Milton: le pagine più belle

Con sottofondo di Cradle of Filth, ecco le pagine più belle del "Paradiso Perduto" di Milton

P.s per un maxi commento a Milton, vedi qui: https://intervistemetal.blogspot.com/2017/11/milton-satana-e-il-black-metal.html
Per la sua poesia inedita: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/06/john-milton-una-poesia-inedita.html

LIBRO I

63-85

Vi giacea senza senso e costernato,
benché fosse immortal. Ma lo serbava
a corruccio maggior la sua condanna.
Perocché si sentia da doppia spada
trafigger il pensier: delle memorie
del suo tempo felice, e dalla eterna
sua presente miseria. Attorno ei volge
le funeste pupille, onde traluce
l'ineffabile angoscia e la sfidanza
all'orgoglio ostinato ed al tenace
odio commiste. D'un girare di ciglio,
quanto più lungi spaziar può l'ala
dell'angelica vista, egli contempla
quel tristo, lagrimoso, ampio deserto,
carcere orrendo, circonfuso a guisa
d'una fornace sterminata. Luce
quella fiamma non dà, ma tal diffonde
visibil tenebrìa che scopre al guardo
(miserabile aspetto!) desolate
lande, affannose cecità, cui pace
mai non consola, nè riposo; e tolto
ogni varco v'è pure alla speranza
che per tutto pènetra.


310-320

Addio, felici
campi, soggiorno di perpetua gioja!
Tenebrosi deserti, or voi salvete!
Salve, o mondo infernale! E tu, profondo
bàratro, il nuovo tuo Signor ricevi.
Uno spirto è con lui che non si cangia
per loco o per età, giacché lo spirto
a se stesso è dimora, e può del cielo
farsi un inferno, e dell'inferno un cielo.
Che monta il dove, se quell'io pur sono,
e qual essere io debbo in sempiterno?


325-331

Perocchè non creò l'Onnipotente
questo loco infernale, onde pentito
poi ne lo invidi e ne respinga. In tutta
sicurtà regneremo; una corona
degna è d'alti pensieri, ancor che splenda
su questo abisso di dolori. Oh, meglio
Re nell'inferno che vassallo in cielo!


673-690

E l'Esperia varcata e il celto lido,
n'andò fino all'estreme isole errando.
Questi ed altri parecchi accolti insieme
veniano, ma con basse umide ciglia,
cui temprava però di qualche gioja
il veder che Satano ancor perduta
non avea la speranza, e il non sentirsi
pur nella stessa perdigion perduti,
ciò tutto riflettea su quell'altero
quasi un dubbio color; ma tosto assunto
l'orgoglio consueto, con superbo
favellar, che l'aspetto e non l'essenza
d'una severa dignità tenea,
nuovo spirto ei trasfuse all'abbattuto
loro coraggio, e quel timor ne spense.
Indi cenno egli fe che, salutata
al clangor delle trombe e dei timballi
la sua si spieghi trionfale insegna.


699-711

Gli oricalchi sonori allor mandaro
uno squillo di guerra, a cui rispose
tutta quanta la turba. Immenso grido
che dell'abisso rintronò le volte,
e gli imperii del caos e dell'eterna
notte empiè di clangore e di spavento,
ed ecco fluttuar per l'aere oscuro
nel vivo orientale ostro lucenti
diecimila bandiere, e insiem con esse
sorgere un bosco di ferrate antenne,
e cimieri a cimieri, e targhe a targhe
stringersi, ricomporsi in dense file,
la cui profondità non si misura.


760-777

E sebben quest'esercito di spirti
vinca ogni prova del valor mortale,
riverente obbedisce alla parola
del suo temuto capitan - Satano!
Della fronte non pur, ma dello sguardo
superbamente imperioso, a tutti
torreggiava sovrano. Ancor perduto
non avea quell'altero il suo splendore.
Oscurato bensì, ma non di manco
l'Arcangelo parea, parea l'occaso
d'un eccesso di gloria. Come quando
povero de'suoi raggi, il sol nascente
traspar per li vapori umidi e spessi
di turbato orizzonte, o dietro al disco
della luna s'atterga in piena eclisse,
e molti imperj e nazioni avvolge
d'un crepuscolo infausto, ai re presago
di spaventosa popolar sommossa.


