Felice Bisazza: "I Beati Paoli"


Felice Bisazza (1809-1867)

Autore de "I Beati Paoli", setta siciliana segreta medievale di giustizieri, detti anche "Fratelli del Paradiso"; qualcosa che ricorda la Santa Veme germanica e fu scoperta a Palermo nel 1185 ma durò per secoli.


I BEATI PAOLI



è mezzanotte: nell'aria bruna

non v'è una stella, non v'è la luna:

sopra gli spaldi delle castella

udì quell'ora la sentinella;

e disse all'erta, dalla spianata,

l'ora è sonata, l'ora è sonata.


Dove ten corri solenne e pia,

segretamente per fosca via,

o di vegliardi pallida schiera,

con due lanterne e una bandiera?

In negra cappa, coperto il viso,

sono i Fratelli del Paradiso!


Fate silenzio! poi dite un ave.

Entrar le fosche temute cave:

ahi dove vanno, per quale sentiero?

che tomba è questa, che cimitero?

Han la bandiera sull'ara alzata;

l'ora è sonata, l'ora è sonata.


Su ferreo desco un libro è aperto,

è dei beati la legge al certo:

spira d'intorno di tombe un lezzo,

una catena pende nel mezzo:

è sotto sotto dalla catena

pende una lampa, ed arde appena.


A un crocefisso di antico sasso

volgono i vecchi il lento passo:

signor, dicendo la negra corte,

tu dai la vita, tu dai la morte:

la nostra mente consiglio aspetta,

Santo dei santi, Dio di vendetta!


Sopra il vangelo hanno giurato

punir di morte sempre il peccato:

su negri seggi si son seduti,

son dieci in tutto, ma stanno muti;

solo si ascolta per quell'arcata:

l'ora è sonata, l'ora è sonata.


Bella, ma come un fior che muore,

santificata dal suo dolore,

giovine donna nel pianto sciolta

Muove all'orrenda funebre volta:

in bianco velo un pargoletto

tacitamente si stringe al petto.


Varca la soglia la sventurata,

s'ode una voce: fosti aspettata!

Ecco comincia il santo rito,

ed ella esclama: non ho marito

sfiorommi il serto del casto giglio,

e poi lasciommi sola col figlio!


Per questa croce, pel Nazareno,

per questo figlio, che ho porto in seno

dopo di averlo cotanto amato,

più non mi volle veder l'ingrato!

Deh! Vendicate, lo vuole Iddio, 

il figlio mio, il figlio mio.


Sparse ha le trecce, lenta la voce,

posa il fanciullo sotto la croce.

Dov'è l'infido? a lei fu detto

Giudici, ei posa in un altro letto!

A pochi passi da questo loco

venga qualcuno, vendetta invoco!


II 


Un'ora è corsa, né squilla ancora

dagli orologi la second'ora

che s'ode un fischio, indi pian piano

rumor di passi, batter di mano:

ecco il consesso dei seggi alzato,

ecco il beato, ecco il beato!


Cappuccio in viso, sandali ai piedi,

la croce in petto, romito il credi;

ma della tunica ecco si nuda,

e sclama:  il vidi con l'empia druda;

pel sacramento fatto al Signore

eccovi il teschio, eccovi il core!


E la dolente? Sembrò pentita,

cercò piangendo fin la sua vita;

ed io risposi ai pianti suoi,

gli angeli miei gli angeli tuoi

ci stan sul capo con la saetta,

voglion vendetta, voglion vendetta!


Altro dicesti? Nulla più dissi,

ella piangeva, io la trafissi;

del sangue il pianto fu vendicato,

mora il peccato, mora il peccato

Fratelli, a' piedi del Rdentore

posate il teschio, posate il core!


Riede la donna turbata in viso,

il figlio cerca da lei diviso:

sotto la croce da lei fu porto,

lo bacia in viso... ma il figlio è morto!

Un cherubino se l'ha rapito,

non ha più figlio, non ha marito!


S'ode un'altr'ora! nell'aria bruna,

non v'è una stella, non v'è luna:

sopra gli spaldi de le castella

udì quell'ora la sentinella,

e disse all'erta, dalla spianata,

l'ora è sonata, l'ora è sonata.