"Lapide"
Poesia di Giovanni Pascoli, tratta da "Myricae"
Una tomba dimenticata e quasi coperta d'erba: sulla lapide un nome probabilmente di invenzione, ma che è stato scelto per ricordare la purezza della fanciulla sepolta: su tutto una pace malinconica e il senso della vanità della vita.
Dietro spighe di tasso barbasso,
tra un rovo, onde un passero frulla
improvviso, si legge in un sasso:
QUI DORME PIA GIGLI FANCIULLA.
Radicchiella (1) dall'occhio celeste,
dianto di porpora, (2) sai,
sai, vilucchio, (3) di Pia? La vedeste,
libellule tremule, mai?
Ella dorme. Da quando raccoglie
nel cuore il soave oblio? (4) Quante
oh! le nubi passate, le foglie
cadute, le lagrime piante;
quanto, o Pia, si morì da che dormi
tu! Pura di vite, create
a morire, tu, vergine, dormi
le mani sul petto incrociate. (5) Dormi, vergine, in pace: il tuo lene
respiro nell'aria lo sento
assonare al ronzio delle andrene,(6)
coi brividi brevi del vento.
Lascia argentei il cardo al leggiero
tuo alito i pappi (7) suoi come
il morente alla morte un pensiero,(8)
vago, ultimo: l'ombra d'un nome.
****
1) Cicoria selvatica che mette un piccolo fiore azzurro
2) Il garofano dei campi
3) Il convolvolo
4) La morte
5) Sei rimasta fanciulla, e non hai creato altre vite destinate a morire
6) Api selvatiche. Il fruscio del vento diventa il sospiro della fanciulla, come se dormisse.
7) I semi disseminati dal vento
8) Il pensiero della vita
Dei Sepolcri - commento critico e analisi ai versi
Il Carme fu composto nel 1806 a Milano e pubblicato nel 1807. è indirizzato a Pindemonte, con cui Foscolo aveva avuto a Venezia una discussione sul valore delle tombe.
DEORUM MANIUM IURA SANCTA SUNTO. (1)
("I diritti degli dèi Mani siano sacri". Nella religione romana i Mani sono i defunti).
All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? (2)
2) "Il sonno della morte è forse meno profondo se la tomba è ombreggiata da cipressi e se il sepolcro è confortato dal pianto dei cari rimasti in vita?" la domanda retorica equivale a una negazione: la cura della tomba e il pianto dei vivi non servono al morto, perché non possono evitare che la morte sia totale annullamento.
Ove più il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò più il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né più cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a ma vita raminga,
qual fia ristoro a' di perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte? (3).
3) "Quando per me che sarò morto e non sentirò più nulla, il sole non feconderà più la terra, facendo generare questa bella famiglia di esseri vegetali e animali, e quando le ore future non danzeranno dinanzi a me, non mi offriranno alcuna aspettativa, attraenti per le promesse lusinghiere che esse recano con sé, e non udrò più da te, dolce amico Pindamonte, i tuoi versi regolati da una mesta armonia [Pindemonte era un Poeta di ispirazione malinconica] e la poesia e l'amore non parleranno più al mio cuore [le Muse sono dette vergini ad indicare l'elevatezza dell'ispirazione e il valore purificatore della Poesia], unico stimolo di vita spirituale ["spirto"] alla mia vita di esule, come potrà compensarmi dei giorni perduti ["dì perduti"] che non vivrò, una pietra tombale che distingua le mie ossa dalle infinite altre che la morte dissemina per terra e mare? [Il fatto di avere una tomba non compensa i beni della vita che l'uomo perde morendo].
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri (4); e involve
tutte cose l'obblio nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto (5); e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo (6).
4) Anche la speranza ("Speme") abbandona le tombe: cioè non vi è alcuna speranza di sopravvivenza dopo la morte.
5) la dimenticanza avvolge ogni cosa nelle sue tenebre, cancella ogni traccia degli esseri esistenti,e la forza della Natura, sempre all'opera li trasforma in un continuo travaglio ("affatica") distruggendo le forme assunte dalla materia e ricreando da esse forme diverse.
Parere di Lunaria: anche in de Sade, materialista convinto, in "Justine", appare questo discorso, della dissoluzione di ogni cosa, per opera della Natura-Matrigna, tema anche Leopardiano, del resto.
6) Il tempo muta e rende irriconoscibili ("traveste") l'uomo, le tombe, i resti mortali dell'uomo e i vari aspetti della terra e del cielo, che sono i residui di una catena di trasformazioni precedenti.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l'illusion che spento
pur lo sofferma a limitar di Site? (7)
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de' suoi? (8) Celeste è questa
corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; (9) e spesso
per lei (10) si vive con l'amico estinto,
e l'estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi una sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.(11)
7) "Ma perché l'uomo, prima che sia il momento di morire, dovrà privarsi dell'illusione (di poter sopravvivere), che lo trattiene al di qua della soglia della morte?" "Dite" è il Regno dei Morti nella mitologia classica. Anche se la ragione dimostra che la morte è la fine di tutto, l'uomo deve mantenere l'illusione di una sopravvivenza dopo di essa.
8) "Non continua a vivere anche sottoterra, quando la bellezza del mondo dei vivi ("giorno": il mondo della luce, delle persone vive) non potrà più parlargli, destar sentimenti, se può suscitare l'illusione di essere ancora vivo nella mente dei suoi attraverso un'affettuosa partecipazione?" Cioè l'uomo si illude di non morire del tutto se rimane nel ricordo dei suoi cari; per questo però è necessaria la tomba che tenga desta la memoria.
9) Questa corrispondenza affettiva tra il morto e i viventi è una dote divina per gli uomini, dà cioè una forma di immortalità che li accomuna agli Dèi.
10) "Per lei", ovvero grazia a questa corrispondenza.
11) "A patto che la terra che appena nato, accolse e nutrì l'uomo, offrendogli pietosamente l'ultimo rifugio nel suo grembo materno ("con la sepoltura"), rende sacri i suoi resti, preservandoli dall'azione distruttrice delle tempeste("insultar de' nembi") e dal piede profanatore del volgo, e a patto che una pietra tombale conservi il suo nome ed un albero amico ("arbore"), profumato di fiori, consoli le ceneri con le sue gradevoli ombre". Non è inutile, quindi, che la tomba sia protetta da ombre e un sasso serbi la memoria del nome. La terra è raffigurata in sembianze materne: morire, per Foscolo, è come rientrare nel grembo che ci ha generati.
Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna (12); e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra'l compianto de' templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'Iddio; ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura. (13)
12) "Solo chi non lascia tra i vivi nessuno che lo ami - si può intendere una persona arida e malvagia - non ricava nessun conforto dal pensiero di avere una tomba: non potrà sperare di sopravvivere nel ricordo."
