"Gli Amanti del Mare" (racconto horror)


Nelle notti senza luna il mare è nero. Le navi lo solcano e le loro luci brillano attraverso la doppia oscurità del mare e dell'aria.
Il buio inghiotte la luce come un enorme serpente che sbadiglia. Sulla spiaggia la gente cammina, guardando il mare, ma non c'è traccia di navi né di marinai affogati; non c'è nulla, né di vivo né di morto: soltanto l'incessante alzarsi e abbassarsi dell'acqua che consuma sempre di più la riva e conduce gli amanti folli e innocenti un po' più lontano: essi non hanno paura e mostrano il loro coraggio l'uno all'altra.
Ridono e indicano il mare.
Nessuno li può vedere.
Si tolgono i vestiti e, un po' a fatica, entrano in acqua.
Le onde li respingono, li stuzzicano, accarezzano lentamente le loro cosce pallide, li schiaffeggiano, scherzose, lanciano uno spruzzo salato nei loro occhi.
L'uomo si volta verso la donna e lei lo guarda; si vedono a malapena, ma sono abili nuotatori e allora si stringono le mani per riuscire ad andare un po' più lontano, un po' più a fondo.
Ora le onde s'ingrossano intorno a loro; si abbracciano. Lei ormai non tocca più e si appoggia a lui in modo che l'acqua la sollevi mentre lo stringe. L'uomo l'afferra saldamente e ride nella sua bocca mentre la bacia.
Nessuno li può vedere né sentire. La gente sulla spiaggia scoprirà i loro vestiti, ma non troverà mai gli amanti.
Una sirena solitaria passa lì accanto: ascolta le loro risate e si ferma.
Li osserva, eppure anche i suoi occhi da pesce, strani e pallidi, riescono a malapena a vederli: la notte è così nera, così priva di luna. Potrebbe cantare per loro, come ha già fatto per altri mortali che stavano annegando, ma stanotte si sente stanca e il suo cuore è gonfio per la troppa solitudine.
Sono passati molti mesi da quando ha incontrato una sua simile. Qualche giorno fa ha rischiato di essere uccisa perché stava nuotando vicino a una nave a vapore. Non riesce a dimenticare le enormi pale dell'elica, e quel momento in cui, alzando lo sguardo, si era accorta di essere a un soffio dalla morte.
Allora aveva deciso di andare verso la spiaggia. Si lascia portare dalla marea, proprio mentre gli amanti vengono trascinati al largo e sempre più in profondità. Quando la donna scompare sotto la superficie, la sirena riesce soltanto a vedere i lunghi capelli che ondeggiano intorno al viso. La bocca è spalancata in un grido silenzioso. Oh, sì, pensa la sirena, se la si potesse sentire farebbe un gran baccano. Arriverebbe qui gente da ogni dove. Ma il mare le riempie la bocca prima che il suono ne possa uscire e nessuno può sentirla. La donna si aggrappa all'uomo e lui, terrorizzato, la spinge lontano. Era cominciato tutto in modo così divertente. Era una notte quiete, calda e buia: la bianca rena della spiaggia era l'unica luce. Avevano passeggiato insieme, si erano fermati per baciarsi e scherzare, per ridere; erano così felici e sicuri... e ora lei sta annegando e lui non può salvarla. Peggio, peggio ancora: trascinerà con sé anche lui.
La sirena risale la cresta di un'onda e si volta a guardarli. Vede solo una mano pallida che si tende verso l'alto, aperta e rigida, come se cercasse un appiglio. Poi l'acqua si chiude anche su di essa.
Il mare è pieno di morte, ora più che mai. Per due volte, nel corso della sua breve vita, la sirena si è trovata a nuotare in un mare arrossato dal sangue: la prima volta era quello di una balena arpionata da una nave; la seconda apparteneva ad esseri umani, annegati durante una battaglia.
La loro nave era stata silurata e la maggior parte dei soldati era già ferita quando era caduta in acqua. Gli squali avevano completato l'opera.
Quella volta lei si era tuffata sotto la battaglia perché il rumore era assordante e la luce delle esplosioni l'aveva abbagliata al punto da accecarla.
Mentre si stava allontanando, uno di quegli individui si era aggrappato a lei, ma era riuscita a scrollarselo di dosso. Non amava essere individuata dagli uomini, anche quando era in punto di morte. Se non potevano vederla, si divertiva a cantare per loro, soprattutto quando, disperati e con il terrore negli occhi, si aggrappavano a ciò che restava dell'albero di una barca fatta a pezzi nella tempesta o agitavano nell'acqua in quella maniera ridicola le loro gambe inutili e patetiche.
Allora lei si nascondeva tra le onde e cantava per loro. Talvolta li agitava ancora di più; tuttavia poteva anche succedere che una strana calma si impadronisse dell'uomo che affogava e la sua lotta diventasse più meccanica, meno frenetica: lui allora rimaneva a galla - per quanto riusciva - e poi si lasciava andare a poco a poco, senza schiamazzare per la paura o lottare disperatamente... erano cose talmente sgradevoli da vedere. Una volta, un uomo era morto vicinissimo a lei e la sirena aveva provato una tale curiosità che gli si era avvicinata troppo e proprio nell'ultimo istante della sua vita, lui l'aveva vista. I suoi occhi erano già spalancati a causa dell'aspra e prolungata lotta con la morte: l'uomo sapeva di essere stato sconfitto, ma non voleva darsi per vinto. La vide e tentò di afferrarla, aprendo la bocca come se volesse parlare, ma fu sangue e non parole quello che uscì dalle sue labbra e lei capì che era morto nello stesso momento in cui lo comprese anche lui. D'istinto, la sirena non provava simpatia per gli esseri umani, ma quell'individuo aveva suscitato il suo interesse.
Era una notte fredda e quieta e l'uomo era così lontano dalla terraferma che sarebbero passati giorni interi prima che il suo corpo, gonfio e irriconoscibile, approdasse su qualche spiaggia. L'uomo era uscito in mare da solo, infatti, aveva spiato il suo cammino per giorni. La tempesta che aveva devastato la minuscola imbarcazione era stata violenta, ma si era esaurita in fretta e lui, in qualche modo, era sopravvissuto, aggrappandosi ai relitti. Era andato alla deriva per giorni, senza speranza. Lei l'aveva osservato da lontano, mentre l'uomo cominciava a fare discorsi incoerenti; poi, ormai prossimo alla fine, l'aveva stupita intonando, con tutta la voce e la poca forza che gli erano rimaste, una canzone allegra che lei non capì.
Dopo la sua morte, lei aveva fatto qualcosa che non aveva mai fatto prima: lo aveva toccato.
La pelle era strana - si stava irrigidendo - e quel contatto l'aveva affascinata. L'aveva quindi afferrato per le spalle, portandolo con lei sul fondo, dove l'acqua era immobile e limpida e l'aveva esaminato attentamente.
Gli occhi l'avevano ammaliata: erano così diversi dai suoi.
Aveva scoperto le unghie dure dei piedi e delle mani, esplorando poi la bocca - giudicandola terribilmente brutta - e i genitali, che l'avevano lasciata perplessa.
A poco a poco era stata sopraffatta dal disgusto e si era staccata d'un tratto da lui, lasciandolo in un letto di coralli e di alghe brune, cibo per i pesci più grandi che sarebbero passati di lì.
Ora, mentre nuota verso la spiaggia, le viene in mente quell'uomo e il suo piccolo labbro superiore si arriccia a quel pensiero. è una forza più grande della sua volontà quella che la conduce in direzione della spiaggia: lei odia quella forza - proprio come aveva odiato l'uomo morto - ma non vi si oppone.
è buio e l'aria è immobile: anche se il mare non è mai fermo del tutto, lei ha l'illusione della quiete. Nuota senza sforzo poco al di sotto della superficie e si avvicina alla riva, si avvicina pericolosamente ma non rallenta né devia il suo cammino.
Conosce benissimo molte storie che descrivono i pericoli della terraferma, racconti pieni di terrore, meraviglia, magia e suggestione, del tutto simili a quelli che gli uomini inventano sul mare. La morale di quelle storie le era chiara: lei non poteva vivere sulla terraferma più di quanto gli uomini potessero vivere nel mare. Ha già visto la terra: ne conosce le rive e le montagne che si elevano sulla superficie del mare. Talvolta, su quelle alture, ci sono persone che camminano o che vanno in macchina.
La costa che lei ha scelto è lunga e piatta: la sabbia bianca si estende per miglia e, oltre la spiaggia, c'è una linea verde, sebbene i colori vividi siano ora ridotti al nero, al bianco e al grigio. La sirena riesce a malapena a vederla: è prigioniera della spuma che si muove incessantemente verso la riva. Per un poco riesce a rimanere indietro rispetto all'onda, ma l'acqua sta ormai diventando troppo bassa. Quando la coda e il fianco strisciano contro la sabbia ruvida del fondo, rabbrividisce come se la morte l'avesse improvvisamente raggiunta, toccandola.
Con violenza, le onde la riportano verso il basso e la fanno girare. La coda s'incunea sotto la sabbia che, sollevandosi in una nuvola, penetra sotto le squame. Solleva le mani palmate per scrollarla via: è una sabbia diversa da quella del fondo marino... la punge e, in un certo senso, la irrita; il suo odore è quello della terra.
è inutile lottare con le onde. La sirena lascia che il suo corpo si alzi e si abbassi con loro e, senza opporre alcuna resistenza, si fa trascinare con la schiuma, come se fosse una nave speronata o un uomo morto. E ben presto non c'è altro che sabbia sotto di lei e l'acqua rifluisce, lasciandola inerme, esposta all'aria calda ed estranea. Quel ritmo frenetico l'ha portata al limite dell'incoscienza. è stesa supina sulla sabbia, le braccia allungate oltre la testa e il viso girato da un lato, in modo che la poca acqua possa scorrervi sopra.
Il lungo corpo argenteo si agita nel basso fondale: è terrorizzata dal dolore che prova.
Si sente intorpidita dalla vita in giù e solleva la testa - per quanto le è possibile - nel tentativo di guardarsi.
Quasi non avverte più la coda che si alza e si abbassa nella sabbia: contro la sua volontà, affonda sempre di più nella rena.
è una sensazione orribile e lei è così disperata che ricade con un lamento.
Qualcosa sta fuoriuscendo dal suo corpo e si riversa nella sabbia: un liquido denso e viscoso. Prima crede che si tratti di sangue, poi pensa che sia la sua vita.
Si lamenta ancora e cerca a fatica di alzarsi, appoggiandosi sulle mani. Apre e chiude la bocca: annaspa in cerca di acqua.
La sua pelle si sta seccando: la schiena, le spalle, il colle le bruciano.
Appoggia il viso nel punto in cui un piccolo rivolo di acqua risale vicino a lei: ma non è sufficiente e riesce solo a fare entrare in bocca un po' di sabbia umida. Solleva ancora una volta la testa e le spalle opponendosi all'insospettabile peso dell'aria: in quel momento, vede l'uomo.
Sta correndo verso di lei. Ha abbandonato la sua canna da pesca ai capricci del mare e si è precipitato nella sua direzione. Il cuore della sirena ha un sussulto: lui è nel suo elemento e lei è alla sua mercé.
Ma soltanto un battito dopo, un'intuizione la colpisce: una certezza che illumina la sua coscienza con la forza del ricordo.
Nello stesso momento capisce che la parte inferiore del suo corpo non le appartiene e la forza la percorre tutta come una corrente elettrica. L'uomo non deve vederla in viso: lei lo sa benissimo.
Scioglie i capelli sulle spalle e nasconde il volto nella sabbia. Il corpo è immobile, la coda possente giace immobile nel basso fondale, lucida e inerte come una lastra d'acciaio.
Ascolta lo scalpiccio dei piedi nudi dell'uomo contro la dura sabbia bagnata mentre si avvicinano. Ben presto riesce a sentire il suo respiro affannoso e le esclamazioni smorzate, sebbene le parole non abbiano alcun significato per lei. è una grossa preda, ma passerà un po' di tempo prima che lui capisca che cosa ha catturato. Nell'oscurità, la scambia per una donna e fino a quando non si china su di lei non vede la forma caratteristica e certamente non femminile della parte inferiore del suo corpo.
Per un attimo, pensa che la donna sia stata quasi divorata da un enorme pesce. Si volta verso la terra, come se da quella parte potesse giungere aiuto, ma nessuno lo può aiutare, ora.
Le mani si muovono sopra le spalle di lei: è ben deciso a tirarla fuori dall'acqua, soltanto perché è convinto che sia una donna e questo è ciò che fanno gli uomini con le creature che vengono gettate dal mare sulla spiaggia.
"Mio Dio", dice, e la voce così acuta fa serrare le mascelle alla sirena.
"è ancora viva?"
Lei non si muove. Le mani dell'uomo gli stanno fornendo tutta una serie di informazioni utili: questa creatura è del tutto simile a una donna, sebbene la sua pelle liscia sia straordinariamente fredda; è morbida, elastica e viva. Le dita dell'uomo scavano sotto le braccia e la sollevano un poco.
Lei bada a tenere il capo abbassato, nascosto nella cascata dei lunghi capelli.
Anche nell'oscurità lui vede che quei capelli sono quasi bianchi, spessi, innaturalmente lunghi: cadono voluttuosi sulle spalle.
è più pesante di quanto abbia immaginato e la presa si allenta; è costretto a lasciarla un momento per cambiare posizione: si mette a gambe divaricate sopra di lei.
La sirena avverte il tonfo dei piedi che la scavalcano: l'uomo si pone dietro di lei e, in tal modo, riesce a vedere meglio la lunga schiena e a scorgere il punto in cui la pelle candida diventa argentea.
"Che cosa sei?", dice, ma non si ferma per scoprirlo.
Le sue mani scorrono verso le braccia e una di esse indugia fugacemente sui seni, mentre la solleva. Per un secondo lei pende inerme dalle braccia dell'uomo e, un attimo dopo, torna in vita.
Porta le braccia sotto di sé e si solleva così improvvisamente e con una tale forza che l'uomo perde l'equilibrio e cade su di lei. Grazie al mare lei è molto, molto più forte di lui e non incontra alcuna difficoltà a girarsi. L'uomo combatte, stupito dalla furia potente e inattesa della creatura che aveva voluto salvare, ma la sua lotta è vana. Sono avvinti nella sabbia e ondeggiano su e giù come amanti: tuttavia almeno lui sa che quello non è amore.
Le forti braccia della sirena si chiudono sull'uomo, che sente nei capelli gli artigli di quelle mani gelide.
Il volto affonda nella spalla di lei e, mentre lui respira il caratteristico odore della sua pelle, cade in preda al terrore.
La afferrà per i capelli e solleva la testa in modo da poterla guardare dritta negli occhi. Ciò che vede lo paralizza, come se avesse guardato la Medusa, sebbene il buio sia tale da fargli scorgere soltanto il luccichio degli occhi freddi, piatti e senza ciglia, la linea dura e sottile della bocca che si apre e si chiude sotto la sua.
Ascolta quel disperato risucchio che fanno i pesci quando sono tirati fuori dal mare.
Lei lo trascina sotto di sé come se fosse lei l'uomo. Con una mano gli tiene la gola e con l'altra i sottili calzoncini da bagno, unica sua protezione contro quell'essere. La grande coda si muove rapidamente e spinge il corpo della sirena su quello dell'uomo. La mano abbandona la gola e lui boccheggia, gemendo e spingendosi contro di lei con tutte le sue forze, cercando di allontanarla. Lei si solleva sulle braccia e lo guarda con aria curiosa; l'uomo vede così gli acuminati denti da pesce e la lingua secca e nera. La coda è agile e potente e si insinua tra le sue gambe come un'anguilla; il bordo tagliente gli scortica le cosce, le squarcia e l'uomo sente il sangue che sgorga dalle ferite sempre più numerose e ormai vicinissime all'inguine. Grida, ma nessuno l'ascolta. La sirena non lo guarda neppure mentre porta la sua coda con violenza verso i testicoli e incide la carne inerme, una volta, due, tre. Le unghie dell'uomo solcano la pelle della schiena e i denti affondano nel seno: lei sta sanguinando, ma non riesce a sentire il dolore. Ricade su di lui e gli afferra la gola tra le mani stringendo forte e a lungo, fino a quando l'uomo cessa di lottare.
Ora la sirena si placa, ma non rimane immobile. Con attenzione prende il mucchietto di carne sanguinante dalle gambe dell'uomo; lo stringe accuratamente tra le mani e lo depone nell'impronta che aveva aveva lasciato sulla sabbia prima che la lotta cominciasse. Il mare lo trascinerà via in un paio di minuti, perché la marea sta cominciando ad alzarsi, ma quel lasso di tempo le è sufficiente. Raduna la sabbia intorno a quel tesoro sanguinante; poi, esausta e stranamente pacificata, si allontana verso il basso fondale.
L'acqua gelida la rinfranca e lei raduna le forze per nuotare oltre i frangenti.
Ora avverte il dolore alla schiena e al seno, ma non ha tempo per occuparsene.
Non appena l'acqua è sufficientemente profonda si tuffa tra le onde e la sua coda manda un lampo argenteo nell'aria buia della notte; come una grande ala metallica, la pinna caudale taglia prima l'aria, poi l'acqua.
Sulla spiaggia, tutto è immobile. Le onde avanzano lentamente intorno all'uomo, liberandolo dalla sabbia. Minuscole dita d'acqua corrono intorno alle gambe, alle braccia, al viso. Il mare ha già lavato via il sangue. Più oltre, lungo la spiaggia, la canna da pesca galleggia nell'acqua che sale.
La cassetta che conteneva l'attrezzatura si è aperta e il contenuto si è riversato fuori: tutti gli ami e le esche, i trucchi che l'uomo aveva usato per mietere il mare, galleggiano allegramente sulle onde.