864-875

Or dunque guerra,
guerra coverta o manifesta - Tacque
l'Arcangelo, ciò detto, e mille e mille
(segnal d'applauso) fiammeggianti acciari
per l'aer rotear, dalle guaine
cherubiche sfuggiti. Un subitano
splendor s'effuse e rischiarò l'abisso.
Levar que' furibondi un gran muggito
contro l'Eterno; dei branditi ferri
percossero gli scudi, e suscitando
fiero suono di guerra, alla celeste
volta ulularo l'infernal disfida.

LIBRO II

80-100

Dovrà l'avviso sospirar della mossa e qui languendo
vil fuggiasco del ciel per sua dimora
ricevere quest'antro abbominoso,
questa infame prigion che l'oppressore
per noi costrusse? l'oppressor che regna
sol perché lo consente il nostro indugio?
No! col foco piuttosto e colle furie
dell'inferno, terribili, serrati
voliamo ad assalir quelle sue rocche;
trasformiamo in potenti armi di guerra
contro il loro inventor le nostre pene;
lo scoppio della folgore infenale
risponda al mugghio della sua, risponda
un vapore affocato al suo baleno
[...] Quel trono istesso
su cui s'asside, di tartareo solfo
involuto gli venga e d'atre fiamme,
pene create di sua man.

129-142

Perché dunque gl' indugi e le dubbiezze
a sfidarne il furor, se giunto al sommo
altro non può che toglierci la vita,
che consumarci la spirtal sustanza?
Meglio perir che vivere immortali
nella miseria. [...] E noi da certa
prova sappiam che l'animo ci basta
a sconvolgergli i cieli, a minacciargli
quel suo fatale inaccessibil trono
con attacchi incessanti. Ora se questa
non è piena vittoria, è almen vendetta.

353-363

[...] A quale altezza
la nostra gloria non andrà? Ma forse
temerem questo abisso e questa notte?
Non si piace talvolta il creatore
senza raggio scemar della sua luce,
sovra un trono sedersi in tenebrosa
maestà, da cui parte il lampo e il tuono
de' suoi fulmini irati? Il cielo allora
non somiglia all'inferno? E s'egli imita
la nostra oscurità, chi ci contende
lo imitar la sua luce?

768-795

E per quattro s'avviano opposti calli
lungo le quattro infernali fiumane
che metton foce nell'ardente lago.
Lo Stige abbominato, orrendo fiume,
sacro al livor; lo squallido Acheronte,
negra e cupa riviera del dolore;
Cocìto, a cui dà nome il prolungato
gemito che si leva e si propaga
da' suoi gorghi perduti; e Flegetonte,
di cui l'onda rabbiosa avvampa e rugge.
[...] Una campagna
oltre Lete si stende oscura, fredda,
aspra e selvaggia; da perpetui nembi,
da bufere e da grandine percossa.
Grandine spaventosa che s'ammucchia,
senza mai disgelar, sul tristo suolo,
e somiglia a ruine accumulate
di sovversi edifici. In ogni dove
neve spessa e gelata, orrendi abissi
che rassembrano in parte alle maremme
di Serbonia, fra il Casio, antico monte,
e Damietta egizia, in cui sommersi
furo eserciti interi.

826-838

Per ime oscure valli
passa l'affaticata, e dolorose
plaghe ed alpi or di ghiado, or di foco,
rupi, laghi, voragini, spelonche,
e burroni, e paludi, e spettri ed ombre:
universo di morte, a cui l'eterno
vindice impresse l'ira sua: creato
per dolor dello spirto, ove ogni vita
muore e vive ogni morte, ove produce
la perversa natura abbominande
cose, orribili mostri assai peggiori
di quanti immaginò la greca fola,
pitoni, idre, chimere.



Libro III

11-22

Del sol prima e de' cieli
tu fosti, e il mondo che sorgea dall'acque
tenebrose e profonde, agl'infiniti
scomposti abissi conquistato, hai cinto,
alla voce di Dio, quasi d'un manto.
Or con ali più ferme a te risalgo
fuor del lago d'inferno, ove sepolto
stetti in tènebra lunga; e nel mio volo
l'esterna e media oscurità varcando,
con armonie da quelle assai diverse
della lira d'Orfeo, cantai l'eterna
Notte e il Caosse.

710-721

Ramingar per deserte obblique vie,
con gran periglio della vita, al lieto
ridestarsi dell'alba il sommo acquista
d'un colle erto e sublime, e dall'altura
attonito contempla il bel prospetto
o d'estranie campagne a lui mal note,
o d'un'ampia città per maestose
piramidi stupenda o per raggianti
torri che il sole del mattin colora;
di tanta meraviglia a quell'aspetto
Satana fu compreso, e non di meno
visto il cielo egli avea!

