Introduzione a Bruegel e all'interpretazione alchimistica

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"Pittore dei contadini", lo definisce all'inizio del Seicento il suo primo biografo, Carel van Mander, intendendo insieme le presunte origini dell'artista e i temi da lui prediletti. E la fama di pittore contadino, oltre che di abilissimo imitatore di Bosch, prosegue per circa quattro secoli. Alla fine dell'Ottocento, nel recupero da parte della critica romantica di molti artisti trascurati dalla tradizione accademica (lo stesso Bruegel era relegato ad un "genere minore") con la "riscoperta" si fa decisamente strada.
Compare un primo catalogo delle opere di Bruegel seguito da studi. Da allora le definizioni si sono susseguite a ritmo incalzante: contadino e borghese, umanista, filosofo, pittore di genere, paesaggista, realista, e così la lettura delle singole opere, in chiave storica, letteraria, sociologica, esoterica.

Di Pieter Bruegel (il cognome in origine era "Brueghel" ma fu lo stesso pittore a mutarlo) non si conoscono né luogo né data di nascita. Verosimilmente però si può collocare la sua nascita fra il 1525 e 1530.
L'apprendistato si svolse presso van Aelst, pittore erudito, latinista. Lì Bruegel acquisì una base culturale raffinata e impregnata di umanesimo.

Nella bottega di Coecke, Bruegel potrebbe aver appreso anche la tecnica della tempera su tela grazie agli insegnamenti della moglie del suo maestro, Mayeken Verhulst Bessemers, pittrice e miniaturista di Malines.

Nel 1552 parte per l'Italia: il viaggio in Italia era una tappa obbligata nella formazione dei pittori fiamminghi dell'epoca (anche per l'ammirazione per i pittori rinascimentali italiani)
In questo periodo l'interesse di Bruegel è incentrato sul paesaggio: ne sono testimonianza "Vocazione degli apostoli" e una serie di disegni con vedute delle Alpi. Sono panorami grandiosi, cosmogonici, secondo la tradizione fiamminga ma filtrati attraverso il piglio vigoroso e personale di Bruegel.

Con l'aggravarsi della situazione politica (Filippo II di Spagna conduce una repressione contro i movimenti religiosi riformistici), Bruegel si dedica ad incisioni a tema satirico\moraleggiante ("Tentazioni di sant'Antonio", la serie dei "Sette peccati capitali")
Entra come protagonista nei dipinti di Bruegel la figura umana: si tratta di personaggi colti negli atteggiamenti più banali, grotteschi, sgradevoli. Ma l'interesse dell'artista non è rivolto ad individui particolari, ma agli uomini in generale, alle loro sofferenze ed errori.

Il paesaggio riappare in opere successive: "Paesaggio fluviale con la parabola del seminatore" e "Paesaggio con la caduta di Icaro".


Altra grande passione del pittore furono "i ritratti" di navi e vascelli. In "Combattimento fra Carnevale e Quaresima" e "Giochi di fanciulli" ad emergere è il Bruegel contadino, con la sua attenzione ai personaggi umili (*), alle fatiche di tutti i giorni (la donna che si china sul fuocherello per cuocere le focacce, la bancarella del pesce...)

(*) Nota di Lunaria: potremmo fare un parallelo con il Verga di "Vita dei campi" e "Novelle Rusticane"
http://intervistemetal.blogspot.com/2018/07/giovanni-verga-1-i-romanzi-e-vita-dei.html

La presenza di simbologie alchemiche nei dipinti di Bruegel non è da escludere: qualcuno ha rivisto la Pietra Filosofale nel suo "Giochi di fanciulli".
è possibile che le suggestioni alchimistiche gli siano state suggerite dalle opere di Bosch, che ammirava. Nel Cinquecento, l'Alchimia era ancora molto studiata (**)

Nelle "Due scimmie" incatenate, Bruegel esprime l'angoscia di un popolo asservito o l'allegoria dell'uomo reso schiavo dal peccato.



I mostruosi esseri infernali di Bosch popolano "La caduta degli angeli ribelli". Nel "Trionfo della Morte" (la mia opera preferita. Nota di Lunaria) l'incalzare ineluttabile del destino prende forma nell'esercito di scheletri che avanzano nella landa disseminata di fuochi e di forche.


Fuochi e fumi d'incendio e orrende creature infernali nello stile di Bosch compaiono anche in "Dulle Griet" che raffigurerebbe l'incursione all'inferno di un personaggio della tradizione popolare nordica, Margherita o Greta, che incarna i peggiori difetti del carattere femminile.