13) Se spinge lo sguardo dopo le esequie, se cerca di immaginare ciò che sarà di lui dopo la morte, vede la sua anima errare tra i lamenti dei dannati nelle regioni infernali ("Templi Acherontei"): è un'eco degli Acherusia Templa di Lucrezio. "Templi" conserva il senso archaico del termine latino. "Rifugiarsi sotto le ali del perdono di Dio" si intende come pensare di essere salvato o dannato, "ma lascia i suoi resti alle ortiche di un angolo di terra deserta ("Gleba"), dove non viene a pregare nessuna donna che lo ami, né il passante solitario può sentire il sospiro che la natura manda dalla tomba, cioè, dalla tomba sembra fuoriuscire il sospiro del defunto, che esprime il desiderio di sopravvivere connaturato con l'uomo; è un concetto che proviene dall'Elegia di Thomas Gray: "Even from the Tomb the voice of Nature cries = anche dalla Tomba grida la voce della Natura".
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
contende (14). E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore; e t'appendea corone (15);
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de' buoi
che dagli antri abduani e dal Ticino
lo fan d'ozi beato e di vivande. (16)
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l'ambrosia, indizio del tuo Nume,
fra queste piante ov'io siedo e sospiro
il mio tetto materno (17). E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch'or con dimesse frondi va fremendo
perchè non copre, o Dea, l'urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d'ombre.(18)
14) "Nonostante questo alto significato delle tombe, oggi una nuova legge impone di seppellire i morti in cimiteri comuni fuori delle città e sottrae ad essi la possibilità di avere una lapide col loro nome." Foscolo si riferisce all'editto di Saint-Cloud, e a disposizioni analoghe, di ispirazione illuministica, che erano state adottate in precedenza dal governo austriaco. Difatti il Poeta Parini, morto nel 1799, era già stato sepolto secondo tali norme.
15) Parini, sacerdote di Talia, cioè poeta satirico (Talia era la Musa della Commedia), che cantando in suo onore, coltivò con costante amore nella sua povera casa un alloro (pianta sacra ad Apollo, Dio della Poesia), e le appendeva con corone in segno di devozione. L'immagine metaforica significa che Parini aveva un culto per la poesia, che praticava disinteressatamente, con totale dedizione, anche a prezzo della povertà.
16) La Musa ispirava l'ironia dei canti (l'opera "Il Giorno") con cui Parini colpiva i nobili lombardi oziosi e corrotti a cui stavano a cuore solo le proprietà, il muggito dei buoi che dalle stalle del Lodigiano e del Ticino li rendevano beati, procurando loro ozio e cibi pregiati.
Sardanapalo era un re assiro, noto per il suo lusso e la sua corruzione.
"Abduani" da "Abdua", nome latino di Lodi; qui Foscolo riproduce lo stile di Parini nel "Giorno", l'uso di termini aulici ed immagini ricercate per esprimere realtà prosaiche, a fini ironici.
17) "Fra questi tigli dove io siedo sospirando la mia patria, non sento diffondersi nell'aria il profumo di ambrosia, indizio della presenza divina della Musa."
L'ambrosia era l'unguento degli Dei. Accanto a Parini - che aveva incontrato in questo boschetto di tigli - sembrava al Poeta di sentire la Presenza Divina della Poesia; ora non la sente più, perchè Parini è morto.
18) "Tu (la Musa) venivi e sorridevi a Parini (in segno della tua benevolenza) sotto quel tiglio che ora, come intristito ("con dimesse fronde") freme perché non copre il sepolcro del vecchio poeta, a cui aveva già offerto generosamente, quando era in vita, tranquillità e ombra."
Ritorna l'immagine del sepolcro confinato dall'ombra degli alberi, ma in negativo: Parini non è sepolto sotto il tiglio, perché dall'editto di Saint-Cloud, erano state adottate leggi che imponevano di seppellire i morti in cimiteri comuni fuori dalle città, e Parini, morto nel 1799, era già stato sepolto secondo tali norme.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; (20) e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti. (21)
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse, e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la Luna,
l'upupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerea campagna,
e l'immonda accusar col luttuoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obbliate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. (23) Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto.
Una delle parti più sublime del Carme, a mio parere, e che riecheggia dello stile sepolcrale e oscuro delle Tragedie Foscoliane.
Vediamo meglio i significati:
19) "Forse tu, Musa, vaghi tra le tombe plebee dei cimiteri suburbani, cercando la tomba del tuo Parini?". Ricordiamo che precedentemente Foscolo aveva immaginato Parini, mentre omaggiava la Musa della Commedia, Talia. Spicca la contrapposizione tra il "capo sacro" del poeta e i tumuli "plebei": Foscolo vuole dire: "Il corpo dell'uomo insigne e illustre è profanato dalla mescolanza con i corpi di persone ignobili".
20) "La città corrotta di Parini, Milano, che attira e compensa con successo i cantanti evirati, e non ha dedicato al poeta Parini neppure una tomba, dei cipressi che la ombreggiassero, o un'epigrafe ("Parola") che lo ricordasse." Nel Settecento i cantanti lirici evirati da fanciulli, in modo che conservassero la voce bianca per le parti femminili, erano dei veri e propri divi, che godevano di enorme successo. Contro questa usanza, Parini si era scagliato nell'Ode "La Musica".
21) Parini, in obbedienza alle norme vigenti, fu sepolto nel campo comune del cimitero di Porta Comasina, in cui venivano gettati anche i cadaveri dei giustiziati. Per rendere questo a livello poetico, Foscolo immagina che un ladro appena giustiziato sul patibolo, insanguini le ossa del poeta Parini, con il suo capo mozzato. Foscolo vuole mettere in evidenza come le norme sulle sepolture violino tutti i valori più sacri, impedendo che le tombe degli uomini insigni ed illustri esercitino la loro funzione di esempio, spronando all'imitazione.
22) "Tra le macerie di tombe in rovina e gli sterpi ("Bronchi") che crescono fra di esse, si sente raspare la cagna randagia ("derelitta")che vaga tra le fosse e ulula famelica; e si vede un'upupa uscire da un teschio, dove si era rifugiata per sfuggire alla luce lunare, svolazzando tra le croci sparse per il campo del cimitero, e si sente l'immondo uccello lanciare il suo lugubre verso, con il quale sembra rimproverare le stelle perché illuminano con il loro raggio pietoso le sepolture dimenticate."
L'upupa, nella tradizione, era -erroneamente- creduta uccello notturno e luttuoso.
Tutta questa strofa rimanda al gusti cimiteriale della Poesia Inglese, Young e Gray, ma anche ai "Canti di Ossian", o lo stesso Parini della "Notte" e il Monti della "Bassvilliana".
