François-René de Chateaubriand

No, purtroppo non l'ho letto per integrale.. non ancora, per lo meno. Lo conosco soprattutto perché piaceva a Cioran (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/cioran-i-miei-stralci-preferiti.html) e perché è menzionato sui libri dedicati al Romanticismo https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/introduzione-al-romanticismo-e-alle-sue.html Ho avuto la fortuna di trovare questo materiale su di lui, che metto a disposizione di tutti quelli che cercheranno questo autore. 

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François René de Chateaubriand fu il primo grande scrittore romantico della letteratura francese.

"Mi si accusa d'avere gusti incostanti, di non poter godere a lungo della medesima chimera... di sorpassare sempre la meta che posso toccare: ahimè! io cerco soltanto un bene sconosciuto, e questo istinto mi insegue. è colpa mia se dappertutto trovo limiti, se ciò che è finito non ha alcun valore per me? Mi mancava qualcosa per riempire l'abisso della mia esistenza... pure quello stato di calma e d'inquietudine, d'indigenza e di ricchezza, non era senza attrattive: amavo le fantasticherie nelle quali mi immergeva, anche se esso consumava le energie della mia vita... Di giorno, erravo per le vaste brughiere, che terminavano alle foreste. Quanto poco mi bastava per fantasticare! Una foglia secca che il vento spingeva davanti a me, una capanna con il fumo che s'alzava tra le cime spoglie degli alberi, il muschio che tremava al soffio della tramontana sul tronco di una quercia, una roccia isolata, uno stagno deserto, dove il giunco avvizzito mormorava!... spesso seguii con gli occhi gli uccelli di passo che volavano sopra il mio capo.  Immaginavo le rive ignorate, i climi lontani verso i quali essi volano; e avrei voluto essere sulle loro ali. Un misterioso istinto mi tormentava..."

Così parla in un'appassionata confessione, il protagonista di un racconto che ebbe agli inizi dell'Ottocento un enorme successo: "René", dello scrittore francese Chateaubriand. 

Come altri famosi personaggi della prima letteratura romantica, il giovane Werther, Jacopo Ortis..., René era una figura ideale ma non "inventata": in lui, infatti, è riconoscibile il ritratto giovanile del suo autore. Un ritratto sostanzialmente fedele: possiamo rendercene conto dall'analisi dell'opera di Chateaubriand e dalla storia della sua vita.

"Mi annoio, mi annoio, sbadiglio la mia vita": in questa frase c'è uno degli elementi costitutivi della sua personalità.

Non è una noia moderna, quella esistenziale, è piuttosto una malinconia tormentata, un ripiegamento su se stesso per sfuggire alla realtà che delude l'aspirazione al Bello, all'Infinito, al Sublime ("dappertutto trovo limiti...\ciò che è finito non ha alcun valore per me...")

Dobbiamo anche aggiungere che si tratta più che altro di un atteggiamento spirituale, volutamente esasperato e non privo di un certo compiacimento. Un' altra caratteristica di Chateaubriand è il suo estremo individualismo, l'orgogliosa coscienza delle proprie capacità. Più che nelle parole dei suoi personaggi, essa si manifesta nel tono delle considerazioni critiche, di cui sono intessute le sue opere fondamentali: le "Memorie" e "Il Genio del Cristianesimo". Sia che esprima idee filosofiche o religiose, sia che formuli un giudizio estetico o delini il ritratto di un personaggio storico, Chateaubriand sostiene le sue affermazioni col prestigio della sua personalità, con la sicurezza orgogliosa di sé, piuttosto che con argomentazioni strettamente logiche.

Un altro elemento di estrema importanza nella vita e nell'opera di Chateaubriand è rappresentato dalla natura, intesa come scenario delle passioni umane. Anche qui l'esperienza autobiografica è alla base della creazione artistica. Il mare impetuoso e i boschi oscuri, testimoni dei primi turbamenti del giovane Chateaubriand o le incantate foreste, le pianure, le immense cascate dei fiumi d'America che affascinarono il viaggiatore avventuroso, si trasfigurano nella sua fantasia e danno vita a quello scenario naturale che nelle sue opere ha un'importanza determinante.