Il tema e i motivi simbolici hanno dato luogo a svariate interpretazioni, in chiave alchemica, storico-umanistica, politica: la Dulle Griet potrebbe impersonare i riformisti ribelli e la figura sul tetto che sparge monete la chiesa cattolica che pone la propria autorità al di sopra di tutto e che alimenta la violenza finanziando i delatori di eretici.

"La tempesta" è una delle opere più intense di Bruegel: la violenza della tempesta è espressa con pochi elementi, come il bruno incredibile del cielo che si estende a invadere il mare, le linee scure e falcate che esprimono il sommovimento delle acque, la freccia di luce livida che illumina la nave in pericolo; solo il chiarore all'orizzonte in cui si staglia la sagoma di una chiesa lascia una possibile speranza di salvezza.



Il pittore muore il 9 settembre 1569. I due figli Pieter "il giovane" e Jan, avviati dalla madre e dalla nonna, la pittrice Mayeken Verhulst, proseguirono l'attività pittorica, imitando in parte lo stile del padre.

(**) Vedi questo approfondimento, tratto da


L'Alchimia si basa sul concetto che l'Universo è un'unità. L'Alchimista trova il principio dell'unità e dell'ordine in una sostanza chiamata "Materia Prima" che resta immutata attraverso tutte le diversità. La Materia Prima è la "possibilità di una materia". Può essere descritta solo in termini contradditori: non possiede qualità o proprietà ma nello stesso tempo possiede tutte le qualità e le proprietà in quanto racchiude, latente in sé, la possibilità di tutte le cose. La Materia Prima è ciò che resta quando si strappano via tutte le caratteristiche particolari ad una determinata sostanza.
Gli Alchimisti erano condotti a questa credenza perché credevano alla "Teoria dei Quattro Elementi", sviluppata da Empedocle, Platone e Aristotele. Secondo tale teoria, l'Universo venne edificato da un Dio o Demiurgo che creò la Materia Prima, o la trovò già in esistenza, la modellò e le diede vita. I Quattro Elementi - Fuoco, Aria, Acqua, Terra -  furono le modificazioni iniziali della Materia Prima. Ciascuno di questi Elementi combina due delle quattro qualità primarie che esistono in tutte le cose (caldo, freddo, umido, secco). Il Fuoco è caldo e secco, l'Aria calda e umida, l'Acqua fredda e umida, la Terra fredda e secca. Ogni cosa è formata da Quattro Elementi, e le differenze tra gli oggetti derivano dalle diverse proporzioni in cui si combinano gli elementi costitutivi.
Se si alterano le qualità di un Elemento, questo si trasforma in un altro: per esempio, il Fuoco perde il suo calore diventando freddo e secco, e si trasforma in Terra (la cenere); quando l'Acqua viene riscaldata si trasforma in Aria.
Questa teoria è essenziale all'Alchimia perché ammette la possibilità delle trasmutazioni. L'oro è una mescolanza dei Quattro Elementi in una certa proporzione. Anche gli altri metalli sono mescolanze degli stessi elementi. Cambiando le proporzioni dell'amalgama - riscaldando e raffreddando, disseccando e liquefacendo - i metalli vili possono essere trasformati in oro.
Gli occultisti moderni credono ancora alla Teoria dei Quattro Elementi: "l'Universo venne creato da Quattro Elementi: Fuoco, Aria, Acqua, Terra, nell'ordine dato, ciascuno derivante dal suo predecessore e tutti animati a turno dalla Parola alitata su di essi al momento della Creazione" (Pavitt)

Nota di Lunaria: anche per l'islam allah ha creato gli jinn ed Iblis partendo dal fuoco,
e per ebrei e cristiani "lo spirito di dio [lo spirito è analogo all'aria] aleggiava sulle acque".

Tuttavia nell'occultismo moderno i Quattro Elementi sono i quattro stati in cui può esistere l'energia. Il Fuoco rappresenta l'Elettricità, l'Aria lo stato gassoso, l'Acqua lo stato liquido, la Terra lo stato solido. Tutte le cose esistono nell'una o nell'altra di queste condizioni, o in un insieme di esse, ed è possibile passare da una condizione all'altra.
 
