Milton: "Comus"

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"Comus, a Masque" è del 1633, scritto sotto l'influsso del platonismo della "Faerie Queene" (Libro III) dei "Foure Hymnes" dello Spenser e dell'"Aminta" del Tasso: nello spirito delle vecchie moralities, il poeta ci presenta una giovane eroina, personificazione della castità, che si smarrisce in un bosco e cade nelle mani di Comus, figlio di Bacco e Circe, che invano cerca di persuaderla ai piaceri dei sensi. Debole come dramma, "Comus" è mirabile per le qualità liriche e per la simbolica rappresentazione che ci dà del conflitto nel cuore del poeta tra ideale morale e tendenze sensuali. L'ideale dei neoplatonici fiorentini, la conciliazione di Platone con Cristo, si attua in "Comus" nella vibrazione emotiva di cui il poeta investe l'idea della castità: l'amore celeste sarà l'ineffabile compenso di una vita dedicata a quella che è la pietra di paragone di tutte le virtù.

"Il corpo è per Dio e Dio è per il corpo" era il pensiero dominante di Milton; la sua esaltazione per la castità assume l'intensità di un rito orgiastico nella conclusione, così calda e sensuosa, dell'"Epitaphium Damonis" (1639) ove sono descritte le gioie paradisiache riservate all'anima casta.

La conciliazione tra l'innata sensualità e l'ideale di purezza, Milton la troverà nel matrimonio concepito come un sacro mistero: così l'ideale platonico si concilia con l'insegnamento di san Paolo e nella formula "Lui per Dio solo, lei per Dio in lui", descrittiva dello stato coniugale (Nota di Lunaria: non senza una dose del solito maschilismo cristiano, ma vabbè) è capovolta la concezione medievale e dantesca dell'amore, secondo cui guida al Cielo era la donna.

Lo stesso conflitto di "Comus" è adombrato nell'elegia in memoria di un amico di collegio annegato nel mare d'Irlanda.

Lycidas (1637): la prematura morta del giovane e valente amico fa che il poeta si domandi a che serva "meditare la Musa" invece di darsi ai piaceri mondani, se non fosse che la ricompensa della virtù non è terrena, ma celeste.

I versi che Milton cancellò dal "Comus":

"Tra i giardini delle Esperidi, sulle cui aiuole rugiadose di nettare, e canti celestiali eterne rose crescono e giacinto e frutta dalla scorza d'oro, sul cui bell'albero il drago armato di scaglie tiene il suo occhio non incantabile, e attorno alla sponda e ai limiti sacri di questa beata isola l'oceano geloso quell'antico fiume avvolge le sue ampie braccia finché con precipite cadute metà delle sue onde superflue riempiono il grande Atlantico e metà della lenta insondabile palude Stigia, ma, silenzio, io non fui mandato a eccitare la vostra meraviglia con mondi lontani e strani climi remoti pure di là io vengo e spesso di là contemplo..."

"Amidst the Hesperian gardens, on whose bancks bedew'd with nectar, and celestian songs aeternall roses grow and hyacinth and fruits of golden rind, on whose faire tree the scalie-harnest dragon ever keeps his uninchanted eye, and round the verg and sacred limits of this blissfull isle the jealous ocean that old river windes his farre-extended ames till with sleepe fall halfe his wast flood the wide Atlantique fills and half the slow unfadom'd Stygian poole but soft I was not sent to court your wonder with distant worlds, and strange removed climes yet thence I come and oft from thence behold..."



Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2023/10/commento-alle-opere-minori-di-milton.html

ALTRO APPRONFONDIMENTO

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Nota di Lunaria: purtroppo non sono mai riuscita a trovare i sonetti in italiano di Milton, che ho letto - in forma incompleta - solo per pdf, più incentrato sul commento ad essi che non al riportarli... Per cui è probabile che rifarò questo post in futuro, aggiungendo - come spero - anche i sonetti più belli...

Milton compiva i ventun anni quando scrisse il suo primo capolavoro "L'ode alla natività" ("On the morning of Christ's nativity")

Era il giorno di Natale del 1629 e Milton scriveva al suo amico di aver composto un'ode, quella mattina all'alba, sul "re disceso dal cielo, portatore di pace e sui tempi benedetti promessi dalla Sacra Scrittura". Sarà "il suo regalo di compleanno a Cristo", un anticipo del Paradiso Perduto.

