Gli stralci più belli di "Stregata" (1988)



Accese la torcia elettrica e illuminò il corridoio. Il fascio di luce colse un vago movimento nei pressi delle scale. Senza frapporre nemmeno un istante di esitazione David si precipitò in quella direzione e, avvicinandosi, si accorse che la polvere sparsa da lui stesso qualche ora prima stava adesso volteggiando nell'aria come se fosse stata sospinta dal vento. Si bloccò ai margini del pulviscolo fluttuante e rimase a fissarlo stupefatto: non esisteva traccia di correnti d'aria né di una persona che avrebbe potuto causare quello scompiglio. Controllò rapidamente un termometro lì vicino e si allarmò nel constatare che la temperatura era vicina allo zero. Eppure, lui non avvertiva alcun freddo. Altri suoni, provenienti dal piano inferiore. Piedi nudi sul legno. Si avvicinò alla ringhiera e guardò giù, puntando la torcia in direzione del vestibolo. Immediatamente intravide qualcosa di bianco o grigio che scompariva dietro un angolo. A bassa voce, non più di un sussurro, chiamò: "Christina?"
Si diresse alle scale, togliendosi dal viso la polvere, ancora turbinante, che lo investiva al suo passaggio. Scendendo in fretta, fece correre il cono di luce attorno al vestibolo finché non si fu accertato che tutte le porte erano chiuse. La sua attenzione fu destata di nuovo da ulteriori suoni, questa volta proveniente dalla zona della cucina. Procedendo verso il retro della casa, si accorse che la porta sotto le scale, quella della cantina, era socchiusa. Si bloccò, sicuro di averla chiusa tempo prima, ma un nuovo rumore di fronte a lui lo sospinse in avanti. David entrò nella cucina buia, dirigendo il fascio di luce della torcia elettrica dal tavolo agli armadietti, dal lavello all'antiquato forno in acciaio, dalla credenza alla finestra. Il ringhio profondo sembrò terribilmente vicino. Si voltò troppo velocemente e la torcia sbatté contro lo stipite, rompendosi all'istante. Con minor controllo di quanto non avrebbe gradito, Ash cercò a tentoni l'interruttore, sulla parete finché le sue dita annaspanti non lo trovarono e riuscirono a premerlo. La luce era tenue, ma sufficiente a mostrare che la cucina era vuota, mentre la porta che conduceva al patio e in giardino era aperta. Udì qualcuno all'esterno, un riso soffocato. Lasciata sul tavolo la torcia ormai inservibile, David uscì nella notte. Benché la luna fosse splendente, trascorsero parecchi secondi prima che i suoi occhi si abituassero al contrasto e un altro paio per essere certo di quanto stava vedendo in quell'istante: una figura vestita con un fluttuante abito bianco volteggiava sul patio. Di colpo, però, scomparve alla vista.
Ancora una volta, Ash mormorò la domanda: "Christina?"
Quindi si lanciò all'inseguimento, quasi di corsa, raggiungendo gli scalini, che, dal patio, conducevano in giardino. Cercò la figura in bianco, certo di averla persa di vista in quel punto, ma nulla si muoveva fra i cespugli e i fiori sottostanti. David scese e imboccò il sentiero centrale verso lo stagno, volgendo lo sguardo a destra e a sinistra. Raggiunse il basso muretto diroccato e guardò lo specchio d'acqua, la superficie immobile illuminata dalla luna, quello splendore argenteo in un certo qual modo irresistibile. L'incanto fu rotto dal suono già udito in precedenza: quei passi felpati. Questa volta, però, erano affrettati e i piedi nudi risuonavano sul lastricato. Si voltò di scatto per fronteggiare chiunque stesse correndo verso di lui, ma venne colpito da un impatto potente che lo scagliò all'indietro, facendolo inciampare nel muretto e precipitare. L'acqua stagnante si richiuse sopra la sua testa, la morsa gelida e vischiosa. In preda al panico, David si dibattè per sfuggire alla vegetazione che lo afferrava in una presa sempre più salda. Nuvole di fango si innalzavano e si espandevano, macchiando il chiarore lunare sopra di lui. Mentre lottava per liberare il braccio dalle piante, vide una sagoma che galleggiava nella sua direzione, una forma dalle braccia allargate, come fosse crocifissa, la cui veste leggera fluttuava e ondeggiava con la corrente, i cui capelli neri erano sparsi a raggiera come le chiome della Gorgone. Acqua dal sapore ripugnante entrò a fiotti per soffocare l'urlo di Ash.   
 
