Nella prima metà del XVIII sec. la società si presentava ancora costituita sulle vecchie basi feudali. In politica dominava l'assolutismo, quel regime che concentrava tutti i poteri nel sovrano e negava ai sudditi la libertà di pensiero, di parola e di coscienza. I privilegi erano goduti dall'alto clero e dai nobili, mentre i contadini, specialmente nella Russia e nella Francia, vivevano in uno stato di vera schiavitù. Come reazione a questo stato di cose, sorge in Inghilterra e si diffonde, prima in Francia e poi in tutta l'Europa, un vasto movimento spirituale che prende il nome di Illuminismo, perché si proponeva di illuminare le menti degli uomini e liberarle dall'assolutismo politico, dalle superstizioni del passato e dagli errori [...] Con la scoperta delle verità scientifiche, che eliminavano gli errori e le superstizioni, e con la proclamazione dell'uguaglianza di tutti gli uomini, i pensatori e i letterati credevano di aver avviato l'umanità verso un'era felice. La felicità, tuttavia, non era stata raggiunta. La Ragione degli Illuministi era insufficiente a dare allo spirito dell'uomo quella serenità che gli aveva promessa, perché il cuore ha le sue aspirazioni, le sue ansie, i suoi amori, le sue insoddisfazioni che mai la ragione potrà controllare. Perciò il Razionalismo Illuministico, pur rappresentando una grande conquista nella storia dela civiltà moderna, era destinato a fallire. (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/10/dallilluminismo-al-preromanticismo.html)
Prima ancora, infatti, che esso si affermasse, un grande pensatore napoletano, Giambattista Vico, aveva preannunciato, in una grande opera del titolo "Scienza nuova", i principi speculativi che trionferanno nel sec. XIX. Gli Illuministi esalteranno la ragione, Vico dà valore alle passioni sempre vive nel cuore dell'uomo; gli Illuministi faranno il processo alla storia passata, considerandola un insieme di superstizioni e di errori, Vico, invece, rivaluta la storia, considerandola come espressione dell'ascesa ininterrotta dello spirito umano, il quale raggiunge forme di vita più alte e complesse, attraverso il graduale passaggio dall'istinto all'attività fantastica e da questa all'attività razionale. Non si può quindi negare valore al passato, perché c'è sempre una concatenazione necessaria tra il passato, il presente e l'avvenire, in quanto il progresso è reso possibile appunto dalle conquiste di quei secoli che gli illuministi considereranno oscuri. Questi principi saranno ripresi dalla spiritualità romantica, che farà propria l'intuizione di Vico, il quale, come osserva B. Croce, fa "opera di reazione e di rivoluzione; reazione al presente per riattaccarsi alla tradizione dell'antichità e del Rinascimento; rivoluzione contro il presente e il passato per fondare quell'avvenire che si chiamerà poi, cronologicamente secolo XIX"
Giambattista Vico: "Affetti di un disperato"
tratto da
Lasso, vi prego, acerbi miei martìri,
a unirvi insiem ne la memoria oscura, (1)
se cortesi mai sète in dar tormento;
poiché son tanti, che lo mio cor dura, (2)
di mille vostre offese i vari giri,
ch'i' non ben vi conosco e pur vi sento:
talché di rimembrar meco pavento
le mie sciagure.
[...]
Perché cadente ormai è 'l ferreo mondo
e sono già instrutti a farci strazio i fati,
di pari con le colpe i nostri mali
crebber sugli altri delle prische etati
troppo altamente, poiché sotto il pondo
di novi morbi, i gravi corpi e frali
gemono smorti, ed a la tomba l'ali
il viver nostro ha più preste e spedite,
e son sempre feconde le sventure
di sì fatte sciagure
non più per nova o antica fama udite,
e dal pensier uman tanto lontane
che crederle men sa chi più le prova:
talché sembra lo ciel che più accenda
benigno lume, onde qua giù discenda
un'alma lieta.
[...]
Ma 'l piacer fèro di dolermi sempre
parmi ch'alleggi in parte 'l mio cordoglio,
se del mio stato a lamentar mi mena;
ond'io, ch'a più e a più dolor me 'nvoglio,
farò, cantando con suavi tempre,
che pel contrario suo poggi mia pena.
[...]
Rinfacciatemi or voi, s'unqua potete,
qualche vostro favor, stelle crudeli!
Ite, e ven prego, a ritrovarlo ormai
entro quei moti de' benigni cieli,
che 'nfluiscon qua giù gioie men liete.
[...]
Poiché, se mai a' giorni, a' mesi, agli anni,
c'ho speso nel dolor, i' son rivolto,
veggio esser nato per mia cruda sorte
solo a fiamme, sospir, lagrime e morte.
