"La Solitudine"
Viene ora la Solitudine, la notte,
A sedere sul letto in luogo del Sonno.
Bimba affaticata, in attesa del suo passo giaccio
In ascolto e del soffio che il lume estingue.
E siede immobile, né si volge l'inerte,
ma il greve capo scrolla gravemente.
Troppo è invecchiata, e tanto combatté
che il lauro la cinse alla tempia.
Sull'arso lido rompe insaziata la marea,
nel buio mesto gonfia le sue acque.
Nasce straniero un vento: poi è il silenzio.
Per volgermi alla Solitudine mi sono sfinita,
per prenderle la mano e afferrarmi in lei, fin che la terra
alla pioggia s'imbeva della paurosa monotonia.
"Il golfo"
Un golfo di silenzio ormai ci separa:
io su una sponda e tu all'opposto vivi,
non ti vedo né ti odo, a stento so che ci sei.
Col tuo nome antico ti chiamo ognora
e l'eco di me pretendo sia la tua voce.
A varcarlo forse c'è modo? Ma con la parola
o il senso. Così di pianto lo potremmo colmare.
Ma ora voglio frantumarlo con un'alta risata.
"Nel cielo rosso"
Nel cielo rosso due uccelli volano
con affrante ali: muto e solitario
il loro cammino sinistro non cede.
Con i suoi gialli emblemi il trionfante sole
ha lottato contro la terra il giorno intero: arresa
ha pugnalato il suo cuore e raccolto il sangue
in un calice per spanderlo nel cielo della sera.
Nell'ombra lugubre - volano gli infaticabili
dalle piume di morte - s'avvolge allora la terra
che brama senza pupille il cielo purpureo
e gli uccelli dalla ricerca inesausta.
"Solenne un vento eguaglia il canto"
Solenne un vento eguaglia il canto
della pioggia solenne, stanotte.
Gli alberi da lungo tempo quieti
sono scattati unanimi all'agitazione.
Gli alberi teneri, gli alberi grevi,
le piante in frutto stanche e valorose
abbandonano le fronde al vento
che rissa ad alta voce.
I bassi arbusti e i tronchi
curvano sotto lo strepito maestoso,
come il più sottile filo d'erba
scrolla sul suolo indifferente.
"La tempesta"
Corsi la foresta a cercare ansante
un riparo, il singhiozzo a stento trattenuto;
a un albero mi strinsi e sull'aspra scorza
tentai un guanciale per la mia paura.
"Proteggimi", invocai, "sono una bambina smarrita"
Sul viso l'albero mi spioveva gocce d'argento.
Dai confini del mondo un vento sprigionato
mulinava il tardo bosco, e smisurata
ardeva sul mio capo un'onda verde.
Imploravo: "tieni su di me la tua mano"
Col mantello teso nel vento la pioggia mi percoteva,
agili torrenti impaludavano i cespugli,
sentivo che annegando la terra andava alla caverna
dello spazio, nel suo bollore primigenio: più piccola
di una falena, sola reggevo il mio terrore.
Per un arcano impulso, in trionfo allora
"uccidimi dunque!" gridai, buttandomi all'aperto.
Il temporale cessò: mosse le sue ali il sole
remigando nello stagno diafano del cielo.
Il volto nascosi nelle mani, perché arrossivo.
Fluttuavano gli alberi e ridevano un murmure loro.
"Sanary"
Dalla sua calda stanza dominava la baia
attraverso i fusti delle palme lucenti,
là nell'ardore del sole desiderava giacere,
la bruna testa sul guanciale delle braccia,
tenue e immobile da non pensare
sentire e nemmeno sognare.
Il barbaglio del mare scolava sbandato
sotto il cielo, e il ragno del sole,
spinto da una stizzita fame,
risaliva la cupola a filare e filare.
Anche ad occhi chiusi ella lo scorgeva
e come mosche prigioniere i fragili natanti.
All'ora morta nessuno passa
laggiù nella grande polverosa,
un profumo stremato di mimosa
langue nell'aria, ma dolce - così dolce.
"Un tramonto"
Rompe dalle nubi un raggio
sulla traboccante marea, e là sopra,
nel fioco sussulto di creatura condannata
dall'amore per il lume del giorno, sfinito giace.
Questi che volano nel fantasma dell'aria, chi sono?
Ella piange in agonia - Vengono essi per me?
Zitta! Laggiù ora! - latrano le onde.
Ma non c'è nulla da vedere.
Le nivee braccia sorgono a coprirle il capo,
e dell'onde si prostra alle mille ginocchia
indifferenti che reggono, con il raggio morto,
gli uccelli abbattuti dal loro enigma.
"Canzone della vedova alla moda antica"
Un mazzo giocando ella mi porse
di rose sotto la pioggia recise,
delicate bellezze fragili e gelide.
Potevano le rose sanar la mia pena?
(...)
Su questo morirono le rose.
Languirono i petali e caddero,
pendeva corrugato il verde delle foglie,
immobile, entro un defunto universo,
reggevo un mazzo funerario.
Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/06/le-poesie-piu-belle-delle-sorelle_8.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/06/le-poesie-piu-belle-delle-sorelle.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/05/le-poesie-piu-belle-delle-sorelle.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/06/le-poesie-di-vittoria-aganoor-pompilij.html