L'ultima parte del brano che abbiamo citato è estremamente significativa da questo punto di vista.

Malinconia, individualismo, senso della Natura: sono i tre elementi essenziali dell'arte di Chateaubriand, quelli che introdusse per primo nella letteratura francese.

Sono elementi tipici del Romanticismo: Chateaubriand è considerato il primo grande scrittore francese romantico, anche se nella sua opera si avvertono tracce del gusto classico, proprio del Settecento. Classico è il suo stile: la musicalità della parola, lo splendore delle immagini, la ricchezza impetuosa del periodo sono i maggior caratteri stilistici di questo scrittore, la cui influenza sulla letteratura francese fu enorme.

I più grandi scrittori dell'Ottocento francese, da Lamartine a De Musset fino a Victor Hugo, hanno avuto in lui un geniale predecessore e un maestro.

"Tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le rovine", scrisse Chateaubriand e ispirò malinconia e riflessioni esistenziali agli scrittori venuti dopo di lui. 

"Atala, ovvero gli amori di due selvaggi nel deserto" fece la sua prima apparizione nel 1801 e poi venne inclusa nella quarta parte del "Il Genio del Cristianesimo". 

Altri due celebri racconti di Chateaubriand, "René" e "Le Avventure dell'Ultimo Abenceragio" furono pubblicati nel 1802 (il primo) mentre il secondo comparve nel tomo XVI delle opere complete pubblicati dal 1826 al 1831.
Si tratta di tre racconti legati a casi d'amore disperati: Chateaubriand accosta Amore e Natura alla religione, rendendo Amore e Natura strumenti ed asserzioni di una fede; una ricca sensualità, una malinconia commoventi, un fervore esotico sono le caratteristiche della sua narrativa, sorretta da uno stile puntiglioso, elaborato, una bellezza attaccata alla forma.
In questi tre racconti e nell'opera "Martiri" Chateaubriand dimostra che la religione cristiana può costituire il grande argomento della letteratura, ma le sue pagine sono anche dedicate alla descrizione di una crisi dilagante: è nella struggente mollezza, nell'abbandono doloroso, nella rinuncia all'azione che paiono contagiare gli eroi maschili dei suoi racconti e René assurge a una delle figure più importanti, più essenziali che abbia creato la letteratura dell'epoca, influenzando non soltanto il gusto letterario ma lo stesso modo di vivere: René è il personaggio malinconico e dal suo nome è stato definito "Renatismo" un atteggiamento dell'anima.
L'influsso di Chateaubriand sugli autori successivi è inconfutabile: tutto il Lamartine, tutto il Vigny, Hugo, George Sand, Musset, Flaubert derivano da lui.
"Il suo genio letterario ha aperto tutte le sorgenti. Egli ha compreso tutte le bellezze di tutti i tempi e di tutti i mondi e ha invitato tutti gli ingegni ad attingervi. Storici, poeti, romanzieri, moralisti, filosofi spiritualisti, storici delle idee religiose, viaggiatori... tutti gli devono qualcosa. Egli è l'uomo che ha rinnovato l'immaginazione francese", diceva di Chateaubriand un critico letterario.
 









https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/02/atala-al-sepolcro.html

ATALA, LE FRASI PIù BELLE:

"Deperivo a vista d'occhio: e ora rimanevo immobile per ore e ore, a contemplare la cima delle foreste lontane; ora mi trovavo seduto sulla riva d'un fiume, che guardavo tristemente scorrere. 
Mi figuravo i boschi attraverso i quali quell'onda era passata, e la mia anima era tutt'intera per la solitudine."