Dopo l'introduzione, compaiono quelli che saranno i due grandi personaggi miltoniani: Dio Padre e Dio Figlio. Cristo lascia la sua gloria per venire tra gli uomini "nell'oscura dimora di creta mortale". E la pace scende su tutta la terra. 

Ma alle dolcissime immagini dei pastori che chiacchierano nella notte, sorvegliando le greggi, e delle luminose schiere degli angeli, e della musica dei loro cori, si contrappone il disastroso caos del regno di Satana al diffondersi della notizia; un quadro potente, fatto di urla terrificanti, di brontolii minacciosi, di fiamme, fumi, terremoti. è la fine del paganesimo, e il poeta passa in rassegna i falsi Dei e i falsi profeti (i Lari e i Lemuri, Moloch e Baal, Osiride e tutta una serie di mostruose figure, dai nomi pittoreschi, in un fantastico, straordinario turbinare di code biforcute e squame ondeggianti). Più tardi Milton svilupperà l'argomento, su più vasta scala ma non potrà superare la perfezione di alcune strofe dell'ode. Ma non è, l'"Ode alla natività" la prima poesia del giovane Milton, che aveva cominciato a verseggiare a 15 anni. E non gli basta l'inglese: scrive rime in latino e persino in italiano.

Estratto di uno stralcio in italiano e latino:



Tra le composizioni inglesi, notevoli sono "Song on a May Morning", ("Canzone a un mattino di maggio"), "On Shakespeare", ("A Shakespeare"), "On the death of a fair infant", ("Per la morte di un bel bambino"), "At a Solemn Music", ("Per una musica solenne"). 

I versi in latino raggiungono spesso, in maniera sorprendente, una perfezione che non si riscontra in nessun altro inglese: qualcuno li considera addirittura degni di figurare accanto ai migliori modelli antichi.

I sonetti in italiano sono poi un esperimento veramente interessante e dimostrano l'indiscutibile abilità di Milton nel cimentarsi con la poesia in un'altra lingua: una lingua che amava particolarmente.

Milton dedica i suoi sonetti a una certa Emilia, "un tipo di bellezza forestiera", incontrata probabilmente nell'ambiente dei Diodati, gli amici carissimi di origine italiana.

Naturalmente, struggendosi d'amore per lei, il giovane erudito saccheggia a dritta e a manca, attingendo specialmente a quella inesauribile miniera d'amore in versi che è Francesco Petrarca.

Nota di Lunaria: per quanto qualcuno lo abbia messo in dubbio, sembra che Milton, quando visitò l'Italia, incontrò anche Galileo, ormai vecchio. Milton commentò così: "Potrei raccontare ciò che ho visto e sentito in altri Paesi, dove questo genere di inquisizione [sulla stampa e sui pensieri] esercita la sua tirannia; seduto tra gli uomini colti del Paese sono stato da loro considerato felice per essere nato in un luogo di libertà intellettuale - tale consideravano l'Inghilterra - mentre essi non potevano far altro che lamentarsi per la servile contraddizione in cui era tenuto il sapere: questa la vera causa che ha spento la gloria degli intelletti italiani; nulla più era stato scritto, ormai da molti anni, che non fosse adulazione e retorica. Fu là che io visitai il famoso Galileo, vecchio ormai, prigioniero dell'Inquisizione perché in astronomia la pensava diversamente dai censori francescani e domenicani."

Milton con Galileo: poeta alle prime armi, durante il suo viaggio in Italia  (1638), Milton trovò il modo di far visita a Galilei. Fu un incontro memorabile per il poeta, e non solo per le dolorose vicende personali del grande scienziato, ma perché guardando nel cannocchiale, il giovane inglese vide per la prima volta il nuovo spazio, lo spazio dei tempi moderni. E se ne ricordò tanti anni dopo nel suo capolavoro, facendo compiere a Satana un terribile e audace volo attraverso il cosmo, dalle lave dell'Inferno fino al nuovo mondo creato per gli uomini.

Su Milton vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/02/milton-nella-mattina-della-nativita-i.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/02/lallegro-di-milton-i-versi-piu-belli.html