"Gli Amanti del Mare" (racconto horror)
Nelle notti senza luna il mare è nero. Le navi lo solcano e le loro luci brillano attraverso la doppia oscurità del mare e dell'aria.
Il buio inghiotte la luce come un enorme serpente che sbadiglia. Sulla spiaggia la gente cammina, guardando il mare, ma non c'è traccia di navi né di marinai affogati; non c'è nulla, né di vivo né di morto: soltanto l'incessante alzarsi e abbassarsi dell'acqua che consuma sempre di più la riva e conduce gli amanti folli e innocenti un po' più lontano: essi non hanno paura e mostrano il loro coraggio l'uno all'altra.
Ridono e indicano il mare.
Nessuno li può vedere.
Si tolgono i vestiti e, un po' a fatica, entrano in acqua.
Le onde li respingono, li stuzzicano, accarezzano lentamente le loro cosce pallide, li schiaffeggiano, scherzose, lanciano uno spruzzo salato nei loro occhi.
L'uomo si volta verso la donna e lei lo guarda; si vedono a malapena, ma sono abili nuotatori e allora si stringono le mani per riuscire ad andare un po' più lontano, un po' più a fondo.
Ora le onde s'ingrossano intorno a loro; si abbracciano. Lei ormai non tocca più e si appoggia a lui in modo che l'acqua la sollevi mentre lo stringe. L'uomo l'afferra saldamente e ride nella sua bocca mentre la bacia.
Nessuno li può vedere né sentire. La gente sulla spiaggia scoprirà i loro vestiti, ma non troverà mai gli amanti.
Una sirena solitaria passa lì accanto: ascolta le loro risate e si ferma.
Li osserva, eppure anche i suoi occhi da pesce, strani e pallidi, riescono a malapena a vederli: la notte è così nera, così priva di luna. Potrebbe cantare per loro, come ha già fatto per altri mortali che stavano annegando, ma stanotte si sente stanca e il suo cuore è gonfio per la troppa solitudine.
Sono passati molti mesi da quando ha incontrato una sua simile. Qualche giorno fa ha rischiato di essere uccisa perché stava nuotando vicino a una nave a vapore. Non riesce a dimenticare le enormi pale dell'elica, e quel momento in cui, alzando lo sguardo, si era accorta di essere a un soffio dalla morte.
Allora aveva deciso di andare verso la spiaggia. Si lascia portare dalla marea, proprio mentre gli amanti vengono trascinati al largo e sempre più in profondità. Quando la donna scompare sotto la superficie, la sirena riesce soltanto a vedere i lunghi capelli che ondeggiano intorno al viso. La bocca è spalancata in un grido silenzioso. Oh, sì, pensa la sirena, se la si potesse sentire farebbe un gran baccano. Arriverebbe qui gente da ogni dove. Ma il mare le riempie la bocca prima che il suono ne possa uscire e nessuno può sentirla. La donna si aggrappa all'uomo e lui, terrorizzato, la spinge lontano. Era cominciato tutto in modo così divertente. Era una notte quiete, calda e buia: la bianca rena della spiaggia era l'unica luce. Avevano passeggiato insieme, si erano fermati per baciarsi e scherzare, per ridere; erano così felici e sicuri... e ora lei sta annegando e lui non può salvarla. Peggio, peggio ancora: trascinerà con sé anche lui.
La sirena risale la cresta di un'onda e si volta a guardarli. Vede solo una mano pallida che si tende verso l'alto, aperta e rigida, come se cercasse un appiglio. Poi l'acqua si chiude anche su di essa.
Il mare è pieno di morte, ora più che mai. Per due volte, nel corso della sua breve vita, la sirena si è trovata a nuotare in un mare arrossato dal sangue: la prima volta era quello di una balena arpionata da una nave; la seconda apparteneva ad esseri umani, annegati durante una battaglia.
La loro nave era stata silurata e la maggior parte dei soldati era già ferita quando era caduta in acqua. Gli squali avevano completato l'opera.