Ancora più lontano io sto camminando sulla spiaggia con il mio amante.
C'è stata una festa e abbiamo ballato.
La casa sulla spiaggia è alle nostre spalle e diffonde luci bianche e musica nell'aria della notte, come se riuscisse così a riempirne il vuoto.
Dentro, la casa era caldissima e luminosa: non riuscivamo ad ascoltare le onde o ad avvertire l'odore salmastro.
Allora ci sentivamo felici e allegri e abbiamo avuto voglia di fare una passeggiata.
Ci siamo allontanati dalla casa e dall'uomo morto, ma non dal mare.
Mi sono tolta le scarpe, in modo che il mare potesse rinfrescare i miei piedi stanchi.
Il mio amante mi ha imitato, fermandosi anche per rimboccarsi i pantaloni. Mentre, immobile, guardo il mare scuro e l'aria ancora più scura, mi pare di vedere delle minuscole luci, simili a stelle, che lampeggiano tra le onde.
"Che cosa sono quelle luci?", gli chiedo quando mi raggiunge: ma lui non le vede.
"Sirene", dico. Riesco quasi a crederci. Alzo una mano e faccio loro un cenno di saluto. "Stai attento", lo avverto. "Tieniti lontano dalla riva".
Il mio amante è vicinissimo a me: le sue braccia mi circondano e mi stringono.
Il suono ritmico delle onde e l'oscurità della notte ci eccitano.
Ci piacerebbe fare l'amore sulla spiaggia, sul bordo dell'acqua.


Le poesie più belle delle sorelle Brontë (3): Emily




7.

Boschi non guardatemi cupi
alberi-spettri che tristemente
scuotete il capo nel cielo tetro
non fatevi amara beffa di me


8.

Non temere sul muro della chiesa
risplende il sole di una luce pia
e se i miei passi sono solitari
i santi ti proteggeranno dal male
Non esitare se fosse d'estate al meriggio
l'ombra giungerebbe gradita
le scale sono ripide ma riposeremo presto
riposeremo a lungo e quietamente

Che importa se calpestiamo ombre di morti
dormono profondamente nella tomba
perché i mortali dovrebbero temere il sentiero
che li conduce alla dimora futura?


9.

Pettirosso all'alba del mattino
buio e freddo e grigio di nubi
tenero e selvaggio è il tuo canto
che scaccia i rabbiosi pensieri

[...]

Non fu la speranza la prima a perire
l'iniziale tempesta dello spirito
ma una lunga vita di solitudine
speranze taciute e pensieri repressi
calma di un cupo novembre


10.

Nelle ore della notte ieri
sale e gallerie sfolgoravano
ogni lampada illuminava
chi adorava e chi era adorato
chi vi entrava aveva in sé la gioia
chi vi entrava era bello e amato
radiosi alcuni come il sole
splendente nel meriggio estivo
alcuni dolci come l'ambra dorata
che si annida negli abissi del cielo
alcuni dolci e cortesi e lieti
non è più santo il volto del mattino
simili alcuni al giorno di Diana
al sacro splendore della mezzanotte lunare.


11.

Splende la luna nel meriggio notturno
visione gloriosa - sogno di luce!
Sacra come il cielo - limpida e pura,
altra sopra la landa solitaria -
e più solitaria sotto il suo raggio 
si distende la tetra landa lontano
né sembra possa esserbi più nulla
oltre la zona argentea del cielo -
Luna lucente - luna amata! Trascorsi gli anni
tornano infine i miei passi stanchi
e il tuo raggio sereno ancora riposa
solenne sulle acque dolci del lago
e ancora l'onda sospirosa delle felci
piange sulla tomba di Elbë
e uguale a se stessa è ancora la terra
ma che pena vedere come il tempo mi ha cambiata!
Sono io che in anni lontani 
seduta presso le rive del lago
ho guardato la vita fuggire lenta
dal suo bel viso, dalla fronte orgogliosa?
Mai conoscano questi monti il fulgore
di un giorno come quello - che al tramonto
gettò dalla sua sacra fonte di luce
un ultimo sorriso sulla pianura d'erica
e baciò le lontane cime nevose
che sfolgorarono all'orizzonte
quasi che nel pieno calore d'estate
cercasse l'aspro inverno un più nobile trono -
lui giaceva tra i fiori
il sangue rosse fattosi scuro
fremente alla vista dell'ombra spettrale
di cui lo avvolgeva la morte incombente -
malato al pensiero che un'ora lo avrebbe diviso
strappato per sempre al dolce mondo
al pensiero che mai più per lui
si sarebbe addensato e svanito il tramonto -
no, mai mai più! L'orrendo pensiero
conduceva mille tetre emozioni,
e la memoria forte di ogni suo potere
piombava su quella mente in agonia.
Vasti, folti boschi ora sorgevano 
sotto i dolci, assolati cieli del sud -
Elbë Hall, la sua antica dimora
torreggiava tra gli alberi, le verdi foglie
stormivano alla brezza che scende 
dal cielo estivo quando più è sereno
esplodendo dall'ombroso fogliame
giocava dorata una sorgente di sole;
bagnava i muri di una luce d'ambra
splendeva nell'acqua chiara
che scorreva ai suoi piedi - accogliendo il riflesso
dell'immenso limpido mondo del cielo -
e ancora agli occhi della sua mente
si offrivano e svanivano ricordi troppo noti
così che, pazzo di disperazione e di pena,
volgendo a me il viso morente
gridò con ansia disperata: "Una volta ancora
potessi una volta vedere il mio paese!
Non più che una volta - un giorno solo!
Non dovrà - non potrà mai accadere?
Morire - e morire lontano
quando appena la vita mi ha sorriso -
Augusta - tu farai presto ritorno
a quella terra, sarai viva e sana
soltanto l'erica allora piangerà
sulla mia tomba non più ricordata
tu dimenticherai il sepolcro solitario
il cadavere che giace presso l'onda di Elnor"  


12.

Il giorno intero ho lavorato senza alcuna pena
nell'aurea miniera del sapere
ora al crepuscolo tornano a splendere
dolci i raggi della luna
non traccia di neve sul terreno
né gelo nel vento o sull'onda
il mite respiro del libeccio
ha infranto la tomba di ghiaccio

è dolce errare nella notte
contemplando l'inverno che muore
leggero il cuore come il sole d'estate
caldo come il cielo estivo

Possa non perdere mai la pace
che ora dolce mi culla


13.

La notte di tempesta è trascorsa
chiaro e luminoso
il sole trionfa sulla verde distesa
riscalda la brezza leggera

E io vorrei lasciare il letto
e vedere la luce che rallegra
e scacciare dalla mente le visioni
le immagini che mi hanno turbato

Nelle lunghe ore di pena
la mia anima è stata rapita
ho sognato di essere presso una tomba di marmo
che accoglieva corpi di re

Era il tempo della notturna vigilia
in cui gli spiriti potrebbero tornare
a piangere le loro ceneri prigioniere
a lamentare la loro sventura

Ed ecco io vidi al mio fianco
un pallido essere d'ombra
non aveva realtà ma la sua presenza
mi gelò il sangue di paura
mi riempì di meraviglia e orrore

Il respiro moriva in gola
l'aria era pungente
ma il mio sguardo con furia tenace
fissava quell'orrido volto
che fissava il suo sguardo nel mio

Caddi sulla pietra
e là rimasi immobile
le parole morirono in un gemito
quando levai una preghiera

L'ombra era china su di me
il viso in piena luce
era vicina eppure lontana
più che il mondo dalla stella più remota
che percorre l'azzurro sconfinato

Non ci separava lo spazio
di questa terra o del tempo
ma il mare di un'eternità di morte
l'abisso che un essere mortale
non ha mai mai varcato

Oh, che non ritorni a me
l'orrore di quell'ora
quando l'ombra dischiuse le labbra
e una voce incerta come un sogno
infranse il regno del silenzio e la terra rabbrividì
e le luci celesti tremarono al suo potere

"Piangete poiché l'orgoglio di Regina
e ogni sua speranza è nella tomba
e chi regnerà sulla mia terra
e chi porterà salvezza"

"Piangete con lacrime di sangue
i miei figli malediranno quel giorno
piangete poiché mille anni
non saneranno il male di uno solo"

"Piangete quel giorno" le parole
riecheggiavano nel lamento del vento
e il mio cuore parve spezzarsi
all'udire quel tetro canto di pena.


14.

Ti ho visto in un giorno d'estate
lasciare di colpo giochi e allegria
giacendo tra il verde dell'erba
ho udito i tuoi tristi sospiri

Sapevo il desiderio da cui nasceva il lamento
sapevo la fonte delle tue lacrime 
tu volevi che il fato alzasse il velo
che si distende sugli anni futuri

(...)

