia satanica"





La Tomba del Poeta Ceco Màcha








Thomas Gray "Elegia scritta in un cimitero campestre" (1750)



Traduzione di T. Wiel

La squilla (1) piange il giorno che si muore;
mugghia l'armento, e tardo (2) erra sul prato;
torna stanco al tugurio l'aratore;
è alle tenebre il mondo, e a me lasciato.

(1) La campana
(2) Lento

Nell'aere opaco il raggio vespertino (3)
vien meno; e solo nel silenzio arcano
s'ode uggioso ronzare il maggiolino,
e un tintinnio cullar l'ovile lontano;

(3) La luce del sole al tramonto

e dalla torre d'edera vestita
il gufo ver la luna alzar lo strido,
s'altri s'appressi alla magion romita (4)
e lo molesti nel regal suo nido.

(4) Se qualcuno si avvicina alla dimora solitaria

Al piè degli olmi, sotto il tasso ombroso,
là dove l'erba ai tumuli s'addossa,
i Padri del villaggio hanno riposo
per sempre, stesi nell'angusta fossa.

La brezza olente (5) allo spuntar del giorno,
la rondinella garrula sul tetto,
del gallo il canto, o lo squillar del corno
più non li desterà nell'umil letto.

(5) Profumata

Non più a sera vedran la vampa cara (6),
l'assidua (7) sposa al focolar da presso,
né i figliuoli venir in lieta gara
sui ginocchi paterni, al dolce amplesso.

(6) L'amato focolare
(7) Laboriosa

Come a lor falce s'arrendean le messi!
Come giocondi tra le glebe (8) infrante
cavalli e aratro conducevan essi!
Come a' lor colpi piegavan le piante!

(8) Zolle

Orgoglio (9) non irrida lor gagliarda
opra, lor gioie e loro sorte oscura;
e non disdegni vanità beffarda
de' poveri la storia breve e pura.

(9) L'alterigia aristocratica

Pompa (10) e poter, vanto di stirpe eletta,
quanta beltà o ricchezza a noi prepara (11)
tutto egualmente l'ultim'ora aspetta:
della gloria il sentier mena (12) alla bara.

(10) Lusso
(11) Procura
(12) Conduce

Né voi, superbi, que' morti accusate (13)
se in lor memoria non sorgon trofei,
là dove echeggian per le volte aurate
le gonfie lodi e i risonanti omei (14)

(13) Deridete
(14) lamenti

Urna scolpita, o effige al ver conforme
può al frale (15) richiamar l'alma fuggita?
può onore stimolar polve che dorme?
può l'orecchia di Morte esser blandita? (16)

(15) Al corpo mortale
(16) Convinta, persuasa a restituire la vita a una persona

Forse accoglie quest'angolo negletto (17)
cuori che il divin fuoco avea scaldati,
mani che ben lo scettro avrieno (18) retto,
o ridesta la lira ai carmi alati (19)

(17) Dimenticato, abbandonato
(18) Avrebbero
(19) Oppure avrebbero potuto rinnovare il canto di una sublime poesia


Ma dottrina a' lor occhi il libro pieno
delle spoglie del tempo non apriva: (20)
penuria (21) pose a lor ardire il freno,
diacciò del genio la sorgente viva.

(20) Ma l'esperienza passeggera della vita non aprì davanti ai loro occhi il libro della sapienza

Molte gemme purissime, lucenti,
ne' tenebrosi abissi il mare asconde;
spargono invano lor profumo ai venti
molti fiori sbocciati in erme sponde (22)

(22) In terre solitarie

Un Hampden (23) qui, che coraggioso insorse
del suo villaggio contro il tirannetto,
un Milton (24) ignorato, un Cromwell (25) forse
qui giace, di fraterno sangue netto. (26)

(23) John Hampden, cugino del Cromwell, capeggiò una rivolta contro una tassa imposta illegalmente dal re Carlo I nella prima metà del XVII secolo
(24) John Milton (1608-1674), poeta inglese
(25) Oliver Cromwell (1599-1658), uomo politico inglese
(26) Con le mani pure dal sangue fraterno, che non ha praticato violenza contro i suoi concittadini.

Destar il plauso del senato (27) attento,
le minacce sprezzar di duolo e d'onta (28)
spander dovizia (29) e a un popolo contento
legger negli occhi lor istoria conta (30)

(27) del Parlamento
(28) Non temere le minacce di persecuzione e di disonore
(29) Distribuire generosamente ricchezze
(30) E poter leggere negli occhi di un popolo felice la coscienza della storia da loro forgiata

Negò loro la sorte, che represse
lor colpe insieme a lor virtù; ad un trono
d'arrivare tra il sangue non concesse,
e di sbandire (31) la pietà e il perdono;

(31) Scacciare, allontanare

O d'occultare il ver con l'ansia al core;
di smorzare il pudor al volto asceso (32)
di dar a orgoglio ed a lussuria onore
d'incenso, al fuoco della Musa acceso. (33)

(32) Salito
(33) Utilizzando le arti della poesia

Lungi (34) da turbe (35) e da contese rie (36)
non si spinser lor brame oltre misura:
seguiron essi le riposte (37) vie
lungo la valle di lor vita dura.

(34) Lontano
(35) Dalle folle
(36) Lotte spietate
(37) Appartate, umili

Pur su quelle ossa, a difesa da insulto,
qualche fragile segno ergesi ancora:
un rozzo detto (38), rozzamente sculto (39),
che d'un sospir il breve ossequio implora.

(38) Frase
(39) Scolpito

I nomi e gli anni lor la Musa, ignara
di laude e d'elegie (40), sol sa ridire;
e adduce un sacro motto, che prepara
i timorati villici a morire.

(40) di elodi e di altri rimpianti

E chi mai diede in preda al muto oblio
l'esistenza affannosa, e pur gradita?
Chi mai lasciando il dolce aere natio
non guardò addietro, e sospirò la vita?

L'alma che fugge a un caro sen s'affida: (41)
chiede lagrime pie l'occhio morente;
pur (42) dalla tomba la Natura grida;
nel cener pure il fuoco antico è ardente.

(41) si affida a un cuore che l'ama
(42) anche

Quanto a te, che la storia in versi schietti
narri di questi inonorati morti,
se mai spirto pensoso e negli affetti
a te simile indagherà tue sorti,

forse dirà un vegliardo del villaggio:
noi lo vedemmo lesto la mattina
la rugiada solcar, (43) e il primo raggio
incontrare del sol sulla collina.

(43) Attraversare i campi bagnati di rugiada

Là sotto il faggio che inclina le fronde,
e le antiche radici erge e attortiglia,
meriggiava (44) disteso e intento all'onde
del ruscelletto che per via bisbiglia.

(44) riposava all'apertoo nelle ore del mezzogiorno

Indi nel bosco, or con amaro riso,
fra sé parlando, s'inoltrava errante,
or pallido per duol, com'uom conquiso (45)
dalla sventura, o disperato amante.

(45) vinto, sopraffatto

Un dì nol vidi su l'usato clivo (46)
né lungo l'erta, o sotto i rami fidi:
un altro dì spuntò, ma presso il rivo
né sul prato, o nel bosco io non lo vidi.

(46) declivio, pendio

E il terzo dì con mesto rito e lai (47)
noi lo vedemmo al cimitero portato.
T'appressa (48), e leggi (tu che legger sai)
sul sasso al piè del biancospin posato:

L'epitaffio.

(47) lamenti
(48) avvicinati

Riposa qui, alla terra in seno, il frale (49)
di garzon (50) a fortuna e a fama ignoto.
Sofia (51) non ne sdegnò l'umil natale; (52)
Melanconia lo volle a sé devoto (53).

(49) il corpo mortale
(50) giovane
(51) la Sapienza
(52) non ebbe in dispregio le sue umili origini
(53) lo volle interamente consacrato a sé

Fu di gran cuore e di sincera fede;
e premo il Cielo gli mandò: al mendico
quanto poté, una lagrima, egli diede:
ebbe dal Ciel quanto bramò, un amico.

Non evochiam da lor tremenda stanza (54)
altri suoi merti, o i falli onde fu rio! (55)
riposan tutti in trepida speranza
nel seno del suo Padre, del suo Dio.

(54) dalla loro dimora soprannaturale
(55) le colpe di cui si macchiò


"Elegia scritta in un cimitero campestre" (1750)