*

Kate si rannicchiò nella macchina, infreddolita e annoiata. Quando, due giorni prima, aveva dichiarato a David di sentire il bisogno di "lavorare un po' sul campo", non si era immaginata di rimanere coinvolta in un appostamento. Si soffiò le mani per riscaldarle. Studiando St. Mark a quell'ora di notte, con il suo cimitero che si stendeva fino al margine della strada, le lapidi e le tombe come ombre sinistre nell'oscurità, riusciva perfettamente a credere che quel luogo fosse infestato. Il campanile da solo, proteso sopra le nuvole scure, era sufficientemente inquietante con le sue profonde aperture che suggerivano il buio gelido all'interno. Non invidiava a David la notte precedente, quando aveva dovuto salire quelle scale malferme nel cuore della notte per cercare di scoprire la causa del misterioso ritocco. Entrato in chiesa, aveva scoperto che ogni singolo elemento dell'attrezzatura di ricerca era stato distrutto o manipolato. I muri e le immagini sacre erano chiazzati di sangue, i banchi capovolti, tutte le candele accese...

*

Attese un po', ma non notò alcun movimento. Proseguì ancora seccato per quello stupido gioco. Questa volta il rumore che lo costrinse a bloccarsi era del tutto diverso: la risatina di un bambino. Si voltò rapidamente e colse di sfuggita l'immagine di qualcuno che si affrettava fra gli alberi alla sua destra. In un batter d'occhio era già svanito. Per quanto fosse ridicolo, gli parve che si trattasse di una ragazzina. Si era mossa tanto in fretta, però, che non poteva esserne certo. Girò bruscamente la testa. No, non era possibile che avesse udito un bisbigliare di voci; di sicuro quel suono attutito era causato da un alito di vento che sussurrava fra i rami.
Di nuovo la debolissima eco di una risata.
David trattenne il respiro. Dal profondo dello stomaco (o perlomeno così gli parve) stava salendo, strisciando, una strana sensazione che andava espandendosi per tutto il corpo, un graduale congelamento sensoriale delle terminazioni nervose che si spingeva fino alla pelle (...) Udì un risolino sardonico e una mano gli sfiorò la spalla. Il tocco avrebbe anche potuto essere causato dal suo passaggio fra le foglie, ma quel suono non poteva essere altro che un ridacchiare malevolo.

*

Nulla si muoveva nella casa chiamata Edbrook. Né passi lungo i corridoi o nel vestibolo, né spostamenti d'aria che agitassero lievemente i tendaggi, né movimenti nelle stanze polverose fatta eccezione per lo strisciare dei parassiti annidati nella cadente imbotittura dei divani o per il procedere barcollante dei ragni istupiditi dal freddo della stagione avanzata. Fra le mura di pietra regnava il silenzio. Un'alba incolore premeva contro le finestre.



La Chiesa e la Messa dei Morti




Tratto da


Per il Folklore, per esempio quello del Trentino Alto Adige e l'area dolomitica in generale, il periodo di Natale ha un lato oscuro e spettrale: la credenza della "messa dei morti": si crede, cioè, che la notte di Natale i defunti si rechino in chiesa per la recita del mattutino ("maetin dei morc"), che precede di un'ora quella dei vivi. La messa è celebrata da un sacerdote fantasma. I due mattutini devono essere mantenuti rigorosamente distinti, perché i vivi non devono interferire in quello dei defunti.

Ci sono pervenuti dei racconti di incontri tra vivi e morti, come un aneddoto ambientato in Val di Fassa nella notte di Natale:

"I morti celebrano la messa di mezzanotte alle 23: escono dalle tombe e vanno a S. Giuliana per la funzione. Chi vuole vederli deve mettersi alle undici davanti alla porta della chiesa... a suo rischio e pericolo, si intende. 
Una donna di Mazzin, molto curiosa, voleva vedere con i suoi occhi se i morti  andassero realmente alla messa di mezzanotte a S. Giuliana e andò, di notte, alla chiesa. Vide un corteo di morti (riconobbe una sua parente, morta da poco) che si avvicinavano salendo dal sentiero. La sua parente le si avvicinò, esortandola ad allontanarsi altrimenti le sarebbe successo qualcosa di terribile; 
ma prima di andare, avrebbe dovuto lasciare qualcosa dei suoi vestiti.
La donna, terrorizzata, si tolse il grembiule e scappò.
Quando il giorno dopo tornò sul luogo, trovò il grembiule a brandelli, con i pezzi sparpagliati tutto intorno.  Se non fosse scappata via, le sarebbe successo quello che era capitato al grembiule!

A Venezia, "al canto del Gloria o del Sanctus, mentre le campagne si sgolavano a festa, echeggiavano gli spari dei mortaretti: un modo ben antico ricordato a Venezia nel 1438 dentro in chiesa o nelle vicinanze e perciò proibito".