Sembra che l'Alchimia ebbe come "precedenti" le leghe di rame e di argento che venivano create in Egitto dagli artigiani, e che avevano la parvenza di oro. La convinzione che la Natura potesse essere imitata divenne una delle teorie fondamentali dell'Alchimia riassunta nella massima: "L'Opera più naturale e perfetta sta nel creare ciò che è simile a se medesimo"
L'oro era considerato perfetto perché rispetto ad altri metalli erano meno attaccato dall'invecchiamento e dalla corrosione. Quando un Alchimista cercava di mutare un metallo in oro era convinto di liberarlo dalle sue impurità e di portarlo ad uno stato più alto.
Per gli Alchimisti, i metalli erano "vivi": crescevano nel grembo della terra come un bambino che cresce nel grembo della madre. In un manuale tedesco sui metalli, stampato nel 1505, si legge: "Nell'unione del mercurio e dello zolfo nel minerale, lo zolfo si comporta come il seme maschile ed il mercurio come quello femminile nel concepimento e nella nascita di un bambino."

Il supremo obiettivo dell'Alchimista era la fabbricazione della Pietra Filosofale, che si pensava avesse il potere di trasformare ogni cosa in oro. J.B. van Helmont, chimico del diciassettesimo secolo e inventore del termine gas, descrisse la Pietra nel suo libro "De Vita Eterna": "Io ho veduto e maneggiato più di una volta la Pietra dei Filosofi. In colore era simile a polvere di zafferano, ma pesante e lucente, come minutissimi frammenti di vetro. In un'occasione me ne venne data la quarta parte di un grano, vale a dire un seicentesimo di oncia (circa 0,05 grammi) [...] avendo fatta fondere questa in un forte fuoco, trovai otto once meno undici grani dell'oro più fino."
Helvetius, un'autorità in medicina ma scettico sull'Alchimia, nel 1666 venne visitato da uno straniero che gli mostrò tre piccoli frammenti della Pietra "ciascuno della grandezza di una nocciola, trasparenti, di un colore zolfo pallido". Helvetius incapsulò un frammento di Pietra in cera e la riscaldò in un crogiuolo con mezza oncia di piombo. Dubitava che sarebbe accaduto qualcosa, ma in meno di un quarto d'ora tutto il piombo si trasformò in oro.

Gli Alchimisti sono più misteriosi ed ermetici parlando di Pietra; secondo quanto dicono, la Pietra è qualcosa che esiste dovunque in Natura ma è considerata senza valore. è composta di sostanza animale, vegetale e minerale; ha un corpo, ha un'anima e uno spirito; cresce dalla carne e dal sangue; è fatta di fuoco e acqua. è una pietra, ma non è una pietra, sconosciuta eppure nota a tutti, disprezzata eppure incredibilmente preziosa, proveniente da Dio ma non proveniente da Dio. Le istruzioni per fabbricarla sono nascoste dietro codici simbolici di diverso tipo, come questa: "Da un uomo e una donna forma un circolo, poi un quadrato, poi un triangolo, e finalmente un cerchio. Otterrai così la Pietra Filosofale"

Gli Alchimisti avvolgevano i loro procedimenti in veli di mistero che spesso confondevano altri alchimisti perché tali procedimenti erano mistici oltre che chimici. L'Alchimia è spesso considerata un preludio, piuttosto insulso, della chimica, ma questo è solo il lato meno interessante. La Pietra non si limitava a trasformare i metalli vili in oro. Rappresentava anche la trasformazione dell'uomo da uno stato di impurità terrestre ad uno stato celeste di perfezione. Alcuni Alchimisti disprezzavano chi cercava la Pietra solo per brama di ricchezze. Tuttavia molti di coloro che si affaticavano tra forni e alambicchi credevano che la Pietra potesse essere fabbricata solo da chi avesse raggiunto una comprensione profonda dei più riposti segreti dell'Universo, che non potevano essere trasmessi con un linguaggio comune; era possibile comunicarli solo con simbolismi e allegorie.

Nota di Lunaria: aggiungo qui un approfondimento sull'Alchimia nel Cinquecento, tratto da


Microcosmo e Macrocosmo, Uomo e Natura, erano i riferimenti dell'Umanesimo e Naturalismo rinascimentali: l'Universo era un uomo su scala gigante, l'uomo era un cosmo in miniatura. Non sempre vi era distinzione tra Astronomia e Astrologia: esse decifravano e definivano la meccanica celeste anche attraverso le congiunture zodiacali, come l'Alchimia studiava sostanze ed essenze dei corpi.

"Libro della Natura" era la metafora rinascimentale per eccellenza usata per la Natura, vista come "un libro scritto in un linguaggio oscuro", che celava al suo interno realtà occulte con segreti che potevano venir decifrati anche usando la magia.

Anche Galileo affermerà che "Il gran libro della Natura è scritto", non in termini magici ma "in termini matematici, onde non può essere inteso da chi non conosce questo linguaggio."