Il tempo passò e venne l'estate
e venne e passò l'autunno svanente
e ora le dolenti notti d'inverno
avvolgono il cielo di nuvole e lutto

E io sono qui la sera è caduta
senza tempeste ma tetra in silenzio
un suono ti chiama triste e luttuoso
a bandire ogni gioia e abbracciare la pena

Un vento improvviso che scuote le foglie
e sibila e fischia tra muri e pareti
e geme a lungo e indugia e lamenta
è la voce spettrale che suona a martello

Mi ha udito e quale gelo improvviso
stringe quel cuore e agghiaccia quel sangue
si sveglia e quale pallore di morte
ha il viso alla fioca luce notturna.

Invano le piccole mani si tendono 
a respingere quell'ombra d'inferno
l'orrore invade ora il suo viso
l'angoscia gli trema e batte nel petto

L'angoscia e il terrore gli appannano gli occhi
che fissano invano la camera vuota
in lunghi e pesanti affannosi sospiri
si esala il respiro che la paura incatena.

(...)

Ma tale è il destino e la luce del giorno
deve oscurarsi delle tenebre notturne
e il fiore dell'infanzia deve appassire
perdersi all'ombra del sepolcro.


17.

La battaglia aveva lasciato le alture
e ancora la sera indugiava
mentre il cielo con le armate della notte
tutto avvolgeva nella sua gloria

I morti dormivano disseminati
sull'erica e il grigio granito
e i morenti al cadere del giorno
vegliavano per l'ultima volta.


18.

Sfolgorante di luce dalla terra e dal cielo
si allontana il sole estivo
gloriosamente sulla riva e sul mare
risplende il raggio che declina
si ode una voce nel vento che muove
gli alberi luminosi e felici.


19.

Non un vapore di nebbia ha macchiato l'azzurro senza vento
non una nuvola ha offuscato il sole
dal tempo della rugiada del mattino
sino al chiudersi del giorno estivo

Non meno puro non meno lucente
è morto il raggio della sera
e più limpida ancora la sua luce morente
splendeva sul lago di Elnor

Immobile e calmo giace il lago profondo
nel silenzio delle sue lande selvagge
solenni e lievi dormono i raggi lunari
sulle sue rive d'erica



20.

Cuspidi di verde erba lucente
tremanti nella trasparenza del sole


21.

Il sole è tramontato la lunga onda dell'erba
oscilla tetramente al vento della sera
e l'uccello ha lasciato la vecchia pietra grigia
e ha cercato il caldo rifugio di un nido

Nel solitario orizzonte che mi circonda
non vedo immagini non odo alcun suono
se non soffio del vento lontano
che sospira sul mare d'erica.


23.

E prima un'ora di tristi pensieri
e poi un effondersi di lacrime amare
e poi una tetra calma diffonde
una nebbia mortale su gioie e pene

E poi un battito e una luce di lampo
e poi un respiro dall'alto
e poi una stella si accende nel cielo
la stella gloriosa la stella d'amore


24.

Vento affonda e riposa nell'erica
la tua voce selvaggia non mi è cara
vorrei un tempo desolato
ma privo affatto di te

Sole tramonta dal cielo serale
il tuo lieto sorriso non mi attrae
se deve esserci data una luce
datemi allora il chiarore di Cinzia.


26.

Ride il mattino destandosi dal cielo
sulle verdi foreste dell'estate dorata
e quale viva esplosione di canto
accoglie il giorno nella luce serena

La fresca brezza muove i grappoli di rose
entrano i suoi sospiri dalla finestra
aleggiano attorno al letto ove riposa
la donna dagli occhi di colomba


27.

Ero sola il giorno d'estate
moriva in una luce ridente
l'ho visto morire l'ho guardato svanire
da colline di nebbia e boschi senza vento

E nel mio animo si affollavano i pensieri
e il cuore si piegava al loro potere
e negli occhi sgorgavano le lacrime
poiché non potevo dire il sentimento
la gioia solenne che saliva attorno a me
in quella sacra ora di quiete

[...]


28.

Signore di Elbë sulla collina di Elbë 
la nebbia è fitta e gelido il vento
e il cuore della tua amata dall'alba del giorno
ha pianto il dolore della tua partenza

Signore di Elbë, mi sarebbe caro
il suono dei tuoi passi gioiosi sull'erica
che ora si piega e stormisce soltanto
al soffiare del vento notturno

Splendono i fuochi nella tua casa deserta
splendono lontani, e il buio si addensa
e i fuochi stelle tra i rami del bosco
si accendono di gioia nel silenzio del parco 

O Alexander! al mio ritorno,
caldo come quei fuochi arderà il mio cuore,
leggeri come i tuoi saranno i miei passi,
se potrò udire la tua voce nell'atrio

Ma tu sei ora su un mare desolato
lontano da Gondal e lontano da me
vano e senza speranza è ogni rimpianto,
la morte non restituisce le sue prede


30.

Un abisso improvviso di luce spettrale
si aprì nelle mura della città
e per tutta la notte un cupo rimbombo
annunciò il nostro trionfo - la fine di Tirdaro -

L'urlo del vento tacque e si addolcì
fuggirono lontane le nubi nevose
e fredda - fredda! - sorrise la luna
sulle nere rovine fumanti

Era finita - la follia della battaglia
fuochi che esplodono ruggire dei cannoni
urla gemiti gioia frenetica
morte e pericolo non infuriavano più

Nelle chiese devastate popolate di morti
il destriero cercava nitrendo il suo cibo
il soldato ferito giaceva impotente
in cripte scoperchiate invase dal sangue

Non ho dormito mentre infuriava l'assedio
il mio cuore ardeva e batteva con foga
il tumulto esterno avvolgeva il mio petto
sembrava placarne l'intima tempesta

Ma................ non posso sopportare
e il silenzio affila il dente del dolore

[...]

Guardava dall'alto di una quiete (serena)
il suo regno di dolore sepolto


31.

è sera ecco il sole discende
lungo il cielo in dorato splendore
si uniscono dolci i suoni della città 
agli zeffiri che soavemente spirano

Pure io vedo un tetro (mattino)
un buio tetro (mattino) d'ottobre
(si ammassano) fosche nuvole di pioggia
percorrono la tempesta volta del cielo


32.

Il campanile della chiesa e il muro del giardino
sono neri di pioggia autunnale
e venti desolati richiamano ancora
come un presagio le tenebre nere

Ho osservato la sera sconfiggere
il giorno lieto e glorioso
guardavo una più fonda oscurità
nascondere l'estremo raggio della sera

E lo sguardo fisso al cielo senza gioia
sentivo salire in me pensieri tristi


33. "Versi"

è lontana la terra del riposo
separata da miglia a miglia
da vette tempestose di monti
da aridi solitari deserti


43. 

[...] no non piangere questo aspro lutto
mi tortura e mi ammala di disperazione

No dimmi che quando giacerò
sotto la pietra nella chiesa antica
asciugherai gli occhi e frenerai i sospiri
e dimenticherai il mio spirito fuggito

A lungo mi hai chiesto di dirti la pena
che impallidiva il viso e spegneva il mio sguardo
e prima di domani ci separeremo
e io confesserò prima di morire

Dieci anni fa - era settembre - 
Fernando lasciò la casa e te
e credo che tu ancora ricordi
l'angoscia di quest'ultimo addio

E tu sai l'aspra nostalgia
del mio desiderio di rivederlo
lungo il tetro declinare d'autunno
in notti di tempesta e giorni di pioggia

Al limitare della foresta di Areon
sorge una macchia d'alberi solitaria
e là i cuori allevati insieme
conobbero la prima fatale separazione

Il morbido splendore meridiano
bagnava ogni verde altura ogni fremito d'albero
oltre il vasto parco innanzi a me
si distendeva il mare sconfinato

E io rimasi quando lui mi lasciò
il viso di cenere gli occhi senza lacrime
guardando la vela che mi privava
di vita di speranza di pace di gioia

Passò e quella notte giacqui in un letto
di insonne tristezza e dolente solitudine


54.

Mi è stato rivelato [...]
nato non dal riposo notturno
il sogno di una veglia d'angoscia
di un dolore che non voleva piangere

Ora non volgerti aspramente da me


55.

L'oscurità si delineava su ogni volto
oscurità di tempesta e cupi presagi
non vi era riposo in capanne o palazzi
non vi era che un solo riposo - la tomba

Nei nostri cuori dimorava la tristezza
non vi erano né sorrisi né sguardi senza pensieri
i figli sentivano la miseria dei padri
l'ombra della disperazione era su ogni casa

Non era la paura a rattristare il paese


62.

Era uno di quei neri giorni di nubi
che a volte rompono l'estivo splendore
quando la pioggia non cade e la terra è immota
e la verde collina si fa più verde


63.

Sedendo solitaria alla finestra
mentre la sera silenziosa fuggiva
il soffio presago del vento percorreva
il cielo grigio di nubi


64.

Due alberi in un campo solitario
intrecciano per me un incantesimo
un tetro pensiero spira dai rami
che ondeggiano solenni e scuri


65.

Che cos'è quel fumo che ininterrotto
rotola lungo la bruna collina


66.

Mentre guardava le nubi ferrigne
si aprivano e in mezzo splendeva il sole
ma tetro e strano e freddo e pallido


67.

Lontano lontano consegnami ora
a scene desolate e paurosi pensieri
ne traccio il segno sulla tua fronte
benvenuta ora se un tempo temuta


68.

Non tornerà a splendere
il suo triste corso è compiuto
ho visto l'ultimo raggio svanire
del freddo sole lucente


69.

Uno solo lo vide morire
cadere al cadere del giorno
i venti della sera dal triste sospiro
portarono la sua anima lontano dalla terra


70.

Fredda desolatra tetra
moriva la sera sulle rive di Elbë
nel cielo di nubi passavano i venti
sospirando e gemendo luttuosi


71.

Vecchia dimora di (Elbë) ora solitaria e in rovina
casa a cui non tornerà più la voce della vita
camere scoperchiate desolate dove crescono l'edera e l'erba
finestre dalle arcate infrante ove gemono i venti della sera
dimora dei morti morti da lungo tempo.



72. "La cavalcata di Douglas"

Stringetevi tutti attorno a me
spegnete il suono solenne dell'organo
nutrite la lampada e ravvivate il fuoco
per rialzarne la fiamma morente;
sollevate alla finestra la tenda di velluto
e ascoltiamo il gemito del vento notturno 
ché il suo canto è selvaggio e mirabilmente si accorda 
a una vicenda di tempi turbati
[...]


74.

Non posso cantare in celle tenebrose
nella rete del dolore è arduo sorridere
un uccello non vola con l'ala spezzata
un cuore che sanguina non sa gioire.


75.

Era sera affondava il sole
su verdi colline e boschetti
mai la dolce brezza aveva scorto
immagine più bella e solitaria

La brezza che piega l'erba al tramonto
e increspa di azzurro le onde del mare
e sospinge le soffici nuvole bianche
come spiriti di eterea rugiada

Che tutto il mattino ha soffiato leggera 
sui fiori azzurri nutriti dalla terra
e ora torna a salire nel cielo
dove prima splendette la loro gloria


76.

Cadano le foglie cadano muoiano muoiano
lunghe le notti e brevi i giorni
mi parla di felicità ogni foglia
[...] fluttuando dagli alberi d'autunno
sorriderò quando ghirlande di neve
fioriranno dove un tempo era la rosa
canterò quando una notte morente
incalza un più tetro giorno


77. Canto di Julius Brenzaida

Geraldine, la luna splende,
è dolce e luminoso il suo raggio,
non diresti che la sera, al declino,
annuncia un giorno più vivo?

Mentre il vento lontano sussurra,
appena - e giunge a noi sull'acqua
vieni, in silenzio e solitudine,
sediamo sotto il cespuglio antico -

La strada è selvaggia, aspra e tetra;
è arida la landa attorno a noi;
è duro il letto che ci riposa;
[...] di muschio e terra d'erica -


80.

Ho sostato sulla porta ho innalzato lo sguardo
ho contemplato il cielo e le montagne scure
il plenilunio faceva vela nell'oceano celeste
i venti mormoravano arcani mormorii

E sono entrata tra le mura della scura casa-prigione
sorgeva misteriosa dalle onde dell'erica


81.

O vieni con me questa era la canzone
la luna splende nel cielo d'autunno
e tu hai faticato e lavorato a lungo
la testa dolente e lo sguardo stanco


82. F. De Samara a A.G.A

Illumina il tuo palazzo! Il giorno declina;
sono solo e triste e lontano
è freddo sul mio petto, l'aspro sospiro della tramontana
desolato e tetro il mio giaciglio sotto il cielo di pioggia

[...]


84. 

Immobile presso l'acqua tetra
sostava al freddo raggio della luna
pensando al sangue e alla strage
che gli pesavano sul cuore

Un sussurro la voce che infranse i suoi sogni
giungendo sull'aria silenziosa
pure prima che il corvo gridasse
egli già l'aveva udita

Una sola volta mormorò il suo nome
dolcemente e subito l'eco morì
ma inorridì ogni battito del suo cuore
mentre fuggiva la sua vita.


85.