"Voi siete le grazie del giorno, e la notte vi ama come la rugiada. (...) Ecco cosa mi ha deto colei che mi ha messo al mondo, e che non mi rivedrà mai più! E mi ha detto anche che le vergini sono fiori misteriosi che si trovano nei luoghi solitari. (...) Ed ella aggiungeva a questo un fascino ancor più tenero: una estrema sensibilità unita ad una profonda malinconia traspariva dai suoi sguardi; e il suo sorriso era celestiale. Credetti si trattasse della Vergine degli ultimi amori, quella vergine che si manda presso il prigioniero di guerra, per incantare la sua tomba."

"La notte era deliziosa. Il Genio dell'aria scuoteva la sua azzurra capigliatura, impregnata del profumo dei pini, e si poteva respirare il lieve odore d'ambra esalato dai coccodrilli accovacciati sotto i tamarindi del fiume. La luna splendeva in mezzo ad un azzurro immacolato, e la sua luce grigio perla scendeva sulle cime indefinite degli alberi della foresta. Non si udiva nessun rumore, all'infuori di non so quale lontana armonia che regnava nella profondità dei boschi: pareva che l'anima stessa della solitudine respirasse in tutta la distesa del deserto."

"Precederò il cammino del giorno sulla vetta della montagna, per cercare la mia colomba solitaria in mezzo alle querce della foresta."

"In una valle a nord, ad una certa distanza dal grande villaggio, sorgeva un tetro bosco di cipressi e di pini, chiamato "Il Bosco del Sangue". Vi si arrivava attraversando le rovine di uno di quei monumenti di cui si ignora l'origine, opera di un popolo ora sconosciuto."

"Al chiarore della luna, della quale un raggio sfuggiva tra le nubi, intravedo una grande figura bianca china su di me, e occupata a sciogliere i miei legami. (...) Io mi alzo e seguo la mia liberatrice"

"Il solitario aveva acceso una fiaccola di pino; egli la teneva con mano tremante al di sopra del giaciglio di Atala. La bella fanciulla, mezzo sollevata sul gomito, era pallida e scarmigliata. "

"Infine, figlia mia, il gran torto degli uomini nel loro sogno di felicità è di dimenticare quest'infermità della morte, legata alla loro natura; bisogna finire.
Presto o tardi, qualunque sia stata la tua felicità, codesto tuo bel viso si sarebbe mutato nell'uniforme sembianza che il sepolcro conferisce alla famiglia d'Adamo; persino l'occhio di Chactas non avrebbe potuto riconoscerti fra le tue sorelle, nella tomba. 
L'amore non estende il suo dominio sui vermi della bara."

"Atala era stesa sopra un'aiola di sensitive di montagna; i suoi piedi, la testa, le spalle e una parte del seno erano scoperti. Si vedeva nei suoi capelli un fiore di magnolia appassito... quello stesso fiore che io avevo posato sul letto della vergine per renderla feconda. Le sue labbra, come un bocciolo di rosa colto da due mattine, parevano schiudersi in un languido sorriso. Sulle sue guance, d'un niveo candore, appariva qualche vena azzurra. I suoi begli occhi erano chiusi, i suoi piedi erano modestamente uniti e le sue mani d'alabastro premevano sul suo cuore un crocifisso d'ebano. (...) Ella appariva come incantata dall'angelo della malinconia, e dal doppio sonno dell'innocenza e della tomba: non vidi mai nulla di più celestiale. (...) La luna prestò la sua pallida fiaccola a quella veglia funebre. Si levò nel mezzo della notte, come una bianca vestale che viene a piangere sulla bara di una compagna. E presto diffuse nei boschi il grande segreto di malinconia ch'essa ama raccontare alle vecchie querce e alle sponde antiche dei mari. (...) Il nome di Dio e della tomba veniva da tutti gli echi, da tutti i torrenti, da tutte le foreste."






L'Arte del Ferro Battuto

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Nell'antichità si preferiva lavorare il bronzo, perché fonde a temperatura più bassa.

I primi lavori in ferro battuto furono legati all'uso quotidiano: serrature, ferri di cavallo, chiavi, candelieri, composti da tanti pezzi saldati insieme "a caldo", cioé martellando con forza il ferro incandescente nei punti di contatto. (1) Spesso venivano ornati di volute, di semplici fregi fatti a C o S.

