Nuovi commenti all'Opera del Foscolo

Prossimamente trascriverò per bene questi stralci introduttivi su Foscolo...  Intanto, andate a leggere i post precedenti: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2013/05/dei-sepolcri-i.html  https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/01/ugo-foscolo-due-lettere.html  



Quando scrisse i "Sepolcri" nell'autunno del 1806, Ugo Foscolo aveva 28 anni; viveva a Milano, la capitale della Repubblica Cisalpina, che era il luogo d'incontro dei più validi esponenti del mondo artistico e letterario italiano.
L'opera fu scritta in breve tempo, quasi di getto, anche se la stesura definitiva occupò per vari mesi il poeta, tanto che la prima edizione uscì solo nell'anno seguente.
La spinta a questa breve, ma intensa fatica poetica venne dall'entrata in vigore della legge di Saint-Cloud, che stabiliva un nuovo ordinamento in materia di sepolture (proibizione di seppellire chiunque all'interno degli abitati e uniformità di lapidi e di iscrizioni per tutti). 

La spinta, ma non l'ispirazione: perché i temi espressi nei "Sepolcri" furono quelli che da sempre costituivano il nucleo del suo pensiero e della sua poesia.
Foscolo non era un poeta occasionale, se si fosse limitato solo a quell'argomento, se avesse scritto i "Sepolcri" solo per commentare una legge, avrebbe scritto dei buoni versi, ma non un capolavoro.

In un primo tempo egli intendeva comporre solamente un'epistola in versi, limitandosi a trattare l'argomento della legge sui cimiteri in una forma volutamente ristretta; ma, appena cominciò a scrivere, l'impeto stesso della sua poesia lo portò a lasciare quel progetto per abbandonarsi a un canto in cui potesse esprimere tutta la sua anima di pensatore, di cittadino e poeta.
Fu per questa esigenza interiore e per la necessità stilistica che nasceva da essa che Ugo Foscolo scelse per i Sepolcri la forma poetica più libera, quella del carme.
Questa parola significa letteralmente "composizione poetica": la poesia che si esprime attraverso essa non è arginata da limiti e da schemi di alcun genere.
Il poeta stesso l'aveva definita come la più adatta al suo temperamento: era perciò naturale che vi ricorresse in quel particolare momento di pienezza spirituale e immaginativa.

La poesia dei "Sepolcri"

295 endecasillabi, non rimati né divisi in strofe: una lunga, compatta cascata di versi, nei quali è espresso tutto il fremente mondo interiore del poeta.
Il fascino e la meravigliosa forza evocatrice dei "Sepolcri" nascono appunto da questa pienezza e dalla profonda unità dell'armonia che la esprime.
Non c'è, in tutta la letteratura italiana, un'opera poetica che abbia insieme una così splendida perfezione formale e un così elevato contenuto di pensiero in uno spazio altrettanto breve.
295 versi, e non una similitudine, non uno di quegli artifici ai quali ricorrono spesso anche i grandi poeti: morbido o fremente, squillante o tormentato, il verso fluisce con una capacità espressiva così suggestiva, così pienamente aderente all'idea dell'autore, che qualsiasi arricchimento sarebbe superfluo.

Si può pensare ai "Sepolcri" come a una sinfonia mesta e insieme gloriosa, che prorompe senza sosta nel cuore del poeta.
Analizzando il carme si può scomporlo in varie parti, ma non si tratta di episodi separati, perché tutto è legato da una grandiosa unità di pensiero e di stile.
Proprio come in una grande sinfonia vi sono i vari "tempi" così nei "Sepolcri" si possono distinguere degli ideali capoversi: ma non c'è frattura tra l'uno e l'altro. 

Un grande critico ha definito i "Sepolcri" come un canto essenzialmente religioso. (1)
Foscolo non era credente, eppure la definizione di quel critico coglie la natura del carme.
Anche se non aveva un fede, Foscolo aveva una concezione della vita e della morte, dell'uomo e della storia, che può essere detta una "religione" per la passione e l'ardore con cui egli sentiva e viveva le sue idee.
E nei "Sepolcri", che sono una specie di summa lirica del suo pensiero, noi ritroviamo tutti i temi fondamentali di esso, quelli che possono essere definiti i "dogmi" della sua fede terrena.

LA MORTE: è per Foscolo, la "fatal quiete", il termine ultimo di ogni cosa, un oblio senza fine in cui l'uomo si annulla. Ma non c'è orrore in questa visione che può apparire così pessimista: la morte è accettata nobilmente e serenamente, come un limite inevitabile che, anzi, rende ancor più ardente la passione di vivere.

