Per l'ultima volta ho fatto il giro dell'appartamento, lentamente, imbevendomi della sua luce un po' scialba, della sua atmosfera un po' greve e come satura di quei profumi d'altri tempi che sfuggono dai cassetti delle avole.
Con lo sguardo, col gesto, carezzavo i mobili di vecchio stile, i gingilli, i libri, familiari ai miei occhi e alle mie dita…
è tanto naturale dare un malinconico addio alle cose che lasciamo, anche quando pare che non ci siano state particolarmente favorevoli!
Ma non esse piangiamo, bensì tutto quanto crediamo di lasciare in mezzo ad esse dei nostri giorni passati, tutto quanto non si può portar via di noi stessi e che, partendo, abbandoniamo definitivamente al passato.
Nella casa dal vetusto atrio, sulla quale, austera e scura, la chiesa di San Sulpizio proietta la sua ombra, e che la signora Erminia Roche, la mia prozia, abitò per mezzo secolo senza pensare a render più moderne né le stanze né la mobilia, nella casa triste e, nonostante tutto, ospitaliera, dove entrai vestita a lutto, dieci anni fa, dove sono cresciuta, dove ho raggiunto la mia maggiore età, e dalla quale domani, di nuovo vestita a lutto, mi allontanerò per sempre, il fantasma della mia infanzia rimane… Ed io lo amavo, quel dolce e timido spettro visibile a me sola fra le mura malinconiche, la vaga immagine di quella piccola Flavia Clairande che una sera di novembre, nebbiosa e fredda come questa, la signora Erminia accolse sotto il suo tetto venerabile...
Vedi anche https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2021/03/i-sepolcri-in-uno-stralcio-dei-delly.html