Spagna, Francia, Inghilterra furono i primi paesi d'Europa che ornarono le porte delle loro cattedrali con "bandelle" di ferro finemente lavorato a motivi geometrici, per lo più avvolti a spirale.

Però nel Trecento e nel Quattrocento fu la Germania ad avere il primato: i fabbri tedeschi sfoggiavano un'abilità tecnica sorprendente nell'inventare nuove fogge decorative. Le lastre di ferro vengono spesso lavorate anche a traforo e a sbalzo.

La produzione italiana di questo periodo non può competere con il virtuosismo tedesco, si distingue per la sobrietà e l'eleganza: dalle cancellate che recingono cappelle, ai forzieri ingentiliti da finissimi lavori di cesello, alle lanterne, alle roste cioè le lunette traforate che ornano la parte superiore di porte e finestre nelle città toscane.

In Germania, l'arte del ferro battuto raggiunse il massimo splendore nei XVI e XVII secoli: i palazzi si arricchirono di cancellate ornate di viticci e volute che ingentilivano l'aspetto austero degli edifici tedeschi.

Insieme con la Germania e la Francia, la Spagna può vantarsi di possedere i più bei ferri battuti d'Europa: il pulpito della Cattedrale di Avila è il capolavoro spagnolo di quest'arte. I fregi, lo stemma, le rose stilizzate, la serie di archetti dal gusto gotico che lo ornano sono stati ottenuti non solo battendo il ferro, ma anche lavorandolo pazientemente a sbalzo nei particolari più minuti. Inoltre, l'opera è stata dorata, per aumentarne il fasto sontuoso. Nel Cinquecento, in Spagna, i ferri battuti ornavano pulpiti e cancellate che racchiudono tombe di vescovi e re, decorate con motivi a fogliami e intrecci.

L'epoca d'oro delle cancellate è nei secoli XVII e XVIII, durante i quali il virtuosismo tecnico e la preziosità ornamentale del ferro battuto raggiungono il loro grado più alto, con uno stile aggraziato, leggero, capriccioso, secondo il gusto Rococò: volute, arabeschi, festoni, foglie diventano sempre più complessi, intrecciati nei modi più fantasiosi.

Nell'Ottocento, il gusto neoclassico imporrà modelli semplici e geometrici, che ripetono forme già sfruttate.

In Italia, l'opera più celebre si trova nel castello di Issogne, in Val d'Aosta: è un albero di melograno.






(1) Nota di Lunaria: Anticamente erano soprattutto i Rom a lavorare il ferro e si occupavano dell'allevamento dei cavalli. Realizzavano anche gioielli magici con grossi chiodi piegati. Io ne possiedo uno...  Per maggiori approfondimenti, vedi questo libro


N.B Mentre trascrivevo questo post, mi sono riascoltata i capolavori dei Theatre of Tragedy... si abbinano molto bene ai cancelli in ferro battuto







Anche "Aegis" è carino, anche se è troppo "soft" rispetto ai primi due cd...

La loro virata elettromoderna di "Musique" non l'ho considerata granché; da lì in poi non li ho più seguiti...


Il Lazzaretto di Gorla: com'era una volta e com'è adesso...

Nota di Lunaria: vidi il Lazzaretto di Gorla Minore nel 1989 (avevo 3 anni), accompagnata dai miei genitori perché quando ero bambina mi portavano spesso al bellissimo parco Durini, che non è molto lontano dal Lazzaretto; un parco che da bambina adoravo, e che adoro ancora, anche se è piuttosto complicato, per me, raggiungerlo in bicicletta (eh, non ho la patente ;P ma so sillabare un poco l'ebraico...). Sono circa 49 minuti di biciclettata, più o meno.  https://intervistemetal.blogspot.com/2018/11/lo-splendido-parco-durini-di-gorla.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/gorla-minore-foto-depoca-dei-contadini.html

Ovviamente, non mi sarei ricordata di nulla, se non fosse per questa foto, con mia madre seduta su una piccola panchina. 


