Theodor Storm "Davanti al camino" (1862)


Il mio barbiere - è stato lui a raccontarmi questa storia - è figlio di un tessitore. Da giovane questi arrivò una sera, durante le sue peregrinazioni di lavorante, in una cittadina della Slesia. Nell'ostello apprese che poteva essere assunto da uno dei maestri tessitori più anziani. "Spero che con te duri a lungo", aggiunse l'oste.
"Se permettete, signore", ribatté l'artigiano, "non avete fiducia in me o c'è qualcosa che non va in casa del mastro tessitore?"
L'oste scosse il capo.
"Che c'è dunque, caro amico?"
"C'è solo che", disse il vecchio, "da quanto hanno voluto tre lavoranti, il terzo se n'è sempre andato alla fine del mese."
Il nostro operaio non si lasciò impressionare, ma andò la sera stessa dal suo nuovo padrone. Trovò una coppia di anziani che lo accolsero gentilmente e che lo rifocillarono con una buona cena per il lungo cammino.
Quando venne l'ora di dormire, il padrone lo condusse personalmente per un lungo corridoio del retrobottega al piano superiore, dove gli assegnò una cameretta. La stanza degli altri due lavoranti era di sotto, ma non ci stava un terzo letto. Dopo che il vecchio gli ebbe augurata la buonanotte il giovane stette ancora un momento ad ascoltare i suoi passi allontanarsi giù dalla scala e poi perdersi a poco a poco nel lungo corridoio. Quindi dette uno sguardo all'alloggio. Era una stanzetta lunga, estremamente stretta, con pareti bianche e spoglie. Il letto stava in fondo e occupava l'intera parete laterale. Accanto un tavolino e una seggiola di pino: questo era tutto l'arredamento. L'unica finestra molto alta e con vetri piombati, dava - per quanto poteva distinguere al chiarore lunare - su un grande giardino. Ma aveva guardato tutto ciò con occhi già assonnati, e distesosi sotto alla ruvida coperta e spento il lume cadde subito in un sonno profondo.
Più tardi non sapeva dire quanto fosse durato: sapeva solo di essere stato svegliato bruscamente da un rumore che proveniva dalla sua stanza, e di aver sentito subito chiaramente scopare come con una granata stridente, che piano piano si spostava dalla finestra al fondo del vano. Si alzò e guardò con occhi spalancati davanti a sé.
La camera era quasi rischiarata dalla luna. Una parete ne era completamente illuminata, ma lui non vide altro che lo spazio del tutto vuoto. Improvvisamente, e prima che il rumore gli arrivasse vicino, si rifece silenzio. Stette in ascolto ancora un po' e cercò invano di venire a capo di quanto era successo, infine, stanco com'era, ricadde nel sonno profondo.
Il mattino seguente, parlandone con il maestro artigiano, venne peraltro a sapere che anche qualcun altro, che prima di lui aveva dormito nella stanza, aveva creduto di udire qualcosa di simile, e che il fenomeno si era inoltre verificato sempre in tempo di plenilunio, ma che però a nessuno era successo niente. Il giovane tessitore si mise il cuore in pace e nelle notti seguenti infatti nulla disturbò il suo riposo. Lì inoltre tutto corrispondeva alle sue aspettative: lavoro e guadagno erano regolari e aveva anche instaurato un buon rapporto con gli altri due lavoranti.
Così passarono i giorni, fino a che si avvicinò di nuovo il plenilunio. Poiché però il tempo era coperto e l'aria pesante, lui non ci aveva fatto caso; e quando alla sera si coricò, un barlume filtrava nella stanza. Ma all'improvviso lo svegliò nuovamente quel rumore già quasi dimenticato. La sua stanza veniva scopata e pulita in modo ancor più deciso e stridente della prima volta - così gli sembrava - e stranamente, adesso che era quasi buio, gli parve di vedere muoversi un'ombra verso la finestra.
Come la volta precedente, dopo un po', prima che il rumore avesse raggiunto il suo letto o lui fosse riuscito a individuarlo più esattamente, si rifece silenzio. Questa volta però non poté riprendere subito sonno e sentì battere dal campanile un'ora dopo l'altra. Infine la luna spuntò dalle nuvole e splendette nella stanzetta, illuminando però solo le nude pareti. Per quanto poco piacevole fosse la faccenda, il lavorante decise di non farne parola e tanto meno di farsi cacciare da quell'apparizione inquietante. Come al solito le notti seguenti passarono senza incidenti.
Un mese dopo egli tornò a notte tarda da una vicina località, dove l'aveva inviato con un incarico di lavoro il suo padrone. Raggiunta la città, non l'attraversò, ma seguì le mura di cinta in modo da rientrare in casa dal giardino, di cui il mastro tessitore gli aveva dato la chiave. Era luna piena.
Ormai nelle vicinanze della casa, percorrendo tra le aiuole il viottolo diritto del giardino, gettò casualmente un'occhiata alla finestra della sua camera. C'era lassù una cosa, lattea e informe, che attraverso i vetri guardava in giardino.
Al giovane andò via di colpo la voglia di dormire ancora in tale compagnia. Fece dietro front e si cercò per quella notte un letto nell'ostello.
Il giorno seguente però - così mi raccontò suo figlio - prese congedo e lasciò la città senza aver capito con chi avesse diviso tanto a lungo la sua stanza.

"Neanch'io saprei cosa pensare."
"Nemmeno io, caro signore."
"Pensavo che questa fosse una vera storia di fantasmi o cos'altro le manca ancora?"
"Non ha un momento saliente."
"Ah sì? Una parte di queste storie però ci colpisce proprio con il fascino dell'enigma e ci spinge a indagare su cose che, sebbene passate ormai da molto tempo, gettano ancora ombre dal nulla."
"Ebbene, e la Sua storia?"
"La lascio alla sagacia delle signore, e a Lei voglio piuttosto raccontare una storia diversa, in cui di per sé si instaura un tale nesso, e cioè il riflesso dell'evento sembra coincidere per un momento con il fatto stesso."