950-964

La terra è quella, e v'han soggiorno
le umane creature; e quella luce
ch'or la riveste è il suo diurno lume.
La tenebra altrimenti occulteria
quell'emisperio come l'altro occulta
ma la luna vicina (è tale il nome
di quella opposta graziosa stella)
le dà pronto soccorso
(...) or ne veste or ne spoglia il dolce lume
rischiarando la terra; e cade intanto
alla squallida notte il fosco velo.

972-979

Satana s'inchinò profondamente
al maggior serafino, e il suo viaggio,
tolto commiato, ripigliò. Precipita
giù per la curva declinando al polo.
La speme dell'evento il vol n'affrettà;
ed in rapidi vortici discende,
come aereo palèo; nè mai s'arresta
fin che le cime del Nifàte (*) attinge.

(*) Nifàte, montagna dell'Armenia, appartenente alla catena del Tauro, e vicina alla sorgenti del Tigri.




LIBRO VII

1-15

Scendi, Urania, dal ciel, se veramente
tale, o diva, ti appelli. Oltre l'Olimpo,
ove l'ala di Pegaso non giunge,
spinsi il forte mio vol, la tua celeste
voce seguendo. [...]
Ma del ciel tu sei figlia, e pria che un poggio
sorgesse, e pria che gorgogliasse un'onda,
colla sorella tua la Sapienza
conversavi segreta, e nel cospetto
del Padre onnipossente, innamorato
de' tuoi canti sublimi, insiem con lei
tu beata esultavi.

306-314

Iddio d'un cenno
così quest'universo ebbe creato,
vacua, informe materia. Orrenda notte
sull'abisso premea; ma le paterne
ali lo spirto avvivator distese
sulla calma dell'acque, e vita infuse
e calor nella fluida inerte massa.
Poi nel fondo calò la negra, fredda
tartarea feccia che la vita avversa.

320-326

Or sia la luce!
disse Iddio - Delle cose allor la prima,
questa eterea purissima sostanza
scaturì dall'abisso, e traversando
l'aerea cecità, dal suo nativo
oriente si mosse entro una nube
sferica, trasparente, e pria del Sole

391-395

Ma di sotto alla terra e in lungo giro
serpendo, aprono l'acque ai sinuosi
lor discorsi un cammino; e facil opra
era ad esse scavarsi in quel palude
veicoli latenti

695-705

E ti diè' liberamente
di cibarne le frutte: e qui raccolte
(varietà mirabile infinita!)
ne son quante la terra in grembo aduna.
Ma della pianta che del bene insegna
e del mal la scienza a te si vieta
frutto gustar: gustato, il giorno istesso
ne morresti; tal pena Iddio v'appose.
Frena dunque il desio, sì che la colpa,
né la seguace sua, l'orribil morte,
cogliere non ti possa.




LIBRO VIII

172-191

Tu dovresti, altrimenti, a varie spere,
circulanti in opposte obblique vie,
ascrivere quei moti, o la fatica
tanto al sole francar, come a quel rombo
che sovrasta invisibile, continuo,
velocissimo agli astri, ed è la ruota
della notte e del dì. Cessa il bisogno
di tal supposto, se la terra estimi
volgersi per sé stessa all'oriente
contro il lume del giorno; e mentre occupa
la tenebra notturna un emispero,
l'altro dal raggio mattutin s'imbianchi.
[...]  Ove la luna
campi anch'essa racchiuda e creature
che soggiornino in lei, saria cortese
scambio d'affetto!

426-439

Dal solo albero del saver, che presso a quello
della vita io piantai, perché dovesse
della tue fe', dell'osservanza tua,
essermi prova, t'allontana, e frutto
non toccarne. Rammentai l'avviso
ch'io te ne porgo, e le lagrime evita
che seguir ne dovrieno. Il giorno istesso
(bada, Adamo, al mio dir!) che tu ne gusti,
così frangendo il mio solo divieto,
irreparabilmente tu morrai.
Mortale da quel giorno, e dalla lieta
tua dimora cacciato, andrai ramingo
per un mondo di stenti e di sventure.



LIBRO XI

85-90

E dall'opre che inspira e la seconda,
per gran tempo affinato, ad altra vita
l'uom sorgerà. La morte, allor che il giusto
si rinnovelli di novelle spoglie,
lo addurrà sino a me coll'universo
rigenerato.