Traduzione di Melchiorre Cesarotti

Parte languido il giorno; odine il segno
che il cavo bronzo ammonitor del tempo
al consueto rintoccar diffonde.
Va passo passo il mugolante armento
per la pioggia avviandosi: dal solco
move all'albergo l'arator traendo
l'affaticato fianco, e lascia il mondo
alle tenebre e a me. Già scappa al guardo
gradatamente, e più e più s'infosca
la faccia della terra, e l'aer tutto
silenzio in cupa maestade ingombra.
Se non che alquanto lo interrompe un basso
ronzar d'insetti e quel che il chiuso gregge
tintinnio soporoso al sonno alletta.
E là pur anco da quell'erma torre,
ch'ellera abbarbicata ammanta e stringe,
duolsi alla luna il pensieroso gufo
di quei che al muto suo segreto asilo
d'intorno errando, osan turbare i dritti
del suo vetusto solitario regno.
Sotto le fronde di quegli olmi, all'ombra
di quel tasso funebre, ove la zolla
in polverosi tumuli s'inalza,
ciascun riposto in sua ristretta cella,
dormono i padri del villaggio antichi.
Voce d'augello annunziator d'albori,
auretta del mattin che incenso olezza,
queruli lai di rondinella amante,
tonar di squilla o rintronar di corno
non gli alzeran dal loro letto umile.
Più per essi non fia che si raccenda
il vampeggiante focolar; per essi
non più la fida affacendata moglie
discorrerà per la capanna, intesa
di scarso cibo ad apprestar ristoro.
Non correran festosi i figliuoletti
al ritorno del padre, e balbettando
vezzi indistinti aggrapperansi a prova
sul ginocchio paterno, a còrre il bacio,
della dolce famiglia invidia e gara.
Quante volte cadeo sotto i lor falci
la bionda messe! l'ostinata zolla
quante dei loro vomeri taglienti
cesse all'impronta! come lieti al campo
traean cantando gli aggiogati bovi!
Come al colpir delle robuste braccia
gemeano i boschi disfrondati e ignudi!
No, della rozza villereccia gente
le pacifiche ed utili fatiche,
le domestiche gioie e 'l fato oscuro
non dispregiarlo, Ambizion superba;
né sdegni il Fasto con sorriso altero
della semplice e bassa Povertade
gli oscuri sì ma non macchiati annali.
Pari è di tutti il fato: avito ceppo
nella notte de' secoli nascoso,
pompa di gloria e di possanza, e quanto
può ricchezza ottener, donar beltade,
tutto sorprende inevitabil punto,
e ogni via dell'onor guida alla tomba.
Vano mortal, non recar loro ad onta
se su i sepolcri lor trofeo non erge
la pomposa Memoria ove per l'alte
volte dei tempii ripercossa echeggia
canora laude. Ah l'ammirato busto
o l'urna effigiata al primo albergo
può richiamar lo spirito fugace?
Può risvegliar la taciturna polve
voce d'onore? o adulatrice lode
il freddo orecchio lusingar di Morte?
Ma che? negletto in questo angolo oscuro
un cor già pregno di celeste foco
forse è riposto, e qualche man possente
a regger scettro di fiorito impero
o ad avvivar l'armoniosa cetra
rapitrice dell'anime gentili.
Sol non aprì Dottrina ai loro sguardi
il suo misterioso ampio volume
delle spoglie del Tempo altero e carco.
La freddolosa Povertade il sacro
foco ne sperse, ed inceppò dell'alma
l'agile vividissima corrente;
ché molte gemme di serena luce
disfavillanti l'Oceàn rinserra
nell'ime grotte, e molti fior son nati
a vagamente colorarsi invano
non visti, e profumar l'aer solingo
di loro ambrosia genial fragranza.
Questa zolla, chi sa? forse ricopre
rustico Hamdeno (1), che de'patri campi
al piccolo Tiranno oppose il petto.
Là forse giace inonorato, ignoto
Miltone (2) agreste, e Cromoel (3) poc'oltre
cui non bruttò della sua patria il sangue.
Attrar con voce imperiosa i plausi
d'attonito Senato, ire, minacce
di tiranni sfidar, bear contrade
coi doni d'ubertà, legger negli occhi
d'intenerito popolo confuso
la grata istoria de' suoi fatti egregi
vietò la sorte a que' negletti ingegni.
Pur se basso natal rattenne il volo
delle innate virtù, represse ancora
di vizi e di misfatti il germe e l'esca.
Fortunata impotenza a lor non diede
per mezzo il sangue farsi varco al trono;
né di pietade al meschinello in faccia
chiuder le porte, né affogar le strida
di coscienza roditrice, e 'l foco
dell'ingenuo pudor spegnersi in petto,
né del lusso e del fasto arder sull'are
incenso acceso all'Apollinea face.
Lungi dal folle vaneggiar del volgo
dai desiri infiniti e gare insane,
non traviar giammai le innocue genti
dal sentier di Natura, e per la cheta
della vita mortal solinga valle
tennero un corso tacito e tranquillo.
Or a guardar le fredde ignobili ossa
dall'ingiurie del ciel, qui presso eretto
di fragil terra un monumento adorno
di rozze rime e disadatte forme,
dal molle cor del passaggero implora
picciol tributo di sospir pietoso.
I lor nomi, i lor anni, informe scritto
d'inerudita Musa, all'ombre oscure
servon di Fama e d'eleghi dolenti.
E sparse miri le pareti intorno
di sagrate sentenze a scolpir atte
ne' rozzi petti il gran dover di morte.
Poichè chi tutta mai cesse tranquillo
in preda a muta obblivion vorace
questa esistenza travagliosa e cara?
Chi del vivido giorno i rai sereni
abbandonò senza lasciarsi addietro
un suo languente e sospiroso sguardo?
Ama posar su qualche petto amato
l'alma spirante, e i moribondi lumi
chieggono altrui qualche pietosa stilla.
Fuor della tomba ancor grida la voce
della natura, e sin nel cener freddo
degli usati desir vivon le fiamme.
Ma tu, che serbi ricordanza e cura
d'obbliati mortali e in questi versi
la lor semplice istoria altrui disveli,
che fia di te? Se in queste piagge errando,
pien d'un alto pensier che lo desvia,
qualche spirto romito al tuo conforme
chiede mai del tuo Fato, in tali accenti
forse avverrà che di lanuta greggia
qualche canuto pascitor risponda:
"Spesso il vedemmo all'albeggiar del giorno
scoter le fresche rugiadose stille
con frettoloso passo, e farsi incontro
sull'erma piaggia a' primi rai del Sole.
Sotto quel faggio, che in bizzarri scherzi
colle barbe girevoli serpeggia,
sdraiar soleasi trascuratamente
in sul meriggio, muto muto e fiso
lì su quell'onda che susurra e passa.
Presso quel bosco or con sorrisi amari
gìa seco stesso borbottando arcani
fantastici concetti, or s'aggirava
mesto, languido, pallido; l'aresti
detto uom per doglia trasognato, o folle
per cruda sorte, o disperato amante.
Spuntò un mattin; sopra l'usato poggio,
lungo la piaggia, sotto il faggio amato
più non si scorse; altro mattin succede,
né sul rio, né sul balzo, né sul bosco
più non apparve; il terzo giorno alfine
con mesta pompa e con dovuti ufizi
a lenti passi per la strada al tempio
lo vedemmo portar: t'accosta, e leggi
(ché ciò solo a te lice) il verso inciso
in quel sasso colà ch'è mezzo ascosto
da quel folto spineto. Il capo stanco
qui della terra in grembo un garzon posa
alla Fortuna ed alla Fama ignoto.
Bella scienza la sua culla umile
non ebbe a sdegno, e di gentile impronta
melanconia nell'anima marchiollo.
Larga avea carità, sincero il core,
largo a' suoi voti guiderdon pur anco
concesse il Cielo: alla miseria ei diede,
quanto aveva, una lagrima; dal Cielo
ebbe, quanto bramava, un fido amico.
I merti suoi, le sue fralezze ascose
da quel che le ricopre angusto abisso
non cercar di ritrarre: e quelli e queste
in palpitante dubitosa speme
al suo Padre, al suo Dio posano in grembo.

(1) John Hampden, seguace di Cromwell e avversario di Carlo I Stuart;
(2) Miltone è John Milton, il celebre poeta inglese
(3) Qui si allude a Oliver Cromwell, lo statista


Altra versione nella traduzione di D. Caminita, "Civiltà letterarie straniere" Vol. I, Zanichelli, 1976

Riporto la prima parte dell'Elegia, dedicata alla tomba degli umili nel cimitero di campagna. Nella seconda parte l'Autore rappresenta se stesso solitario ed errabondo per la campagna, in preda alle sue inquietudini e alle sue malinconie, e vagheggia la propria sepoltura, componendo il suo stesso epitaffio.

I rintocchi della campana salutano il giorno che muore,
l'armento si disperde muggendo per i pascoli,
il contadino volge i passi affaticati verso casa,
e lascia il mondo alle tenebre e a me.

The curfew tolls the knell of parting day,
The lowing herd wind slowly o'er the lea,
The ploughman homeward plods his weary way,
And leaves the world to darkness and to me.


Ora impallidisce la luce fioca del paesaggio,
e una quiete solenne regna nell'aria.
Si ode solo il ronzio di uno scarabeo che vola intorno
e tintinnii (1) sonnolenti che cullano gli ovili lontani.

Now fades the glimmering landscape on the sight,
And all the air a solemn stillness holds,
Save where the beetle wheels his droning flight,
And drowsy tinklings lull the distant folds;


Dalla torre ammantata d'edera, laggiù,
il mesto gufo si lamenta, con la luna,
di coloro che, vagando presso la sua segreta dimora,
disturbano il suo antico regno solitario.

Save that from yonder ivy-mantled tower
The moping owl does to the moon complain
Of such, as wandering near her secret bower,
Molest her ancient solitary reign.


Sotto quegli olmi dalla ruvida scorza e all'ombra dei tassi
dove la zolla si gonfia in tumuli polverosi,
steso, ciascuno, per sempre, nella sua angusta cella,
dormono i rudi antenati del villaggio (2).

Beneath those rugged elms, that yew-tree's shade,
Where heaves the turf in many a mouldering heap,
Each in his narrow cell for ever laid,
The rude forefathers of the hamlet sleep.


Mai più li desterà dal loro umile giaciglio
il profumo della brezza mattutina,
il cinguettio della rondine dalla capanna di strame (3),
il canto acuto del gallo o il corno echeggiante dei cacciatori.

The breezy call of incense-breathing morn,
The swallow twittering from the straw-built shed,
The cock's shrill clarion, or the echoing horn,
No more shall rouse them from their lowly bed.


Non brucerà più per loro la fiamma del focolare,
e la massaia non accudirà più alle faccende serali:
né i bimbi correranno ad annunziare balbettando il ritorno del padre
né più si arrampicheranno sulle sue ginocchia per contendersi il bacio.

For them no more the blazing hearth shall burn,
Or busy housewife ply her evening care:
No children run to lisp their sire's return,
Or climb his knees the envied kiss to share.


Spesso la messe si arrese alla loro falce
spesso il loro aratro infranse le dure zolle:
con quanta gaiezza spinsero i buoi aggiogati sui campi!
Come si piegarono i tronchi sotto i loro colpi vigorosi!

Oft did the harvest to their sickle yield,
Their furrow oft the stubborn glebe has broke;
How jocund did they drive their team afield!
How bowed the woods beneath their sturdy stroke!


Non lasciate che l'Ambizione disprezzi la loro umile fatica (4),
le loro gioie semplici (5) e il loro destino oscuro;
né lasciate che la Grandezza (6) ascolti con sorriso altezzoso
i brevi e semplici annali dei poveri.

Let not Ambition mock their useful toil,
Their homely joys, and destiny obscure;
Nor Grandeur hear with a disdainful smile,
The short and simple annals of the poor.


Un'ora inevitabile attende egualmente
la gloria del blasone, la pompa del potere,
e quanto mai abbiano donato la bellezza e la ricchezza:
i sentieri della gloria non conducono che alla tomba.(8)

The boast of heraldry, the pomp of power,
And all that beauty, all that wealth e'er gave,
Awaits alike the inevitable hour.
The paths of glory lead but to the grave.


