Walter de la Mare

In taciturno cimitero ascosa,

nelle solinghe tenebre di un tasso,

dove mai freme creatura viva

né mai raggio si posa,


china è una lapide, ormai verde-muschiosa

- scomparse dalla pietra le parole -

con una testa d'angiolo, corrosa,

a cantar dell'ignoto.


Qui, quando la sera stende il cupo panno,

un silenzio s'impone sì profondo

ch'ogni alito d'aria par sospiro

salito lieve dai campi del sonno.


Irrompe il giorno in bellezza noncurante,

incendiando ogni goccia di rugiada,

ma ancor dimora un'ombra, inobliante,

sotto quel nero tasso solitario.


E, persa ogni altra cosa, ogni ricordo smunto,

solo quel cherubino attento ascolta

e con strano enigmatico sorriso

divide il suo segreto col defunto.

 


Classicismo e Romanticismo in Foscolo, Hölderlin, Keats

Info tratte da

Il Carme "Dei Sepolcri" (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2013/05/dei-sepolcri-i.html) (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/01/nuovi-commenti-allopera-del-foscolo.html) (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/01/ugo-foscolo-due-lettere.html) stabilì la fama poetica di Foscolo: lo spunto gli fu offerto da un tema a quel tempo molto in voga: la meditazione sulle tombe. Mentre la maggior parte degli autori divagava con concetti moralistici\sentimentali, Foscolo collocò la tomba dentro lo sviluppo storico della vita umana, come segno di civiltà che ci rende umani (e ci distingue dagli animali), come monito alla memoria dei nostri cari e dei grandi eroi, per consolarci con un'illusione di immortalità.

Per Foscolo la morte va affrontata con coraggio e meditazione. Mentre della maggior parte delle tombe non si saprà nulla, altre "parlano ai vivi" incitandoli ad ispirarsi ai grandi personaggi. 

"Le fontane versando acque lustrali amaranti educavano e viole su la funebre zolla; e chi sedea a libar latte e a raccontar sue pene ai cari estinti, una fragranza intorno sentìa, qual d'aura de' beati Elisi" 

Uno dei brani dei Sepolcri che per molti versi si può considerare pre-romantico. 

In cosa è classico il Foscolo?

Nel tono, nella solennità del verso, nell'oggettività limpida dell'immagine, con quel "acque lustrali", quel sedersi sommesso e dignitoso "a raccontar le sue pene", ai defunti, il repertorio classicheggiante dei Beati Elisi.

Potremo citare anche i versi classicheggianti di Hölderlin e Keats (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/search?q=keats), che segnano il punto di passaggio tra Classicismo e Romanticismo:

"Solo un'estate, Onnipotenti, datemi

ed un autunno a maturarmi il canto;

così che, sazio di quel dolce giuoco,

più volentieri mi si fermi il cuore!

Pago sarò, se pur non mi accompagni

il suono di mie corde... un solo istante,

vissuto in terra avrò come gli Dei...

ed altro io più non chiedo al mio Destino" (Hölderlin, "Alle Parche")


"Venusta Attica forma! Con ricami

di figure marmoree tessuta,

con erbe peste e con silvestri rami;

dismaghi il pensier nostro, o forma muta,

come l'eternità: Ecloga gelida!

Allor che l'età nostra sarà morta

rimarrai tu, in mezzo ad altro lutto

che il nostro, amica all'uomo, a cui riveli:

il bello è il vero, il vero è il bello"

è tutto quel che in terra sapete, e quel che importa".

(Keats, "Ode su un'urna greca")

Come si è visto, il Classicismo intende l'Arte come strumento di elevazione morale, di miglioramento e purificazione interiore. L'Arte, la Bellezza, diventa una strada verso la Verità, fondamento della vita morale, il controllo sereno della Ragione sulla Fantasia.

Infine, aggiungo anche degli stralci funebri tratti da "Ultime Lettere di Jacopo Ortis" di Foscolo

"Il mal tempo s'è diradato, e fa il più bel dopo pranzo del mondo. Il Sole squarcia finalmente le nubi, e consola la mesta Natura, diffondendo su la faccia di lei un suo raggio. Ti scrivo di rimpetto al balcone donde miro la eterna luce che si va a poco a poco perdendo nell'estremo orizzonte tutto raggiante di fuoco. L'aria torna tranquilla; e la campagna, benché allagata, e coronata soltanto d'alberi già sfrondati e cospersa di piante atterrate pare più allegra che non la non era prima della tempesta. Così, o Lorenzo, lo sfortunato si scuote dalle funeste sue cure al solo barlume della speranza, e inganna la sua triste ventura, con que' piaceri a' quali era affatto insensibile in grembo alla cieca prosperità - Frattanto il dì m'abbandona: odo la campagna della sera; eccomi dunque a dar fine una volta alla mia narrazione. Noi proseguimmo il nostro breve pellegrinaggio fino a che ci apparve biancheggiar dalla lunga la casetta che un tempo accoglieva. (...) Io mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le sepolture de' miei padri, e come uno di que' sacerdoti che taciti e riverenti s'aggiravano per li boschi abitati dagl'Iddii."

"(...) riscaldava l'aria irrigidita dalla nebbia del morente autunno. Le villanelle vennero sul mezzodì co' loro grembiuli di festa intrecciando i giuochi e le danze di canzonette e di brindisi. (...) E quando le ossa mie fredde dormiranno sotto quel boschetto alloramai ricco ed ombroso, forse nelle sere d'estate al patetico susurrar delle fronde si uniranno i sospiri degli antichi padri della villa, i quali al suono della campana de' morti pregheranno pace allo spirito dell'uomo dabbene e raccomanderanno la sua memoria ai lor figli. E se talvolta lo stanco mietitore verrà a ristorarsi dall'arsura di giugno, esclamerà guardando la mia fossa: Egli, Egli innalzò queste fresche ombre ospitali!" (1)


(1) Una versione alternativa prevedeva questa variante: "E se talvolta io, Foscolo, verrò a ristorarmi dall'arsura di giugno, esclamerò guardando la fossa di Lunaria: Ella, Ella innalzò questa Bellezza, la Donna Divina che amai! Oh Lunaria! Forse perché di una Dea Tu sei l'Imago! Sempre Ti mostri invocata."  Del resto il Foscolo aveva dedicato a Lunaria una poesia nel 1796 (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/06/ugo-foscolo-una-poesia-inedita.html) dichiarando "Io non posso amare se non altamente, ardentemente, forsennatamente forse, se non Lunaria, Lei Sola", e il ricordo di Lei non poteva che imprimersi in tutte le opere del Poeta.


Cimitero e Chiese in rovina

 
















































IL CIMITERO VECCHIO DI POGLIANO MILANESE

Info tratte da un cartello in loco

I resti del cimitero vecchio di Pogliano Milanese risalgono al 1883: sono l'ampliamento del più antico Camposanto, di cui restano solo il muro di recinzione, la cappella privata della famiglia Chaniac, una tomba monumentale, le vestigia della cappella comunale e resti parsi di sepolture monumentali.
Con la costruzione del nuovo cimitero comunale, il cimitero vecchio viene abbandonato; verrà restaurato nell'anno 2004.







La fontana







(Nota di Lunaria: mi è stato detto da una persona che vive a Pogliano che le persone suicide erano sepolte al di fuori della recinzione, in un campo poco distante, che è ancora visibile, tutto incolto)




Un tocco di romanticismo