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In "Macbeth" il discorso sul potere non riguarda solo l'ambito della politica sessuale ma anche quello della politica tout court.
Il problema della stregoneria come potenziale elemento di sovversione e più in particolare come insidia alla corona e alla vita di re Giacomo I, era all'ordine del giorno.
Le streghe, asservite alle potenze infernali, avevano già dimostrato di poter attentare alla monarchia, specchio terreno del potere celeste.
Prima che diventasse re d'Inghilterra, Giacomo
aveva voluto assistere al processo intentato contro un gruppo di persone accusate di aver suscitato con arti magiche una tempesta per affondare la nave che lo riportava in patria dalla Danimarca insieme alla consorte Anna.
Nel 1597, Giacomo aveva scritto un trattato intitolato "Demonologia"; sette anni più tardi inasprì le leggi sulla stregoneria emanate da Elisabetta I fino a prevedere la pena di morte per chi evocasse spiriti maligni.
Non furono comunque le streghe a mettere in serio pericolo la vita del sovrano. Il fallimento della Congiura delle polveri (5 novembre 1605) che si proponeva l'impresa inaudita di far saltare in aria il re con l'intero Parlamento, aveva provocato un ulteriore giro di vite contro i cattolici. E una buona concentrazione di cattolici era presente nel Warwickshire; anche Stratford, città natale di Shakespeare, fu toccata dalla dura reazione monarchica. Parenti e amici del drammaturgo vennero coinvolti nella nuova ondata repressiva.
Shakespeare, come tutto il mondo teatrale (e non solo) a lui contemporaneo era sottoposto a censura; è più o meno acquisito che "Macbeth" sia stato rappresentato a corte al cospetto di Giacomo I; se è vero, come si ipotizza, che sia stato addirittura il re a commissionare un dramma di argomento scozzese al gruppo di Shakespeare (compagnia che si fregiava del titolo "King's Men"), si capirà quanto l'autore potesse avvertire la delicatezza di una tale incombenza. Se l'opera fu composta a ridosso del processo e della condanna a morte dei congiurati (inverno-primavera 1606) sarà anche chiaro come le circostanze non ammettessero diversioni o licenze poetiche.
Il messaggio contenuto nel "Macbeth" doveva essere recepito come un panegirico dell'ordine costituito, di quell'assolutismo regio di cui Giacomo I aveva una concezione sostanzialmente religiosa. Tutto ciò potrebbe dar forza all'ipotesi che Shakespeare intendesse creare un'opera più che rassicurante dal punto di vista dell'ortodossia politica. E spiegherebbe la singolarità per cui le streghe nella loro ultima comparsa sembrano intenzionate non a sovvertire ma a corroborare l'ordine - l'ordine dell'Inghilterra secentesca degli Stuart, non quello della Scozia dell'XI secolo - offrendo a re, presente fra gli spettatori, un corteo altamente idealizzato dei suoi antenati.
Integro con un commento di Terry Eagleton sulle streghe...
Le streghe sarebbero l'inconscio, l'esiliato e represso, del dramma. Le Sorelle Fatali insidierebbero l'ordine costituito sul piano sociale (sono esenti dalla logica dei legami familiari), su quello sessuale (per la loro androginia: sono infatti "femmine barbute") e su quello linguistico (per la loro anarchia espressiva): "Sono Poetesse, Profetesse, Adepte di un culto femminile, separatiste radicali che irridono al potere maschile smascherando il vuoto frastuono e la furia che ne sono alla base."
Insomma: visto che Macbeth rappresenta il potere tirannico, androcentrico, assetato di dominio, che non esita a distruggere e tradire i rapporti virili e feudali di amicizia (l'uccisione del fido Banquo o di re Duncan, che pure aveva premiato Macbeth) paradossalmente sono proprio le streghe, donne magiche, al di fuori di questo sistema patriarcale, ad essere le uniche depositarie stabili dell'unità e della fedeltà le une alle altre: la Sorellanza! Tra l'altro, è interessante notare quest'altro aspetto: le tre donne sono streghe, e perciò odiate e invise dalla mentalità cristiana che permea la Scozia del XI secolo; ma la malvagità, all'interno di tale sistema, viene proprio compiuta dai paladini di tale Scozia cristiana...
p.s notate come questa suggestiva immagine enfatizzi ancora di più la prospettiva ginocentrica: la "V" è la forma stilizzata delle parti intime femminili, oltre che uno dei primi segni tracciati da mano umana, come hanno dimostrato le ricerche di Marija Gimbutas.