Ho rivisto il Lazzaretto di Gorla proprio quest'anno, e quindi metto a disposizione di ricercatori e persone appassionate di Storia del territorio lombardo queste fotografie, che mostrano il Lazzaretto com'era "prima" e com'è adesso.

Questa foto penso sia stata scattata prima degli anni Ottanta. L'ho trovata su un libro dedicato a Gorla. Come potete vedere, il Lazzaretto era circondato  dai campi!


Questa foto risale al 1989: si nota una strada in cemento





Com'è oggi il Lazzaretto












Mi piacerebbe studiare a fondo la storia di Gorla, ho qui solo un paio di libri ma vorrei leggerne di più...

Certamente, il Lazzaretto di Gorla è un posto che fa molto "alla Cradle of Filth dei tempi belli"




Ma pure gli Abysmal Grief ci starebbero bene di sottofondo...

 

Sarà per le loro atmosfera doom da cripta e chiesa sconsacrata...

Quindi è un posto alla Lunaria e si abbina benissimo con le poesie del mio adorato Giovanni Pascoli



Perciò, qui di seguito trovate alcune delle poesie di Pascoli che adoro: sicuramente se lui avesse visto il Lazzaretto, avrebbe scritto una poesia!

https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2013/05/dietro-spighe-di-tasso-barbasso-tra-un.html

https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/06/la-vegetazione-decadente.html

https://myricaepoesie.blogspot.com/2014/03/il-giorno-dei-morti.html

https://myricaepoesie.blogspot.com/2014/03/alba-festiva.html

https://myricaepoesie.blogspot.com/2014/03/x-agosto.html

https://myricaepoesie.blogspot.com/2013/07/myricae-52.html

Qui potete vedere l'Ossario di Mezzano: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/01/mezzano-e-viboldone-il-prato-dei-morti.html

Approfondimento:

BREVE STORIA DELLA PESTE A DAIRAGO E I LAZZARETTI LOMBARDI

Info tratte da

I corpi dei morti per malattie quali peste, colera e vaiolo venivano sepolti lontani dalla città per evitare il contagio; i lazzaretti non venivano edificati orientati verso i venti occidentali, perché si credeva che fossero nefasti e diffondessero l'epidemia. (Nota di Lunaria: avrebbero dovuto inventare un "Wind Pass"... così "tutelavano i più fragili, lottavano contro il virus"... poveretti, non ci hanno pensato... non erano "così avanti"...)

L'epidemia di peste più diffusa fu quella del 1630, descritta anche dal Manzoni; a Busto Arsizio la peste fece 2000 morti, a Villa Cortese 300 vittime.

A Dairago, dalle cronache del tempo sappiamo che "L'anno 1630, che fu l'anno della peste nella Terra di Dayrago, Capo di Pieve, nel mese di luglio, successe in detta terra un sol caso di peste, che morse un huomo et in recognitione della gratia fatta da N.S. et della Beatissima Vergine, e tutti i Santi à questa terra, si fece voto di far cantare una messa grande con sei sacerdoti tutte le feste della Beatissima Vergine, et delli santi Sebastiano et S. Rocho et Aquilino et anco di S. Carlo et questo sij a perpetua memoria"

La Cappella di San Rocco ad Inveruno: https://intervistemetal.blogspot.com/2022/06/villa-cortese-e-inveruno.html

Il Lazzaretto di Somma Lombardo: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/06/somma-lombardo.html



Prossima chiesetta che devo andare a visitare:








Nota di Lunaria: da fan dei vecchi Cradle of Filth adoro gironzolare per i lazzaretti, chiese sconsacrate e lugubri chiesette campestri, ma purtroppo non sono riuscita a trovare nessuna informazione su un fantomatico Lazzaretto di Legnano, anche se proprio a Legnano hanno messo un cartello che riportava "l'ex Lazzaretto" (?) nei "luoghi della memoria"


LAZZARETTO DI PREGNANA MILANESE