Personalmente, tenterei anche un confronto con alcune delle Poesie Rinascimentali Italiane perché fascinazioni sepolcrali si ritrovano anche in poeti come Matteo Bandello, Giovanni Guidiccioni, Giovan Battista Strozzi, Luigi Tansillo http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/05/luigi-tansillo.html, tutti del 1500 (che in un certo senso, anticipano la Poesia Cimiteriale Inglese!).
23) Foscolo si rivolge sempre alla Musa Talia: "Invano invochi dalla notte arida delle rugiade sulla tomba del poeta". La rugiada può essere vista simbolicamente come un pianto che conforti la sepoltura.
24) Sui morti non spuntano fiori, se l'estinto non riceve le cure dei vivi che lo onorano con le loro lodi e lacrime, segni del loro amore. La Pietas verso i morti è dovere della civiltà umana, perché la Natura (ecco di nuovo il riferimento alla Natura Matrigna, tipico anche del Leopardi) è impietosa, e prosegue nella sua opera di decomposizione e di distruzione.
Dal dì che nozze e tribunali ed are
dietro alle umane belve esser pietose
di sé stesse e d'altrui, toglieano i vivi
all'etere maligno e alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina. (25)
Testimonianza a' fasti eran le tombe,
ed are a'figli; e uscian quindi i responsi
de' domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:(26)
religion che con diversi riti
le virtù patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d'anni (27).
Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
fean pavimento; né agl'incensi avvolto
de' cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; (28) né le città fur meste
d'effigiati scheletri (29): le madri
balzan ne' sonni esterefatte, e tendono
nude le braccia su l'amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
del santuario. (30)
25) "Da quando le istituzioni della famiglia ("Nozze"),
della Giustizia ("Tribunali") e della religione ("Are" = "Altari") consentirono agli uomini, che allo stato primitivo erano come belve feroci, di aver pietà e rispetto di se stessi e dei propri simili, i vivi sottraevano all'azione distruttrice della Natura (aria e belve feroci) i miseri resti dei cadaveri, che esposti all'azione della Natura, che con un ciclo di continua trasformazione della materia ("Veci eterne"), destina ad assumere altre forme."
Il rispetto dei morti è per Foscolo un segno di incivilimento, insieme alle altre istituzioni fondamentali delle civiltà. è un concetto ripreso dalla "Scienza nuova" di Vico.
26) "Le tombe erano testimonianza delle glorie del passato ("Fasti") e altari per i figli (i defunti venivano venerati come Dèi); dalle tombe venivano i responsi dei defunti, divenuti Lari, divinità domestiche, e il giuramento pronunciato sulle ceneri degli antenati era considerato sacro." Foscolo elenca alcuni esempi della funzione civile delle tombe nelle società del mondo antico.
27)"Le virtù tradizionali, congiunte con la pietà, tramandarono per una lunga serie di anni questo culto religioso dei morti, in diverse forme ("Diversi riti")." Intorno al culto dei morti si concentrano tutti i valori di una civiltà, poichè le tombe serbano il ricordo del passato.
28) "Non sempre i defunti erano sepolti nelle chiese (le lapidi facevano da pavimento alle chiese), né il puzzo dei cadaveri, mescolato al profumo dell'incenso contaminò i fedeli che pregavano (come avveniva nel Medioevo)".
29) Né le città eran rattristate dalle raffigurazioni di scheletri. Pitture e sculture di scheletri erano diffuse nel Medioevo, le Totentanz, per ricordare che l'uomo è creatura mortale e deve distaccarsi dai beni del mondo.
30) Foscolo esamina gli effetti psicologici della presenza ossessiva della morte nella civiltà cristiana del Medioevo: "Le madri balzano terrorizzate dal sonno e protendono le braccia nude a proteggere il figlio lattante, affinchè non lo destino i lunghi gemiti di un defunto che chiede agli eredi di far celebrare a pagamento delle messe a suffragio della sua anima."
L'aggettivo "Venal" traduce l'atteggiamento sprezzante di Foscolo contro i preti che si fanno pagare per recitare preghiere per i defunti. L'allusione agli "eredi" viene interpretata a questo modo: il familiare ha lasciato un'eredità, ma esige in cambio, con quel denaro, delle messe, e terrorizza gli eredi per averle.
Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l'urne
per memoria perenne, e preziosi
vasi accogliean le lacrime votive. (31)
Rapian gli amici una favilla al Sole
a illuminar le sotterranea notte,
perchè gli occhi dell'uom cercan morendo
il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce (32).
Le fontane versando acque lustrali, (33)
amaranti educavano (34) e viole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte e a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentìa qual d'aura de' beati Elisi. (35)
Pietosa insania, che fa cari gli orti
de' suburbani avelli alle britanne
vergini dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
che tronca fe' la trionfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara. (36)
Ma ove dorme il furor d'inclite geste
e sien ministri al vivere civile
l'opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell'Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti. (37)
31) Alle costumanze cristiane del Medioevo, che ritiene barbariche, Foscolo contrappone come più civil quelle pagane dell'età classica: "Cipressi e cedri, impregnando l'aria primaverile ("zefiri") di puri profumi (in contrapposizione con il lezzo dei cadaveri nella chiese) protendevano sulle tombe i loro rami dal verde perenne, simbolo del perenne ricordo, e preziosi vasi raccoglievano le lacrime votive" (si credeva che i vasi lacrimali trovati nelle tombe pagane servissero a raccogliere le lacrime versate dai famigliari; in realtà contenevano profumi).
32) "Gli amici sottraevano una favilla al Sole per illuminare l'oscurità delle tombe (era uso degli antichi porre nelle tombe sotterranee delle lampade votive, simbolo di vita) perché l'uomo morendo cerca la luce, e tutti mandano un sospiro di rimpianto alla luce che li abbandona." Per Foscolo l'idea della morte nel mondo classico è collegata con la luce: la vita ("Armonia del giorno") vince sulla morte.
33) Lustrali = Purificatrici
34) Educavano = facevano crescere
35)"Chi sedeva presso il sepolcro a spargervi latte (secondo l'uso rituale antico) o a raccontare le sue pene ai suoi cari defunti, sentiva intorno un profumo (di fiori, di unguenti) come se si trovasse nei Campi Elisi, dove stanno i beati". Torna il motivo della "corrispondenza d'amorosi sensi" tra i vivi e i morti. La sepoltura pagana, nella sua cornice serena e luminosa, associa alla morte l'idea di un rapporto affettuoso con i vivi e l'idea della pace e della felicità; mentre la sepoltura cristiana evoca l'idea paurosa di atroci sofferenze ("Gemer lungo").