E così crudi scempi e acerbi affanni
non m'hanno in quel che i'era ancor disciolto.
[...]
Mi venne sol da luminosa parte
del cielo una vaghezza di destare
a' piè de' faggi e poi de' lauri a l'ombra
la bella luce che fa l'alme chiare,
ch'a la povera mia si spense in parte
quando se 'ndossò 'l velo onde s'adombra:
talché, d'alto stupor finor ingombra,
parea a se stessa dir: "Lassa! Chi sono?"
Oimè! ch'a tal desio travaglio come
debbami dar il nome;
ma sempre 'l chiamerò pena e non dono,
se affligge più chi più conosce il male.
[...]
Ma per le pene mie i' giuro a queste
aspre selve, solinghe, orride e meste,
che non mai turberà, mentre respiro,
i lor alti silenzi un mio sospiro.
(1) Fantasia dantesca e tenebra primigenia; l'accento è ben vichiano, ma non sarà difficile ricorrere ad una esasperazione teatralmente e melodrammaticamente scenografica del paesaggio del'anima e del paesaggio della natura.
(2) Le offese contorte che il suo cuore sopporta sono tante che il poeta, pur subendole, non le riconosce distintamente.
Scipione Maffei: "Merope" (1713)
Dall'Atto Terzo
Polifonte: tu sospetti a ragion: ma io nol credo
a i detti suoi; al suo dolore il credo.
Videla il servo lacerata il crine,
di pianto il sen piena, di morte il volto:
videla sorger furibonda, e a un ferro
dar di piglio, impedita a viva forza
da l'aprirsi nel seno ampia ferita.
Or freme ed urla, or d'una in altra stanza
sen va gemendo, e chiama il figlio a nome:
qual rondine talor, che ritornando
non vede i parti, e trova rotto il nido,
ch'alto stridendo gli s'aggira intorno,
e parte, e riede, e di querele assorda.
Adrasto: Anzi ora è il tempo
di dare ormai con ciò l'ultimo impulso
a i voler vacillanti, e per tal morte
resi dal disperar ver te più miti.
Certo esser dei che acquisterà più lode
quest'apparenza di pietà, che biasmo
cento oscuri misfatti. De l'altera
Merope, dopo ciò, fanne a tuo senno.
Quanto d'atroce sen spargesse, allora
perderà fede presso il volgo, e tutto
maldicenza parrà. Vuolsi non meno
ben tosto ampia innalzar funerea pompa,
e con lugubre onor, con finto pianto
del tuo nimico celebrar la morte:
sì per mostrar d'aver cangiato il core,
come per pubblicar ciò che ti giova.
Polifonte: Tutto si faccia; e poiché vuol Messene
esser delusa, si deluda. Quando
saran da poi sopiti alquanto e queti
gli animi, l'arte del regnar mi giovi.
Per mute oblique vie n'andranno a Stige
l'alme più audaci e generose. A i vizi,
per cui vigor si abbatte, ardir si toglie,
il freno allargherò.
Nel pieno trionfo, poi, dell'ideologia illuministica, si diffonde nell'animo di molti scrittori, in Inghilterra e in Italia, un senso acuto di tristezza che si manifesta in una poesia dai toni cupi e lugubri, detta poesia sepolcrale. Segno anche questo che la Ragione non aveva potuto appagare del tutto l'ansia umana. I maggiori rappresentanti di questa poesia sono, in Inghilterra, Edward Young ("Pensieri notturni"), Thomas Gray ("Elegia sopra un cimitero campestre"), James MacPherson ("I Poemi di Ossian") , Alessandro Verri ("Notti Romane al sepolcro degli Scipioni")
Nota di Lunaria: per approfondire, vedi: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_19.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/thomas-gray-elegia-scritta-in-un.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/i-canti-di-ossian-di-james-macpherson.html
Non bisogna tuttavia dimenticare la grande importanza dell'Illuminismo, le cui conquiste si diffondono dalla Francia in tutta Europa. I viaggiatori italiani, dai loro contatti con il mondo inglese e francese attingono un entusiasmo che portano in patria. L'orizzonte dell'Italia diventa più aperto per merito dell'Algarotti, del Baretti, del Galliani, di Pietro Verri, del Beccaria; accanto a questi notevoli scrittori si levano le figure di Goldoni, Alfieri (*) e Parini.