Quella volta lei si era tuffata sotto la battaglia perché il rumore era assordante e la luce delle esplosioni l'aveva abbagliata al punto da accecarla.
Mentre si stava allontanando, uno di quegli individui si era aggrappato a lei, ma era riuscita a scrollarselo di dosso. Non amava essere individuata dagli uomini, anche quando era in punto di morte. Se non potevano vederla, si divertiva a cantare per loro, soprattutto quando, disperati e con il terrore negli occhi, si aggrappavano a ciò che restava dell'albero di una barca fatta a pezzi nella tempesta o agitavano nell'acqua in quella maniera ridicola le loro gambe inutili e patetiche.
Allora lei si nascondeva tra le onde e cantava per loro. Talvolta li agitava ancora di più; tuttavia poteva anche succedere che una strana calma si impadronisse dell'uomo che affogava e la sua lotta diventasse più meccanica, meno frenetica: lui allora rimaneva a galla - per quanto riusciva - e poi si lasciava andare a poco a poco, senza schiamazzare per la paura o lottare disperatamente... erano cose talmente sgradevoli da vedere. Una volta, un uomo era morto vicinissimo a lei e la sirena aveva provato una tale curiosità che gli si era avvicinata troppo e proprio nell'ultimo istante della sua vita, lui l'aveva vista. I suoi occhi erano già spalancati a causa dell'aspra e prolungata lotta con la morte: l'uomo sapeva di essere stato sconfitto, ma non voleva darsi per vinto. La vide e tentò di afferrarla, aprendo la bocca come se volesse parlare, ma fu sangue e non parole quello che uscì dalle sue labbra e lei capì che era morto nello stesso momento in cui lo comprese anche lui. D'istinto, la sirena non provava simpatia per gli esseri umani, ma quell'individuo aveva suscitato il suo interesse.
Era una notte fredda e quieta e l'uomo era così lontano dalla terraferma che sarebbero passati giorni interi prima che il suo corpo, gonfio e irriconoscibile, approdasse su qualche spiaggia. L'uomo era uscito in mare da solo, infatti, aveva spiato il suo cammino per giorni. La tempesta che aveva devastato la minuscola imbarcazione era stata violenta, ma si era esaurita in fretta e lui, in qualche modo, era sopravvissuto, aggrappandosi ai relitti. Era andato alla deriva per giorni, senza speranza. Lei l'aveva osservato da lontano, mentre l'uomo cominciava a fare discorsi incoerenti; poi, ormai prossimo alla fine, l'aveva stupita intonando, con tutta la voce e la poca forza che gli erano rimaste, una canzone allegra che lei non capì.
Dopo la sua morte, lei aveva fatto qualcosa che non aveva mai fatto prima: lo aveva toccato.
La pelle era strana - si stava irrigidendo - e quel contatto l'aveva affascinata. L'aveva quindi afferrato per le spalle, portandolo con lei sul fondo, dove l'acqua era immobile e limpida e l'aveva esaminato attentamente.
Gli occhi l'avevano ammaliata: erano così diversi dai suoi.
Aveva scoperto le unghie dure dei piedi e delle mani, esplorando poi la bocca - giudicandola terribilmente brutta - e i genitali, che l'avevano lasciata perplessa.
A poco a poco era stata sopraffatta dal disgusto e si era staccata d'un tratto da lui, lasciandolo in un letto di coralli e di alghe brune, cibo per i pesci più grandi che sarebbero passati di lì.
Ora, mentre nuota verso la spiaggia, le viene in mente quell'uomo e il suo piccolo labbro superiore si arriccia a quel pensiero. è una forza più grande della sua volontà quella che la conduce in direzione della spiaggia: lei odia quella forza - proprio come aveva odiato l'uomo morto - ma non vi si oppone.
è buio e l'aria è immobile: anche se il mare non è mai fermo del tutto, lei ha l'illusione della quiete. Nuota senza sforzo poco al di sotto della superficie e si avvicina alla riva, si avvicina pericolosamente ma non rallenta né devia il suo cammino.
