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Le poesie più belle di Novalis le trovate qui: https://novalisinniallanotte.blogspot.com/
Era il 1794 quando Friedrich Leopold von Hardenberg, un barone di 22 anni laureato in legge, conobbe una fanciulla di 12 anni, Sophie von Kühn, e se ne innamorò. Questo amore, nutrito di poesia, esaltò l'animo del giovane, che concentrò le speranze nel sogno di un matrimonio perfetto. Ma un destino atroce era in agguato: tre anni dopo, Sophie morì e Friedrich rimase solo col suo cuore infranto. Cercò conforto nella poesia e nacquero così delle poesie stupende, pubblicate su una rivista letteraria "Inni alla Notte". Von Hardenberg divenne quindi il più famoso rappresentante del Romanticismo tedesco, diventando celebre come Novalis, dal nome di un possedimento della sua famiglia.
Novalis non si sapeva rassegnare alla perdita definitiva della fanciulla amata. Profondamente religioso, era convinto che un giorno si sarebbero ritrovarsi per non dividersi mai più. Nell'attesa del ricongiungimento, però, la separazione poteva essere reso meno dolorosa nel tentativo di forzare le leggi della Natura e di trasferirsi con l'immaginazione nel mondo invisibile dove l'amore regna eterno.
Ma quale facoltà dello spirito umano può compiere questo miracolo?
Per Novalis la risposta è una sola: la poesia.
Mediante la poesia, l'uomo supera le contraddizioni della vita terrena, scavalca le barriere di quella "città pietrificata" che è la Natura e approda infine al porto sereno dell'eternità.
La vera vita, suggerisce Novalis, non è la nostra breve esistenza terrena. Questa è poco più di un'ombra di quell'autentica realtà che ci attende dopo la morte. Poeta intimamente cristiano, Novalis canta la notte, cioè la morte, come l'immagine piena di misteriosi significati della vera vita.
Con Novalis, il Romanticismo Tedesco raggiunge le sue vette più alte.
Schleiermacher ebbe parole di lode per il romanzo di Novalis, e si rammaricò del fatto che Novalis scomparse prematuramente, ma poi concluse che quello era il suo destino: egli infatti lo vedeva "consacrato alla morte" (ein dem Tode Geweihter)
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Hölderlin viene ritenuto uno dei più grandi poeti. Anima profondamente religiosa al pari di Novalis, Hölderlin si distingue per un'ampia e tormentata visione del mondo. Innamorato dell'antichità classica, egli non condivide il gusto tipicamente romantico per la notte, la morte, gli stati d'animo crepuscolari.
Hölderlin ritiene che il divino si manifesti in modo concreto attraverso l'esuberanza della primavera, la gesta degli eroi, il canto dei poeti, la bellezza delle donne.
Ma non tutti sono in grado di capirlo, anzi, pochi ne afferrano un lampo. Chi cerca di forzare troppo l'abisso che divide l'umano dal divino rischia di perdersi nella morte oppure di smarrirsi nei labirinti della follia.
Hölderlin vagheggiava una nazione di poeti, musicisti e filosofi.
Questa concezione della vita che traspare da tutta la sua lirica è espressa in modo unitario nel romanzo "Iperione", che è il "testamento spirituale" del poeta che vede se stesso come messaggero di quelle forze mitiche (Sole, Cielo, Oceano, Fiumi..) che simboleggiano la potenza degli Dei.
Hölderlin fu incompreso ed ebbe a dire "Io mai non compresi le parole degli uomini. Crebbi nelle braccia degli Dei"
"Alle Parche"
"Solo un'estate, Onnipotenti, datemi
ed un autunno a maturarmi il canto;
così che, sazio di quel dolce giuoco,
più volentieri mi si fermi il cuore!
Pago sarò, se pur non mi accompagni
il suono di mie corde... un solo istante,
vissuto in terra avrò come gli Dei...
ed altro io più non chiedo al mio Destino"
"Stoccarda"
E la forza della luce non inaridisce più i fiori...
gonfi sono i torrenti....
Ma vedo la tomba del padre e già ti pare che pianga?
Ma il passato è come il futuro,
sacro ai cantori e nei giorni d'autunno
riconciliamo le Ombre"
"Tu, tu, perdurasti
perché sopra gli oscuri abissi
molto per te era già sorto e tramontato...
Eppure ti credi solo, nella notte silente,
la rupe ascolta il lamento...
Voi, evocare di notte, e quando apparirete irosi,
perché il vomere sconsacra le tombe,
con la voce del cuore,
voglio, con canto devoto,
conciliarvi,
Voi, Sacre Ombre!"