Karen Blixen "Sette Storie Gotiche"
Karen Blixen, una delle più grandi scrittrici del secolo, oggi viene riscoperta con passione negli Stati Uniti, in Francia, in Germania. Nota anche sotto il nome d'arte di Isak Dinesen, la Blixen era un'aristocratica danese: negli anni Venti amministrò la sua vasta pantagione di caffè nel Kenya, e su quel periodo scrisse un celebre libro: "La mia Africa". Ma la parte più importante della sua opera è quella narrativa che doveva rivelarsi nel 1934 con le "Sette Storie Gotiche". In questo libro la Blixen, esordiente a quasi 50 anni, dispiega un sontuoso ventaglio una visione giunta alla maturità perfetta. Le sue storie "gotiche" sono racconti lunghi, che spesso si svolgono in un tempo sospeso tra la fine del Settecento e la metà dell'Ottocento, l'età aurea del Fantastico e del Nero, mentre i luoghi variano tra le spettrali marine del Nord e un'Italia cariche di malie. E ovunque vi vediamo intrecciarsi le figure dell'Amore e della Morte, dell'Avventura, della Magia, delle Maschere, del Mito, della Passione, degli Enigmi. Ognuno ci offre, con l'arte che si dice abbiano i marinai nel raccontare le storie, ricami sottilissimi di destino, vicende che si inscatolano in altre vicende, che scoprono molteplici fondi, che toccano quell'irriducibile ambiguità che è della vita. Similmente a Hofmannstahl, la Blixen vede il narratore come un imprendibile califfo Harun al-Rashid che si abbandona a tutti i travestimenti del mondo, il continuo camuffarsi di una divinità che ama la beffa, il paradosso, le corrispondenze, le occulte simmetrie. In una lingua dalla ricca architettura, dove ogni parola sprigiona nella frase tutta la sua intensità latente, la Blixen tocca il sordido e il sublime con assoluta equanimità: il vascello fantasma della sua prosa vaga senza tregua nelle regioni più familiari e nelle più inaccessibili e le sue storie sembrano doversi tutte concatenare (come di fatto la Blixen progettava) in una sequenza vertiginosa dove tutto rimanda a tutto, tutto risuona con tutto.