In taciturno cimitero ascosa,
nelle solinghe tenebre di un tasso,
dove mai freme creatura viva
né mai raggio si posa,
china è una lapide, ormai verde-muschiosa
- scomparse dalla pietra le parole -
con una testa d'angiolo, corrosa,
a cantar dell'ignoto.
Qui, quando la sera stende il cupo panno,
un silenzio s'impone sì profondo
ch'ogni alito d'aria par sospiro
salito lieve dai campi del sonno.
Irrompe il giorno in bellezza noncurante,
incendiando ogni goccia di rugiada,
ma ancor dimora un'ombra, inobliante,
sotto quel nero tasso solitario.
E, persa ogni altra cosa, ogni ricordo smunto,
solo quel cherubino attento ascolta
e con strano enigmatico sorriso
divide il suo segreto col defunto.