Troviamo qui testimonianze del '500 sia di strepiti nelle chiese durante la messa della Mezzanotte di Natale (Sinodo di Venezia del 1564) sia secondo un Sinodo Veronese del 1542, di mascherate nelle stalle durante la Notte di Capodanno (le maschere possono rappresentare i trapassati).

La Caccia Selvaggia è un evento tremendo che ha a che fare con la  presenza di anime inquiete e non placate e di entità infere, che  si aggirerebbero nelle zone montane di notte, "Tra il 25 dicembre e il 5 gennaio, gli Spiriti vagano nella notte, seguiti da mute di lupi e di cani e di altri animali"

In altre zone del Veneto la Befana chiamata Rododesa, Redosola, Redosega, Marantega, Dumaza o Giampa, ha aspetto e comportamenti molto inquietanti e pericolosi.


Breve analisi al Cimitero Ottocentesco



Il visitatore di cimiteri non disdegna le emozioni, sa che i cimiteri, sempre, provocano emozioni. Chi però viene turbato dal cimitero fino al punto di provarne repulsione o paura, perde una grande opportunità, rinuncia a molto.
Perché i cimiteri sono musei e gallerie d'arte all'aperto.
Perché i cimiteri sono straordinari giardini pubblici dove accanto alla morte c'è moltissima vita (di animali e di piante).
Perché i cimiteri sprigionano erotismo.

Perché i cimiteri sono luoghi di meditazione, luoghi della memoria dove rintracciare le proprie origini.
Perché i cimiteri sono oasi di pace e di tranquillità.
Ogni cimitero nasconde qualche tomba originale, svela memorie del passato affascinanti, suggerisce riflessioni e suscita emozioni.
La storia dei cimiteri moderni inizia quando i camposanti medioevali si trasformano nei cimiteri monumentali. Data storica è il 1804, con l'inaugurazione del cimitero parigino di Père-Lachaise.
Se nel '700 prevaleva ancora il sogno del cimitero agreste (nota di Lunaria: vedi Thomas Gray e la sua "Elegia scritta in un cimitero campestre" http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/thomas-gray-elegia-scritta-in-un.html o, se si vuole uno stile "più sobrio", il Foscolo: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/05/dei-sepolcri-i.html) che riunifica il defunto con il contesto naturale nell'800 trionfa il cimitero-città-di-pietra. La svolta avviene con la creazione del cimitero parigino di Père-Lachaise, che diventa il prototipo del nuovo cimitero ottocentesco.

Il nuovo cimitero ottocentesco ha due caratteristiche fondamentali:

1) mentre il vecchio cimitero era all'interno della città o del villaggio, il nuovo è lontano dal cuore della città, per sottrarre la morte dalla visibilità quotidiana.

2) è monumentale, sovrabbondante di statue, come status symbol delle famiglie borghesi.
 L'età d'oro dei cimiteri europei si apre allora, e si prolunga fino ai primi anni del '900, chiudendosi con la Seconda Guerra Mondiale. Da allora l'architettura e l'arte funeraria hanno perso di senso.





William Scott Home


Da "Una ragnatela di vene pulsanti" di William Scott Home


Lasciati i cavalli ricoperti di pacciame all'ombra di un superbo tasso, uscii dal carro dopo aver preso pala e piccone, e sguazzai tra le molli rive d'erba gialle fino a una breccia nella pericolante palizzata di pietra di quel regno in sfacelo. Un quarto di luna irradiava una luce bassa e malata sulle lapidi di marmo, e screziava le erbacce calpestate che le assediavano con la loro lebbra pallida e umidiccia. Soltanto le imponenti ombre che si raccoglievano intorno ai tronchi delle vecchie querce e dei vecchi faggi sfuggivano alla sua infezione, e io mi ci infilai sotto. Ma lì, dove le foglie cadute non avevano ricevuto una sola goccia di pioggia rigenerante, seguii i miei passi facendole scrocchiare come denti fragili (...) I rovi di spine e le fitte erbacce rallentarono il mio passaggio attraverso la piccola città di lapidi che ospitava l'intera stirpe dei Brilliot, ma feci attenzione a dirigermi verso quel tumulo senza nome che era stato nascosto mezzo secolo prima da grossi cespugli di rose, che ormai erano diventati aridi arbusti malati.






La Signora dalle Camelie - i fotogrammi più belli


Nota bene: anche il libro è altrettanto bello. Possiedo un volume con una copertina bellissima!


















Aggiungo anche altre due immagini molto belle: la prima, è un fotogramma delle tre attrici che impersonarono le mogli di Dracula, nel film del 1931


la seconda è uno scatto moderno