Un suono percorreva la tetra vallata
più aspro del vento montano
le grida e gli urli della battaglia
e lontano una nota più triste

Le grida e gli urli svaniscono
prima che grigia scendesse la notte
ma non finì quando si chiuse il giorno
l'aspro singhiozzo il torturato lamento

In un avvallamento perduto nell'ombra
dove l'erica ondeggiava cupa e segreta
giaceva una debole forma insanguinata
in attesa della morte che doveva venire.


86.

Sogno, ora dove sei?
Sono passati lunghi anni
dal giorno in cui vidi morire la luce
sulla tua fronte d'angelo

Sventura, sventura per me
eri così bello e luminoso,
come potevo pensare che il tuo ricordo
non mi avrebbe portato che pena?

Il raggio del sole e la tempesta,
la sacra sera d'estate,
l'immobile calma notte solenne,
il limpido splendore del plenilunio

Un tempo si intrecciavano a te
ora si intrecciano alle pena -
visione perduta! è finita per me -
non puoi tornare a risplendere -


87.

Forte ruggiva il vento
nel languente cielo autunnale,
a raffiche, gelida, cadeva la pioggia
presaga di inverni tempestosi.

Simile a quella tetra notte
piangevano in me rimpianto e dolore 
piangevano - ma breve fu il pianto
dolci - dolci e soavi giunsero!
libere parole di un'antica canzone -
sconosciuta, senza nome -

"Era primavera, cantava l'allodola"
Quelle parole destarono un incantesimo
liberarono una sorgente profonda
che assenza né lontananza inaridisce

In un fosco nebbioso novembre
cantavano i canti di maggio -
ravvivavano la brace morente
in un fervore che non può perire

Ridestate sulle brughiere a me care
la gloria e l'orgoglio del vento!
Chiamatemi da valli e rilievi
lungo le rive del fiume collinare!

è gonfio delle prime nevi;
le rocce sono gelide e bianche
è cupa l'onda lunga dell'erica
sono prive di sole le felci

Non più astri dorati sul monte,
da tempo sono morti i giacinti
lontani dal muschio della fontana,
lontani delle colline invernali -

Ma più belle dei campi di grano
in onde di oro smeraldo e scarlatto
sono le colline che la tramontana percuote
le valli dove un tempo erravo -

"Era mattina; il sole splendeva"
Dolce mi conduceva il canto

[...]

Ma ci alzammo lietamente quando il cielo ombroso
si tinse di ambra e di azzurro -
e ci muovemmo leggeri le ali ai piedi
percorrendo i prati di rugiada.

Venite, alla brughiera dove l'erba
sarà velluto sotto i nostri passi!
Venite alla brughiera dove ogni altura
si riveste di sole contro il cielo chiaro!

Alla brughiera, dove il fanello trillava
cantando sul vecchio granito -
dove l'allodola - la libera allodola colmava
ogni cuore dell'estasi del suo cuore.

Quale lingua può esprimere il sentimento
che provai, nell'esilio lontano,
quando sul ciglio solitario di una collina,
in ginocchio, vidi l'erica fiorire?

Fioriva rada e contorta, diceva
che presto sarebbe svanita
sussurrava: "le buie mura mi avvolgono
questo è il sole della mia ultima estate"

Ma l'amata musica al cui suono
freme lo spirito elvetico
non ha l'adorato incanto straziante
dei fiori di quell'erica inaridita -

Lo spirito che si piegava al suo potere
bruciava dall'ansia di essere libero!
Se in quell'ora avessi potuto piangere
estasi sarebbe stata ogni lacrima -

Ma gli istanti di tristezza svaniscono 
pure gravi di pena e dolore -
e chi ama e chi è amato un giorno
tornerà a incontrarsi sui monti -


88.

[...] Vi è un luogo tra aride colline
vi ulula e geme l'inverno piovoso
ma se gelida e tetra è la tempesta
una calda luce riscalda e consola

Vecchia dimora, alberi nudi
il cielo nebbioso è senza luna
ma nulla è più caro sulla terra -
più desiderato del focolare

L'uccello silenzioso sulla pietra,
il muschio umido sul muro,
i sentieri del giardino invasi d'erba
tutto questo quanto lo amo!


107.

[...] Guardo cadere [...]
dopo un giorno di pioggia
nebbie azzurre dolci nebbie estive
celano la catena di monti lontana

Nella lunga erba verde indugia la rugiada
densa come le lacrime del mattino
passano profumi e fragranze sognate
respiro di anni trascorsi


108.

Rimarrai ancora? La mezzanotte ha battuto 
l'ultimo colpo al campanile della chiesa
vieni andiamo il fuoco è spento la lampada si estingue
i tuoi occhi si chiudono la fronte è pesante
la mano fredda regge a stento l'inutile penna
vieni il mattino ti renderà forza.

[...]

Può esservi felicità nelle ombre della stanza
nelle finestre spalancate su ombre più fonde
nel vento che sibila e fischia desolato
lungo pareti ove tu sola attendi
e non è traccia di gioia sul tuo viso
i tuoi occhi si colmano di dolore e di pianto
guarda quei boschi guarda il cielo cupo
tu sai come muteranno al mattino
la volta celeste vasta azzurra e lucente
le foglie e l'erba pesanti di rugiada
e umide nebbie che sfiorano il seno del fiume
e uccelli selvatici che balzano dal nido senza canti
e le voci allegre dei tuoi bimbi fugheranno
fantasie che la pena non la gioia ha tracciato
Sì parlane pure - ma sai dirmi perché
il giorno soffia tanta bellezza sulla terra e sul cielo
e i suoni del risveglio ravvivano e risanano
cuori [tristi] che per tutta la notte hanno vissuto di pena.

Non è forse perché il sole e il vento
liberano da se stessa la mente di chi piange
e la gioiosa musica della natura
e lo splendore limpido del cielo

Gli recano lontani splendori d'infanzia
distolgono il suo sguardo stanco dal futuro.


109.

La notte stellata recherà una notizia
esci sulla brughiera mossa dal vento
cerca un uccello dall'ala nera
dal becco e gli artigli grondanti sangue


119.

[...] Piangono, tu piangi, così deve essere;
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall'inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d'autunno:
pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia,
pure, mai con disperazione!


120.

Era aspro il vento che ha strappato
quella foglia dall'albero paterno
era crudele il fato che ha portato
il cadavere inaridito fino a me

Erriamo senza fine non abbiamo riposo
è un tetro cammino

Quale ombra
mi è sempre innanzi agli occhi
ha un viso di spettrale pallore.


134. "Il vento notturno"

Nella mite mezzanotte estiva 
splendeva senza nubi la luna
dalla finestra aperta della stanza
sui roseti umidi di rugiada

Sedevo sognando in silenzio - 
la brezza mi gonfiava i capelli
mi diceva che il cielo è glorioso
e bella la terra addormentata -

[...]


142.

Vedo attorno a me sepolcri grigi
lunghe ombre che giungono lontano.
Sotto le zolle che i miei piedi calpestano
giacciono in solitudine e silenzio i morti -
sotto l'erba - sotto il tumulo -
nel freddo, sempre, e nell'oscurità -
i miei occhi versano lacrime
che la memoria serba da anni svaniti
poiché Tempo e Morte e Dolore mortale
feriscono di ferite insanabili -
che io ricordi una parte appena
del dolore visto e provato laggiù
né il cielo - puro e benedetto
ha dato mai pace al mio spirito -
Dolce terra della luce! I tuoi bei figli
non sanno la nostra disperazione -
né hanno provato, né possono dire
quale spirito opprima ogni cellula umana
quali tetri ospiti in noi accogliamo -
tormenti e follia, lacrime e peccato!
Sia - vivano pure nell'estasi
la loro lunga eternità di gioia;
non saremo noi a condurli quaggiù
a dividere con noi pianti e lamenti,
no - la terra non chiederebbe altra sfera
per gustare la tetra coppa del dolore;
distoglie lo sguardo distratto dal cielo
e piange perché noi dobbiamo morire!
[...] Ma chi non legge in quel tenero splendore
l'indicibile profondità della pena?
[...]


"H.A  E  A.S"

[...] Quegli occhi giovani splendenti di luce
diedero allora l'estremo sguardo
e la livida morte sul viso divino
diffuse un immutato pallore.

[...] E lei giacque sulla fossa ricoperta -
sulla tomba dove l'erba cresceva -
non la bagnavano le onde di Gondal
né il cielo di Gondal la sovrastava.

Il terreno scintillava di rugiada
scintillava di lacrime lucenti
sgorgate da una pena mortale
che mai gli anni potranno sanare -

Se non è tornato per il pianto di lei
come potrebbe tornare ora;
non lascerebbe il sonno della tomba
quando lei ha cessato di piangere -

[...] Le rose in boccio, i biancospini in fiore
nel pergolato odoroso
mai si sono chiusi per una nuvola
né la pioggia li ha piegati -

Se l'oscurità avesse rapito il sole
se la rugiada si fosse fatta pioggia
nessun cielo chiaro dopo la tempesta
potrebbe richiamare la felicità


147. Versi scritti al Castello di Aspin

Mi è caro nelle notti d'estate
sedere all'ombra della porta normanna
i cupi portali celano le luci
che trapuntano il cielo sul mio capo

Mi è caro sentire il mormorio
lento delle acque dell'Aspin
per lunghe ore ascoltare la brezza
stormire ai suoi sospiri gli alberi di Rockden

Non vi è un soffio di vento questa sera
che increspi le acque solitarie del lago 
questa sera le nuvole pallide e grigie
nascondono ogni luce di stelle e di luna

La sera è calma  immobile quasi tetra
per questa solitudine assoluta;
pure mi è dolce indugiare qui
e modellare il mio spirito sulla natura

Sotto le rocce un sentiero selvaggio
segue le curve del fianco dell'Aspin
calpestato da zoccoli di greggi montane
che scendono a valle in cerca di acqua

Presso un'altura o una quercia
non vi è sentiero fatato più dolce per me
ma nessun pastore nativo del luogo
quando il giorno è chiaro e il sole splendente
da solo seguirebbe il labirinto

Né quando nell'ora assorta della sera
tace l'uccello e si chiudono i fiori
e la fantasia acquista magico potere
su ogni suono familiare.

Attorno ai loro fuochi narrano la storia
e ogni pastore giura che è vera
dell'errare del pallido fantasma
con occhi di spettro sognanti e cerulei.

Cammina sempre a capo chino 
i lunghi capelli immoti nel vento 
il viso è bello - divinamente bello;
ma sulla fronte d'angelo indugia
un'ombra di profonda disperazione
ignota a una creatura celeste.

Spesso indugiavo all'ora del tramonto
attendevo che sorgesse il pallido spettro
tra la nebbia e la pietra bagnata di luna
ne ho veduto i capelli e gli occhi solenni

I vecchi dicono in segreto
che è il primo signore della grigia Aspin
lo spettro che erra nella dimora feudale

Ma perché presso la tomba straniera
miglia e miglia di là dalle onde
dove giacciono le fredde ceneri
sotto la volta del cielo d'Inghilterra
non erra la notte il Signore di Aspin?

Ne ho visto il ritratto nel salone,
appeso alla parete orientale
e spesso quando il sole declina
il ritratto risplende come un angelo

E al freddo raggio della luna
alla luce azzurra dalla finestra spettrale
il ritratto allora si fa simile a uno spettro

[...]

Simili ai suoi sono i lucenti capelli
i grandi occhi scuri dalla luce ombrosa
il puro incarnato, la candida fronte
simile al suo il nobile nome

[...]


149. La caduta di Zalona

D'oro e d'azzurro, nella luce gloriosa
si inoltra marciando il mattino
e le bianche cuspidi di Zalona
splendono dorate al sole

[...]

Echeggiano le profonde campane, il suono
esplode, rimbomba nell'aria:
risponde, ruggendo, il cannone
tuonando vicino e lontano -

[...]

Ahimè, i fiori morenti del giglio
che lasciano vuoto il giardino!

Si dispiega sulle torri, garrisce sulle alture
una distesa di lucente scarlatto
è forse la luce del sole al tramonto
che macchia i nostri verdi stendardi?


150. Come risplende luminosa

Come risplende luminosa! Quieta
io giaccio al riparo della sua luce;
mentre cielo e terra sussurrano:
"Ridestati, domani, sogna questa notte"
Sì, vieni, Fantasia, mio amore fatato!
Sfiori il tuo bacio la mia fronte ardente;
chinati sul mio letto solitario
portatrice di pace, portatrice di gioia.


151. Per A.S. 1830

Dove splende più luminoso il sole
al mezzogiorno del dolce luglio?
Dove cade più leggera la neve
dal cielo livido di dicembre?

Dove chi è stanco può posare il capo 
e trovare sicuro riposo
in una tomba che non chiude mai ai suoi morti
il sorriso benigno del cielo?

Sulla terra alla luce del sole
l'erba cresce verde e chiara
ma sotto terra è mezzanotte
mezzanotte eterna laggiù!

Perché piangere se quelli che amiamo
sfuggono alle sotterranee tombe della terra?
Forse i fiori che sbocciano alla luce 
ne allietano le tenebre inferiori?