36) Questa sensazione di trovarsi insieme con il caro defunto, grazie alla cornice serena e ridente della sepoltura, è una follia, un'illusione ("Insania") che nasce dall'amore e dalla pietà per essi; una analoga illusione rende cari alle fanciulle inglesi i giardini dei cimiteri suburbani, dove le spinge l'amore per la madre perduta, ma dove pregano anche i Geni protettori della patria affinché concedano clementi il ritorno all'eroe nazionale, l'ammiraglio Nelson, impegnato nella guerra contro Napoleone. Nelson aveva fatto tagliare l'albero maestro ("Maggior pino") alla nave ammiraglia francese ("La trionfata nave" = "la nave vinta") dopo la battaglia di Abikir (1798) e se ne era fatta una bara.
37) Ma in quei paesi (come l'Italia) in cui è spento l'ardore di gesta eroiche ("Inclite = illustri") e la vita civile è dominata solo dalla smania di arricchirsi ("Opulenza") e dalla paura servile dinnanzi al potere ("Tremore"), colonne funebri ("Cippi") e tombe di marmo sono solo inutile sfoggio ("Pompa") e malaugurate immagini di morte ("Inaugurate": "in" è prefisso negativo; "Orco" è l'aldilà pagano); vale a dire che le tombe non sono esempi di virtù civile e stimolo all'azione.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude (38). A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l'amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l'esempio. (39)
38) "I ceti dirigenti del Regno d'Italia sono già sepolti, pur essendo ancora vivi, nelle regge dove costantemente si piegano ad adulare i dominatori, e come unico motivo d'onore ("Laude") hanno i titoli nobiliari (ereditati da antica data, o concessi di recente da Napoleone)." Gli intellettuali, i ricchi commercianti e i nobili ("Il dotto, e il ricco ed il patrizio vulgo") erano i tre collegi elettorali del Regno Italico. Sono definiti spregiativamente "vulgo" perchè per Foscolo non hanno la dignità di una vera classe dirigente. Così è sarcastica la definizione di "Decoro e mente" ("Onore e intelligenza") come l'epiteto "Bello" attribuito al regno napoleonico d'Italia.
39) Alla viltà servile dei suoi compatrioti Foscolo contrappone la propria figura di uomo libero. Il passaggio logico rispetto a ciò che precede è: i ceti dirigenti italiani sono già morti quando sono ancora vivi; "per me invece la morte prepari un rifugio di pace ("Riposato albergo"), dove finalmente la sorte cessi di perseguitarmi, e gli amici ("Amistà" = "Amicizia")raccolgano come mia eredità non ricchezze, ma appassionati sentimenti e l'esempio di una poesia che conservi il senso della libertà e della dignità umana." Per il motivo della morte come rifugio di pace, si leggano i Sonetti di Foscolo "Alla sera" e "In morte del fratello Giovanni". Se le tombe dei suoi compatrioti sono inutili, dalla sua tomba deve scaturire un esempio civile: l'affermazione offre al poeta lo spunto per passare a trattare, nei versi successivi, della funzione di esempio che possiedono le tombe dei grandi uomini.
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, O Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta.(40) Io quanto il monumento
vidi (41) ove posa il corpo di quel grande,
che temprando lo scettro a' regnatori,
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue (42);
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti (43); e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
più mondi, e il Sole irradiarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento (44);
40) Le tombe dei grandi uomini infiammano gli animi nobili a compiere grandi azioni e rendono bella e sacra allo straniero la terra che le accoglie. Come esempio di questa massima, propone subito le tombe di Santa Croce a Firenze.
41) Comincia di qui un ampio inno a Firenze. "Io, quando vidi le tombe di Santa Croce gridai: Beata te, Firenze, sia per la bellezza del tuo paesaggio, sia per le tue glorie letterarie, ma soprattutto perché accogli in quel tempio le glorie italiane, le uniche rimaste da quando cominciò il declino politico dell'Italia e la dominazione straniera."
42) "Quando vidi la tomba dove riposa Machiavelli, quel grande che, insegnando (nel "Principe") ai regnanti l'arte di governare ("Temprando lo scettro"), ne toglie gli allori (cioè priva il potere regale delle apparenze di gloria che lo circondano) e rivela ai popoli come il potere si fondi sulle sofferenze imposte ai sudditi ("Lagrime")e sui delitti ("Sangue"). Foscolo riprende qui l'interpretazione Obliqua" del "Principe", già comparsa nel Sei e Settecento, secondo cui Machiavelli, con il pretesto di dar consigli ai principi, avrebbe avuto l'intenzione di svelarne la crudeltà.
43) è sempre retto da "Vidi": "Ed il sepolcro di Michelangelo che innalzò a Roma la cupola di San Pietro" (per la sua mole immensa paragonata al Monte Olimpo, sede degli dèi greci). Si osservi il classicismo laico di Foscolo, che designa in termini pagani il massimo tempio della cristianità.
44) La tomba di Galileo, che mediante il telescopio vide più pianeti ruotare nella volta celeste ("Etereo padiglion") e il sole illuminarli immobile, aprendo così per primo le vie della ricerca astronomica all'inglese Newton, proseguendo sulla strada da lui tracciata, formulò le leggi della gravitazione universale.
Te beata, gridai (45), per le felici
aure pregne di vita, e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Apennino! (46)
Lieta dell'aer tuo (47) veste (48) la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d'oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi (49):
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco (50),
e tu i cari parenti e l'idioma
desti a quel dolce di Calliope labbro (51)
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste.(52)
Ma più beata ché in un tempio accolte
serbi l'itale glorie (53), uniche forse
sa che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t'invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.(54)
45) "Gridai" è il verbo principale.
46) "Gridai felice te, Firenze, per la tua aria salubre e vivificatrice, e per le acque pure dei fiumi e dei ruscelli ("Lavacri") che l'Appennino versa a te dai suoi gioghi!"
47) "Lieta del tuo cielo terso"
48) "Veste" = "Riveste"
49) "Mandano al cielo mille profumi di fiori"
50) Dopo le bellezze naturali, il Poeta torna a cantare le glorie culturali di Firenze: "Tu per prima udisti il poema che alleviò lo sdegno di Dante esule". Foscolo accoglie la tradizione secondo cui Dante è definito "Ghibellin" perché sostenne l'indipendenza dell'imperatore dal papa e fu fautore della restaurazione del potere imperiale in Italia; in realtà nella sua attività politica in Firenze, Dante fu vicino ai Guelfi bianchi. Foscolo immagina che nella poesia Dante abbia trovato sollievo all'amarezza dell'esilio e allo sdegno per la corruzione della sua città e dell'Italia.
