Heinrich von Kleist "La mendicante di Locarno" (1811)

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Nell'Italia settentrionale, ai piedi delle Alpi, vicino a Locarno, c'era un antico castello di proprietà di un marchese, e chi proviene da San Gottardo può vederne ora le rovine; era un castello con stanze ampie e alte, e in una di esse la padrona del castello impietosita aveva accolta e messa a dormire su un pagliericcio una vecchia mendicante malata, che si era presentata alla porta. Il marchese che, ritornato dalla caccia, per caso entrò in quella stanza dove era salito per riporre il fucile, ordinò alla donna, seccato, di togliersi dall'angolo dove riposava e di mettersi dietro la stufa.
La donna mentre si alzava scivolò con la stampella sul pavimento liscio e si ferì gravemente all'osso sacro; ma si alzò, come le era stato ordinato, con grande fatica e, attraversata di sghembo la stanza, cadde dietro la stufa lamentandosi e morì. Molti anni dopo, poiché a causa della guerra e dei magri raccolti il marchese si trovava in condizioni abbastanza disagiate, venne da lui un cavaliere fiorentino che voleva comprare il castello per la sua bella posizione. Il marchese, a cui interessava molto l'affare, ordinò a sua moglie di ospitare il cavaliere nella stanza che abbiamo descritto prima, la quale era libera e arredata molto sontuosamente. Ma grande fu il loro stupore quando, durante la notte, il cavaliere scese da loro pallido e spaventato, giurando che in quella stanza aveva sentito qualcosa d'invisibile che si era sollevato da un angolo, come se fosse disteso sulla paglia, aveva attraversato di sbieco la stanza a passi lenti e strascicati ma ben percepibili, ed era caduto dietro la stufa gemendo. Il marchese, atterito senza sapere bene da che, con finta allegria schermì il cavaliere e disse che sarebbe andato subito a trascorrere la notte con lui nella camera, per tranquillizzarlo. Ma il cavaliere lo pregò di farlo pernottare su una poltrona nella camera sua, e, quando fece giorno, fece attaccare i cavalli, salutò e partì.
Questo avvenimento fu risaputo e allontanò molti compratori, con grande disappunto del marchese, e siccome anche fra i suoi stessi servitori si sparse la voce che in quella stanza a mezzanotte c'erano i fantasmi, decise di controllare di pesona durante la notte seguente, per troncare queste dicerie. Verso sera fece preparare il suo letto in quella camera e senza dormire aspettò mezzanotte. Ma quando suonò l'ora dei fantasmi rimase sbalordito, perché sentì davvero lo strano rumore; era come se un essere umano si alzasse dalla paglia che sfrascava sotto di lui e attraversasse strisciando tutta la stanza, andando a cadere dietro la stufa con sospiri e gemiti. La mattina dopo appena fu sceso, la marchesa gli chiese come era andato l'esperimento; e poiché egli si guardava intorno con occhi spaventati e incerti e, tirato il chiavistello, le confermava che la questione dei fantasmi era vera, fu colta da uno spavento così forte come mai ne aveva provato prima e lo pregò, prima di parlarne con altri, di portare anche lei per riesaminare insieme la cosa a sangue freddo. Ma la notte seguente, in compagnia di un fedele domestico, che avevano portato con loro, sentirono lo stesso incomprensibile rumore; e solo il desiderio impellente di sbarazzarsi del castello a qualunque prezzo poté far reprimere loro, in presenza del domestico, il terrore che li aveva presi e attribuire al fatto una ragione casuale e indifferente, che col tempo si sarebbe scoperta. La sera del terzo giorno, per andare a fondo della cosa, tutti e due salivano di nuovo col batticuore la scala che portava alla camera degli ospiti, quando per caso trovarono davanti alla porta il mastino che era stato sciolto dalla catena e, senza pensarci sopra, forse con l'intenzione di avere con sé un terzo essere vivente, fecero entrare nella stanza il cane. Due lumi sulla tavola, la marchesa senza spogliarsi, il marchese con la sciabola e due pistole prese dall'armadio, i coniugi verso le undici si siedono ognuno nel suo letto; e mentre cercano di intrattenersi meglio che possono parlando, il cane si acciambella in mezzo alla stanza e s'addormenta. Suona la mezzanotte e di nuovo si sente l'agghiacciante fruscio! Qualcuno che l'occhio umano non riesce a vedere si alza sulle grucce da un angolo della stanza; si sente il rumore della paglia sotto di lui; e al primo passo: toc toc! Il cane si sveglia; balza in piedi drizzando le orecchie, abbaiando e ringhiando, e, proprio come se gli venisse incontro una persona, indietreggia verso la stufa. A quella scena la marchesa fugge a precipizio con i capelli che le si drizzano sulla testa, mentre il marchese con la spada in mano grida: "Chi va là?" e, poiché nessuno risponde, va fendendo l'aria da ogni parte come un pazzo infuriato; ella fa attaccare i cavalli decisa ad andare in città senza perdere tempo. Ma prima che, radunate alcune cose, si lanci dal portone con grande rumore di ruote, già vede il castello in fiamme. Il marchese, terrorizzato, aveva preso una candela e, stanco di vivere, aveva appiccato il fuoco ai quattro lati del castello, che era rivestito di legno. Inutilmente la moglie mandò gente a salvarlo; era già morto nel modo più orrendo. E ancora oggi le sue ossa bianche, raccolte dai contadini, si trovano in quell'angolo della stanza, da dove per ordine suo si era alzata la mendicante di Locarno.