Personaggio spicco di questa concezione fu Paracelso (1493-1541), il cui vero nome era Philipp Theophrast Baumbast von Hohenheim, che pubblicamente si ribellò al "sapere accademico e preconfezionato" di Aristotele, Galeno e Avicenna (e dei suoi seguaci) bruciandone i libri in un rogo che passò alla storia.
Paracelso, chiamato provocatoriamente "Lutero dei medici" (Lutherus medicorum) per la sua vena polemica, voleva riformare il campo della medicina. Per lui il "medico nuovo" non stava nei libri di Avicenna e Galeno, assunti acriticamente, ma nella "Experienz", ovvero l'esperienza diretta delle malattie, cominciando da quelle di minatori e contadini, e nella sperimentazione tramite "rimedi della terra" con l'uso di acque minerali, sorgenti termali o metalli (ai tempi di Paracelso i metalli noti erano sette, e venivano spesso messi in corrispondenza con i corpi celesti: oro, argento, piombo, rame, stagno, ferro, mercurio. In Alchimia, il mercurio era depositario della volatilità dello spirito, mentre lo zolfo era il principio depositario dell'infiammabilità propria dell'anima e il sale era il principio depositario della resistenza al fuoco, propria del corpo che, bruciato, restava cenere incombusta. Per Paralcelso, la medicina doveva essere un'"Alchimia Metallurgica")
Scontato dire che un tale atteggiamento contestatore dell'Autorità, era inviso alle gerarchie politiche e religiose del tempo: Paracelso veniva considerato un medico eretico, accusato di essere un ciarlatano e un necromante. Scandalizzava, perché teneva le sue conferenze vestito da minatore, col grembiule di cuoio dei fabbri, davanti al fuoco dei crogiuoli e alambicchi.
Dopo l'Alchimia, Paracelso dava grande valore all'Astronomia. La intendeva come "scienza degli astri" con le loro influenze sull'uomo.
Nel Cinquecento, molti medici osservavano ancora gli astri a scopo divinatorio e con il calcolo degli oroscopi; Copernico e Tycho Brahe erano anche astrologi. L'Astrologia veniva condannata dalla chiesa ma bastava dire che "astra inclinant, non necessitant", "l'astro propone, Dio dispone" per "far sembrare" l'Astrologia "ancella della Teologia" e quindi farla rientrare "tra le dottrine consentite". Come si è detto, non era sempre neanche netta la distinzione tra Astrologia e Astronomia: papa Leone X istituì una cattedra di scienza degli astri; Filippo Melantone, protestante, tenne lezioni di astrologia: sosteneva che "i portenta e i monstra astrali" cioè le eclissi e le comete, e "i prodigia celesti" (tuoni e fulmini) erano segni dell'intervento di Dio nel corso degli eventi naturali.
Per Paracelso, influenzato dall'ermetismo rinascimentale in voga con Marsilio Ficino,
il medico era "signore del cosmo" che poteva tendere al controllo e al dominio della Natura. Del resto, Astronomia\Astrologia e Alchimia venivano legate indissolubilmente e il fatto che l'antimonio, dopo fusione e raffreddamento, in presenza di ferro si rapprendeva in una forma cristallina-stellare, dimostrava questo legame. E così, per capire le cause di un maldipancia era meglio scrutare il pianeta Marte, legato al fegato, perché "il fegato era bellicoso e marziale" piuttosto che scrutare il fegato dopo averlo dissezionato; per capire perché qualcuno fosse "lunatico" era meglio guardare la Luna che il cervello estratto dalla scatola cranica.
Anche Agrippa spiegava la "melancolia" con la bile nera prodotta dalla milza soggiacente Saturno e Nostradamus (Michel de Notre-Dame, 1503-1566) prevedeva decorsi ed esiti di malattie e persino le profezie su influenze astrali.
In Italia, Girolamo Cardano (1501-1571) era famoso come "medico-mago", venne inquisito e poi chiamato a Roma da papa Gregorio XIII. Nel suo libro "De subtilitate" affermava che il "medico squisito", il "Doctor subtilis", doveva essere padrone della "Naturalis Magia", tra l'osservazione empirica, tecnica ed esperimenti, oroscopi, cabala e calcoli. Anche lui andava contro chi, pur di non mettere in discussione Galeno, faceva morire i malati: "Non dobbiamo seguire l'andazzo dei medici del nostro tempo, i quali per non detrarre nulla alle parole e alla stima di Galeno, uccidono impunemente gli infermi."

Altri dipinti di Bruegel:

"Il suicidio di Saul"

"La gazza sulla forca"

"Cacciatori nella neve"

"Giornata scura"

"La grande torre di Babele"

"Paesaggio invernale con pattinatori"

"Proverbi fiamminghi"