Dalla più pallida alba del mattino
all'ombra più profonda della sera
tu non vuoi cessare di piangere
per sapere dove riposa;

ma se piangere sulla sua tomba
è per te un dono così raro
vai, versa nell'oceano le tue lacrime
le lacrime vi giungeranno presto.

Ma tra lacrime e rimpianti
nella tua angoscia disperata
pensa che il cielo splende su di lei
così come splende su di te -

con lo sguardo della mente penetra l'abisso
guardala laggiù ove riposa
e dimmi perché così dolce sonno
dovrebbe causare così aspro dolore.


152. "E.G. a M.R."

I tuoi custodi dormono
io vengo a ridestarti;
hai un voto da compiere
prima che la luna tramonti:

Le nuvole che corrono nel cielo
ne offuscano lo splendore
ma ha tanta luce da essere nostra guida
lungo il ruscello sui monti
[...]


154. Per A.G.A

"Sei nella foresta ora
identici l'ora e il luogo
qui le foglie splendono e sfavillano
laggiù le acque del lago
si increspano di onde fiammeggianti"

"La brezza canta come la brezza d'estate
deve cantare nei cieli estivi
e rocce torreggianti e alberi dal vasto fogliame
si innalzano in un'unica gloria."

[...] 

"Il cuore che amo non muta mai,
è fedele come la tomba
e non ci separano paesi stranieri
non ci divide l'onda del mare"

"Perché la pena ti vela il viso,
perché le lacrime ti offuscano gli occhi?
A questo rispondi, è forse perché
il tuo cuore gli è stato infedele?"

"Ho guardato la luna senza nubi
e l'ho amata la notte intera
fino al mattino e all'ardente meriggio
allora ne ho dimenticato la luce -"

"No - non dimenticato, eternamente
mi sarà cara la sua memoria;
ma poteva il giorno sembrarmi oscuro
perché la notte era chiara?"

"Piango perché uno soltanto 
splenderà nel mio cielo futuro
e alla luce di quel sole radioso
morirà la luna della mia vita -"


156. A.G.A a. A.S.

[...] Il cielo che il viso del mio amato
mi ha insegnato ad adorare
che riflette dai suoi occhi cerulei
un raggio di luce più intensa
di quella che il cielo può dare

[...] 

Ma è freddo il giorno di novembre
i suoi mutamenti non hanno incanti
ignorati, non amati trascorrono
chi vorrebbe fermare una sola ora
o sospirare al cader della sera?

E glorioso è il nascere felice
del mattino di giugno che allieta
chi potrebbe senza rimpianto
guardare la luce che abbandona il cielo
all'ombra desolata del tramonto?

Non sei tu il mio giugno dorato,
libero da nebbie e tempeste?
Come il sole della terra splende nel meriggio estivo
splende in te il sole del cielo

[...]


157. 

[...] Quanti ti hanno amato in vita
fuggiranno quelle tenebre oscure

[...]

La fredda zolla la tetra pietra
separano chi si ama sulla terra
là un solo cuore si è infranto
quel cuore era degno di te!

Forte ruggiva il vento
nel languente cielo autunnale,
a raffiche, gelide, cadeva la pioggia
presagi di inverni tempestosi.

Simile a quella tetra notte
piangevano in me rimpianto e dolore
piangevano - ma breve fu il pianto
dolci - dolci e soavi giunsero!
libere parole di un'antica canzone
sconosciuta, senza nome

"Era primavera, cantava l'allodola"
Quelle parole destarono un incantesimo
liberarono una sorgente profonda
che assenza né lontananza inaridisce.

In un fosco nebbioso novembre
cantavano i canti di maggio
ravvivavano la brace morente
in un fervore che non può perire

Ridestate sulle brughiere a me care
la gloria e l'orgoglio del vento.
Chiamatemi da valli e rilievi
lungo le rive del fiume collinare!

è gonfio delle prime nevi;
le rocce sono gelide e bianche
è cupa l'onda lunga dell'erica
sono prive di sole le felci.

Non più astri dorati sul monte
da tempo sono morti i giacinti
lontani dal muschio della fontana,
lontani dalle colline invernali.

[...]

Ma ci alzammo lietamente quando il cielo ombroso
si tinse di ambra e di azzurro
e ci muovemmo leggeri le ali ai piedi
percorrendo i grandi prati di rugiada.

Venite, alla brughiera dove l'erba 
sarà velluto sotto i nostri passi!
Venite, alla brughiera dove ogni altura
si riveste di sole contro il cielo chiaro!

[...]

Quale lingua può esprimere il sentimento
che provai, nell'esilio lontano
quando sul ciglio solitario di una collina
in ginocchio, vidi l'erica fiorire?

[...]


***

[...] Vi è una magia nella purpurea erica
magia troppo cupa e selvaggia
la violetta ha un profumo fragrante
non vi è gioia per me nel profumo

[...]

Il ghiaccio ha steso sul ruscello
la sua ombra fredda e cupa
e le colline e le valli lontane
si rivestono di gelida nebbia

[...]

Per questi [fiori d'azzurro e d'argento] piango, lontana
nei tetri giorni d'inverno
piango guidata dalla nostalgia
errando sui prati inariditi

Se allora una gelida luce
cade dal cielo dolente
e offre all'umida oscura pietra
un aureo fugace splendore

quanto grande in me il desiderio
che torni il tempo dei fiori
e abbandono la luce morente
per piangere i campi a me noti

***

Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte;
se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.

[...]

Il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall'inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d'autunno

[...]

***

[...]

Non piangerò, poiché la gloria d'estate
non può non morire nell'oscurità;
e segui pure la storia più lieta
si chiude sempre con una tomba!

E sono stanca dell'angoscia
che un inverno e un altro mi reca;
stanca dello spirito che languisce
lungo anni di morta disperazione.

Se una lacrima, il giorno della tua morte,
dovesse bagnarmi il viso,
è soltanto l'anima che sospira
e anela a riposare con te.

***

Nella mite mezzanotte estiva
splendeva senza nubi la luna
dalla finestra aperta della stanza
sui roseti umidi di rugiada

[...]

***

Vedo attorno a me grigi sepolcri
lunghe ombre che giungono lontano.
Sotto le zolle che i miei piedi calpestano
giacciono in solitudine e silenzio i morti -
sotto l'erba - sotto il tumulo -
nel freddo, sempre, e nell'oscurità -
i miei occhi versano lacrime

[...]

160. "M.G. All'U(nica) S(ocietà)"

Ieri alla prima alba nel cielo
guardavo la neve cadere;
mai si era vista in un giorno d'inverno
immagine più tetra di quella.

Non vedevo le montagne intorno
ma sapevo dal ruggito del vento 
che la neve, nelle valli profonde
si faceva sempre più densa

Pensai allora ai giardini di Ula
lontano oltre il mare del sud
ai fiori nelle praterie tropicali
ai fiumi che scorrono liberi

Pensai a molti giorni felici
trascorsi nell'isola edenica
con i giovani compagni ridenti
ora dispersi lontani da me
ma da me non dimenticati!

Chi ha respirato quell'aria celeste
mai verrebbe ai climi del nord
alle nebbie e alle tetre brughiere di Gondal
alla neve al silenzio del gelo.

A primavera ecco rondini e allodole
ma l'inverno che cosa porterà?
meriggi crepuscolari e tenebre serali
per rispondere ai doni primaverili?

Guardate con me il mare imbronciato
se l'occhio della mente può vedere
navi coraggiose riprendono il cammino
a cui nessun calmo porto del sud poteva vietare
i mari e le tempeste di Gondal

Battono i cuori dei viaggiatori
sentendo il gelido morso del vento!
Quale fiore nei dolci giardini di Ula
vale un solo fiocco di neve?

Il vento che quasi strappa le vele
è accolto come un amico;
li riconduce a casa, la tempesta ruggente
a casa alla fine del viaggio;

alle nostre anime agli estenuanti sospiri
che piangono la loro triste assenza
splenderebbero anche i cieli d'inverno
se loro fossero qui con noi!


161. A Castel Wood

Il giorno è finito - il sole d'inverno
tramonta nel cielo imbronciato
tetro il viaggio che è stato compiuto
opachi i cuori che muoiono lenti

Non vi saranno stelle nella mia notte
non un mattino di speranza per me
non piango se il cielo acceca il mio sguardo
non ho mai cercato (sentieri) divini

[...]

Oscuro scende il timore della disperazione 
sugli spiriti nati per la felicità


162. Il mio consolatore

Hai parlato bene, pure, non hai insegnato
un sentimento strano o nuovo;
hai ridestato un pensiero latente,
un raggio di sole velato di nubi, 
che ora risplende allo scoperto.

Nascosta nel profondo della mia anima,
quella luce è invisibile agli altri;
ma splende costante - tra le ombre che incombono,
che il suo dolce raggio non può fermare,
che coprono la vallata buia.

[...]

Ero là, nel sole glorioso del Cielo,
e nel cupo bagliore d'Inferno;
il mio spirito beveva canti dissonnanti,
inni di serafini, gemiti di demoni;

[...]

Come una brezza dolce, che spira sul mare
che la furia della tempesta sconvolge
come un vento tiepido, che scioglie la neve
che ricopre un pascolo invernale;
no: quale dolce cosa è simile a te,
mio sollecito consolatore?


163. A.G.A. a A.S.

Questo vento d'estate, accompagnandoci
vaga nell'alba del giorno;
ma tu devi andare dove andrà il vento,
lontano - prima di sera.

[...]

Lacrime e pentimento non possono
cancellare azioni sleali;
ma per nessuna pena io ricordo
la tetra parola - Addio -


164. Una visione

Ero solo su una collina assolata
in un pomeriggio d'estate;
era il tempo delle nozze di maggio
con giugno, suo giovane amante.

[...]

Non vi era chi non rifuggisse
dal mio aspetto vuoto di gioia;
le grigie rocce mi guardavano, e chiedevano
"ma tu, tu qui che fai?"

[...]

Sostai su un alto prato d'erica
strinse a me il mio cuore;

e il mio cuore e io insieme piombammo
in una triste fantasia.

Pensammo: "Al ritorno d'inverno,
dove saranno questi oggetti di luce?
Svaniti, come vana visione,
perduti come illusione beffarda!"

Gli uccelli che cantano a piena gola,
in luoghi deserti e ghiacciati,
poveri spettri della morta primavera,
voleranno, eserciti affamati.

Perché dovremmo allietarci?
Appena la foglia si fa verdem
già sulla sua superficie
appare il pegno della morte!

Ora, se davvero questo accadde
non lo saprò mai con certezza;
ma so che in un empito di stizzoso dolore,
mi distesi sull'erica del prato.

[...]

Lascia che il dolore laceri il cuore a chi soffre,
che la notte ne oscuri la via;
lo spingono verso il riposo senza fine,
lo spingono verso un giorno immortale.

Per te il mondo è come una tomba,
la nuda riva di un deserto;
per noi, in indicibile spendore,
non fa che brillare più intenso!

Potessimo alzare il velo, e lasciare
che tu guardassi un istante appena,
ti allieteresti per quelli che vivono,
perché vivono per morire.

La musica tacque; il sogno meridiano,
come sogno notturno, fuggì.;
pure a volte la mia fantasia
dichiara vero il suo sogno.


165. E.W a A.G.A

[...] Pure, sapeva quali pericoli,
quali fitte, fosche nebbie,
quali rocce e baie e dune
lo separavano dal porto.

[...]

Guardando con ansia dalla riva,
vidi gonfiarsi l'onda crestata
e piansi piansi per la tua sorte
piansi poiché non potevo salvare


166. La morte di A.G.A

[...] Ma sia maledetta la terra
che diede i natali a quel demone!
Con la sua stessa mano piegò l'arco
che trafisse i miei affetti più cari
rise della mia pena sprezzò le preghiere
annegò nel pianto il fiore della mia vita
vani erano ammonimenti, rimproveri;
del dolore di un'altra non si curava.
[...] catene eterne o una tomba senza tempo,
qualsiasi pena, ma non l'esilio -
entrambi respinti - costretti entrambi
a cercare rifugio sotto un cielo straniero;
e si distende su quel tetro tempo
la nube nera di un delitto sognato -
no, ora non ricorderò quei giorni;
il giuramento nella sala tenebrosa
e come fu compiuto, tu lo sai:
entrambi vibrammo insieme il colpo:
ma non potrai conoscere la pena
che provò allora il mio cuore perduto
quando, divisi dal sangue innocente,
seppi che qualcuno non poteva più amare!
Nero pensiero di follia! è profonda la tomba
dove ora giace il mio Amadeus,
ma da molto tempo ho dimenticato di piangere.

[...]

La bella Surry voleva aprire gli occhi
per vedere lo scintillio dell'acqua;
per vedere nel cielo sui monti
declinare il sole d'estate:
ma sulla guancia che andava impallidendo
si chiudeva la palpebra languente
la luce improvvisa avrebbe infranto
il riposo tanto desiderato
E si spegneva e correva alla morte
anche il ricordo si faceva opaco:
il giorno memorabile della vita passata
era scivolato in un sogno.

[...]

Nel profondo mare, con un sorriso più triste
le cupe onde spumeggiarono;
il corpo si appensantì tra le sue braccia,
il cielo stellato si offuscò,
la notte d'estate mite e calda
divenne un gelido inverno per lui.
Un'ombra torbida, sui suoi occhi
si appesantì e vi rimase;
oscillavano la brughiera e il cielo
confusi e tetri e misteriosi

[...]