Conosce benissimo molte storie che descrivono i pericoli della terraferma, racconti pieni di terrore, meraviglia, magia e suggestione, del tutto simili a quelli che gli uomini inventano sul mare. La morale di quelle storie le era chiara: lei non poteva vivere sulla terraferma più di quanto gli uomini potessero vivere nel mare. Ha già visto la terra: ne conosce le rive e le montagne che si elevano sulla superficie del mare. Talvolta, su quelle alture, ci sono persone che camminano o che vanno in macchina.
La costa che lei ha scelto è lunga e piatta: la sabbia bianca si estende per miglia e, oltre la spiaggia, c'è una linea verde, sebbene i colori vividi siano ora ridotti al nero, al bianco e al grigio. La sirena riesce a malapena a vederla: è prigioniera della spuma che si muove incessantemente verso la riva. Per un poco riesce a rimanere indietro rispetto all'onda, ma l'acqua sta ormai diventando troppo bassa. Quando la coda e il fianco strisciano contro la sabbia ruvida del fondo, rabbrividisce come se la morte l'avesse improvvisamente raggiunta, toccandola.
Con violenza, le onde la riportano verso il basso e la fanno girare. La coda s'incunea sotto la sabbia che, sollevandosi in una nuvola, penetra sotto le squame. Solleva le mani palmate per scrollarla via: è una sabbia diversa da quella del fondo marino... la punge e, in un certo senso, la irrita; il suo odore è quello della terra.
è inutile lottare con le onde. La sirena lascia che il suo corpo si alzi e si abbassi con loro e, senza opporre alcuna resistenza, si fa trascinare con la schiuma, come se fosse una nave speronata o un uomo morto. E ben presto non c'è altro che sabbia sotto di lei e l'acqua rifluisce, lasciandola inerme, esposta all'aria calda ed estranea. Quel ritmo frenetico l'ha portata al limite dell'incoscienza. è stesa supina sulla sabbia, le braccia allungate oltre la testa e il viso girato da un lato, in modo che la poca acqua possa scorrervi sopra.
Il lungo corpo argenteo si agita nel basso fondale: è terrorizzata dal dolore che prova.
Si sente intorpidita dalla vita in giù e solleva la testa - per quanto le è possibile - nel tentativo di guardarsi.
Quasi non avverte più la coda che si alza e si abbassa nella sabbia: contro la sua volontà, affonda sempre di più nella rena.
è una sensazione orribile e lei è così disperata che ricade con un lamento.
Qualcosa sta fuoriuscendo dal suo corpo e si riversa nella sabbia: un liquido denso e viscoso. Prima crede che si tratti di sangue, poi pensa che sia la sua vita.
Si lamenta ancora e cerca a fatica di alzarsi, appoggiandosi sulle mani. Apre e chiude la bocca: annaspa in cerca di acqua.
La sua pelle si sta seccando: la schiena, le spalle, il colle le bruciano.
Appoggia il viso nel punto in cui un piccolo rivolo di acqua risale vicino a lei: ma non è sufficiente e riesce solo a fare entrare in bocca un po' di sabbia umida. Solleva ancora una volta la testa e le spalle opponendosi all'insospettabile peso dell'aria: in quel momento, vede l'uomo.
Sta correndo verso di lei. Ha abbandonato la sua canna da pesca ai capricci del mare e si è precipitato nella sua direzione. Il cuore della sirena ha un sussulto: lui è nel suo elemento e lei è alla sua mercé.
Ma soltanto un battito dopo, un'intuizione la colpisce: una certezza che illumina la sua coscienza con la forza del ricordo.
Nello stesso momento capisce che la parte inferiore del suo corpo non le appartiene e la forza la percorre tutta come una corrente elettrica. L'uomo non deve vederla in viso: lei lo sa benissimo.
Scioglie i capelli sulle spalle e nasconde il volto nella sabbia. Il corpo è immobile, la coda possente giace immobile nel basso fondale, lucida e inerte come una lastra d'acciaio.