51) "Tu, Firenze, desti i genitori e la lingua a Petrarca, attraverso la cui bocca sembrava parlare la dolce voce della musa Calliope". Petrarca nacque nel 1304 ad Arezzo da genitori fiorentini ed usò la lingua fiorentina per il suo "Canzoniere". Calliope è propriamente la musa dell'Epica, ma qui sta ad indicare la poesia in genere.
52) Petrarca nella sua poesia spiritualizzò l'amore, che nella poesia classica era sensuale ("Nudo"); in tal modo la restituì a Venere celeste, Dea degli amore casti e spirituali, ed una Venere terrestre, Dea degli amori sensuali.
53) Ma soprattutto Firenze è beata, perché conserva in una chiesa (Santa Croce) le glorie italiane (le tombe dei grandi sopra menzionate)
54) Tali glorie del passato sono forse le uniche rimaste all'Italia da quando i confini delle Alpi mal difesi e la legge ineluttabile delle sorti umane (che ora innalza i prodi ora li fa decadere) hanno fatto sì che gli stranieri la spogliassero delle armi, della ricchezza, della sua religione ("Are") della libertà nazionale, ("Patria") e, tranne le memorie del passato, di tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all'Italia,
quindi trarrem gli auspici (55). E a questi marmi (56)
venne spesso Vittorio (57) ad ispirarsi.
Irato a' patrii Numi, errava muto
ove Arno è più deserto, i campi e il cielo
desioso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura
qui posava l'austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.(58)
Con questi grandi abita eterno (59), e l'ossa
fremono amor di patria (60). Ah sì! da quella
religiosa pace un Nume parla:
e nutrìa contro a'Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
la virtù greca e l'ira (61). Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubèa (62),
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor (63), corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna (64); e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube (65),
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a'moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. (66)
Felice te che il regno empio de' venti,
Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi! (67)
55) "Se un giorno tornerà a risplendere una speranza di gloria per gli animi generosi e per l'Italia, di qui verremo a trarre ispirazione ad agire". La speranza di gloria allude alla lotta per la rinascita dell'Italia. Foscolo riprende qui la massima generale enunciata all'inizio di questa sezione: "A egregie cose il forte animo accendono/l'urne de' forti" conferendole un preciso valore politico in riferimento ad una situazione particolare.
56) Alle tombe di Santa Croce.
57) Il Poeta Alfieri. L'uso del nome proprio sottolinea come in Alfieri, Foscolo veda un'anima fraterna, con i suoi stessi sentimenti.
58) "Irato contro gli dèi protettori della patria, (perché sono indifferenti dinnanzi alla sua degradazione), errava in silenzio nei luoghi più deserti in riva all'Arno guardando i campi e il cielo, desideroso di trovarvi un conforto alle proprie delusioni politiche; e poiché nessun aspetto del mondo dei vivi alleviava la sua pena ("Gli molcea la cura"), quell'uomo austero veniva a fermarsi tra le tombe dei morti a Santa Croce, ed aveva sul volto il pallore della morte vicina e la speranza di una rinascita futura dell'Italia." La speranza di Alfieri è suscitata dalla vista delle tombe dei grandi uomini.
59) Anche Alfieri è sepolto in Santa Croce.
60) Dalle ossa di Alfieri sembra ancor provenire il fremito di amor di patria che lo animava in vita.
61) Con trapasso improvviso, Foscolo collega le tombe di Santa Croce alle tombe di Maratona: "Dalla pace di Santa Croce spira un senso religioso di amor di patria; questo stesso spirito alimentò il valore e l'ira dei Greci contro i Persiani a Maratona, dove Atene consacrò le tombe dei suoi guerrieri". Nella battaglia di Maratona (490 a.C) i Greci fermarono i Persiani che avevano invaso la Grecia. La religione che spira dalla chiesa di Santa Croce per Foscolo non è lo spirito religioso cristiano, ma la religione dell'amor di patria: è una delle numerose manifestazioni di spirito fortemente laico presenti nel Carme.
62) A partire da questo punto, viene rievocata la battaglia di Maratona. Lo spunto è preso dallo scrittore greco Pausania, che afferma che i naviganti, passando di notte lungo l'isola di Eubea (che è di fronte alla pianura di Maratona) vedevano ombre di guerrieri rinnovare la battaglia. Questo scontro notturno di fantasmi però risponde a un gusto lugubre, ossianesco e preromantico.
63) I roghi dei cadaveri ("Pire") emanano fumo misto a bagliori di fiamme ("Igneo vapor")
64) Vedeva fantasmi ("Larve") di guerrieri luccicanti ("Corrusche") d'armi ferree cercare la battaglia.
65) Tube = Trombe (Latinismo)
66) "Il pianto dei vinti e gli inni dei vincitori." Le Parche erano le Dee che filavano il filo della vita umana; col loro canto vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e dei morenti.
67) Come i luoghi della battaglia di Maratona serbano ancora la memoria degli antichi fatti gloriosi, così la serbano i luoghi dell'Asia minore dove si svolse la guerra di Troia. Per questo Pindemonte è stato fortunato per aver potuto visitare quei luoghi nei suoi viaggi giovanili e per aver sentito riecheggiare in essi le imprese degli eroi omerici. "Il regno ampio de' venti" è il mare (immagine omerica).
E se il piloto ti drizzò l'antenna
oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
certo udisti suonar dell'Ellesponto
i liti (68), e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l'armi d'Achille
sovra l'osse d'Aiace (69): a' generosi
giusta di glorie dispensiera è morte; (70)
né senno astuto, né favor di regi
all'Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l'onda incitata dagl'inferni Dei. (71)
68) "E se il timoniere indirizzò la nave ("Antenna" è l'albero che regge le vele) oltre alle isole Egee, certo udisti le rive dell'Ellesponto (lo stretto dei Dardanelli, presso cui sorgeva Troia) risuonar delle antiche gesta."
69) "A Pindemonte, immagina il poeta, sembra ancor di sentire muggire la marea che riportò le armi di Achille sulle ossa d'Aiace, giacenti sul promontorio Reteo, vicino a Troia." Alla morte di Achille le sue armi sarebbero dovute toccare al più forte dopo di lui, Aiace; ma Ulisse, con astuti raggiri, riuscì a farle assegnare ingiustamente a sé. Aiace, per il dolore, impazzì e tornato in sé si uccise. Ma mentre Ulisse tornava in patria, una tempesta lo fece naufragare, riportando le armi sul sepolcro di Aiace.
70) "La morte distribuisce equamente la gloria agli animi generosi". La tomba, conservando il ricordo dell'uomo garantisce il riconoscimento dei meriti ed il trionfo della giustizia, anche se la grandezza era stata misconosciuta in vita. Infatti Aiace col suo suicidio, ottenne il giusto riconoscimento del proprio valore, sia pure nella memoria dei posteri.