Era uno svenimento, o il suo spirito
in verità era fuggito?
E il freddo cadavere, sotto la luna
giaceva come polvere e pietra tre le pietre?
La luna era piena quella notte
il cielo splendeva come il giorno:
avresti potuto veder battere la vena 
su quella candida fronte;

[...]

Lui guardò a lungo e trattenne il respiro,
in ginocchio sull'erica insanguinata;
a lungo guardò fisso in quegli occhi
e vide in viso la morte!
Non una parola da chi lo seguiva,
rimanevano immobili, pallidi e muti;
il nero tradimento narrava
una storia che lacerava il cuore
Ma la terra era bagnata di altro sangue:
gocce scarlatte macchiavano la landa
e Lord Eldred si guardò attorno
e vide quei segni sul terreno.

[...]

Nei suoi occhi ormai inconsapevoli
pesava sul cuore e diceva
che la morte per lei era stata aspra
ma colui che guardava tracciava col pensiero
il tempo trascorso della vita di lei;
come spettri improvvisi, si affollavano al ricordo
più di un viso e più di un nome
e più di un cuore che nella tomba
forse sarebbe tornato a battere
se avesse conosciuto quel tetro destino
se avesse veduto il suo idolo di un tempo
triste rovina di desolata disperazione

[...]


167. Canzone

Il fanello nelle valli rocciose,
l'allodola alta nell'aria,
l'ape tra i fiori dell'erica
che nascondono la mia bella dama

[...]

Quando la nera parete della tomba
racchiuse la sua forma amata;
credettero che mai i loro cuori
avrebbero ritrovato luce e gioia.

[...]

Soffia, vento dell'ovest, sulla tomba solitaria
mormorate, ruscelli estivi
nessun altro suono è necessario
per cullare i sogni della mia dama.


169. D.G.C. a J.A.

Vieni, forse il vento non soffierà più
come ora soffia per noi
forse le stelle non brilleranno più, mai più come brillano ora
prima che ottobre ritorni
fiumi di sangue ci avranno separato
e tu devi uccidere l'amore nel tuo cuore
e io, l'amore nel mio!

[...]


171. I.M a I.G (Fiducia e desolazione)

[...] Sogno di brughiere e colline nebbiose,
in cui la sera giunge cupa e fredda;
là solitari nel freddo dei monti,
giacciono quelli che da tempo ho amato.
[....]


172. Dal muro di una segreta nel Collegio Meridionale

[...] Così parlò il mio giudice, poi prese la lampada
lasciandomi nell'umida cella,
luogo di tenebre dove l'aria stagnante
suggerisce e nutre la disperazione!


173. M.Douglas a E.R. Gleneden (Martire dell'onore)

[...] Con quanta lentezza quella stella penetrante
ha percorso il gelido grigio!
Come, già torni a vegliare! pure è lontano
è lontano il mattino!
[....] Cupo, il vento dell'este geme e sospira,
e copre la campana della torre,
le sue tristi note muoiono ignorate
inascoltate, come il mio addio!


174. Dal muro di una segreta nel Collegio Settentrionale (scena di morte)

[...] Impallidì infine il sole morente;
si acquetò al tramonto la brezza:
la rugiada estiva cadde nel silenzio
bagnando valli, alberi e boschi.
[...] Seppi così che stava morendo
gli sollevai la testa languente;
non sentii respiro né gemiti
seppi così che era morto.


176. R.Alcona a J.Brenzaida (Rimembranza)

Fredda nella terra - pesa su di te la neve profonda,
lontano, lontano, isolato, freddo nella tetra tomba!
Ho dimenticato, mio unico amore, di amarti,
divisa infine dall'onda del tempo che tutto divide?
Non vagano più, in solitudine, i miei pensieri
oltre le montagne, là, sulle sponde del nord,
riposando le ali dove erica e felci, per sempre,
per sempre nascondono il tuo nobile cuore?
[...]


179.

[...] Sul suo volto il sole risplende
tra i suoi capelli soffia il vento del sud
e la violetta e la rosa selvatica
profumano l'aria dolcemente 
[...] 


180. A.E. e R.C.

Pesa la goccia di pioggia
dal ramo carico d'acqua;
pesa l'umida nebbia
sulle terre lontane del nord;
pesa sulla terra cupo il cielo
pesa il lungo rullio del mare
[...]


182. M.A. Scritto sul muro delle segrete - Collegio Settentrionale

So che il vento sospira questa notte,
il dolce vento d'agosto, su foreste e brughiere
mentre io giaccio in una freddo di tomba
sulla nera umida pietra della ciella.

So che la luna piena risplende;
non sorgerà né calerà per me,
pure quanto vorrei, con un vano rimpianto
poter scorgere un raggio del suo viso di luce!
[...] Io veglio in solitudine nel buio della cella
profonda, in sepoltura, lontano da ogni luce!
[...]


"Julian M. e A.G. Rochelle"

[...] Il mio viso era in fiamme, ma lo sentivo parlare
di aria che gelava il sangue di umidità sepolcrale
"Siamo qui da almeno due ore!" disse rabbiosamente,
poi staccò dalla cintola la chiave arrugginita


184. La prigioniera (frammento)

Nelle segrete del castello vagavo senza uno scopo,
non pensavo a chi là moriva, non pensavo all'ora né al dopo
[...] Viene col vento dell'ovest, con le brezze erranti della sera
nell'ora in cui il cielo si illumina e dilata di stelle la sfera.
Quando il respiro del vento si fa dolce, pensoso e serio,
sorgono e mutano visioni che mi ammalano di desiderio.



Musica consigliata: Cradle of Filth "Dusk and Her Embrace"

Le poesie più belle delle sorelle Brontë (2): Charlotte



"Il sogno della moglie di Pilato"

[...] Andarsene ho visto la luce
al mio risveglio, proprio su quel muro.
Contro il mio letto, splendeva un alone
fatuo, debole, anch'esso come in sogno.

Ora è calato, e mi lascia nel buio.
Quanto è avanti la notte, e quando il giorno
l'aria livida e cupa schiarirà
riempiendo questo giorno di raggi caldi e vivi?
Vorrei poter dormire finché, limpido e rosso,
s'affaccerà il mattino sulle cime dei monti!

[...]


"Ricordi"

[...] Regna sovrano in questa casa il muschio;
pallidezza, umidore, opaca inerzia:
le stanze senza luce né calore
da quanti anni non hanno fuoco o lampada?

[...]

E tutto intorno l'edera tenace
s'abbraccia a grigie mura, archi e comignoli;
e minuscola, a stento, si fa strada
fra il muschio verde quella rossa rosa.

[...]

Anch'essa amava il bosco sul tramonto:
come sua madre, spesso alla collina
s'affrettava per osservare il sole
che declinava, o le dorate stelle
che s'aprivano in cielo ad una ad una
fitte occhieggiando nell'aria più bruna.
E sarebbe rimasta fino a quando
la notte palpitasse d'altra luce;
ed anche allora, a casa ritornando,
indugiava vagando ad esplorare
la foresta adombrata di mistero
che costellava il bianco suo sentiero.

[...]

Dorati campi, dorsi di collina,
angoli quieti di boschetti ombrosi
di una gioia selvaggia la stordivano.
Ma i sentimenti naturali ardevano
in quell'essere giovane e dotato:
nascosti al giorno come un inviolato
scrigno in silente fiamma palpitavano;
nelle sue prime ricerche di luce
viveva per riflettere e imparare,
ma presto la virtù della sua mente
per mete più elevate si struggeva;
ed elevate mete il fato impose
a lei, che solo toccano a giganti:
soffrire a lungo e non versare pianti,
placar l'angoscia e irridere alla pena.

Quella segreta guerra con coraggio
sostenne muta, in fiero eremitaggio;
le ferite svelate a quando a quando
da qualche ombra nel viso o nello sguardo

In silenzio subiva - ma ben presto
si scatenò in tempesta la passione;
finché al colmo della desolazione
la sua casa decise di lasciare.

[..]

Conosci il punto in cui tre piante nere
sollevano i funesti rami in aria
e un lamento incessante come il mare
ad ogni brezza sembra raccontare questa storia di sangue straordinaria.

Lo dissero demente, e le sue ossa
giacciono accanto a ceneri più sacre;
ma il suo spirito si tormenterà
giù nell'inferno per l'eternità.

[...]


"Volontà di sposa"

Taci - un respiro, una parola infrangere,
come brezza leggera su un lago addormentato,
potrebbero la calma adamantina
che placa il male, e il mio dolce riposo.
Oh non lasciarmi! Sii per sempre tu
ciò che conta per me più della vita!

[...]


"Frances"

Non dorme per paura di sognare,
ma levatasi lascia il letto insonne
e cammina fin dove oscuri raggi
di Luna nella sala si riversano.

[...]

Torcendosi le mani ad intervalli
- tacita come un pallido fantasma -
s'aggira lungo le pareti oscure
sotto le nere travi come un ladro.

L'aria stagnante dell'antica torre
soffoca il cuore che a fatica batte,
ma nonostante l'ora tarda e sola
il piede vacillante avanza ancora.

Sull'impiantito che costeggia l'ampia
facciata della livida dimora,
il suo passo s'imprime sulla brina
che occhieggia scialba fra il granito e l'erba.

Non indugiò dove la vaga Luna
e chiare stelle ardevano allo sguardo,
ma varcato il cancello del giardino
scese per il sentiero ombroso ed irto.

Neri rami frusciavano d'abeti,
vecchi quanto la torre sul suo capo,
invisibili, oscuro pergolato,
la veste carezzavano e stormivano.

[...]

A quella solitudine e alla notte
poche parole disse mormorando
e tra le bianche dita sospirando
poche misere lacrime versava.


"Aurora"

Guarda l'argenteo raggio della luce
che sul grigio del cielo si distende
irrompendo nel regno della notte
col nuovo giorno che in vita conduce.

[...]


"Frammento"

Rimareggia l'oceano fragoroso
nelle ali tenebrose della notte:
movimento perenne, impetuoso,
cupo, incessante in sempre nuove rotte

d'onde e flutti in un urlo disperato
sotto un cielo di nubi ottenebrato;
vola la spuma in alto, e giù discende
senza freno la ripida corrente;

[...]


"Salotto"

è calda l'atmosfera della sala,
dolce e tenue la luce della lampada,
vivide, rosse, splendenti le braci
messaggere del gelo della notte.

[...]

Un'angoscia sottile, indefinita
i suoi futili sforzi rende vani:
lo attraversa il fervore di una vita
che non conosce, ignota sensazione.
Vede, ma la parola non può esprimere
l'ordito della sua immaginazione.
è la parola un'eco evanescente
dei pensieri che genera la mente.

Stridori occulti e opaco tenebrore
cancellano la luce con la quiete:
nessuna forma fra quelle ombre tetre,
nessuna voce in quel selvaggio ardore

[...]

gelido spira un vento alto e sovrano
solo su di lui, fredda morte imminente.
E quel cupo ondeggiare vacillante
lo sguardo inganna col suo moto informe:
tale smacco provò Giona inghiottito
negli abissi del mare illividito?

[...]

Più lenta ora s'avanza, la sua corsa
si smorza in un solenne scivolare:
il rombo sordo, l'ansito del vento
si placa in un silenzio sonnolento.
Dal caos informe balza una figura
e si staglia implacabile allo sguardo
di lui soltanto: una larva, o chimera
sospesa nell'orribile bufera.

è una donna, annegata nella scia
d'un'onda lunga: giace reclinata,
e l'acqua che la cinge delicata
come vetro la chiude in una teca.

[...]

Da quell'aria stregata nulla vale
a dissolvere l'incubo spettrale.
L'onda immobile, gravida, sospesa
rotolava, pulsava, senza posa.

[...]

Davanti a lui la salma che giaceva
pallida, tesa in aria dai marosi;
l'onda lo corteggiava da vicino,
e l'acqua già lambiva il suo cuscino.
L'angoscia vuota, immobile del volto
anche un nemico a piangere induceva,
l'atonia della Morte non poteva
cancellare la traccia del dolore.

[...]


"Conforto della Sera"

[...] Ma giungono momenti di solitario incanto
nei silenzi improvvisi di una qualunque sera
che il cuore acquista un nuovo, più trepido sentire,
leggero come uccello nel ripiegar le ali.
è allora che nell'anima ci sembra di languire
d'una tenera pena che non è più dolore
e i pensieri che in grumi d'angoscia si torcevano
ora in lacrime blande pacati si disciolgono.

E i sentimenti, torbidi come passioni un tempo,
come in un sogno antico impalliditi ondeggiano,
i mali che ci afflissero di violente emozioni
ci sembran sofferenze di storie altrui remote.
Oh quando il cuore sanguina, da poco lancinato,
come gli gioverebbe quell'ora anticipare
in cui vedrà sfumare nei vecchi anni brumosi
la scia del suo dolore come fantasma alato!

Potrà accadere al tremulo bagliore della luna
nell'ombra solitaria di una qualunque sera,
mentre il cielo incupito più pallido scolora.

[...]