Ascolta lo scalpiccio dei piedi nudi dell'uomo contro la dura sabbia bagnata mentre si avvicinano. Ben presto riesce a sentire il suo respiro affannoso e le esclamazioni smorzate, sebbene le parole non abbiano alcun significato per lei. è una grossa preda, ma passerà un po' di tempo prima che lui capisca che cosa ha catturato. Nell'oscurità, la scambia per una donna e fino a quando non si china su di lei non vede la forma caratteristica e certamente non femminile della parte inferiore del suo corpo.
Per un attimo, pensa che la donna sia stata quasi divorata da un enorme pesce. Si volta verso la terra, come se da quella parte potesse giungere aiuto, ma nessuno lo può aiutare, ora.
Le mani si muovono sopra le spalle di lei: è ben deciso a tirarla fuori dall'acqua, soltanto perché è convinto che sia una donna e questo è ciò che fanno gli uomini con le creature che vengono gettate dal mare sulla spiaggia.
"Mio Dio", dice, e la voce così acuta fa serrare le mascelle alla sirena.
"è ancora viva?"
Lei non si muove. Le mani dell'uomo gli stanno fornendo tutta una serie di informazioni utili: questa creatura è del tutto simile a una donna, sebbene la sua pelle liscia sia straordinariamente fredda; è morbida, elastica e viva. Le dita dell'uomo scavano sotto le braccia e la sollevano un poco.
Lei bada a tenere il capo abbassato, nascosto nella cascata dei lunghi capelli.
Anche nell'oscurità lui vede che quei capelli sono quasi bianchi, spessi, innaturalmente lunghi: cadono voluttuosi sulle spalle.
è più pesante di quanto abbia immaginato e la presa si allenta; è costretto a lasciarla un momento per cambiare posizione: si mette a gambe divaricate sopra di lei.
La sirena avverte il tonfo dei piedi che la scavalcano: l'uomo si pone dietro di lei e, in tal modo, riesce a vedere meglio la lunga schiena e a scorgere il punto in cui la pelle candida diventa argentea.
"Che cosa sei?", dice, ma non si ferma per scoprirlo.
Le sue mani scorrono verso le braccia e una di esse indugia fugacemente sui seni, mentre la solleva. Per un secondo lei pende inerme dalle braccia dell'uomo e, un attimo dopo, torna in vita.
Porta le braccia sotto di sé e si solleva così improvvisamente e con una tale forza che l'uomo perde l'equilibrio e cade su di lei. Grazie al mare lei è molto, molto più forte di lui e non incontra alcuna difficoltà a girarsi. L'uomo combatte, stupito dalla furia potente e inattesa della creatura che aveva voluto salvare, ma la sua lotta è vana. Sono avvinti nella sabbia e ondeggiano su e giù come amanti: tuttavia almeno lui sa che quello non è amore.
Le forti braccia della sirena si chiudono sull'uomo, che sente nei capelli gli artigli di quelle mani gelide.
Il volto affonda nella spalla di lei e, mentre lui respira il caratteristico odore della sua pelle, cade in preda al terrore.
La afferrà per i capelli e solleva la testa in modo da poterla guardare dritta negli occhi. Ciò che vede lo paralizza, come se avesse guardato la Medusa, sebbene il buio sia tale da fargli scorgere soltanto il luccichio degli occhi freddi, piatti e senza ciglia, la linea dura e sottile della bocca che si apre e si chiude sotto la sua.
Ascolta quel disperato risucchio che fanno i pesci quando sono tirati fuori dal mare.