71) "Né l'astuzia (con cui si era fatto assegnare le armi) né il favore dei re (Agamennone e Menelao) consentirono ad Ulisse ("all'Itaco") di conservare le spoglie di Achille, difficili da ottenere ("Ardue" perché per ottenerle occorreva essere guerrieri valorosi), poichè il mare, sconvolto dagli dèi infernali, le tolse alla nave di Ulisse che vagava durante il ritorno in patria ("Raminga").
E me che i tempi ed il desio d'onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici (72).
Siedon custodi de' sepolcri e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l'armonia
vince di mille secoli il silenzio.(73)
Ed oggi nella Tròade inseminata (74)
eterno splende a' peregrini (75) un loco
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàardano figlio
onde fur troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della Giulia gente. (76)
Però che quando Elettra udì la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo (77): E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie (78), e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati (79),
la morta amica almen guarda dal cielo
onde (80) d'Elettra tua resti la fama.
Così orando (81) moriva. E ne gemea
l'Olimpio (82); e l'immortal capo accennando (83)
piovea dai crini (84) ambrosia (85) su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
72) "Le Muse, animatrici della vita spirituale degli uomini, chiamino me a celebrare gli antichi eroi, me che i tempi, sfavorevoli agli animi generosi e amanti della libertà, ed il desiderio di gloria fanno vagare esule tra diversi popoli."
Gli eroi antichi, come Aiace, hanno ricevuto la giusta gloria dopo la morte grazie al canto dei poeti; anch'io -pensa Foscolo- desidero essere chiamato dalle Muse a cantare gli eroi. Il poeta intende continuare l'opera dei poeti del passato, come Omero. Il compito di celebrare l'eroismo, per Foscolo, deve toccare a un poeta come lui che rifiuta la viltà dominante nella cultura della sua epoca ed è animato da spirito eroico, e paga per questo il prezzo dell'esilio.
73) "Quando il tempo distrugge le tombe e ne cancella persino le rovine, la poesia eredita la loro funzione di conservare la memoria e ridà vita al deserto col suo canto che vince la dimenticanza per mille secoli." Le Muse sono dette "Pimplèe" dal monte Pimpla in Tessaglia, dove era una fonte ad essa sacra. Le ali del tempo sono "fredde" perché suscitano un vento freddo: il tempo distrugge la vita. I "Deserti" sono metafora dell'abbandono e della dimenticanza in cui cadono le cose quando il tempo cancella le tracce della vita di un popolo e della sua civiltà. "Lieti" vale "Fertili, ricchi di vegetazione" secondo l'uso latino ("Pabula Laeta" = "Pascoli rigogliosi" in Lucrezio).
74) La regione di Troia, oggi divenuta un deserto. La Poesia subentra alle tombe nel compito di salvare le memorie del passato. Dove un tempo sorgeva Troia, ora è il deserto. Ma quel luogo resterà famoso in eterno, perchè cantato da Omero.
75) Visitatori stranieri.
76) La Troade è divenuta eterna grazia alla ninfa Elettra, che diede a Giove un figlio, Dardano, da cui ebbe origine la stirpe troiana. Assaraco (padre di Anchise, a sua volta padre di Enea), i cinquanta figli di Priamo,("Talamo" è il letto matrimoniale) e L'Impero Romano (fondato da Cesare, dalla gente Giulia, che si vantava di discendere da Iulo, figlio di Enea).
77) "Perché quando Elettra sentì la Parca che la chiamava dall'aria e dalla luce del mondo dei vivi ("Vitali aure del giorno") ai cori dei beati nei Campi Elisi, innalzò a Giove un'ultima preghiera."
La Parca è Atropo, che tronca il filo della vita.
78) Le dolci notti d'amore.
79) "E la volontà del fato non mi consente sorte migliore" cioè l'immortalità.
80) "Onde" = "Affinchè"
81) Pregando
82) Giove, Re dell'Olimpo.
83) Annuendo.
84) Capelli
85) L'ambrosia era l'unguento degli di che preservava i corpi dalla corruzione.Con questo Giove consacra il corpo e la tomba di Elettra, rendendone eterna la memoria, come la ninfa aveva chiesto.
86)"Fe'" = "Fece"
Ivi posò Erittonio (87), e dorme il giusto
cenere d'Ilo (88); ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato (89);
ivi Cassandra (90), allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dì mortale,
venne, e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento ai giovinetti (91).
E dicea sospirando: Oh, se mai d'Argo,
ove al Tidide e di Laerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete (92)! Le mura opra di Febo
sotto le lor reliquie fumeranno (93).
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe (94); ché de' Numi è dono
serbar nelle miserie altero nome (95).
87) Riposò, fu sepolto, Erittonio, figlio di Dardano.
88) Ilo, il figlio di Erittonio; sono i progenitori della stirpe troiana.
89) Sulla tomba di Elettra, in cui riposano anche i suoi discendenti, venivano le donne troiane, ("Iliache") a piangere e a pregare per allontanare dai loro mariti la morte che incombeva su di essi; ma invano, perché ben presto Troia sarebbe caduta.
90) Cassandra è figlia di Priamo. Aveva respinto l'amore di Apollo che la punì dandole la facoltà profetica, ma con la condanna di non essere mai creduta.
91) "Cassandra, quando la forza profetica del Dio Apollo le faceva predire la caduta di Troia, venne alle tombe dei progenitori e cantò alle ombre dei sepolti un inno colmo di pietà e affetto ("Carme amoroso") e vi conduceva una schiera di nipoti, insegnando il mesto inno pietoso ai giovinetti".
Cassandra vuole educare i giovinetti, costretti a breve alla schiavitù, alla memoria della loro civiltà.
92) "Se mai il cielo vi consentirà di tornare a Troia dalla Grecia dove come schiavi porterete al pascolo i cavalli di Diomede (figlio di Tideo) e di Ulisse figlio di Laerte, cercherete invano la vostra patria". Era uso nel mondo antico rendere schiavi i vinti.
93) "Le mura di Troia, costruite da Apollo, fumeranno ancora sotto le loro rovine"
94) "Anche se la città sarà distrutta, resteranno ("Avranno stanza") qui nelle loro tombe gli antichi progenitori ("Penati")".
95) "è privilegio degli Dèi conservare il loro onore ("Altero nome") anche nelle sventure"
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto!
di vedovili lagrime innaffiati (96),
proteggete (97) i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti
e santamente toccherà l'altare (98).
