I Fantasmi del Castello dei Gonzaga

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Là dove il ponte di San Giorgio divide il lago che attornia Mantova in due parti che prendono il nome di Mezzo e Inferiore, s'erge il castello dal quale, per lungo correr di secoli, i Gonzaga esercitarono il potere sui loro domini, e dove si svolsero in mezzo ai fasti e alle orge drammi che la storia rese eterni.
Io non starò qui a narrare né le bellezze artistiche di esso, né le nefandezze ivi esercitate, che troppo grave sarebbe il compito mio, mi limiterò a rammentare un fatto che dalla fantasia del popolino venne mutato in leggenda e sin a pochi anni orsono, raccontato con pauroso terrore.
Francesco Gonzaga, signore di Mantova, uomo di costumi corrotti, aveva condotto in moglie Agnese Visconti, figlia di Barnabò, che proditoriamente era stato ucciso da Gian Galeazzo, della stessa casa, allo scopo di impadronirsi del trono. Ella, vedendo che il marito aveva fatto lega con l'uccisore del padre, e indignata per i maltrattamenti che le faceva subire, si diede a un gentiluomo della Corte, un certo Antonio di Scandiano con il quale condusse la tresca sino a quando non venne denunciata dall'odio di una dama di compagnia al suo tiranno e fatta rinchiudere in carcere. Sottoposta a processo insieme all'amante, vennero condannati l'una alla pena del capo e l'altro a quella dell'impiccagione, pene che furono eseguite il 7 febbraio 1391 nell'orto vecchio del castello.
Ora si crede che nella notte della Vigilia di Natale, i due infelici così miseramente trucidati, sorgano dalle loro tombe avvolti nei bianchi sudari, e da porte opposte, con fiaccole accese in mano, vadano ad incontrarsi in una sala centrale del castello, dove si fermano in lungo e dolce amplesso a ricordare le avversità dei loro amori.
Quando sta per scoccare la mezzanotte, ognuno ritorna per la parte donde era venuto, e gettando un grido che si spande per la valle insieme al canto dei gufi appollaiati sui tetti, rientrano nei loro avelli.
Il viandante che in quell'ora deve passare nelle vicinanze del castello, guarda sospettoso le brune muraglie e al più piccolo rumore allunga il passo e, rivolgendo una preghiera a Dio, invoca la pace per quelle anime tribolate.


Mantova: il Castello di San Giorgio, incisione del XIX secolo



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