Shakespeare (10): il simbolismo esoterico del "Macbeth"

Il Simbolismo Esoterico del Macbeth, nelle figure delle Tre Streghe e di Lady Macbeth

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Il Macbeth si suppone scritto tra il 1603 e 1606, e fu rappresentato alla corte di Giacomo I nel 1606. (vedi https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/08/shakespeare-9-giacomo-i-la-stregoneria.html) Il materiale leggendario su cui è fondata la trama si ritrova in diverse varianti nei cronisti scozzesi. Fonti del dramma sono due sezioni delle "Cronache" (1587) e forse anche passi della "Rerum Scoticarum Historia" di George Buchanan; i due songs accennati nell'In-Folio e poi stampati nell'In-Quarto del 1673 appaiono in un dramma di Thomas Middleton "La Strega" ("The Witch", scritto tra il 1609 e 1616)
Coleridge capì per primo l'importante funzione di questo rapido prologo, di cui disse che "fa risuonare la nota dominante di tutto il dramma"; le streghe, associate al Maligno e all'orripilante, ritengono che l'orrido sia bello e il bello (anche morale) lo respingono come schifoso.

Luogo aperto. Tuoni e lampi. Entrano tre streghe.
Prima Strega: Quando noi tre ci rivedremo ancora? Con tuono, lampo o pioggia? Quando, allora? [...] E il luogo?
Seconda Strega: Alla brughiera.
Terza Strega: Laggiù dobbiamo andare, Macbeth ad incontrare.
Tutte e tre: "Per noi il bello è brutto, il brutto è bello" fra la nebbia planiamo e l'aer fello.

La scena appare oggi essenziale alla tragedia, di cui annuncia il nucleo ossimorico, il tema oracolare, il doppio tempo umano e numinoso.
Occorre precisare che nel testo le tre streghe non sono delle proiezioni di Macbeth; sono esseri oggettivi, e difatti Banquo le vede così come Orazio vede il fantasma nell'Amleto. Shakespeare le rappresenta con la tipologia del folklore, proprio come quelle streghe nordiche che nella fonte incontrano a Forres i due condottieri dell'esercito di Duncan. E già Holinshed riportava "l'opinione comune che queste donne erano o le Sorelle Destinatrici (Weird Sisters) cioè si potrebbe dire le Dee del Destino", oppure delle ninfe o delle fate, dotate di saggezza profetica grazie alla loro scienza necromantica, perché ogni cosa si attuava così come esse avevano detto".
W. Farnham ricorda che "hag" e "witch" potevano indicare sia la persona che ha fatto un patto col Demonio sia anche un demone; piuttosto che semplici streghe, le Sorelle Fatali, legate ad Ecate [a sua volta Triplice. Nota di Lunaria], appaiono come emissarie del destino.
Esse si limitano a comunicare a Macbeth le proprie profezie, senza mai invitarlo a realizzarle e senza mai dare istruzioni.

Il loro numero rimanda alla Trinità delle Moire o Parche (e in effetti Gavin Douglas, traducendo nel 1553 il terzo libro dell'Eneide rende con "Weird Sisters" le Parcae virgiliane).
Kittredge nella sua edizione di Shakespeare commenta che esse sono delle Norne, cioè "grandi potenze del Destino, grandi minestre del Fato: hanno determinato il passato, governano il presente, non solo predicono ma stabiliscono il futuro."
Hegel nella "Fenomenologia dello Spirito" accosta all'oracolo greco le ambigue Sorelle del Destino, che spingono al delitto con le loro ermetiche previsioni: ciò che dicono le potenze oracolari non è il modo in cui appare la verità (cioè la pienezza della sostanza) ma un segno ammonitore dell'inganno, dell'irriflessione, della singolarità e accidentalità del sapere umano, della limitatezza della coscienza.

Il numero 3 evocato all'inizio si dissemina magicamente nella storia: tre profezie, tre apparizioni, tre assassinii...

Infine, una nota sul termine "The Weird Sisters": il termine "weird" è quello dell'antico inglese "wyrd" e del medio inglese "werd" che significano "destino". Holinshed le chiama appunto "Le Tre Dee del Destino" ("The Goddess of Destiny")


Nota di Lunaria: il concetto di Trinità è presente pure in altre religioni. Basta vedere l'Induismo, che ha ben due Trinità!, una tutta maschile e l'altra tutta femminile!