L'EROISMO: il breve spazio di tempo che ci è concesso dalla vita non deve essere disperso in azioni futili e vane.
Compiendo, sorretto dalla sua libera volontà, gesta nobili e generose, l'uomo si rende cosciente del proprio valore e della sola possibilità che gli è offerta di sollevarsi al di sopra dei bruti.
Questo eroismo come regola di vita non è una semplice esaltazione dell'atto temerario e clamoroso, ma un vigoroso ideale civile e patriottico, un invito ad operare con tutte le forze per il bene della società, che ogni uomo ha il dovere di rendere più libera e più giusta.

LA BELLEZZA: Insieme all'amore, di cui è la fonte, essa è il sale della vita, la forza divina che non è solo stimolo dei sensi, ma alimento di nobili sentimenti. è il concetto pagano della bellezza, già espresso dai poeti dell'antica Grecia, ai quali Foscolo si sente legato non soltanto per la sua cultura imbevuta di Classicismo, ma per una profonda affinità spirituale.

LA POESIA: pur condannato, secondo Foscolo, a scomparire nel nulla, l'uomo possiede ugualmente un mezzo per giungere all'immortalità: la Poesia, che può eternare la sua memoria nei secoli, come i sepolcri, altari della pietà e della gloria, conservano i suoi resti mortali.
è evidente che questo concetto di immortalità non ha nulla in comune con quello cristiano dell'immortalità dell'anima; esso possiede, tuttavia, un fascino profondo per la suggestione poetica che ne emana: la Poesia, che vince di mille secoli il silenzio, appare come un dono divino, una forza capace di far trionfare l'uomo sulla morte stessa.


(1) Commento del Momigliano ai Sepolcri:

"Su tutto il carme si stende la religiosa pace di un cimitero... Qui gli uomini e la terra sono veduti, più che come vivi e dimora dei vivi, come ombre auguste e lontane e come ricetto sacro di queste ombre; e la vita acquista la sua santità dalla morte, e solo perché noi abbiamo dietro di noi una schiera di grandi morti pare che noi dobbiamo vivere o operare. Il carme si svolge in mezzo ad un remoto silenzio, dove i morti parlano e i vivi ascoltano riverenti. La Morte semina di infinite ossa la terra e il mare, una forza operosa avvicenda senza tregua i nati e gli istinti, la potenza si tramuta di popolo in popolo, le sembianze della terra e del cielo si cambiano perennemente; in mezzo a questa fiumana triste ove tutto si trascolora, si dissolve, si cancella, una cosa sopravvive, immortale: 
la magnanimità dell'uomo, meglio - la poesia che canta la magnanimità dell'uomo: vince di mille secoli il silenzio"


Un paio di pensieri di Ugo Foscolo...

"Il mio nome significa luce (fos) e bile (cholos)... di volto non bello ma stravagante, e d'una aria libera, di crini non biondi ma rossi, di naso aquilino e grosso ma non picciolo e non grande... nella mia fanciullezza fui tardo, caparbio: infermo spesso per malinconia, e talvolta feroce, e insano per ira..." (dalle "Lettere")

Io odo la mia patria che grida: "Scrivi ciò che vedesti, manderò la mia voce dalle rovine, e ti detterò la mia storia. Piangeranno i secoli su la mia solitudine; e le genti s'ammaestreranno nelle mie disavventure. Il tempo abbatte il forte: e i delitti di sangue sono lavati nel sangue." 
 
***

"I monumenti, inutili ai morti, giovano ai vivi, perché destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone dabbene; solo i malvagi... immeritevoli di memoria, non la curano; a torto dunque la legge accomuna le sepolture... degli illustri e degli infimi. (...) Le reliquie degli eroi destano a nobili imprese, e nobilitano le città che le raccolgono. Esortazione agli italiani a venerare i sepolcri dei loro illustri concittadini; quei monumenti ispireranno l'emulazione agli studi e l'amore della patria, come le tombe di Maratona nutrivano nei Greci l'aborrimento dei barbari. Anche i luoghi dov'erano le tombe dei grandi, sebbene non ne rimanga vestigia, infiammano la mente dei generosi."

è questo il riassunto dei Sepolcri, delineato dal poeta stesso in una sua lettera polemica contro il critico Guillon.

Vediamo qualche verso di rara bellezza del carme di Foscolo:

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove più il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò più il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né più nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dì perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme
ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve
tutte cose l'oblio nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.





































 Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/03/i-sepolcri-in-uno-stralcio-dei-delly.html