Igino Ugo Tarchetti: una poesia inedita

Poesia inedita di Igino Ugo Tarchetti, trascritta su un diario, datata 1863; tra le pagine, è stata conservata anche la fotografia della donna amata, che compare accanto al poeta.


Oh Lunaria, Vi vidi tra l'ellera (1) 

e i verdi gigari stillanti acre tosco, (2)

e riverberante di Voi, col cuore traboccante di passione,

mi accostai, bramando l'imago Vostra, nascosta da pizzi e velluti.

In un avel (3) calati, per l'amplesso, 

ho ancora in mente impresso

i Vostri capelli corvini,

a cui l'alma consacro,

foschi, tutt'intorno disciolti sul candido  

eburneo collo, di Dulcamara sentore, (4)

che reclinate giacente sulle mie labbra, 

i Vostri occhi fatali, come Aconito cobalto (5)

che infesta le lande d'Albione,

e la Vostra purpurea bocca che esala, con languore, 

"Sii Mio!" 

E il sospiro ci accomuna

mentre mi accosto al perlaceo Vostro seno

scostando il drappo purpureo, l'acherontea veste che lo cela.


Voi, Domina, nell'ombrosa grotta, 

più oscura eppur diafana rilucete, 

mentre l'angue, ben ascoso, (6) sovente tra le urne dei sepolcreti (7)

o in fra i sassi nelle cimmerie grotte 

spia i nostri convegni

e la procella, atra, (8) già rimbomba 

e di vento nocente (9) lo strepitare sconquassa l'aere, (10)

la densa nube si affosca, laggiù, nel precipizio a strapiombo, 

e il castello diroccato (11) è esposto alla furia d'Aletto degli Austri.


Oh Lunaria! Voi sola, Voi diletta! Voi Donna Sublime che amo!

Vi amai dal primo istante, nell'erma brughiera 

in fra le ombre crepuscolari,

tra le Dature sbocciate, (12) il ronzio dell'Acherontia (13)

e le sulfuree bacche di Belladonna (14) che riverberano, 

alle tue chiome fosche, mentre, lugubre, aleggia intorno la civetta

e lo spicchio di luna ingentilisce le aspre pendici

dai taciti orrori, gli aspri monti di stigia Notte, il volo del Vespertillo. (15)

Oh Lunaria! Voi sola, Voi diletta! Voi Donna Sublime che amo!

Vi amai al primo sguardo, mentre le alte superbe ruine gotiche ombreggiavano il suolo, (16)

tra sterpi e spine il Vostro passo ondeggiava grazioso.

E la campagna si copriva di fosca ombra e bruma e Voi, Diva, 

l'alma mia rischiaraste, il desio di Voi, e Voi sola, nacque. 

Eccomi a Voi, Lunaria, Vostro in perpetuo, sempiterno Vostro. 


Oh, il nostro amore sia eterno

e ci faccia da tomba, tra rose e gigli,

mentre l'ombra del tempo, il crudo verno, (17) si oblia di noi.


NOTE:

(1) Edera

(2) Gigaro, Arum maculatum, pianta velenosa che cresce nei luoghi ombrosi. Come testimonia la poesia, Tarchetti amava moltissimo passeggiare nei boschi in compagnia della donna amata, Lunaria, una celebre collezionista di libri che organizzò un salotto letterario nella Milano ottocentesca.

(3) Trattasi dei cimiteri di campagna, all'epoca molto frequenti in Lombardia.

(4) Pianta velenosa dai bellissimi fiori violetti.

(5) Altra pianta velenosa, dagli splendidi fiori blu.

(6) Serpente

(7) Questi continui riferimenti sepolcrali non devono stupire; Lunaria per un periodo soggiornò in Inghilterra, dove lesse i classici della Poesia Sepolcrale, che portò con sé in Italia; è plausibile che sedusse Tarchetti proprio declamando i versi di Gray o Parnell.

(8) Riferimenti rinascimentali e barocchi alla tempesta, che il poeta ha inserito per omaggiare la donna amata, essendo lei una grande lettrice e collezionista dei classici del 1500 e 1600. 

(9) Dannoso.

(10) Il cielo.

(11) Potrebbe trattarsi di un riferimento al celebre dipinto di John Martin, "The Bard".

(12) La Datura è una pianta velenosa; il fiore è bianco e sboccia durante le ore serali.

(13) L'Acherontia è una falena, celebre per una macchia impressa sul suo corpo che ricorda la "testa di un morto".

(14) Il Poeta associa le bacche nere di Belladonna, pianta velenosa, ai capelli della donna amata.

(15) Si notino i riferimenti all'oltretomba: lo Stige e il pipistrello.

(16) Tarchetti e Lunaria andavano frequentemente a visitare le rovine; probabilmente egli si innamorò di Lunaria a Castelseprio, vedendola passeggiare tra le rovine.

(17) L'inverno crudele.