Anche l'idea di "Tre Donne tutte assieme" è presente nella tradizione cristiana: le  "Tre Marie" (anche se in realtà il testo biblico è abbastanza ambiguo e non si capisce se intenda 3 o 4 donne, così come per "le donne al sepolcro"...) 


 le "tre donne al sepolcro"...


Peraltro, c'è pure questa curiosa trinità in odore di eresia: non si sa se sia Maria o lo Spirito Santo con fattezze femminili...



UN ALTRO COMMENTO ALLE STREGHE

Innumerevoli sono, nell'opera di Shakespeare, i personaggi  soprannaturali o aventi rapporto con le potenze soprannaturali:  maghi come Prospero, fate come Mab o Titania, spiriti folletti come Ariele, fantasmi come il padre di Amleto appaiono dotati di non minore plausibilità e verità poetica di quanta ne abbiano i personaggi reali, usciti dalla vita quotidiana. Ma fra tutti questi esseri misteriosi, nessuno ha presa sulla fantasia dei lettori quanto le tre "favellatrici oscure", le streghe che incontrano Macbeth in una remota landa della Scozia, battuta da venti tempestosi, e gli predicono la sua futura grandezza, e più tardi la rovina. è stato detto con insistenza che la tragedia del "Macbeth" fu scritta in onore di Giacomo I di Stuart, e che i personaggi delle streghe furono introdotti in omaggio all'interesse di studioso che il sovrano manifestava nei confronti della magia nera: era autore di un trattato di demonologia. In realtà, non soltanto Giacomo I, ma tutto il pubblico credeva nell'esistenza delle streghe. Le cantilene che esse intonano e persino il loro aspetto fisico ("figure tutte grinzose, selvagge nel vestire... il dito rugoso sulle smunte labbra") sembra siano state prese da un libro che circolava in Inghilterra sul fenomeno della stregoneria. Quanto alla minaccia che la prima proferisce, di recarsi ad Aleppo  "navigando in uno staccio", per punire il marinaio la cui moglie l'ha trattata con disprezzo, sembra che lo staccio, permeabile all'acqua da tutti i buchi, fosse il mezzo favorito di navigazione per le streghe. Giacomo I credeva fermamente che non meno di 200 streghe imbarcate su altrettanti stacci, avessero tentato con ogni mezzo di ostacolare il viaggio di sua moglie, Anna di Danimarca,  verso le coste britanniche. Se Shakespeare condividesse queste idee non si sa; ma è certo che le sue streghe hanno una singolare forza di suggestione. Alle tre "fatali sorelle" è assegnata una parte di  capitale importanza: senza le loro profezie non si scatenerebbe la selvaggia ambizione di Macbeth; ed è ancora il loro vaticinio che gli svela l'avvicinarsi della fine. Nel corso dei secoli esse sono state interpretate nelle più varie maniere: un tempo secondo la tradizione veristica, come tre vecchie cenciose e sinistre; più  tardi come voci senza volto e senza corpo; oppure trasformate in  streghe nere, esperte di riti voodoo.Il "Macbird" di Barbara Garson, satira contro il presidente Johnson  e la famiglia Kennedy, ha mutato sesso alle streghe, facendone tre agitatori politici: ogni epoca ha sempre le sue streghe e i suoi stregoni.


E ORA.. LADY MACBETH!

La scena dell'incontro tra Macbeth e la sua donna catalizza il passaggio dall'incertezza dell'eroe alla sua ferma accettazione del proprio destino. Nell'ombra di Lady Macbeth sono state viste le bibliche Eva e Lilith ma i modelli diretti della "donna di ferro" mascolina e spietata sono certamente nella tragedia greca, da Clitemnestra a Medea (*) e all'Elettra di Euripide.
C'è da notare che Lady Macbeth nel proclamare la propria giustizia (Dike) e nel farsi strumento di quel destino che lei chiama "aiuto metafisico" ci dà un'immagine di Macbeth che mal si concilia con quella già formatasi: qui il feroce capo-clan "rivela" una natura intima che sarebbe priva di malizia, legalista e timida pur nella sua ambizione: una natura che non sospettavamo di certo.
Infine, potremmo fare notare che prima e dopo che Macbeth e Lady Macbeth commettano gli omicidi, per la notte risuonano strida inquietanti di animali: il corvo, la civetta, i grilli.