Né voi, Orgogliosi, imputate a loro la colpa
se il Ricordo non eresse alcun trofeo sulla loro tomba,
là dove, attraverso lunghe navate e volte scolpite,
l'eco dei canti rende più intense le note di lode (9)

Nor you, ye Proud, impute to these the fault,
If Memory o'er their tomb no trophies raise,
Where through the long-drawn aisle and fretted vault
The pealing anthem swells the note of praise.


Possono un'urna istoriata o un busto animato (10)
richiamare alla sua dimora (11) il respiro che fugge?
Può la voce dell'Onore richiamare in vita la polvere silenziosa?
O la lusinga blandire le deboli, fredde orecchie della morte? (12)

Can storied urn or animated bust
Back to its mansion call the fleeting breath?
Can Honour's voice provoke the silent dust,
Or Flattery soothe the dull cold ear of Death?


Forse in questo luogo abbandonato giace
qualche cuore una volta ardente di fuoco celeste,
mani che avrebbero potuto impugnare lo scettro del comando,
o destare l'estasi con la lira vibrante di vita (13).

Perhaps in this neglected spot is laid
Some heart once pregnant with celestial fire;
Hands that the rod of empire might have swayed,
Or waked to ecstasy the living lyre.


Ma il Sapere non svolse mai ai loro occhi
il suo grande volume ricco delle spoglie del tempo (14).
il freddo della povertà represse il loro nobile ardore
e ne gelò in fondo all'anima le vocazioni.

But Knowledge to their eyes her ample page
Rich with the spoils of time did ne'er unroll;
Chill Penury repressed their noble rage,
And froze the genial current of the soul.


Le scure, inesplorate cavità dell'oceano contengono
gran quantità di gemme di purissima luce serena:
molti fiori nascono per imporporarsi mai visti
e sciupare la loro dolcezza nell'aria deserta (15)

Full many a gem of purest ray serene,
The dark unfathomed caves of ocean bear:
Full many a flower is born to blush unseen,
And waste its sweetness on the desert air.


Il destino impedì loro di comandare l'applauso di docili senati,
di disprezzare minacce di pene e di tormenti,
di spargere l'abbondanza su una terra ridente
e di legger la propria storia negli occhi di un popolo (16).

The applause of listening senates to command,
The threats of pain and ruin to despise,
To scatter plenty o'er a smiling land,
And read their history in a nation's eyes,


Non solo fu impedito il rigoglio delle loro virtù
ma anche le loro colpe furono limitate; (17)
il destino non concesse loro di aprirsi un varco verso il trono con il sangue,
di chiudere le porte della misericordia sul genere umano,
di celare a se stessi il rimorso di una taciuta verità,
di spegnere i rossori di un ingenuo pudore,
di offrire all'altare del Fasto e dell'Orgoglio
incenso acceso alla fiamma di Muse venali (18)

Their lot forbade: nor circumscribed alone
Their growing virtues, but their crimes confined;
Forbade to wade through slaughter to a throne,
And shut the gates of mercy on mankind,
The struggling pangs of conscious truth to hide,
To quench the blushes of ingenuous shame,
Or heap the shrine of Luxury and Pride
With incense kindled at the Muse's flame.


Lontani dall'ignobile lotta di una folla impazzita,
non corruppero mai le loro modeste aspirazioni;
lungo la valle appartata della vita
mantennero il ritmo sommesso del loro cammino.

Far from the madding crowd's ignoble strife,
Their sober wishes never learned to stray;
Along the cool sequestered vale of life
They kept the noiseless tenor of their way.


Tuttavia qualche fragile monumento
adorno di rozze rime e di sculture informi,
eretto per proteggere anche quelle ossa dalla profanazione,
implora del passante il tributo di un sospiro.

Yet even these bones from insult to protect
Some frail memorial still erected nigh,
With uncouth rhymes and shapeless sculpture decked,
Implores the passing tribute of a sigh.


Il loro nome, i loro anni, sillabati da una musa illeterata,
occupano il posto della fama e dell'elegia
e la Musa ricorre ai testi sacri
che preparano alla morte l'onesto popolano (19).

Their name, their years, spelt by the unlettered muse,
The place of fame and elegy supply:
And many a holy text around she strews,
That teach the rustic moralist to die.


Chi mai, in preda al silenzioso Oblio,
ha rinunziato al proprio caro trepido essere,
e ha lasciato i caldi confini ridenti della vita
senza un lungo sguardo di brama e di rimpianto? 

For who to dumb Forgetfulness a prey,
This pleasing anxious being e'er resigned,
Left the warm precincts of the cheerful day,
Nor cast one longing lingering look behind?


L'anima che se ne va, si affida a qualche petto affettuoso
e gli occhi che si spengono chiedono qualche pia lacrima (20)
Anche dalla tomba grida la voce della Natura.
Anche nelle nostre ceneri vivono le loro consuete fiamme. (21)

On some fond breast the parting soul relies,
Some pious drops the closing eye requires;
Ev'n from the tomb the voice of nature cries,
Ev'n in our ashes live their wonted fires.


Note:

1) Le campanelle delle pecore rinchiuse a sera negli ovili.
2) Sono le tombe dei cimiteri di campagna.
3) Dalla capanna dal tetto di paglia.
4) Nell'originale,"utile" ("useful").
5) Nell'originale, "gioie domestiche" ("Homely joys").
6) Sono personificazioni. Alludono all'atteggiamento altezzoso degli aristocratici verso gli umili.
7) La storia, le vicende.
8) Tutte le differenze sociali si annullano dinnanzi alla morte. è un concetto ripreso dalle Odi di Orazio.
9) Nelle chiese, dove sorgevano i monumenti sepolcrali delle famiglie nobili.
10) Un busto del defunto così somigliante da sembrare vivo.
11) Il corpo.
12) La lusinga non può blandire la morte, in modo che conceda al defunto di tornare in vita. La morte non sente, non ha orecchie deboli e insensibili ("Fredde").
13) Nel cimitero campestre giace qualche oscuro contadino che avrebbe invece avuto le doti per divenire grande uomo politico o grande poeta.
14) I poveri non ebbero la possibilità di accostarsi alla cultura, in cui è tesaurizzata la tradizione del passato.
15) Le qualità dei poveri non sono potute venire alla luce, come le gemme sepolte al fondo dell'oceano o i fiori che crescono non visti.
16) Il destino ha impedito agli umili contadini di conoscere la gloria dei grandi governanti di popoli. Negli sguardi di ammirazione del popolo il grande vede riflessa la propria storia gloriosa.
17) La vita oscura ha impedito che brillassero le virtù degli umili, ma li ha anche preservati delle colpe inevitabili di chi fa la storia.
18) Di vendere la propria ispirazione poetica per celebrare i potenti.
19) Al posto di epigrafi celebrative ("Fama") o di componimenti poetici che piangano il defunto illustre ("Elegie"), vi sono semplici iscrizioni tracciate da mano illetterata, col nome, l'età del defunto e con citazioni della Bibbia, che hanno preparato alla morte il pio contadino.
20) Nessuno morendo si rassegna a sprofondare completamente nella dimenticanza; tutti restano attaccati alla vita e, per sopravvivere in qualche modo, si affidano al ricordo affettuoso dei vivi, alle loro lacrime.
21) Dalla tomba sembra di udir provenire un grido, in cui si esprime il desiderio naturale del defunto di continuare a vivere nel ricordo dei suoi. Di questi versi si ricorderà Foscolo nell'Ortis: "Geme la Natura perfin nella tomba..." e nei Sepolcri: "Il sospiro/che dal tumulo a noi manda Natura".


Commento critico:

L'inizio dell'Elegia (strofe 1-3) è di tipico gusto preromantico. Elementi caratteristici sono: il morire del giorno, le tenebre che avvolgono le cose, creando un'atmosfera malinconica che predispone alla meditazione sulla morte, il triste lamento del gufo dall'antica torre ammantata di edera, la solitudine della notte.
La parte centrale del componimento è invece un'esaltazione della vita oscura degli umili. In polemica con la concezion classica ed eroica, che ritiene degno di ricordo solo ciò che è grande ed eccezionale, Gray rivendica il valore di ciò che è umile, semplice, comune. Nei poveri contadini che giacciono nel cimitero campestre c'erano forse potenzialmente le doti di grandi uomini politici, condottieri, poeti. Solo la povertà ha impedito che queste doti venissero alla luce. Questa esaltazione della vita umile ed oscura ha un significato storico importante. Riflette il formarsi di una concezione borghese, nutrita di ispirazione cristiana, che si contrappone alla tradizionale concezione aristocratica e classica, anticipando tendenze che saranno ricorrenti nella successiva letteratura inglese, soprattutto nell'età vittoriana, quando si tenderà ad escludere l'eroico ed a fissare l'attenzione su ciò che è quotidiano e comune. 


Il testo originale

"Elegy Written in a Country Churchyard"

The curfew tolls the knell of parting day,
The lowing herd wind slowly o'er the lea,
The ploughman homeward plods his weary way,
And leaves the world to darkness and to me.

Now fades the glimmering landscape on the sight,
And all the air a solemn stillness holds,
Save where the beetle wheels his droning flight,
And drowsy tinklings lull the distant folds;

Save that from yonder ivy-mantled tower
The moping owl does to the moon complain
Of such, as wandering near her secret bower,
Molest her ancient solitary reign.

Beneath those rugged elms, that yew-tree's shade,
Where heaves the turf in many a mouldering heap,
Each in his narrow cell for ever laid,
The rude forefathers of the hamlet sleep.

The breezy call of incense-breathing morn,
The swallow twittering from the straw-built shed,
The cock's shrill clarion, or the echoing horn,
No more shall rouse them from their lowly bed.

For them no more the blazing hearth shall burn,
Or busy housewife ply her evening care:
No children run to lisp their sire's return,
Or climb his knees the envied kiss to share.

Oft did the harvest to their sickle yield,
Their furrow oft the stubborn glebe has broke;
How jocund did they drive their team afield!
How bowed the woods beneath their sturdy stroke!