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete
mendico un cieco (99) errar sotto le vostre
antichissime ombre (100), e brancolando
penetrar negli avelli (101), e abbracciar l'urne (102),
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti (103), e tutto narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far più bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelidi (104). Il sacro vate (105),
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno (106).
E tu onore di pianti, Ettore, avrai
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finchè il Sole
risplenderà su le sciagure umane (107).
Ho desunto questo modo di poesia de' Greci i quali dalle antiche tradizioni traevano sentenze morali e politiche, presentandole non al sillogismo de' lettori, ma alla fantasia ed al cuore. Lasciando agl'intendenti di giudicare sulla ragione poetica e morale di questo tentativo, scriverò le seguenti note onde rischiarare le allusioni alle cose contemporanee, ed indicare da quali fonti ho ricavato le tradizioni antiche.
96) "E voi, palme e cipressi che le nuore di Priamo piantano, e crescerete presto bagnati dalla lacrime delle vedove".
97) Torna il motivo delle ombre degli alberi che proteggono le tombe e delle lacrime che le bagnano.
98) "Chi fra i Greci vincitori si asterrà pietosamente dall'abbattere questi alberi sacri sarà risparmiato dai lutti domestici e potrà accostarsi agli altari degli Dèi" non essendo contaminato da un sacrilegio; mentre chi non rispetterà le piante sacre sarà punito dagli dèi e sarà considerato impuro.
99)è il poeta Omero, che secondo la tradizione, era cieco. Foscolo immagina che il poeta vada ad interrogare le tombe dei progenitori di Troia per trarre ispirazione al suo canto. Il motivo del poeta che si ispira alle ombre dei defunti deriva dai poemi di Ossian: col classicismo grecizzante, si fondono spunti preromantici.
100) Omero verrà in quei luoghi dopo lungo tempo, quando gli alberi saranno ormai antichi. Ciò sottolinea come le tombe preservino le memorie del passato dal trascorrere del tempo.
101) Sepolcri.
102) I vasi contenenti le ceneri dei progenitori.
103) "Le cavità più interne dei sepolcri (si tratta di tombe sotterranee) risuoneranno del lamento dei Penati per le sventure delle loro città."
104) "Le ombre dei padri narreranno la storia di Troia, rasa al suolo due volte (da Ercole e dalle Amazzoni), e risorta due volte più splendida delle rovine deserte, ma solo per rendere più bella la vittoria dei Greci, che per volontà del Fato la distruggeranno definitivamente." I Pelidi erano Achille, figlio di Peleo, e suo figlio Pirro.
105) Il Sacro Vate è Omero. Per Foscolo la funzione del Poeta è sacra. Anche Parini era definito "sacerdote" della Musa.
106) Omero cantando la guerra di Troia "placherà il dolore delle ombre dei padri, che sono afflitte per la rovina della loro città - la poesia ha la funzione di consolare il dolore - e al tempo stesso renderà eterna la fama dei principi greci ("Argivi") per tutte le terre circondate dall'Oceano, il grande fiume che secondo la mitologia greca circondava la terra - la poesia ha la funzione di eternare la gloria -"
107) "Anche tu sarai onorato e pianto, Ettore, in tutti i luoghi in cui il sangue versato per la patria sia sacro e compianto, e per tutti i tempi, finchè gli uomini, soffrendo, sapranno compiangere le sofferenze degli altri uomini." Il poeta eternerà non solo la gloria dei vincitori, ma anche quella degli sconfitti: funzione della poesia è anche ispirare la pietà per le sofferenze.
Commento del Momigliano ai Sepolcri:
"Su tutto il carme si stende la religiosa pace di un cimitero... Qui gli uomini e la terra sono veduti, più che come vivi e dimora dei vivi, come ombre auguste e lontane e come ricetto sacro di queste ombre; e la vita acquista la sua santità dalla morte, e solo perché noi abbiamo dietro di noi una schiera di grandi morti pare che noi dobbiamo vivere o operare. Il carme si svolge in mezzo ad un remoto silenzio, dove i morti parlano e i vivi ascoltano riverenti. La Morte semina di infinite ossa la terra e il mare, una forza operosa avvicenda senza tregua i nati e gli istinti, la potenza si tramuta di popolo in popolo, le sembianze della terra e del cielo si cambiano perennemente; in mezzo a questa fiumana triste ove tutto si trascolora, si dissolve, si cancella, una cosa sopravvive, immortale: la magnanimità dell'uomo, meglio - la poesia che canta la magnanimità dell'uomo: vince di mille secoli il silenzio"
Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/06/ugo-foscolo-una-poesia-inedita.html http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/01/ugo-foscolo-due-lettere.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/01/nuovi-commenti-allopera-del-foscolo.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/03/i-sepolcri-in-uno-stralcio-dei-delly.html
Federico de Roberto e Arturo Graf
Federico de Roberto, "Donato del Piano"
Grigia, minuta, a larghe falde piove la cenere dal cielo ottenebrato e ricopre la terra, e seppellisce i viventi.
Nei campi agguagliati, piccole elevazioni indicano il posto di una tomba; ma ben presto quelle pieghe si livellano anch'esse, e per l'immenso cimitero del mondo niun segno distingue più la cenere della terra dalla cenere delle generazioni mietute.
Qualche verso di Arturo Graf...un Poeta del 1800.
"Al Novo Giorno"
Chi è che sa dirmi al vero
ov'abbian lor Cimitero i giorni che più non sono?
"Superstite"
Della chiesa superba
questo avanzo rimane,
quattro livide mura,
un arco immane,
la distesa scalea, vestita d'erba.
Dal cielo guata la luna l'ignudo altar
gl'inscritti sepolcri
e il muto pulpito e i diritti pilastri
cui la fosca edera abbruna,
e gli altri vaneggianti finestroni all'ingiro,
ove sui fondo oro e di zaffiro
un giorno sfavillar
Madonne e Santi.
Tra le deserte mura tutto è silenzio e morte
d'una vita che fu, d'un altra sorte
un solo e vivo testimonio or dura dietro
alla vota occhiaia dell'oriuolo incombe
alla ruina e le forbite trombe ancor lo smisurato
organo appaia.
Ancor grandeggia e brilla sotto la buia volta,
e par che intuoni a un popolo che ascolta
l'orror del Dies Irae Dies Illa.
Me ne' fianchi l'intendo fiato più non comprime,
più non rompe terribile e sublime
dalle cento sue bocche il canto immenso
e sol malora, quando nei cilindri sonori s'ingorga un venticel,
l'aria di fuori freme d'un canto doloroso e blando.
E sulla sponda estrema della grigia parete
alcun pallido fior morto di sete
sul flessuoso stel palpita e trema.
"Fantasmi"
Mezzanotte: fremendo l'orïuolo
i lenti squilli nel silenzio esala;
è mezzanotte; pensieroso e solo
io seggo in mezzo alla profonda sala.