(non ho il titolo di questa poesia)

[...] E i sentimenti torbidi come passione un tempo,
come in un sogno antico impalliditi ondeggiano,
i mali che ci afflissero di violente emozioni
ci sembran sofferenze di storie altrui remote.
Oh, quando il cuore sanguina, da poco lancinato,
come gli gioverebbe quell'ora anticipare
in cui vedrà sfumare nei vecchi anni brumosi
la scia del suo dolore come fantasma alato!

Potrà accadere al tremulo bagliore della luna
nell'ombra solitaria di una qualunque sera,
mentre il cielo incupito più pallido scolora.
Non è un disagio strano, che non si può ridire:
è l'intima tensione che può donarti solo
l'oscura stanza e l'ora deserta che t'invita
a pensieri sublimi - così ti levi in volo
cercando un altro mondo, cercando un'altra vita.


"Stanze"

[...] Fermati sul sentiero, nel ritornare a casa;
nell'ora del crepuscolo, così calma e sospesa:
fermati accanto all'olmo, e i rami suoi silenti
su te faran calare una sacra oscurità;
solleva allora gli occhi a quella luce d'oro
nel cielo che più nuvole non ha;
osserva dell'uccello l'ultimissimo volo
quando vicino ti scivolerà.

[...]

Se amassi come me, quanta magia
ti darebbe il crepuscolo raccolto
in questa trasognata nostalgia
e il sogno del Passato dissepolto!


(Senza titolo)

Il silenzio regnava imperturbato
la notte che sentii quei dolci canti
come da un'arpa in armoniosi accenti
diffondersi dal cielo alto e stellato.

Quando l'eco argentina fu svanita,
il tuo spirito se ne volò via
e mi lasciò più sola e più smarrita
su questa buia terra in prigionia.

[...]


"Inverno"

L'autunno se n'è andato col suo treno
di frutti maturi, di dorato grano:
ora la brina candida s'è sparsa per i prati:
brandisce già lo scettro il grigio inverno!

Le nubi basse sfigurano il cielo
velando in alto i mondi prodigiosi,
le raffiche foriere di tempeste
stormiscono in sussurri lamentosi

e il viaggiatore solitario vede
da lungi progredire l'urano;
sorpreso dalla notte sull'arida brughiera
ode un lugubre mormorio lontano;

con le foglie fragranti aperte al sole,
purpuree, rosso cremisi e dorate
ghirlande a prati e lande desolate
ricca e dolce, armoniosa tessitura!


"Ebbrezza"

[...] Dove i bei boschi dormono bagnati
dalla pallida luce della luna,
dove fra i rami scorrono incantati
suoni segreti nella notte bruna.

[...]

Sali su un arduo picco di montagna
e osserva attento che cos'hai di fronte:
valli, colli, distese di campagna
in un abbraccio cinge l'orizzonte.


"La Visione"

Passata era la dolce, la fresca Primavera,
né più si respirava l'aria di giugno trepida;
ogni colle e pianura l'estate aveva ornato;
la luna di settembre sull'ondeggiante grano
brullava - o bruna grazia dell'Autunno dorato!

Nell'ora deliziosa che sinuoso avanza
sulla terra il crepuscolo, io da sola vagavo
a un luogo quieto immerso in un profondo sonno -
dove nessuna traccia di fastidio o frastuono
turbava il silenzioso volto della Natura.

Una valle selvaggia; e vicino alte rocce,
cupe ombre sospese sopra un letto di pietra
nei fianchi cavernosi un'eco mi ingannava
quando con cupo tonfo un sasso rotolava
in orrido clamore dalla montuosa cima.

Ma ora silenziosa era la valle: calma
come di mezzanotte intorno a me, seduta
sotto un arco di foglie fragranti di rugiada
stillata dalla brezza gentile della sera
a rinfrescare l'aria di umidità leggera.

Fra le piante assiepate in quell'immensa aiola,
io vidi il cielo e molte stelle brillare accese,
tra cui saliva, lenta gemma gloriosa e sola,
la luna che spargeva la sua luce tremante
come quando all'unisono cantavano le sfere.

La luce ad intervalli fra gli alberi filtrava,
di così mite gloria, la valle inargentava,
tra i rami non spirava un alito di vento né la minima raffica sibilava un lamento -
passeggiava il silenzio solenne al chiar di luna.

Nere e spettrali le rocce lo sguardo mi offuscarono,
i loro cupi anfratti il cuore mi angustiarono
contro i lontani cieli stagliandosi possenti;
l'arcato padiglione su quelle vette ombrose
rabbrivida inciso da stelle luminose.

[...]


"Memoria"

Giacciono i morti nelle fredde bare
addormentati, e non si sveglieranno;
di sorrisi e sospiri nulla appare
e le loro memorie resteranno?

Il sole a primavera ha illuminato
i fiori che accarezzano le tombe,
l'estate quei sepolcri ha riscaldato,
l'autunno li ha di foglie arabescati;

l'inverno con i suoi venti li ha sferzati
selvaggiamente con funebri cori
e un sudario di neve li ha abbracciati -
pure, dormono in fondo ai nostri cuori!

Svanisce l'ombra e il sole scintillante,
nuvole e luci scivolano via,
ma dal suo cuore vivo, palpitante
non scaccia l'uomo l'aspra nostalgia.

[...]


"Versi scritti vicino ad una fontana"

[...] La fronte ardente sull'erba riposa,
la rinfrescano gocce dal pozzo mormorante
che strane fantasie nella mia mente
si susseguono fitte senza posa.

Si libra la mia anima dal freddo letto erboso
dolcemente i cancelli del cielo si dischiudono
intorno a me dei morti lo stuolo silenzioso:
i grandi del passato mi circondano!

Ma le ombre luminose ecco di già svaniscono,
l'aria del fitto bosco si fa più densa e bruna,
la fonte canta al raggio della pallida luna
di nuovo, ed alle brezze che stormiscono.

[...]

Fonte deserta, notte silenziosa,
nell'intatto silenzio la morte assaporare
e dalla fitta tenebra al cielo riaffiorare:
azzurra melodia, luce radiosa!


"I miei sogni"

[...] Cambiano gli scenari tuttavia
e un vortice mi spinge ad una landa
popolata di spettri: amara gioia
per ciascuno levar la grigia mano
a disvelare il lugubre sembiante,
troppo orrendo per uno sguardo umano.

Io cerco disperata altri sentieri,
più dolci scene - ma s'offusca l'aria;
s'aprirà questa landa solitaria
alla vista d'una fiorita valle
di rose ed olmi, e la caduta lenta
di foglie morte all'ombra sonnolenta.

[...]

soffocati da singhiozzi e da tremuli sospiri.

Il mare li imprigiona, o una scogliera
dormono al bordo d'un marmoreo fonte
[...] benché la prima stella
abbia acceso il suo pallido lumino
nel sepolcro celeste [...]

Li ha abbandonati il sole, disperato
nell'algida, serena immensità:
come i picchi d'Islanda silenziosi,
spiaggia e bosco deserti, in ansietà
per rapire un sorriso della luna
all'infinito abisso oscuro e ingrato.

Sembra ingrato anche lui, non lo commuove
l'alito della brezza all'imbrunire
che diffonde il suo balsamo nei baci
profumati di fiori e di rugiada
fresco come lo spruzzo della fonte
sul liscio lastricato scintillante.

Che cos'è il Nord! Brughiera solitaria
silente e oscura, che piatta si stende,
l'onda di un ruscelletto che discende
fra vallette di felci ricoperte...

Nel crepuscolo stagna inerte l'aria,
senza cita il paesaggio che non varia...
Chi sarà quello scettro evanescente?
è un cervo, chino a bere alla corrente.

Di lontano un profilo di montagna,
fredde raffiche e un bianco che ristagna
ed una stella chiara, grande, sola,
che il cielo senza nuvole illumina e consola.


Senza titolo

Ha compiuto il suo corso il breve giorno
d'autunno, e cala l'ombra scura;
è già sorta la luna, e l'autunnale
quieto chiarore effonde sulle mura.

Ed alla mia dimora solitaria
l'ospite silenziosa è già venuta:
maschera tenebrosa in forme d'aria
passa di stanza in stanza, grave e muta.

L'anima della sera: la sua essenza
dalla scala alla vuota stanza vedo
scivolare, ne sento la presenza
accanto al mio deserto focolare.

"Siedi con me, monaca silenziosa:
confidati con me, siedi e riposa"


***

Testi originali:

"Pilate's wife's dream"

[...] I saw depart its light, even as I woke, on yonder wall;
over against my bed, there shone a gleam
strange, faint, and mingling also with my dream.

It sunk, and I am wrapt in utter gloom;
how far is night advanced, and when will day
re-tinge the dusk and livid air with bloom
and fill this void with warm, creative ray?
Would I could sleep again till, clear and red,
Morning shall on the mountain-tops be spread!


"Mementos"

[...] All in this house is mossing over;
all is unused, and dim, and damp;
nor light, nor warmth, the rooms discover
bereft for years of fire and lamp.

[...]

And outside all is ivy, clinging
to chimney, lattice, gable grey;
scarcely one little red rose springing
through the green moss can force its way.

[...]

And she too loved the twilight wood,
and often, in her mother's mood,
away to yonder hill would hie,
like her, to watch the setting sun,
or see the stars born, one by one,
out of the darkening sky.
Nor would she leave that hill till night
trembled from pole to pole with light;
even then, upon her homeward way,
long, long her wandering steps delayed
to quit the sombre forest shade,
through which her eerie pathway lay.

[...]

On free hill-side, in sunny field,
in quiet spots by woods concealed,
grew wild and fresh her chosen joys
Yet Nature's feelings deeply lay
in that endowed and youthful frame;
shrined in her heart and hid from day.
They burned unseen with silent flame.
In youth's first search for mental light,
she lived but to reflect and learn,
but soon her mind's maturer might
for stronger task did pant and yearn;
and stronger task did fate assign,
task that a giant's strenght might strain;
to suffer long and ne'er repine,
be calm in frenzy, smile at pain.

Pale with the secret war of feeling,
sustained with courage, mute yet high,
the wounds at which she bled revealing
only by altered cheek and eye;

She bore in silence - but when passion
surged in her soul with ceaseless foam,
the storm at last brought desolation,
and drove her exiled from her home.

[...]

You know the spot, where three black trees,
lift up thei branches fell,
and moaning, ceaseless as the seas,
still seem, in every passing breeze,
the deed of blood to tell.

They named him mad, and laid his bones
where holier ashes lie;
yet doubt not that his spirit groans
in hell's eternity.

[...]


"The wife's Will"

Sit still - a word - a breath may break
(as light airs stir a sleeping lake)
the glassy calm that soothes my woes
the sweet, the deep, the full repose.
Oh, leave me not! for ever be
thus, more than life itself to me!

[...]


"Frances"

She will not sleep, for fear of dreams,
but, rising, quits her restless bed,
and walks where some beclouded beams
of moonlight through the hall are shed.

[...]

Wringing her hands, at intervals
- but long as mute as phantom dim -
she glides along the dusky walls,
under the black oak rafters grim.

The close air of the grated tower
stifles a heart that scarce can beat,
and, though so late and lone the hour,
forth-pass her wandering, faltering feet;

and on the pavement spread before
the long front of the mansion grey,
her steps imprint the night-frost hoar,
which pale on grass and granite lay.

Not long she stayed where misty moon
and shimmering stars could on her look,
but through the garden archway soon
her strange and gloomy path she took.

Some firs, coëval with the tower,
their straight black boughs stretched o'er her head; unseen, beneath this sable bower,
rustled her dress and rapid tread.

[...]

To solitude and to the night
some words she now, in murmurs, said;
and trickling through her fingers white,
some tears of misery she shed.


"Sunrise"

Behold that silvery streak of light
circling the heavens gray,
encroaching on the reign night
and heralding the day.

[...]


"Fragment"

Now rolls the sounding ocean
'Neath night's tenebrous wing:
how wild is that eternal motion,
tha sullen, slow, unceasing swing

Of waves and billows loudly roaring
under cload-becurtained skies;
up the scattered foam-ball flies,
while down the dashing torrents pouring

[...]


"The Parlour"

Warm is the parlour atmosphere,
serene the lamp's soft light;
the vivid embers, red and clear,
proclaim a frosty night.

[...]

A tumult vague - a viewless strife
his futile struggles crush;
twixt him and his, an unknown life
and unknown feelings rush.
He sees - but scarce can language paint
the tissue Fancy weaves;
for words oft give but echo faint
of thoughts the mind conceives.

Noise, tumult strange, and darkness dim
efface both light and quiet;
no shape is in those shadows grim,
no voice in that wild riot.

[...]

The high, impetuous, ceaseless breeze
blows on him, cold as death.
And still the undulating gloom
mocks sight with formless motion:
was such sensation Jonah's doom,
gulfed in the dephts of ocean?

[...]

More slow it rolls; its furious race
sinks to a solemn gliding;
the stunning roar, the wind's wild chase,
to stillness are subsiding;
and, slowly borne along, a form
the shapeless chaos varies;
poised in the eddy of the storm,
before the eye it tarries;

A woman drowned - sunk in the deep,
on a long wave reclining;
the circling waters's crystal sweep,
like glass, her shape enshrining.

[...]