Let not Ambition mock their useful toil,
Their homely joys, and destiny obscure;
Nor Grandeur hear with a disdainful smile,
The short and simple annals of the poor.

The boast of heraldry, the pomp of power,
And all that beauty, all that wealth e'er gave,
Awaits alike the inevitable hour.
The paths of glory lead but to the grave.

Nor you, ye Proud, impute to these the fault,
If Memory o'er their tomb no trophies raise,
Where through the long-drawn aisle and fretted vault
The pealing anthem swells the note of praise.

Can storied urn or animated bust
Back to its mansion call the fleeting breath?
Can Honour's voice provoke the silent dust,
Or Flattery soothe the dull cold ear of Death?

Perhaps in this neglected spot is laid
Some heart once pregnant with celestial fire;
Hands that the rod of empire might have swayed,
Or waked to ecstasy the living lyre.

But Knowledge to their eyes her ample page
Rich with the spoils of time did ne'er unroll;
Chill Penury repressed their noble rage,
And froze the genial current of the soul.

Full many a gem of purest ray serene,
The dark unfathomed caves of ocean bear:
Full many a flower is born to blush unseen,
And waste its sweetness on the desert air.

Some village-Hampden, that with dauntless breast
The little tyrant of his fields withstood;
Some mute inglorious Milton here may rest,
Some Cromwell guiltless of his country's blood.

The applause of listening senates to command,
The threats of pain and ruin to despise,
To scatter plenty o'er a smiling land,
And read their history in a nation's eyes,

Their lot forbade: nor circumscribed alone
Their growing virtues, but their crimes confined;
Forbade to wade through slaughter to a throne,
And shut the gates of mercy on mankind,

The struggling pangs of conscious truth to hide,
To quench the blushes of ingenuous shame,
Or heap the shrine of Luxury and Pride
With incense kindled at the Muse's flame.

Far from the madding crowd's ignoble strife,
Their sober wishes never learned to stray;
Along the cool sequestered vale of life
They kept the noiseless tenor of their way.

Yet even these bones from insult to protect
Some frail memorial still erected nigh,
With uncouth rhymes and shapeless sculpture decked,
Implores the passing tribute of a sigh.

Their name, their years, spelt by the unlettered muse,
The place of fame and elegy supply:
And many a holy text around she strews,
That teach the rustic moralist to die.

For who to dumb Forgetfulness a prey,
This pleasing anxious being e'er resigned,
Left the warm precincts of the cheerful day,
Nor cast one longing lingering look behind?

On some fond breast the parting soul relies,
Some pious drops the closing eye requires;
Ev'n from the tomb the voice of nature cries,
Ev'n in our ashes live their wonted fires.

For thee, who mindful of the unhonoured dead
Dost in these lines their artless tale relate;
If chance, by lonely Contemplation led,
Some kindred spirit shall inquire thy fate,

Haply some hoary-headed swain may say,
Oft have we seen him at the peep of dawn
Brushing with hasty steps the dews away
To meet the sun upon the upland lawn.

There at the foot of yonder nodding beech
That wreathes its old fantastic roots so high,
His listless length at noontide would he stretch,
And pore upon the brook that babbles by.

Hard by yon wood, now smiling as in scorn,
Muttering his wayward fancies he would rove,
Now drooping, woeful wan, like one forlorn,
Or crazed with care, or crossed in hopeless love.

One morn I missed him on the customed hill,
Along the heath and near his favourite tree;
Another came; nor yet beside the rill,
Nor up the lawn, nor at the wood was he;

The next with dirges due in sad array
Slow through the church-way path we saw him borne.
Approach and read (for thou can'st read) the lay,
Graved on the stone beneath yon aged thorn.'

The Epitaph

Here rests his head upon the lap of earth
A youth to fortune and to fame unknown.
Fair Science frowned not on his humble birth,
And Melancholy marked him for her own.

Large was his bounty, and his soul sincere,
Heaven did a recompense as largely send:
He gave to Misery all he had, a tear,
He gained from Heaven ('twas all he wished) a friend.

No farther seek his merits to disclose,
Or draw his frailties from their dread abode,
(There they alike in trembling hope repose)
The bosom of his Father and his God.


Info tratte da











Edward Young e Thomas Parnell

"Young e Harvey meditarono sui sepolcri da cristiani: i loro libri hanno per iscopo la rassegnazione alla morte e il conforto d'una altra vita...Gray scrisse da filosofo: la sua elegia ha per iscopo di persuadere l'oscurità della vita e la tranquillità della morte... Gray canta le tombe di gente semplice e ignota, affermando il valore insito anche nelle esistenze più oscure; Foscolo canta le tombe dei grandi uomini, che devono stimolare all'agire eroico. Il poeta inglese propone una rivalutazione di ciò che è umile e quotidiano, ispirato ad una concezione della vita cristiana e borghese, che si contrappone polemicamente alla concezione classica, aristocratica ed eroica; il poeta italiano ribadisce invece proprio quella tradizione, riproponendo una concezione eroica in chiave moderna."

Per curiosità: "In Morte di Amaritte -Elegia- " (1796) Foscolo cita proprio Young: "Trista è così de' Morti la campagna / allora che Young fra l'Ombre della Notte / sulfato di Narciso egro si lagna."


Edward Young "Complaints or Night Thoughts on Life, Death and Immortality"

Traduzione di Giuseppe Bottoni, "Le Notti"

Non è forse una vasta immensa tomba il mondo istesso?
è la gran madre antica
per sé solo infeconda;
e quanto in essa nasce
da quanto si scompone
e sface ha l'origine sua...

Ah, Morte, ah, dove mi porta il mio pensier?
Stridere io sento sovra i cardini lor le ferre porte
di quel tuo regno, ove degli astri il lume
non giunge a penetrar.


Aggiungo anche Thomas Parnell, con "A Night Piece of Death"

Traduzione di Angelo Mazza, "Alla Morte"

... Offresi a manca vista di monumenti,
a'quai le sponde squallor di stagnante acqua
accerchia e lambe.

Questa che Morte in suon lugubre onora,
d'umido musco
e dell'ellera tenace avviticchiata torre,
a cui di costa percuoton raggi lividi di Luna...


Parafrasi in Italiano corrente:

Ovunque si possono scorgere dei monumenti (sarebbe più corretto forse interpretare il vocabolo "monumenti" come "antiche rovine", vestigia di un tempo ormai passato, castelli o abbazie in rovina...)attorniati da acqua stagnante, acquitrini, che mettono orrore.
Si sentono rintocchi lugubri, quasi fossero sinfonie per onorare la Morte; il muschio umido e l'edera avvolgono tenacemente la torre in rovina, che il poeta sta osservando, illuminata dai raggi lunari.

Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/03/i-sepolcri-in-uno-stralcio-dei-delly.html


"Lapide"

Poesia di Giovanni Pascoli, tratta da "Myricae"

Una tomba dimenticata e quasi coperta d'erba: sulla lapide un nome probabilmente di invenzione, ma che è stato scelto per ricordare la purezza della fanciulla sepolta: su tutto una pace malinconica e il senso della vanità della vita.


Dietro spighe di tasso barbasso,
tra un rovo, onde un passero frulla
improvviso, si legge in un sasso:
QUI DORME PIA GIGLI FANCIULLA.

Radicchiella (1) dall'occhio celeste,
dianto di porpora, (2) sai,
sai, vilucchio, (3) di Pia? La vedeste,
libellule tremule, mai?

Ella dorme. Da quando raccoglie
nel cuore il soave oblio? (4) Quante
oh! le nubi passate, le foglie
cadute, le lagrime piante;

quanto, o Pia, si morì da che dormi
tu! Pura di vite, create
a morire, tu, vergine, dormi
le mani sul petto incrociate. (5)
Dormi, vergine, in pace: il tuo lene
respiro nell'aria lo sento
assonare al ronzio delle andrene,(6)
coi brividi brevi del vento.

Lascia argentei il cardo al leggiero
tuo alito i pappi (7) suoi come
il morente alla morte un pensiero,(8)
vago, ultimo: l'ombra d'un nome.



****

1) Cicoria selvatica che mette un piccolo fiore azzurro

2) Il garofano dei campi

3) Il convolvolo

4) La morte

5) Sei rimasta fanciulla, e non hai creato altre vite destinate a morire

6) Api selvatiche. Il fruscio del vento diventa il sospiro della fanciulla, come se dormisse.

7) I semi disseminati dal vento

8) Il pensiero della vita






Dei Sepolcri - commento critico e analisi ai versi



Il Carme fu composto nel 1806 a Milano e pubblicato nel 1807. è indirizzato a Pindemonte, con cui Foscolo aveva avuto a Venezia una discussione sul valore delle tombe.

DEORUM MANIUM IURA SANCTA SUNTO. (1)
("I diritti degli dèi Mani siano sacri".  Nella religione romana i Mani sono i defunti).

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? (2)

2) "Il sonno della morte è forse meno profondo se la tomba è ombreggiata da cipressi e se il sepolcro è confortato dal pianto dei cari rimasti in vita?" la domanda retorica equivale a una negazione: la cura della tomba e il pianto dei vivi non servono al morto, perché non possono evitare che la morte sia totale annullamento.

Ove più il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò più il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né più cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a ma vita raminga,
qual fia ristoro a' di perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte? (3).

3) "Quando per me che sarò morto e non sentirò più nulla, il sole non feconderà più la terra, facendo generare questa bella famiglia di esseri vegetali e animali, e quando le ore future non danzeranno dinanzi a me, non mi offriranno alcuna aspettativa, attraenti per le promesse lusinghiere che esse recano con sé, e non udrò più da te, dolce amico Pindamonte, i tuoi versi regolati da una mesta armonia [Pindemonte era un Poeta di ispirazione malinconica] e la poesia e l'amore non parleranno più al mio cuore [le Muse sono dette vergini ad indicare l'elevatezza dell'ispirazione e il valore purificatore della Poesia], unico stimolo di vita spirituale ["spirto"] alla mia vita di esule, come potrà compensarmi dei giorni perduti ["dì perduti"] che non vivrò, una pietra tombale che distingua le mie ossa dalle infinite altre che la morte dissemina per terra e mare? [Il fatto di avere una tomba non compensa i beni della vita che l'uomo perde morendo]. 

Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri (4); e involve
tutte cose l'obblio nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto (5); e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo (6).

4) Anche la speranza ("Speme") abbandona le tombe: cioè non vi è alcuna speranza di sopravvivenza dopo la morte.
5) la dimenticanza avvolge ogni cosa nelle sue tenebre, cancella ogni traccia degli esseri esistenti,e la forza della Natura, sempre all'opera li trasforma in un continuo travaglio ("affatica") distruggendo le forme assunte dalla materia e ricreando da esse forme diverse.

Parere di Lunaria: anche in de Sade, materialista convinto, in "Justine", appare questo discorso, della dissoluzione di ogni cosa, per opera della Natura-Matrigna, tema anche Leopardiano, del resto.

6) Il tempo muta e rende irriconoscibili ("traveste") l'uomo, le tombe, i resti mortali dell'uomo e i vari aspetti della terra e del cielo, che sono i residui di una catena di trasformazioni precedenti.


Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l'illusion che spento
pur lo sofferma a limitar di Site? (7)
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de' suoi? (8) Celeste è questa
corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; (9) e spesso
per lei (10) si vive con l'amico estinto,
e l'estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi una sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.(11)

7) "Ma perché l'uomo, prima che sia il momento di morire, dovrà privarsi dell'illusione (di poter sopravvivere),  che lo trattiene al di qua della soglia della morte?" "Dite" è il Regno dei Morti nella mitologia classica. Anche se la ragione dimostra che la morte è la fine di tutto, l'uomo deve mantenere l'illusione di una sopravvivenza dopo di essa.
8) "Non continua a vivere anche sottoterra, quando la bellezza del mondo dei vivi ("giorno": il mondo della luce, delle persone vive) non potrà più parlargli, destar sentimenti, se può suscitare l'illusione di essere ancora vivo nella mente dei suoi attraverso un'affettuosa partecipazione?" Cioè l'uomo si illude di non morire del tutto se rimane nel ricordo dei suoi cari; per questo però è necessaria la tomba che tenga desta la memoria.
9) Questa corrispondenza affettiva tra il morto e i viventi è una dote divina per gli uomini, dà cioè una forma di immortalità che li accomuna agli Dèi.
10) "Per lei", ovvero grazia a questa corrispondenza.
11) "A patto che la terra che appena nato, accolse e nutrì l'uomo, offrendogli pietosamente l'ultimo rifugio nel suo grembo materno ("con la sepoltura"), rende sacri i suoi resti, preservandoli dall'azione distruttrice delle tempeste("insultar de' nembi") e dal piede profanatore del volgo, e a patto che una pietra tombale conservi il suo nome ed un albero amico ("arbore"), profumato di fiori, consoli le ceneri con le sue gradevoli ombre". Non è inutile, quindi, che la tomba sia protetta da ombre e un sasso serbi la memoria del nome. La terra è raffigurata in sembianze materne: morire, per Foscolo, è come rientrare nel grembo che ci ha generati.

Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna (12); e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra'l compianto de' templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'Iddio; ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura. (13)

12) "Solo chi non lascia tra i vivi nessuno che lo ami - si può intendere una persona arida e malvagia - non ricava nessun conforto dal pensiero di avere una tomba: non potrà sperare di sopravvivere nel ricordo."
13) Se spinge lo sguardo dopo le esequie, se cerca di immaginare ciò che sarà di lui dopo la morte, vede la sua anima errare tra i lamenti dei dannati nelle regioni infernali ("Templi Acherontei"): è un'eco degli Acherusia Templa di Lucrezio. "Templi" conserva il senso archaico del termine latino. "Rifugiarsi sotto le ali del perdono di Dio" si intende come pensare di essere salvato o dannato, "ma lascia i suoi resti alle ortiche di un angolo di terra deserta ("Gleba"), dove non viene a pregare nessuna donna che lo ami, né il passante solitario può sentire il sospiro che la natura manda dalla tomba, cioè, dalla tomba sembra fuoriuscire il sospiro del defunto, che esprime il desiderio di sopravvivere connaturato con l'uomo; è un concetto che proviene dall'Elegia di Thomas Gray: "Even from the Tomb the voice of Nature cries = anche dalla Tomba grida la voce della Natura".


Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
contende (14). E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore; e t'appendea corone (15);
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de' buoi
che dagli antri abduani e dal Ticino
lo fan d'ozi beato e di vivande. (16)
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l'ambrosia, indizio del tuo Nume,
fra queste piante ov'io siedo e sospiro
il mio tetto materno (17). E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch'or con dimesse frondi va fremendo
perchè non copre, o Dea, l'urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d'ombre.(18)

14) "Nonostante questo alto significato delle tombe, oggi una nuova legge impone di seppellire i morti in cimiteri comuni fuori delle città e sottrae ad essi la possibilità di avere una lapide col loro nome." Foscolo si riferisce all'editto di Saint-Cloud, e a disposizioni analoghe, di ispirazione illuministica, che erano state adottate in precedenza dal governo austriaco. Difatti il Poeta Parini, morto nel 1799, era già stato sepolto secondo tali norme.
15) Parini, sacerdote di Talia, cioè poeta satirico (Talia era la Musa della Commedia), che cantando in suo onore, coltivò con costante amore nella sua povera casa un alloro (pianta sacra ad Apollo, Dio della Poesia), e le appendeva con corone in segno di devozione. L'immagine metaforica significa che Parini aveva un culto per la poesia, che praticava disinteressatamente, con totale dedizione, anche a prezzo della povertà.
16) La Musa ispirava l'ironia dei canti (l'opera "Il Giorno") con cui Parini colpiva i nobili lombardi oziosi e corrotti a cui stavano a cuore solo le proprietà, il muggito dei buoi che dalle stalle del Lodigiano e del Ticino li rendevano beati, procurando loro ozio e cibi pregiati.
Sardanapalo era un re assiro, noto per il suo lusso e la sua corruzione.
"Abduani" da "Abdua", nome latino di Lodi; qui Foscolo riproduce lo stile di Parini nel "Giorno", l'uso di termini aulici ed immagini ricercate per esprimere realtà prosaiche, a fini ironici.
17) "Fra questi tigli dove io siedo sospirando la mia patria, non sento diffondersi nell'aria il profumo di ambrosia, indizio della presenza divina della Musa."
L'ambrosia era l'unguento degli Dei. Accanto a Parini - che aveva incontrato in questo boschetto di tigli - sembrava al Poeta di sentire la Presenza Divina della Poesia; ora non la sente più, perchè Parini è morto.
18) "Tu (la Musa) venivi e sorridevi a Parini (in segno della tua benevolenza) sotto quel tiglio che ora, come intristito ("con dimesse fronde") freme perché non copre il sepolcro del vecchio poeta, a cui aveva già offerto generosamente, quando era in vita, tranquillità e ombra."
Ritorna l'immagine del sepolcro confinato dall'ombra degli alberi, ma in negativo: Parini non è sepolto sotto il tiglio, perché dall'editto di Saint-Cloud, erano state adottate leggi che imponevano di seppellire i morti in cimiteri comuni fuori dalle città, e Parini, morto nel 1799, era già stato sepolto secondo tali norme.
     
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; (20) e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti. (21)
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse, e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la Luna,
l'upupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerea campagna,
e l'immonda accusar col luttuoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obbliate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. (23) Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto.

Una delle parti più sublime del Carme, a mio parere, e che riecheggia dello stile sepolcrale e oscuro delle Tragedie Foscoliane.
Vediamo meglio i significati:
19) "Forse tu, Musa, vaghi tra le tombe plebee dei cimiteri suburbani, cercando la tomba del tuo Parini?". Ricordiamo che precedentemente Foscolo aveva immaginato Parini, mentre omaggiava la Musa della Commedia, Talia. Spicca la contrapposizione tra il "capo sacro" del poeta e i tumuli "plebei": Foscolo vuole dire: "Il corpo dell'uomo insigne e illustre è profanato dalla mescolanza con i corpi di persone ignobili".
20) "La città corrotta di Parini, Milano, che attira e compensa con successo i cantanti evirati, e non ha dedicato al poeta Parini neppure una tomba, dei cipressi che la ombreggiassero, o un'epigrafe ("Parola") che lo ricordasse." Nel Settecento i cantanti lirici evirati da fanciulli, in modo che conservassero la voce bianca per le parti femminili, erano dei veri e propri divi, che godevano di enorme successo. Contro questa usanza, Parini si era scagliato nell'Ode "La Musica".
21) Parini, in obbedienza alle norme vigenti, fu sepolto nel campo comune del cimitero di Porta Comasina, in cui venivano gettati anche i cadaveri dei giustiziati. Per rendere questo a livello poetico, Foscolo immagina che un ladro appena giustiziato sul patibolo, insanguini le ossa del poeta Parini, con il suo capo mozzato. Foscolo vuole mettere in evidenza come le norme sulle sepolture violino tutti i valori più sacri, impedendo che le tombe degli uomini insigni ed illustri esercitino la loro funzione di esempio, spronando all'imitazione.
22) "Tra le macerie di tombe in rovina e gli sterpi ("Bronchi") che crescono fra di esse, si sente raspare la cagna randagia ("derelitta")che vaga tra le fosse e ulula famelica; e si vede un'upupa uscire da un teschio, dove si era rifugiata per sfuggire alla luce lunare, svolazzando tra le croci sparse per il campo del cimitero, e si sente l'immondo uccello lanciare il suo lugubre verso, con il quale sembra rimproverare le stelle perché illuminano con il loro raggio pietoso le sepolture dimenticate."
L'upupa, nella tradizione, era -erroneamente- creduta uccello notturno e luttuoso.
Tutta questa strofa rimanda al gusti cimiteriale della Poesia Inglese, Young e Gray, ma anche ai "Canti di Ossian", o lo stesso Parini della "Notte" e il Monti della "Bassvilliana".
Personalmente, tenterei anche un confronto con alcune delle Poesie Rinascimentali Italiane perché fascinazioni sepolcrali si ritrovano anche in poeti come Matteo Bandello, Giovanni Guidiccioni, Giovan Battista Strozzi, Luigi Tansillo http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/05/luigi-tansillo.html, tutti del 1500 (che in un certo senso, anticipano la Poesia Cimiteriale Inglese!).