114-120

Palesò dall'altissimo de' troni
l'onnipossente allora in queste voci
la suprema sua voglia: "O miei diletti!
l'uomo s'è fatto un di noi. Dacché le labbra
pose a quel frutto proibito, esperto
è del male e del ben; ma del perduto
bene e del mal che s'acquistò non rida!

134-143

Michele! affido
l'eseguirne il comando alla tua cura.
Scegli fra' cherubini un forte stuolo
di fiammanti guerrieri, acciò non possa
suscitar l'avversario altri tumulti
per difesa dell'uomo o per desio
d'occuparne la sede abbandonata.
Va'! la coppia colpevole allontana,
rimossa ogni pietà, dal mio giardino.
Caccia i profani dalla sacra terra.

265 -274

Altro significar quel doppio assalto
nell'aere e sulla terra al punto istesso
e dal lato medesmo? o quelle fosche
nugole in oriente anzi che il sole
giunga a mezzo il suo corso? E perché mai
più vivida risplende e porporina
la luce del mattin su quella nube
che biancheggia all'occaso? Ella riflette
nel zaffiro celeste il suo candore,
e lenta a noi discende.

614-625

Ed Adamo a Michele: "Oh qual delitto!
e qual cagion! Ma non vid'io la morte?
per tal via condurrommi alla mia polve?
Spaventevole vista! Orribil morte,
onde l'occhio e il pensiero, abbrividiti,
rifuggono del paro! Oh quanto amara
ne fia la prova!" e l'angelo ad Adamo:
"La morte t'apparì nel primo aspetto
in cui s'è manifesta al guardo umano;
pur diversi ne assume, e numerose
sono le strade, e tutte al par funeste,
che guidano alla sua buja spelonca"

632-657

De' suoi tanti malori il mostruoso
esercito vedrai; vedrai qual fonte
inesausta d'angosce all'uom dischiuse
l'intemperanza della donna. E tosto
vider gli occhi d'Adamo un tristo, oscuro,
laido ridutto, che sembiante avea
d'un ospizio d'infermi. Una gran turba
oppressa vi giacea da quanti morbi
son di strazi fecondi e di torture.
Agonie di deliqui affaticate,
febbri lente ed acute, dolorosi
contorcimenti e tremiti convulsi;
colluvie, interne pietre, ulceri, doglie;
demoniache, tranquille e furibonde
follie, tabi, languori e pestilenze
così larghe di stragi; idropi, spasmi,
che frangon l'ossa e le giunture. Orrende
n'eran le scosse, i gemiti profondi.
Sollecita correa la Disperanza
di giaciglio in giaciglio, e sugl'infermi
brandìa la Morte il trionfal suo telo,
ma di vibrarlo differia, quantunque
invocata talor dagli infelici,
come un'ultima speme, un ben supremo,
oh qual cor di macigno avria sofferto
l'orror di quei tormenti a ciglio asciutti?





LIBRO XII

49-58

Dalla rivolta
sorgerà l'oppressore, e di ribelli
darà nome agli oppressi. Ad una schiera
di compagni o di servi, che la stessa
libidine divora, ei si fa duce,
e dall'Eden si drizza all'occidente
per sopporlo al suo giogo. Or lungo un piano
in sulfureo s'abbatte oscuro gorgo,
che mormora e soverchia a fior di terra,
quasi foce infernal.

350-356

Innanzi ad esso [il trono]
splendono sette lampe, e dei celesti
lumi, novo zodiaco, offrono imago.
Posa il dì sulla tenda oscura nube,
v'arde un raggio la notte, e questo e quella
più non sono manifesti allor che in via
mettonsi le tribù.

852-861

In tal guisa parlava
la nostra antica madre, e lieto Adamo
l'udia. Ma l'appressar dell'immortale
ne tagliò le parole; e già calava
dall'opposta collina, al divisato
loco (ardente meteora) il luminoso
drappel de' cherubini; e il suo radea
pari a bianco vapor, che, nato a sera
da palude o da fiume, si dilati
su melmoso terreno, e tutto il copra...

865-871

Quella spada di Dio brandita in alto
terribile fiammava in apparenza
d'una cometa, e la torrida vampa
e l'igneo fumo che mettea, sembiante
all'ardor che di Libia il cielo adugge,
affocando venia quel dolce e mite
clima del paradiso



P.s qui alcune foto dei Cradle of Filth che ho modificato