No effort from the haunted air
the ghastly scene could banish;
that hovering wave, arrested there,
rolled - throbbed - but did not vanish.

[...]

And straight before, the pale corpse lay,
upborne by air or billow,
so near, he could have touched the spray
that churned around its pillow.
The hollow anguish of the face
had moved a fiend to sorrow;
not death's fixed calm could rase the trace
of suffering's deep-worn furrow.

[...]


"Evening Solace"

[...] But there are hours of lonely musing,
such as in evening silence come,
when, soft as birds their pinions closing,
the heart's best feelings gather home.
Then in our souls there seems to languish
a tender grief that is not woe;
and thoughts that once wrung groans of anguish,
now cause but some mild tears to flow.

And feelings, once as strong as passions,
float softly back - a faded dream;
our own sharp griefs and wild sensations,
the tale of others' suffering seem.
Oh! When the heart is freshly bleeding,
how longs it for that time to be,
when, through the mist of years receding,
its woes but live in reverie!

And it can dwell on moonlight glimmer,
on evening shade and loneliness;
and, while the sky grows dim and dimmer

[...]


"Stanzas"

[...] Pause, in the lane, returning home;
'tis dusk, it will be still:
pause near the elm, a sacred gloom
its breezeless boughs will fill.
Look at that soft and golden light,
high in the unclouded sky;
watch the last bird's belated flight,
as it flits silent by.

[...]

If thy love were like mine, how blest
that twilight hour would seem,
when, back from the regretted Past,
returned our early dream!


"..."

One night, when silence reigned around,
I heard sweet music rise,
whose harp-like and harmonious sound
came from the star-decked skies.

And when had died eache silver tone,
thy spirit passed away,
and left me a sad mourner lone,
on this dark earth to stay.

[...]


"Winter"

Autumn has vanished with his train
of ripened fruits and golden grain,
now the white hoar-frost spreads the fields:
grim winter now the sceptre wields!

Lowering clouds deface the sky,
veil the solemn worlds on high;
many a storm-portending blast
sweeps with mournful cadence past;

and the lonely traveller
now sees the tempest from afar;
benighted on some desert moor,
he hears the distant, sullen roar
[...] crimson, and bright gold,
a wreath from meadow, waste, and wold
their rich, united sweets harmoniously weaves!


"Pleasure"

[...] Go where the woods in beauty sleep
bathed in pale Luna's light,
or where among their branches sweep
the hollow winds of night.

[...]

Go, sit upon a mountain steep,
and view the prospect round;
and hills and vales, the valleys sweep,
the gar horizon's bound.


"The Vision"

The gentle showery Spring had passed away,
and no more breathed the fragrant air of June;
summer had clad in glorious array
each hill and plain; and now the harvest-moon
shone on the waving corn, brown Autumn's golden boon!

In that glad time, as twilight softly crept
over the earth, I wandered to a place
where stillness reigned as if the whole world slept
for there of noise remained no wearying trace:
but deepest silence sat on Nature's face.

It was a wild glen; near it frowned huge rocks
which hung their dark beams o'er its stony bed;
and, in their caverned sides, faint echo mocks
when rolls some fragment down, with rumbling dread
and horrid noise, launched from the mountain's head.

The valley now was still; a midnight calm
fell on it as I sat beneath a tree
whose leaflets glistened with the dew's mild balm
wept by the evening gale so freshly free,
and filling all the air with soft humidity.

'Mong the huge trees which canopied that glen
I saw the sky with many a bright star hung,
and through the midst alone sailed (glorious gem)
the moon, who still her trembling lustre flung
unchanged, as when the spheres together tuneful rung.

At intervals her light feel through the trees
and with mild glory silvered all the vale,
while through those branches whispered not a breeze:
no hollow blast did sad and mournful wail,
but solemn silence walked beneath the moonbeams pale.

Yet black the gaunt rocks rose before my eyes,
and their black caverns filled my heart with dread;
they stood in grand relief from out the skies
whose clear vaults archèd o'er each shaggy head,
and from whose quivering stars a radiant light was shed.

[...]


"Memory"

When the dead in their cold graves are lying
asleep, to wake never again;
when past are their smiles and their sighing,
Oh! why should their memories remain?

Though sunshine and spring may have lightened
the wild flowers that blow on their graves;
though summer their tombstones have brightenedm
and autumn have pall'd them with leaves;

though winter have wildly bewailed them
with her dirge-wind as sad as a knell;
though the shroud of her snow-wreath have veiled them,
still how deep in our bosoms they dwell!

The shadow and sun-sparkle vanish,
the cloud and the light flee away,
but man from his heart may not banish
the thoughts that are torment to stay.

[...]


"Lines written beside a fountain"

My burning brow, pressed to the cool green grass,
freshened with spray-drops from the murmuring well,
what strange wild musings through my spirit pass
what transient fancies swell.

High soars my soul from its chilled earthy bed
I hear the harmonious gates of heaven unfold
I see arounf me all the silent dead:
great ones who lived of old!

But these bright shadows fade full soon away:
the wood, with all its twilight shade, returns;
again the fount springs in the moon's dim ray
again the night-breeze mourns.

[...]

Aye! by this lonely fount on this hushed night
I would amid untroubled silence die,
expire in stilly darkness-wake to light
and heavenly melody!


"My Dreams"

[...] Fast change the scenes upon me all the same,
in hue and drift the regions of a land
peopled with phantoms, and how dark their aim
as each dim guest lifts up its shadowy hand
and parts its veil to shew one withering look,
that mortal eye may scarce unblighted brook.

I try to find a pleasant path to guide
to fairer scenes - but still they end in gloom;
the wilderness will open dark and wide
as th sole vista to a vale of bloom,
of rose and elm and verdure - as these fade
their sere leaves fall on yonder sandy shade.

[...] sometimes dying
like an uncertain sob, or smothered sighing.

Sea-locked, a cliff surrounded, or afar
asleep upon a fountain's marble brim [...]
though yonder early star,
the first that lit its taper soft and dim
by the great shrine of heaven [...]

Left by the sun, as he is left by hope:
bowed in dark, placid cloudlessness above,
as silent as the Island's palmy slope,
all beach untrodden, all unpeopled grove,
a spot to catch each moonbeam as it smiled
towards that thankless deep so wide and wild.

Thankless he too looks up, no grateful bliss
stirs him to feel the twilight-breeze diffuse
its balm that bears in every spicy kiss
the mingled breath of southern flowers and dews,
cool and delicious as the fountain's spray.
Showered on the shining pavement where he lay.
Speak of the North! A lonely moor
silent and dark and trackless swells;
the waves of some wild streamlet pour
hurriedly through its ferny dells.

Profoundly still the twilight air,
lifeless the landscape; so we deem,
till like a phantom gliding near
a stag bends down to drink the stream.

And far away a mountain zone,
a cold white waste of snow-drifts lies,
and one star, large and soft and lone,
silently lights the unclouded skies.


[...]

The Autumn day its course has run,
the Autumn evening falls,
already rise the Autumn moon
gleams quiet on these walls;

and twilight to my lonely house
a silent guest is come:
in mask of gloom, through every room
she passes dusk and dumb.

Her veil is spread, her shadows shed
O'er stair and chamber void,
and now I feel her presence steal
even to my lone fireside.

Sit, silent Nun- sit here and be
comrade and confidante to me


APPROFONDIMENTO: "CIME TEMPESTOSE" E LE ALTRE SCRITTRICI DELL'OTTOCENTO

Nota di Lunaria: un breve riassunto della trama di "Cime Tempestose".


Ambientato nello splendido paesaggio del North Yorkshire, una contea dell'Inghilterra, "Cime Tempestose" è l'unico romanzo scritto da Emily Brontë. Pubblicato per la prima volta nel 1847, il volume ebbe una seconda edizione postuma curata dalla sorella di Emily, Charlotte.
Vi si narra la storia dell'amore passionale e contorto che lega i due protagonisti: Catherine Earnshaw e il trovatello Heathcliff, suo fratello adottivo. Cresciuti insieme nella tenuta di famiglia degli Earnshaw, finiscono per condividere esperienze drammatiche che ne formeranno il carattere: la ragazza è figlia di un uomo distrutto dalla morte della moglie e dedito all'alcool mentre il giovane, umiliato e maltrattato, è costretto a lavorare nei campi come un servo. Catherine, attratta dalla vita aristocratica, ben presto si fidanzerà con Edgar Linton, figlio dei vicini, Heathcliff, invece, parte per cercare fortuna altrove. Tuttavia, il suo ritorno nei luoghi dove è cresciuto, dopo tre anni, rappresenta al tempo stesso la sua rivincita e vendetta. Non potendo avere Catherine, sposa la sorella di Edgar, senza amarla davvero, con il solo scopo di rovinare la vita al cognato. E mette in atto il suo folle proposito quando l'amata Catherine muore di parto non senza avergli rivelato tutto il suo amore.

Qualche curiosità sull'Autrice...

Fu un amore segreto, che certo non avrebbe potuto essere raccontato nei suoi romanzi dove l'adulterio è bandito. Charlotte Brontë, mentre si trovava a Bruxelles nel 1844 per frequentare una scuola, inviò lettere appassionate ad un suo insegnante molto più anziano, sposato e con figli. Il breve epistolario, scoperto di recente negli archivi della British Library, è ora incluso nella raccolta "Love Letters: 2000 years of romance" appena uscito a Londra. Il docente belga si chiamava Constantin Heger e resistette alla corte insistente della futura scrittrice, che all'epoca aveva 28 anni. Afferma: "Se il mio maestro dovesse negarmi affetto e amicizia resterò senza speranza alcuna di sopravvivere alla delusione". Dopo aver compreso che Heger non l'avrebbe in alcun modo incoraggiata, gli confessò: "Sono disperata, traggo conforto solo dalla lettura della Bibbia e mi auguro che lei possa continuare a rivolgermi la parola". Dalla vicenda Charlotte trasse ispirazione per "Villette", un romanzo nel quale narra la passione infelice di una ragazza per un maturo professore.

Altre scrittrici dell'Ottocento (metto solo qualche romanziera e poetessa, e non le tante donne che scrissero manifesti politici, come Flora Tristan o Anna Maria Mozzoni https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/alle-origini-dellanticristianesimo.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/04/sindacaliste-e-attiviste-nellottocento.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/le-prime-attiviste-nel-settecento-le.html)


https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2019/03/ann-radcliffe-i-misteri-di-udolpho-gli.html



https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2019/07/introduzione-e-commento-il-vecchio.html


https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/01/il-romanzo-nero-5-mary-shelley.html


https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/06/le-poesie-di-vittoria-aganoor-pompilij.html


https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/08/introduzione-al-romanticismo-tedesco.html

Studiando un commento critico al "Pamela" di Richardson, ho trovato questa nota, molto importante, perché serve ad inquadrare meglio come nacquero i primi romanzi ottocenteschi scritti da donne. Tenete presente che "Pamela" (un gran successo all'epoca, 1741) oggigiorno a noi sembra deprimente (trattasi della storia di una cameriera che riesce a sposare un uomo altolocato solo perché "si è mantenuta integra di imene") ma può servire come "documento storico" per dimostrare come a quel tempo una donna effettivamente valesse semplicemente "per l'imene intatto". Scontato ribadire che questa porcheria misogina, che era presente anche in diversi contesti pagani, è stata ulteriormente potenziata dall'ideologia monoteista (che ci ha costruito persino "la sua donna perfetta: la madonna").
Nella cerchia di amicizie femminili che Richardson raccoglieva intorno a sé (l'autore di "Pamela" era infatti ricercatissimo dalle signore e del resto lui ne preferiva la compagnia) molte divennero scrittrici. In particolare va ricordato che tra il 1760 e il 1800 compaiono ben 200 romanzi scritti, in grande maggioranza, da donne: il mercato, secondo la Monthly Review del dicembre 1790 è quasi interamente monopolizzato dalle signore e questo è un fenomeno così massiccio che parecchi autori maschi non ci pensano su due volte ad assumere nomi d'arte femminili.
Il successo e lo sviluppo del genere sono da mettere in relazione con la stima della quale si usa alla fine del secolo circondare le donne che hanno conquistato il diritto di parlare e di mettersi in mostra e, naturalmente, quello di scrivere.
Il "Gentlemen' Magazine" nel marzo del 1791 affermava: "Oggi il sesso gentile ha ottenuto il suo posto al sole e ha decisamente richiesto il riconoscimento di quella naturale eguaglianza di intelligenza che è sempre stata una realtà di tutta evidenza e che solo il peso delle istituzioni umane aveva potuto offuscare."

Ce ne sono molte altre, non tradotte in italiano e che io ho trovato su un'antologia dedicata a E.A.Poe




Ricordiamo tre romanziere che già nella loro epoca riuscirono ad avere un enorme successo e poterono vivere dei proventi della vendita dei loro libri: Ann Radcliffe, Jane Austen e Fanny Burney. Ann Radcliffe per il suo capolavoro "L'Italiano o il confessionale dei penitenti neri", che anticipa il romanzo horror, ricevette ben 800 sterline, una cifra incredibile per quell'epoca. Altri due romanzi (pietre miliari del genere) sono il colossale "I misteri di Udolpho" e "Romanzo Siciliano"

Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/06/le-scrittrici-della-narrativa-horror-la.html