23) Foscolo si rivolge sempre alla Musa Talia: "Invano invochi dalla notte arida delle rugiade sulla tomba del poeta". La rugiada può essere vista simbolicamente come un pianto che conforti la sepoltura.
24) Sui morti non spuntano fiori, se l'estinto non riceve le cure dei vivi che lo onorano con le loro lodi e lacrime, segni del loro amore. La Pietas verso i morti è dovere della civiltà umana, perché la Natura (ecco di nuovo il riferimento alla Natura Matrigna, tipico anche del Leopardi) è impietosa, e prosegue nella sua opera di decomposizione e di distruzione.


Dal dì che nozze e tribunali ed are
dietro alle umane belve esser pietose
di sé stesse e d'altrui, toglieano i vivi
all'etere maligno e alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina. (25)
Testimonianza a' fasti eran le tombe,
ed are a'figli; e uscian quindi i responsi
de' domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:(26)
religion che con diversi riti
le virtù patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d'anni (27).
Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
fean pavimento; né agl'incensi avvolto
de' cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; (28) né le città fur meste
d'effigiati scheletri (29): le madri
balzan ne' sonni esterefatte, e tendono
nude le braccia su l'amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
del santuario. (30)

25) "Da quando le istituzioni della famiglia ("Nozze"),
della Giustizia ("Tribunali") e della religione ("Are" = "Altari") consentirono agli uomini, che allo stato primitivo erano come belve feroci, di aver pietà e rispetto di se stessi e dei propri simili, i vivi sottraevano all'azione distruttrice della Natura (aria e belve feroci) i miseri resti dei cadaveri, che esposti all'azione della Natura, che con un ciclo di continua trasformazione della materia ("Veci eterne"), destina ad assumere altre forme."
Il rispetto dei morti è per Foscolo un segno di incivilimento, insieme alle altre istituzioni fondamentali delle civiltà. è un concetto ripreso dalla "Scienza nuova" di Vico.
26) "Le tombe erano testimonianza delle glorie del passato ("Fasti") e altari per i figli (i defunti venivano venerati come Dèi); dalle tombe venivano i responsi dei defunti, divenuti Lari, divinità domestiche, e il giuramento pronunciato sulle ceneri degli antenati era considerato sacro." Foscolo elenca alcuni esempi della funzione civile delle tombe nelle società del mondo antico.
27)"Le virtù tradizionali, congiunte con la pietà, tramandarono per una lunga serie di anni questo culto religioso dei morti, in diverse forme ("Diversi riti")." Intorno al culto dei morti si concentrano tutti i valori di una civiltà, poichè le tombe serbano il ricordo del passato.
28) "Non sempre i defunti erano sepolti nelle chiese (le lapidi facevano da pavimento alle chiese), né il puzzo dei cadaveri, mescolato al profumo dell'incenso contaminò i fedeli che pregavano (come avveniva nel Medioevo)".
29) Né le città eran rattristate dalle raffigurazioni di scheletri. Pitture e sculture di scheletri erano diffuse nel Medioevo, le Totentanz, per ricordare che l'uomo è creatura mortale e deve distaccarsi dai beni del mondo.
30) Foscolo esamina gli effetti psicologici della presenza ossessiva della morte nella civiltà cristiana del Medioevo: "Le madri balzano terrorizzate dal sonno e protendono le braccia nude a proteggere il figlio lattante, affinchè non lo destino i lunghi gemiti di un defunto che chiede agli eredi di far celebrare a pagamento delle messe a suffragio della sua anima."
L'aggettivo "Venal" traduce l'atteggiamento sprezzante di Foscolo contro i preti che si fanno pagare per recitare preghiere per i defunti. L'allusione agli "eredi" viene interpretata a questo modo: il familiare ha lasciato un'eredità, ma esige in cambio, con quel denaro, delle messe, e terrorizza gli eredi per averle.      

Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l'urne
per memoria perenne, e preziosi
vasi accogliean le lacrime votive. (31)
Rapian gli amici una favilla al Sole
a illuminar le sotterranea notte,
perchè gli occhi dell'uom cercan morendo
il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce (32).
Le fontane versando acque lustrali, (33)
amaranti educavano (34) e viole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte e a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentìa qual d'aura de' beati Elisi. (35)
Pietosa insania, che fa cari gli orti
de' suburbani avelli alle britanne
vergini dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
che tronca fe' la trionfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara. (36)
Ma ove dorme il furor d'inclite geste
e sien ministri al vivere civile
l'opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell'Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti. (37)

31) Alle costumanze cristiane del Medioevo, che ritiene barbariche, Foscolo contrappone come più civil quelle pagane dell'età classica: "Cipressi e cedri, impregnando l'aria primaverile ("zefiri") di puri profumi (in contrapposizione con il lezzo dei cadaveri nella chiese) protendevano sulle tombe i loro rami dal verde perenne, simbolo del perenne ricordo, e preziosi vasi raccoglievano le lacrime votive" (si credeva che i vasi lacrimali trovati nelle tombe pagane servissero a raccogliere le lacrime versate dai famigliari; in realtà contenevano profumi).
32) "Gli amici sottraevano una favilla al Sole per illuminare l'oscurità delle tombe (era uso degli antichi porre nelle tombe sotterranee delle lampade votive, simbolo di vita) perché l'uomo morendo cerca la luce, e tutti mandano un sospiro di rimpianto alla luce che li abbandona." Per Foscolo l'idea della morte nel mondo classico è collegata con la luce: la vita ("Armonia del giorno") vince sulla morte.
33) Lustrali = Purificatrici
34) Educavano = facevano crescere
35)"Chi sedeva presso il sepolcro a spargervi latte (secondo l'uso rituale antico) o a raccontare le sue pene ai suoi cari defunti, sentiva intorno un profumo (di fiori, di unguenti) come se si trovasse nei Campi Elisi, dove stanno i beati". Torna il motivo della "corrispondenza d'amorosi sensi" tra i vivi e i morti. La sepoltura pagana, nella sua cornice serena e luminosa, associa alla morte l'idea di un rapporto affettuoso con i vivi e l'idea della pace e della felicità; mentre la sepoltura cristiana evoca l'idea paurosa di atroci sofferenze ("Gemer lungo").
36) Questa sensazione di trovarsi insieme con il caro defunto, grazie alla cornice serena e ridente della sepoltura, è una follia, un'illusione ("Insania") che nasce dall'amore e dalla pietà per essi; una analoga illusione rende cari alle fanciulle inglesi i giardini dei cimiteri suburbani, dove le spinge l'amore per la madre perduta, ma dove pregano anche i Geni protettori della patria affinché concedano clementi il ritorno all'eroe nazionale, l'ammiraglio Nelson, impegnato nella guerra contro Napoleone. Nelson aveva fatto tagliare l'albero maestro ("Maggior pino") alla nave ammiraglia francese ("La trionfata nave" = "la nave vinta") dopo la battaglia di Abikir (1798) e se ne era fatta una bara.
37) Ma in quei paesi (come l'Italia) in cui è spento l'ardore di gesta eroiche ("Inclite = illustri") e la vita civile è dominata solo dalla smania di arricchirsi ("Opulenza") e dalla paura servile dinnanzi al potere ("Tremore"), colonne funebri ("Cippi") e tombe di marmo sono solo inutile sfoggio ("Pompa") e malaugurate immagini di morte ("Inaugurate": "in" è prefisso negativo; "Orco" è l'aldilà pagano); vale a dire che le tombe non sono esempi di virtù civile e stimolo all'azione.  

Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude (38). A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l'amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l'esempio. (39)

38) "I ceti dirigenti del Regno d'Italia sono già sepolti, pur essendo ancora vivi, nelle regge dove costantemente si piegano ad adulare i dominatori, e come unico motivo d'onore ("Laude") hanno i titoli nobiliari (ereditati da antica data, o concessi di recente da Napoleone)." Gli intellettuali, i ricchi commercianti e i nobili ("Il dotto, e il ricco ed il patrizio vulgo") erano i tre collegi elettorali del Regno Italico. Sono definiti spregiativamente "vulgo" perchè per Foscolo non hanno la dignità di una vera classe dirigente. Così è sarcastica la definizione di "Decoro e mente" ("Onore e intelligenza") come l'epiteto "Bello" attribuito al regno napoleonico d'Italia.
39) Alla viltà servile dei suoi compatrioti Foscolo contrappone la propria figura di uomo libero. Il passaggio logico rispetto a ciò che precede è: i ceti dirigenti italiani sono già morti quando sono ancora vivi; "per me invece la morte prepari un rifugio di pace ("Riposato albergo"), dove finalmente la sorte cessi di perseguitarmi, e gli amici ("Amistà" = "Amicizia")raccolgano come mia eredità non ricchezze, ma appassionati sentimenti e l'esempio di una poesia che conservi il senso della libertà e della dignità umana." Per il motivo della morte come rifugio di pace, si leggano i Sonetti di Foscolo "Alla sera" e "In morte del fratello Giovanni". Se le tombe dei suoi compatrioti sono inutili, dalla sua tomba deve scaturire un esempio civile: l'affermazione offre al poeta lo spunto per passare a trattare, nei versi successivi, della funzione di esempio che possiedono le tombe dei grandi uomini.