"Anche il corvo, con la sua voce rauca,
gracchia il fatale ingresso di Duncano
sotto i miei spalti... O spiriti
che v'associate ai pensieri di morte,
venite, snaturate in me il mio sesso,
e colmatemi fino a traboccare,
dalla più disumana crudeltà.
Fatemi denso il sangue;
sbarratemi ogni accesso alla pietà
[...] Vieni, o notte profonda, e fatti un manto
del più tetro vapore dell'inferno,
così che l'affilato mio coltello
non veda la ferita che produce,
e non si sporga il cielo
dalla coltre della notturna tenebra
a gridare al mio braccio Ferma! Ferma!
[...] (S'ode il verso di una civetta)
Quella era la civetta,
la campanara sinistra il cui strido
porge la più crudele buona notte.
[...] Macbeth: Fatto! Hai udito dei rumori?
Lady Macbeth: Una civetta ed il cantar dei grilli.

Il fatto che Lady Macbeth noti il corvo (e la civetta) e poi citi il sangue, lascerebbe intendere un'ipotesi suggestiva: Shakespeare potrebbe essersi ispirato a Morrigan, la Dea irlandese della battaglia e del sangue, legata ai corvi, per il personaggio di Lady Macbeth?
Avevamo già visto che per le Tre Streghe, Shakespeare si era ispirato alle Parche e alle Norne: forse anche Lady Macbeth allude a Morrigan. Si ricordi che era una Dea Triplice. La civetta, comunque, era associata non solo a Lilith, ma anche ad Atena (e quindi, la Sapienza); oggigiorno la troviamo ancora associata a Lakshmi, come simbolo di bellezza e fortuna.

Lilith, inoltre, è proprio una Dea civetta.


Ma c'è di più: se Morrigan è solo "suggerita", Ecate è nominata espressamente e compare Ella stessa nella tragedia, prima citata da Macbeth, poi in persona nell'atto terzo:

"Vedo del sangue che prima non c'era...
Ma no, che una tal cosa non esiste!
è solo la mia impresa sanguinaria
che prende una tal forma agli occhi miei.
A quest'ora, su una metà del mondo
la natura par quasi che sia morta,
ed empi sogni vanno ad ingannare
il sonno chiuso dietro le cortine.
Le streghe celebran le loro ridde
ad Ecate la pallida..."
  
Avevamo già visto che le Tre Streghe "preannunciavano" proprio la Triplice Ecate

"Le streghe celebran le loro ridde\ad Ecate la pallida; svegliato\dall'allarme della sua sentinella\l'ululato del lupo\l'assassinio s'avvia furtivamente alla sua impresa\come un fantasma a passo lungo e lieve"

e agli oracoli e alle profezie delle streghe. (vedi l'atto quarto o la scena quinta dell'atto terzo): 

"Ecate: non ne ho forse ragione, vegliarde
fattucchiere insolenti e beffarde?
Trafficar con Macbeth io v'ho scorte
in enigmi e maneggi di morte;
mentr'io, vostra regina e bandiera,
orditrice d'ogni arte più nera,
la mia parte non ebbi all'incanto,
né dell'opra l'onore, né il vanto.
(...) Voi d'incanti, di filtri e malie
apprestate le specie più rie.
Io n'andrò per la tenebra oscura
preparando un'arcana sciagura
(...) Sulla cima del corno lunare
altra stella cadente m'appare
e raccoglier la stilla mi giova"

Shakespeare fa apparire Ecate come ipostasi ctonia di Artemide, associandola alla "pallida luna"
e agli oracoli e alle profezie delle streghe. (vedi l'atto quarto o la scena quinta dell'atto terzo);
è significativo che l'Autore la citi anche nel "Re Lear", in bocca al protagonista, per diseredare Cordelia. Gli omicidi si compiono sotto lo sguardo di Ecate che assiste alla scena messa in atto da Macbeth, perché Ella è anche Mater Terribilis, come Coatlicue e Kali: da Lei la Morte, da Lei la Vita.


   
 (*) Curiosamente, anche nella bibbia. La figura di Giaele, che uccide Sisara, "trapanandogli la testa con un surrogato del pene": il grosso chiodo


Comunque, si tenga presente che la vicenda può essere intesa anche in senso erotico, come si suggeriva in questo libro:


prima Sisara possiede la donna - coito o stupro - penetrandola con un vero pene; poi lei si vendica penetrandolo alla testa con un surrogato di fallo: il chiodo.
Probabilmente la soglia della tenda e l' "intima soglia femminea" (vagina) nel quale l'uomo penetrava, in entrambi i casi, nel simbolismo semita, vennero a coincidere. Peraltro, anche nel contesto islamico, il "velo", inizialmente "cortina" nella casa, coincide poi con il pudore (e quindi il corpo, e soprattutto, la vagina) della donna.