Delle due figure che campeggiano nella tragedia di Macbeth - un uomo e una donna che l'avidità di potere travolge nel delitto e nella rovina - la figura femminile è la più allucinante.
Shakespeare non la chiama per nome: essa viene designata mediante il titolo di suo marito: Lady Macbeth; ma l'antica cronaca da cui è desunta la vicenda le dà un nome dal suono sinistro: Gruoch.
Gruoch è una sorta di genio del male. Nella lunga e ferraginosa narrazione di Holinshed, lo storiografo inglese da cui Shakespeare attinge la materia del dramma, i due assassini godono di un certo respiro: dopo il delitto che lo colloca sul trono, Macbeth regna 17 anni, e anzi, il cronista gli dà credito di "degne azioni e principeschi fatti".
Nulla di simile nella tragedia di Shakespeare: i crimini sono i medesimi di quelli elencati da Holinshed ma il tempo dell'azione è abbreviato e precipita verso la catastrofe con la stessa rapidità ed inevitabilità con cui cadono, dopo un giorno d'inverno, le tenebre.
Macbeth domina la scena, ma la moglie domina lui: anche quando non la si vede, se ne avverte l'oscura presenza.
Occorre tenere presente come il Cinquecento fu un'epoca di regine terribili: i genitori di Shakespeare e tutti gli inglesi della generazione precedente a lui rammentavano il regno di Maria la Sanguinaria; Shakespeare aveva 8 anni quando Caterina de' Medici scatenò a Parigi la strage di san Bartolomeo.
è probabile che una qualche reminiscenza di queste poderose figure femminili, avvolte dal duplice riverbero della regalità e del terrore, sia entrata nella creazione del personaggio di Lady Macbeth, regina di Scozia, a prezzo di una catena di delitti.
Shakespeare avrebbe potuto farne un'incarnazione della malvagità, senza chiaroscuri e pentimenti, sul modello di Iago o Riccardo III. Invece l'assassina è pur sempre una donna, capace di tremori e rimorsi, e persino di uno sgomento in cui trema un'ombra di pietà, come quando in Duncan addormentato e prossimo ad essere ucciso le pare di vedere il suo vecchio padre, e non può colpirlo.
Ma tutti questi impulsi sono violentemente ricacciati in fondo all'animo dalla passione dominante, la selvaggia brama di dominio che non arretra nemmeno davanti al sangue.
è in nome di questa che Lady Macbeth chiede agli spiriti del Male di essere liberata dalla sua natura femminile: "Venite alle mie poppe di donna e prendetevi il mio latte in cambio del vostro fiele, o voi ministri d'assassinio, dovunque (nelle vostre invisibili forme) siate pronti a servire il male degli uomini"
Questa donna non più donna partorisce il delitto. Lei, che la natura aveva formata perché desse la vita, dà la morte. [*]
Vale la pena di rammentare il commento di Victor Hugo: "La prima cosa che fa Adamo con Eva è Caino. La prima cosa che fa Macbeth con Gruoch è l'assassinio."
Ma il rimorso non le dà tregua.
Mentre Macbeth che sulle prime si confessa "novizio" al delitto, più avanti, indurito fra gli orrori, diventa inaccessibile a qualunque umano sgomento, la regina naufraga in una sorta di cupa follia, ossessionata dal ricordo del sangue sparso e delle immagini delle sue vittime: non la uccideranno i nemici che premono da ogni parte, la uccideranno i morti.
[*] Si potrebbe fare un parallelo con Eva, "la madre dei viventi" che, sedotta dal serpente, cede alla tentazione e per la quale "la morte è entrata nel mondo". Nota di Lunaria.