Milano vista da Shelley, Byron ed Edith Wharton
"Milano può sembrare poco interessante in confronto ad altre città italiane solo ad un'osservazione affrettata.": parola di Edith Wharton, scrittrice americana,
che nel 1905 visita Milano, in un viaggio alla scoperta di una città che non passa solo attraverso la visita dei monumenti "ma è piuttosto negli intervalli tra questi sistematici studi del passato, nelle parentesi del viaggio, che il viaggiatore cattura quegli sguardi più profondi che lo aiutano a comporre l'immagine di ogni città e a preservarne la personalità nella sua mente."
Quel che è certo è che il fascino discreto di questa città non è sfuggito ai viaggiatori che l'hanno visitata nel tempo.
è il Duomo, simbolo per eccellenza di Milano, a colpire lo scrittore Mark Twain:
"è la prima cosa che cerchi quando ti alzi al mattino e l'ultima su cui lo sguardo si posa la sera"
La cattedrale si staglia in tutto il suo romantico splendore anche agli occhi di Percy Bysshe Shelley (https://poesieshelley.blogspot.it/): "è fatta di marmo bianco, tagliata a pinnacoli di immensa altezza, lavorati con la massima delicatezza e carica di sculture. Il suo effetto, quando si staglia con le sue guglie abbaglianti sulla serene profondità del cielo italiano o alla luce lunare, quando le stelle sembrano raccogliersi tra quelle sagome, è superiore a qualsiasi altra opera che io credevo possibile produrre in architettura. L'interno, benché sublime, è di carattere più terreno [...] c'è un luogo solitario tra queste navate laterali, dietro l'altare, dove la luce del giorno è fioca e giallastra sotto le vetrate istoriate, e li ho scelto di leggere Dante." (Nota di Lunaria: anche Milton fu entusiasta dell'Italia)
Del tempio della lirica, la Scala, scrive invece Stendhal: "Chiamo la Scala il primo teatro del mondo, perché è quello che dà il massimo godimento musicale, un'impressione di vero rapimento."
Anche "L'ultima cena" di Leonardo lascia un indelebile ricordo; Lady Sidney Morgan, scrittrice irlandese, la definisce "la più bella fra le pitture del genere, il capolavoro di Leonardo, che fu il Newton e il Raffaello della sua epoca [...] il muro solidamente costruito su cui Leonardo da Vinci ha impresso la divinità del suo spirito, sarà contemplato con entusiasmo fino a che un tocco di quello splendido pannello ne consacrerà la superficie."
Scrive di Milano anche il critico inglese John Ruskin, che visita la città nel 1845: "Questa Milano continua a piacermi come sempre; è molto più italiana di Firenze per quanto riguarda la gente: non vieni infastidito o interrotto di continuo. Le donne sono velate di nero e sono pettinate con grazia; gli uomini sono onesti e affaccendati."
Dorothy Wordsworth, sorella del più noto William, nota nel 1820 che la sera "i caffè sono affollati e i lumi eccessivamente brillanti, suppongo per la qualità dell'olio. Due o tre, sospesi in alto, erano sufficienti ad illuminare una lunga strada stretta. I negozi erano aperti e sistemati per esporre la merce come a Londra, specialmente i locali di ristoro"
Invece il più romantico dei poeti, George Byron,
al di là di tutti i monumenti e di tutte le chiese, perde la testa per qualcosa di più particolare: "ciò che mi ha entusiasmato di più è una collezione di manoscritti di lettere d'amore originali e di poesie di Lucrezia Borgia e del Cardinale Bembo; e una ciocca di capelli, così lunghi, chiari e belli; le lettere sono tanto leggiadre e amorevoli che ci si rammarica di non essere nati prima e non aver potuto conoscerla [...] i capelli e le lettere sono così belli che non ho fatto altro che meditarci sopra e ho fatto promettere al bibliotecario che me ne farà avere una copia; e sono deciso ad avere anche un po' dei capelli se potrò."
Su Byron, vedi questi approfondimenti:
https://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/09/byron-commento-al-manfredi-caino.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/07/george-byron-i-versi-piu-belli-e-i.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/09/byron-e-la-morte-di-shelley.html