Lei lo trascina sotto di sé come se fosse lei l'uomo. Con una mano gli tiene la gola e con l'altra i sottili calzoncini da bagno, unica sua protezione contro quell'essere. La grande coda si muove rapidamente e spinge il corpo della sirena su quello dell'uomo. La mano abbandona la gola e lui boccheggia, gemendo e spingendosi contro di lei con tutte le sue forze, cercando di allontanarla. Lei si solleva sulle braccia e lo guarda con aria curiosa; l'uomo vede così gli acuminati denti da pesce e la lingua secca e nera. La coda è agile e potente e si insinua tra le sue gambe come un'anguilla; il bordo tagliente gli scortica le cosce, le squarcia e l'uomo sente il sangue che sgorga dalle ferite sempre più numerose e ormai vicinissime all'inguine. Grida, ma nessuno l'ascolta. La sirena non lo guarda neppure mentre porta la sua coda con violenza verso i testicoli e incide la carne inerme, una volta, due, tre. Le unghie dell'uomo solcano la pelle della schiena e i denti affondano nel seno: lei sta sanguinando, ma non riesce a sentire il dolore. Ricade su di lui e gli afferra la gola tra le mani stringendo forte e a lungo, fino a quando l'uomo cessa di lottare.
Ora la sirena si placa, ma non rimane immobile. Con attenzione prende il mucchietto di carne sanguinante dalle gambe dell'uomo; lo stringe accuratamente tra le mani e lo depone nell'impronta che aveva aveva lasciato sulla sabbia prima che la lotta cominciasse. Il mare lo trascinerà via in un paio di minuti, perché la marea sta cominciando ad alzarsi, ma quel lasso di tempo le è sufficiente. Raduna la sabbia intorno a quel tesoro sanguinante; poi, esausta e stranamente pacificata, si allontana verso il basso fondale.
L'acqua gelida la rinfranca e lei raduna le forze per nuotare oltre i frangenti.
Ora avverte il dolore alla schiena e al seno, ma non ha tempo per occuparsene.
Non appena l'acqua è sufficientemente profonda si tuffa tra le onde e la sua coda manda un lampo argenteo nell'aria buia della notte; come una grande ala metallica, la pinna caudale taglia prima l'aria, poi l'acqua.
Sulla spiaggia, tutto è immobile. Le onde avanzano lentamente intorno all'uomo, liberandolo dalla sabbia. Minuscole dita d'acqua corrono intorno alle gambe, alle braccia, al viso. Il mare ha già lavato via il sangue. Più oltre, lungo la spiaggia, la canna da pesca galleggia nell'acqua che sale.
La cassetta che conteneva l'attrezzatura si è aperta e il contenuto si è riversato fuori: tutti gli ami e le esche, i trucchi che l'uomo aveva usato per mietere il mare, galleggiano allegramente sulle onde.
Ancora più lontano io sto camminando sulla spiaggia con il mio amante.
C'è stata una festa e abbiamo ballato.
La casa sulla spiaggia è alle nostre spalle e diffonde luci bianche e musica nell'aria della notte, come se riuscisse così a riempirne il vuoto.
Dentro, la casa era caldissima e luminosa: non riuscivamo ad ascoltare le onde o ad avvertire l'odore salmastro.
Allora ci sentivamo felici e allegri e abbiamo avuto voglia di fare una passeggiata.
Ci siamo allontanati dalla casa e dall'uomo morto, ma non dal mare.
Mi sono tolta le scarpe, in modo che il mare potesse rinfrescare i miei piedi stanchi.
Il mio amante mi ha imitato, fermandosi anche per rimboccarsi i pantaloni. Mentre, immobile, guardo il mare scuro e l'aria ancora più scura, mi pare di vedere delle minuscole luci, simili a stelle, che lampeggiano tra le onde.
"Che cosa sono quelle luci?", gli chiedo quando mi raggiunge: ma lui non le vede.
"Sirene", dico. Riesco quasi a crederci. Alzo una mano e faccio loro un cenno di saluto. "Stai attento", lo avverto. "Tieniti lontano dalla riva".
Il mio amante è vicinissimo a me: le sue braccia mi circondano e mi stringono.
Il suono ritmico delle onde e l'oscurità della notte ci eccitano.
Ci piacerebbe fare l'amore sulla spiaggia, sul bordo dell'acqua.