A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, O Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta.(40) Io quanto il monumento
vidi (41) ove posa il corpo di quel grande,
che temprando lo scettro a' regnatori,
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue (42);
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti (43); e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
più mondi, e il Sole irradiarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento (44);

40) Le tombe dei grandi uomini infiammano gli animi nobili a compiere grandi azioni e rendono bella e sacra allo straniero la terra che le accoglie. Come esempio di questa massima, propone subito le tombe di Santa Croce a Firenze.
41) Comincia di qui un ampio inno a Firenze. "Io, quando vidi le tombe di Santa Croce gridai: Beata te, Firenze, sia per la bellezza del tuo paesaggio, sia per le tue glorie letterarie, ma soprattutto perché accogli in quel tempio le glorie italiane, le uniche rimaste da quando cominciò il declino politico dell'Italia e la dominazione straniera."   
42) "Quando vidi la tomba dove riposa Machiavelli, quel grande che, insegnando (nel "Principe") ai regnanti l'arte di governare ("Temprando lo scettro"), ne toglie gli allori (cioè priva il potere regale delle apparenze di gloria che lo circondano) e rivela ai popoli come il potere si fondi sulle sofferenze imposte ai sudditi ("Lagrime")e sui delitti ("Sangue"). Foscolo riprende qui l'interpretazione Obliqua" del "Principe", già comparsa nel Sei e Settecento, secondo cui Machiavelli, con il pretesto di dar consigli ai principi, avrebbe avuto l'intenzione di svelarne la crudeltà.
43) è sempre retto da "Vidi": "Ed il sepolcro di Michelangelo che innalzò a Roma la cupola di San Pietro" (per la sua mole immensa paragonata al Monte Olimpo, sede degli dèi greci). Si osservi il classicismo laico di Foscolo, che designa in termini pagani il massimo tempio della cristianità.
44) La tomba di Galileo, che mediante il telescopio vide più pianeti ruotare nella volta celeste ("Etereo padiglion") e il sole illuminarli immobile, aprendo così per primo le vie della ricerca astronomica all'inglese Newton, proseguendo sulla strada da lui tracciata, formulò le leggi della gravitazione universale.

Te beata, gridai (45), per le felici
aure pregne di vita, e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Apennino! (46)
Lieta dell'aer tuo (47) veste (48) la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d'oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi (49):
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco (50),
e tu i cari parenti e l'idioma
desti a quel dolce di Calliope labbro (51)
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste.(52)
Ma più beata ché in un tempio accolte
serbi l'itale glorie (53), uniche forse
sa che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t'invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.(54)

45) "Gridai" è il verbo principale.
46) "Gridai felice te, Firenze, per la tua aria salubre e vivificatrice, e per le acque pure dei fiumi e dei ruscelli ("Lavacri") che l'Appennino versa a te dai suoi gioghi!"
47) "Lieta del tuo cielo terso"
48) "Veste" = "Riveste"
49) "Mandano al cielo mille profumi di fiori"
50) Dopo le bellezze naturali, il Poeta torna a cantare le glorie culturali di Firenze: "Tu per prima udisti il poema che alleviò lo sdegno di Dante esule". Foscolo accoglie la tradizione secondo cui Dante è definito "Ghibellin" perché sostenne l'indipendenza dell'imperatore dal papa e fu fautore della restaurazione del potere imperiale in Italia; in realtà nella sua attività politica in Firenze, Dante fu vicino ai Guelfi bianchi. Foscolo immagina che nella poesia Dante abbia trovato sollievo all'amarezza dell'esilio e allo sdegno per la corruzione della sua città e dell'Italia.
51) "Tu, Firenze, desti i genitori e la lingua a Petrarca, attraverso la cui bocca sembrava parlare la dolce voce della musa Calliope". Petrarca nacque nel 1304 ad Arezzo da genitori fiorentini ed usò la lingua fiorentina per il suo "Canzoniere". Calliope è propriamente la musa dell'Epica, ma qui sta ad indicare la poesia in genere.
52) Petrarca nella sua poesia spiritualizzò l'amore, che nella poesia classica era sensuale ("Nudo"); in tal modo la restituì a Venere celeste, Dea degli amore casti e spirituali, ed una Venere terrestre, Dea degli amori sensuali.
53) Ma soprattutto Firenze è beata, perché conserva in una chiesa (Santa Croce) le glorie italiane (le tombe dei grandi sopra menzionate)
54) Tali glorie del passato sono forse le uniche rimaste all'Italia da quando i confini delle Alpi mal difesi e la legge ineluttabile delle sorti umane (che ora innalza i prodi ora li fa decadere) hanno fatto sì che gli stranieri la spogliassero delle armi, della ricchezza, della sua religione ("Are") della libertà nazionale, ("Patria") e, tranne le memorie del passato, di tutto.

Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all'Italia,
quindi trarrem gli auspici (55). E a questi marmi (56)
venne spesso Vittorio (57) ad ispirarsi.
Irato a' patrii Numi, errava muto
ove Arno è più deserto, i campi e il cielo
desioso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura
qui posava l'austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.(58)
Con questi grandi abita eterno (59), e l'ossa
fremono amor di patria (60). Ah sì! da quella
religiosa pace un Nume parla:
e nutrìa contro a'Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
la virtù greca e l'ira (61). Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubèa (62),
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor (63), corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna (64); e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube (65),
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a'moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. (66)
Felice te che il regno empio de' venti,
Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi! (67)

55) "Se un giorno tornerà a risplendere una speranza di gloria per gli animi generosi e per l'Italia, di qui verremo a trarre ispirazione ad agire". La speranza di gloria allude alla lotta per la rinascita dell'Italia. Foscolo riprende qui la massima generale enunciata all'inizio di questa sezione: "A egregie cose il forte animo accendono/l'urne de' forti" conferendole un preciso valore politico in riferimento ad una situazione particolare.
56) Alle tombe di Santa Croce.
57) Il Poeta Alfieri. L'uso del nome proprio sottolinea come in Alfieri, Foscolo veda un'anima fraterna, con i suoi stessi sentimenti.
58) "Irato contro gli dèi protettori della patria, (perché sono indifferenti dinnanzi alla sua degradazione), errava in silenzio nei luoghi più deserti in riva all'Arno guardando i campi e il cielo, desideroso di trovarvi un conforto alle proprie delusioni politiche; e poiché nessun aspetto del mondo dei vivi alleviava la sua pena ("Gli molcea la cura"), quell'uomo austero veniva a fermarsi tra le tombe dei morti a Santa Croce, ed aveva sul volto il pallore della morte vicina e la speranza di una rinascita futura dell'Italia." La speranza di Alfieri è suscitata dalla vista delle tombe dei grandi uomini.
59) Anche Alfieri è sepolto in Santa Croce.
60) Dalle ossa di Alfieri sembra ancor provenire il fremito di amor di patria che lo animava in vita.
61) Con trapasso improvviso, Foscolo collega le tombe di Santa Croce alle tombe di Maratona: "Dalla pace di Santa Croce spira un senso religioso di amor di patria; questo stesso spirito alimentò il valore e l'ira dei Greci contro i Persiani a Maratona, dove Atene consacrò le tombe dei suoi guerrieri". Nella battaglia di Maratona (490 a.C) i Greci fermarono i Persiani che avevano invaso la Grecia. La religione che spira dalla chiesa di Santa Croce per Foscolo non è lo spirito religioso cristiano, ma la religione dell'amor di patria: è una delle numerose manifestazioni di spirito fortemente laico presenti nel Carme.
62) A partire da questo punto, viene rievocata la battaglia di Maratona. Lo spunto è preso dallo scrittore greco Pausania, che afferma che i naviganti, passando di notte lungo l'isola di Eubea (che è di fronte alla pianura di Maratona) vedevano ombre di guerrieri rinnovare la battaglia. Questo scontro notturno di fantasmi però risponde a un gusto lugubre, ossianesco e preromantico.
63) I roghi dei cadaveri ("Pire") emanano fumo misto a bagliori di fiamme ("Igneo vapor")
64) Vedeva fantasmi ("Larve") di guerrieri luccicanti ("Corrusche") d'armi ferree cercare la battaglia.
65) Tube = Trombe (Latinismo)
66) "Il pianto dei vinti e gli inni dei vincitori." Le Parche erano le Dee che filavano il filo della vita umana; col loro canto vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e dei morenti.
67) Come i luoghi della battaglia di Maratona serbano ancora la memoria degli antichi fatti gloriosi, così la serbano i luoghi dell'Asia minore dove si svolse la guerra di Troia. Per questo Pindemonte è stato fortunato per aver potuto visitare quei luoghi nei suoi viaggi giovanili e per aver sentito riecheggiare in essi le imprese degli eroi omerici. "Il regno ampio de' venti" è il mare (immagine omerica).    

E se il piloto ti drizzò l'antenna
oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
certo udisti suonar dell'Ellesponto
i liti (68), e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l'armi d'Achille
sovra l'osse d'Aiace (69): a' generosi
giusta di glorie dispensiera è morte; (70)
né senno astuto, né favor di regi
all'Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l'onda incitata dagl'inferni Dei. (71)

68) "E se il timoniere indirizzò la nave ("Antenna" è l'albero che regge le vele) oltre alle isole Egee, certo udisti le rive dell'Ellesponto (lo stretto dei Dardanelli, presso cui sorgeva Troia) risuonar delle antiche gesta."
69) "A Pindemonte, immagina il poeta, sembra ancor di sentire muggire la marea che riportò le armi di Achille sulle ossa d'Aiace, giacenti sul promontorio Reteo, vicino a Troia."  Alla morte di Achille le sue armi sarebbero dovute toccare al più forte dopo di lui, Aiace; ma Ulisse, con astuti raggiri, riuscì a farle assegnare ingiustamente a sé. Aiace, per il dolore, impazzì e tornato in sé si uccise. Ma mentre Ulisse tornava in patria, una tempesta lo fece naufragare, riportando le armi sul sepolcro di Aiace.
70) "La morte distribuisce equamente la gloria agli animi generosi". La tomba, conservando il ricordo dell'uomo garantisce il riconoscimento dei meriti ed il trionfo della giustizia, anche se la grandezza era stata misconosciuta in vita. Infatti Aiace col suo suicidio, ottenne il giusto riconoscimento del proprio valore, sia pure nella memoria dei posteri.
71) "Né l'astuzia (con cui si era fatto assegnare le armi) né il favore dei re (Agamennone e Menelao) consentirono ad Ulisse ("all'Itaco") di conservare le spoglie di Achille, difficili da ottenere ("Ardue" perché per ottenerle occorreva essere guerrieri valorosi), poichè il mare, sconvolto dagli dèi infernali, le tolse alla nave di Ulisse che vagava durante il ritorno in patria ("Raminga").


E me che i tempi ed il desio d'onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici (72).
Siedon custodi de' sepolcri e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l'armonia
vince di mille secoli il silenzio.(73)
Ed oggi nella Tròade inseminata (74)
eterno splende a' peregrini (75) un loco
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàardano figlio
onde fur troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della Giulia gente. (76)
Però che quando Elettra udì la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo (77): E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie (78), e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati (79),
la morta amica almen guarda dal cielo
onde (80) d'Elettra tua resti la fama.
Così orando (81) moriva. E ne gemea
l'Olimpio (82); e l'immortal capo accennando (83)
piovea dai crini (84) ambrosia (85) su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.