Splende d'un lume abbacinato e fioco
delle finestre il gotico traforo;
come una nebbia di stemprato foco
raggian nel buio i lacunari d'oro.
Nel ciel cui spazza il gelido rovaio,
dietro i frastagli d'una guglia bruna,
come uno scudo di forbito acciaio
il disco sale della colma luna.
È mezzanotte; una mortal quïete
il freddo e sonnolento aere ingombra;
un organo s'addossa alla parete,
e con le terse canne allistan l'ombra.
Io guardo innanzi a me lo steso arazzo,
e a poco a poco, trasparenti e pure,
veggo apparir sul fondo pavonazzo,
colorirsi e passar care figure.
Larve di donne innamorare e morte,
coronate di gigli e d'amaranti,
belle, soavi, in cheta estasi assorte,
piene di carità nei lor sembianti.
Passan lente e leggiere, in compagnia,
e tornano a vanir nell'aer scuro;
io veggo la dipinta anima mia
istorïarsi a mano a man sul muro.
L'organo si ridesta; entro le cave
trombe gorgoglia un gemebondo nato;
trema un canto nell'aria arcano e grave,
il canto della morte e del passato.
"Pallida Mors"
Mentre intorno ai fioriti e scintillanti
deschi sediam entro dorata sala,
e dalle tazze traboccanti esala
il sonoro e gentil spirto dei canti;
mentre ferve la gioia, e accende il volto
alle fanciulle e scalda il sen di neve,
dietro i serici arazzi il passo greve
e il riso acuto io della morte ascolto.
E gli occhi, pieno di sgomento il core,
ficco nei viso a mi orïuol beffardo,
e il negro, maledetto indice guardo
per l'angusto volar cerchio dell'ore.
Mi guardo a fianco, e sull'amata fronte
veggo di tratto inaridir le rose,
e spegnersi il balen dell'amorose
luci che al mio piacere eran sì pronte;
illividir le tempie ed il soave
labbro farsi di gel, sciorsi le chiome,
e sulla sedia arrovesciarsi, come
morto, il bel corpo illanguidito e grave.
E mi s'agghiaccia il cor; falso né vero
più non discerno, non rido, non piango;
ma, con le braccia al sen, muto rimango,
immobile, a guatar l'empio mistero.
"Simulacro"
Dal marmoreo fonte
ritto si leva il bianco simulacro:
ancora par che dal selvoso monte
Diana scenda al gelido lavacro.
Le fredde ignude membra
un arcano e sottil spirito avviva;
ancora sui divini omeri sembra
che balzi e suoni la faretra argiva.
Sotto l'arco del ciglio
immobilmente la pupilli guata,
guata dell'onde il lucido scompiglio
e l'ozïosa danza interminata.
Sulla fronte superba
un'ombra di pensier tacito vaga,
misterïoso desiderio, acerba
reminiscenza, fantasia presaga.
Dimmi, ricordi i chiari
gioghi d'Olimpo, il ciel liquido immenso?
De' numi il lieto popolo, gli altari
su cui bruciava l'odorato incenso?
Ricordi tu le serve
dense, al fragor dell'irruente caccia
alto sonanti, e le inseguite belve,
e i can travolti sulla lunga traccia?
Ricordi i lieti e vaghi
recessi dove dal sanguigno ludo
posavi? i monti solitarii, i laghi
ove immergevi il divin corpo ignudo?
Ricordi i baci ardenti
d'Endimïone e il venturato scoglio?
del mal vinto pudore i turbamenti
soavi e il novo femminile orgoglio?
Ricordi ancorar? Or dove,
dov'è quel tempo e quel felice mondo?
ove il tuo culto e il nume tuo giocondo,
superba figlia dell'egioco Giove?
Buon per te che sei morta!
Il pellegrin dolente e affaticato
ti passa innanzi, e meditando il fato
de' numi erge la fronte e si conforta.
"Teschio"
In mezzo a una pianura erma e scoverta
sorge la gran piramide d'un monte,
che, solcata da' fulmini, la fronte
avventa al cielo minacciosa ed erta.
L'uom di lassù potria mirar le glorie
di cinquanta città: opere e fasti
d'antiene genti, alte ruine e vasti
regni, teatro di famose istorie.
Sopra una guglia dritta acuminata,
a cui l'aquila il voi drizzar non osa,
un teschio ignudo e solitario posa,
e muto spettator dall'alto guata.
E pensa? E par così meditabondo!
e così triste! O nudo teschio e vano,
o teschio pien d'un gran pensiero arcano,
dimmi, per dio, che pensi tu del mondo?
"Sangue"
Strano licor! nell'infingarda creta
qual'arte arcana, qual poter t'instilla?
Vive per te la sciagurata argilla;
vive: il ciel può saper quanto n'è lieta.
Nullo acume di mente o di pupilla
può penetrar la tua virtù secreta;
bagni l'inerte fibra e irrequieta
vampa l'imperscrutata anima brilla.
Tu fomenti il pensier; dal cor profondo
reggi estuoso della vita il gioco,
mesci gli effetti in turbolente gare.
Strano licore! ogni tua stilla è un mondo;
e non conosce i tuoi fervori il foco,
e non conosce le tue rabbie il mare.
"Lo specchio"
Nella mia cameretta ove l'amica
luna dal ciel traguarda e il sol morente,
sovra il camin pende uno specchio, antica
d'arte venezïana opra lucente.
L'immacolato vetro intorno intorno
di negro legno una cornice accoglie,
ove industre scalpel, con stile adorno,
fiori e frutta intagliò, viticci e foglie.
D'empia Medusa al negro cerchio in cima
la turpe faccia boccheggiar si vede;
scolta è nel legno e viva altri la stima,
e dall'aspetto orribile recede.
Lo specchio d'un baglior pallido brilla
da soli antichi nel cristal piovuto;
oh, la sua grande, immobile pupilla
sa dio le orribil cose che ha veduto,
nei marmorei palazzi, entro secrete
stanze, o di simulati usci pel vano,
lucida e tonda in mezzo alla parete,
che sorda, muta, custodia l'arcano!
Or più non serba e non respinge indietro
larva né segno del veduto mondo;
lucido, eguale, immacolato il vetro
si stende come un lago senza fondo.
Talor mi pongo a riguardar furtivo
entro il suo lume, quando il giorno muore,
e nel vedermi, e nel sentirmi vivo,
d'orror mi riempio, mi s'agghiaccia il core.
E l'empia Gorgo mi saetta addosso
l'atroce sguardo e mi trapassa dentro;
vorrei fuggire e il piè mover non posso,
immobil guardo ed impietrar mi sento.
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