72) "Le Muse, animatrici della vita spirituale degli uomini, chiamino me a celebrare gli antichi eroi, me che i tempi, sfavorevoli agli animi generosi e amanti della libertà, ed il desiderio di gloria fanno vagare esule tra diversi popoli."
Gli eroi antichi, come Aiace, hanno ricevuto la giusta gloria dopo la morte grazie al canto dei poeti; anch'io -pensa Foscolo- desidero essere chiamato dalle Muse a cantare gli eroi. Il poeta intende continuare l'opera dei poeti del passato, come Omero. Il compito di celebrare l'eroismo, per Foscolo, deve toccare a un poeta come lui che rifiuta la viltà dominante nella cultura della sua epoca ed è animato da spirito eroico, e paga per questo il prezzo dell'esilio.
73) "Quando il tempo distrugge le tombe e ne cancella persino le rovine, la poesia eredita la loro funzione di conservare la memoria e ridà vita al deserto col suo canto che vince la dimenticanza per mille secoli."  Le Muse sono dette "Pimplèe" dal monte Pimpla in Tessaglia, dove era una fonte ad essa sacra. Le ali del tempo sono "fredde" perché suscitano un vento freddo: il tempo distrugge la vita. I "Deserti" sono metafora dell'abbandono e della dimenticanza in cui cadono le cose quando il tempo cancella le tracce della vita di un popolo e della sua civiltà. "Lieti" vale "Fertili, ricchi di vegetazione" secondo l'uso latino ("Pabula Laeta" = "Pascoli rigogliosi" in Lucrezio).
74) La regione di Troia, oggi divenuta un deserto. La Poesia subentra alle tombe nel compito di salvare le memorie del passato. Dove un tempo sorgeva Troia, ora è il deserto. Ma quel luogo resterà famoso in eterno, perchè cantato da Omero.
75) Visitatori stranieri.
76) La Troade è divenuta eterna grazia alla ninfa Elettra, che diede a Giove un figlio, Dardano, da cui ebbe origine la stirpe troiana. Assaraco (padre di Anchise, a sua volta padre di Enea), i cinquanta figli di Priamo,("Talamo" è il letto matrimoniale) e L'Impero Romano (fondato da Cesare, dalla gente Giulia, che si vantava di discendere da Iulo, figlio di Enea).
77) "Perché quando Elettra sentì la Parca che la chiamava dall'aria e dalla luce del mondo dei vivi ("Vitali aure del giorno") ai cori dei beati nei Campi Elisi, innalzò a Giove un'ultima preghiera."
La Parca è Atropo, che tronca il filo della vita.
78) Le dolci notti d'amore.
79) "E la volontà del fato non mi consente sorte migliore" cioè l'immortalità.
80) "Onde" = "Affinchè"
81) Pregando
82) Giove, Re dell'Olimpo.
83) Annuendo.
84) Capelli
85) L'ambrosia era l'unguento degli di che preservava i corpi dalla corruzione.Con questo Giove consacra il corpo e la tomba di Elettra, rendendone eterna la memoria, come la ninfa aveva chiesto.
86)"Fe'" = "Fece"

Ivi posò Erittonio (87), e dorme il giusto
cenere d'Ilo (88); ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato (89);
ivi Cassandra (90), allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dì mortale,
venne, e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento ai giovinetti (91).
E dicea sospirando: Oh, se mai d'Argo,
ove al Tidide e di Laerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete (92)! Le mura opra di Febo
sotto le lor reliquie fumeranno (93).
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe (94); ché de' Numi è dono
serbar nelle miserie altero nome (95).

87) Riposò, fu sepolto, Erittonio, figlio di Dardano.
88) Ilo, il figlio di Erittonio; sono i progenitori della stirpe troiana.
89) Sulla tomba di Elettra, in cui riposano anche i suoi discendenti, venivano le donne troiane, ("Iliache") a piangere e a pregare per allontanare dai loro mariti la morte che incombeva su di essi; ma invano, perché ben presto Troia sarebbe caduta.
90) Cassandra è figlia di Priamo. Aveva respinto l'amore di Apollo che la punì dandole la facoltà profetica, ma con la condanna di non essere mai creduta.
91) "Cassandra, quando la forza profetica del Dio Apollo le faceva predire la caduta di Troia, venne alle tombe dei progenitori e cantò alle ombre dei sepolti un inno colmo di pietà e affetto ("Carme amoroso") e vi conduceva una schiera di nipoti, insegnando il mesto inno pietoso ai giovinetti".
Cassandra vuole educare i giovinetti, costretti a breve alla schiavitù, alla memoria della loro civiltà.
92) "Se mai il cielo vi consentirà di tornare a Troia dalla Grecia dove come schiavi porterete al pascolo i cavalli di Diomede (figlio di Tideo) e di Ulisse figlio di Laerte, cercherete invano la vostra patria". Era uso nel mondo antico rendere schiavi i vinti.
93) "Le mura di Troia, costruite da Apollo, fumeranno ancora sotto le loro rovine"
94) "Anche se la città sarà distrutta, resteranno ("Avranno stanza") qui nelle loro tombe gli antichi progenitori ("Penati")".
95) "è privilegio degli Dèi conservare il loro onore ("Altero nome") anche nelle sventure"

E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto!
di vedovili lagrime innaffiati (96),
proteggete (97) i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti
e santamente toccherà l'altare (98).
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete
mendico un cieco (99) errar sotto le vostre
antichissime ombre (100), e brancolando
penetrar negli avelli (101), e abbracciar l'urne (102),
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti (103), e tutto narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far più bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelidi (104). Il sacro vate (105),
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno (106).
E tu onore di pianti, Ettore, avrai
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finchè il Sole
risplenderà su le sciagure umane (107).

Ho desunto questo modo di poesia de' Greci i quali dalle antiche tradizioni traevano sentenze morali e politiche, presentandole non al sillogismo de' lettori, ma alla fantasia ed al cuore. Lasciando agl'intendenti di giudicare sulla ragione poetica e morale di questo tentativo, scriverò le seguenti note onde rischiarare le allusioni alle cose contemporanee, ed indicare da quali fonti ho ricavato le tradizioni antiche.


96) "E voi, palme e cipressi che le nuore di Priamo piantano, e crescerete presto bagnati dalla lacrime delle vedove".
97) Torna il motivo delle ombre degli alberi che proteggono le tombe e delle lacrime che le bagnano.
98) "Chi fra i Greci vincitori si asterrà pietosamente dall'abbattere questi alberi sacri sarà risparmiato dai lutti domestici e potrà accostarsi agli altari degli Dèi" non essendo contaminato da un sacrilegio; mentre chi non rispetterà le piante sacre sarà punito dagli dèi e sarà considerato impuro.
99)è il poeta Omero, che secondo la tradizione, era cieco. Foscolo immagina che il poeta vada ad interrogare le tombe dei progenitori di Troia per trarre ispirazione al suo canto. Il motivo del poeta che si ispira alle ombre dei defunti deriva dai poemi di Ossian: col classicismo grecizzante, si fondono spunti preromantici.
100) Omero verrà in quei luoghi dopo lungo tempo, quando gli alberi saranno ormai antichi. Ciò sottolinea come le tombe preservino le memorie del passato dal trascorrere del tempo.
101) Sepolcri.
102) I vasi contenenti le ceneri dei progenitori.
103) "Le cavità più interne dei sepolcri (si tratta di tombe sotterranee) risuoneranno del lamento dei Penati per le sventure delle loro città."
104) "Le ombre dei padri narreranno la storia di Troia, rasa al suolo due volte (da Ercole e dalle Amazzoni), e risorta due volte più splendida delle rovine deserte, ma solo per rendere più bella la vittoria dei Greci, che per volontà del Fato la distruggeranno definitivamente." I Pelidi erano Achille, figlio di Peleo, e suo figlio Pirro.
105) Il Sacro Vate è Omero. Per Foscolo la funzione del Poeta è sacra. Anche Parini era definito "sacerdote" della Musa.
106) Omero cantando la guerra di Troia "placherà il dolore delle ombre dei padri, che sono afflitte per la rovina della loro città - la poesia ha la funzione di consolare il dolore - e al tempo stesso renderà eterna la fama dei principi greci ("Argivi") per tutte le terre circondate dall'Oceano, il grande fiume che secondo la mitologia greca circondava la terra - la poesia ha la funzione di eternare la gloria -"
107) "Anche tu sarai onorato e pianto, Ettore, in tutti i luoghi in cui il sangue versato per la patria sia sacro e compianto, e per tutti i tempi, finchè gli uomini, soffrendo, sapranno compiangere le sofferenze degli altri uomini." Il poeta eternerà non solo la gloria dei vincitori, ma anche quella degli sconfitti: funzione della poesia è anche ispirare la pietà per le sofferenze.        

Commento del Momigliano ai Sepolcri:

"Su tutto il carme si stende la religiosa pace di un cimitero... Qui gli uomini e la terra sono veduti, più che come vivi e dimora dei vivi, come ombre auguste e lontane e come ricetto sacro di queste ombre; e la vita acquista la sua santità dalla morte, e solo perché noi abbiamo dietro di noi una schiera di grandi morti pare che noi dobbiamo vivere o operare. Il carme si svolge in mezzo ad un remoto silenzio, dove i morti parlano e i vivi ascoltano riverenti. La Morte semina di infinite ossa la terra e il mare, una forza operosa avvicenda senza tregua i nati e gli istinti, la potenza si tramuta di popolo in popolo, le sembianze della terra e del cielo si cambiano perennemente; in mezzo a questa fiumana triste ove tutto si trascolora, si dissolve, si cancella, una cosa sopravvive, immortale: la magnanimità dell'uomo, meglio - la poesia che canta la magnanimità dell'uomo: vince di mille secoli il silenzio"

Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/06/ugo-foscolo-una-poesia-inedita.html http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/01/ugo-foscolo-due-lettere.html  https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/01/nuovi-commenti-allopera-del-foscolo.html   https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/03/i-sepolcri-in-uno-stralcio-dei-delly.html