Il Parini e l'Alfieri, specialmente, si possono considerare i rinnovatori dello spirito italiano. Essi accolsero la nuova ideologia illuminista senza soffocare le nostre esigenze e tradizioni. In Italia, dove il sentimento religioso era più profondo, gli spiriti furono animati, più che dalla lotta contro la chiesa e la religione, come era avvenuto in Francia (**), da un desiderio di rinnovamento spirituale che rivendicava una maggiore tolleranza religiosa, libertà di coscienza e autonomia dello Stato dal potere della Chiesa. Il Parini rimane il rappresentante più significativo. Egli accoglie le idee che l'Illuminismo aveva diffuso; ma la sua coscienza, profondamente onesta, le compone in un equilibrio sereno, senza eccessiva asprezza polemica. Egli sente che la società vive una vita falsa, che la tirannide è la negazione della libertà, che le classi privilegiate conducono una vita immorale tra il fasto e le mollezze (Nota di Lunaria: si veda la celebre satira della "vergine cuccia" nella parte del "Mezzogiorno" del "Il Giorno", sua opera principale), ma avverte anche che il sentimento religioso deve sempre rimanere la guida morale dell'umanità. Per questo auspica l'uguaglianza tra gli uomini e il rinnovamento della società in nome del sentimento religioso e senza spargimento di sangue (nota di Lunaria: difatti quando Parini constatò i soprusi e le violenze che i rivoluzionari commettevano in nome della libertà, non seppe fregnare lo sdegno e invitato a gridare "Viva la Repubblica, morte agli aristocratici", gridò "Viva la Repubblica, morte a nessuno") Per merito del Parini l'Italia acquista una nuova coscienza morale civile e religiosa ed il vasto moto di sentimenti e di idee dell'Illuminismo viene accolto senza che vengano distrutti i motivi perenni della civiltà che il cristianesimo aveva diffuso nel mondo.
(*) Per approfondire, vedi: http://poesiamondiale.blogspot.it/2015/08/vittorio-alfieri.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/07/vittorio-alfieri-rime-commento-la-dove.html
(**) Sull'anticlericalismo pre-illuminista, vedi questo approfondimento, tratto da
[...] Jean-Baptiste Colbert, onnipresente ministro di Luigi XIV, intervenne per far cessare la condanna di certe streghe (1670-1671)
Verso gli anni Settanta dei Seicento nella maggior parte dell'Europa occidentale ebbero fine le condanne delle streghe; gli ultimi processi per stregoneria si ebbero nel primissimo Seicento, e poi vi furono alcuni casi isolati fino al 1680 circa [...] Nelle isole britanniche il lungo elenco di incriminazioni per reato di stregoneria dibattute davanti ai tribunali riguardanti la contea di Essex, si conclude nel 1675. (Nota di Lunaria: ci si ricordi che anche gli omosessuali, "i sodomiti", venivano condannati al rogo; a partire dal 1700 a Parigi furono poste sotto inchiesta 4000 persone sospette di omosessualità, ma quasi mai si comminarono castighi che andassero oltre il carcere e il bando; in precedenza i gay - in Germania chiamati con disprezzo "unmensch", mostro, venivano mandati al rogo, come gli eretici e le streghe; nei paesi del Sud Europa infatti gli omosessuali erano giudicati dall'Inquisizione).
Ai primi del '700 prima che albeggiasse l'Illuminismo non si mandarono più al rogo né omosessuali né eretici.
Il simbolo eminente della generazione che operò tra il 1680 e 1725 fu Pierre Bayle; la sua prima opera importante "La Pensées diverses écrites à un docteur de Sorbonne à l'occasion de la comète qui parut au mois de décembre": una critica dell'idea che le comete preannunciassero eventi nefasti; tre quarti dell'opera erano poi dedicati a dimostrazioni filosofiche con le quali Bayle intese togliere ogni possibilità di significato religioso alle comete e ad altri eventi prodigiosi. La parte più notevole riguardava una discussione prolissa del paradosso, derivato da Plutarco, secondo il quale un Dio sapiente avrebbe preferito l'ateismo alla superstizione. Questa difesa filosofica dell'ateismo non fu l'unico motivo per cui Bayle fece uscire anonimo il suo libro, anche se questo fu uno dei motivi più importanti. Nello scritto successivo, Bayle allargò i confini della tolleranza religiosa fino a comprendere cattolici (e si tenga presente che l'autore era ugonotto e aveva avuto il padre e i fratelli uccisi durante le persecuzioni del 1685) e a tutte le altre religioni anche se era ancora convinto che "le vere streghe, quelle che hanno effettivamente fatto un patto col Diavolo" meritavano un castigo severo. Al pari di Bayle anche Balthasar Bekker inizò a farsi conoscere dal pubblico prendendo posizione contro l'idea che la cometa del 1680 presagisse chissà quali sventure.
Tuttavia se cerchiamo cattolici che fossero ancora più radicali ed audaci in fatto di superstizione dobbiamo guardare al napoletano Giannone che nel 1723 pubblicò "Istoria civile del Regno di Napoli" che gli assicurò la fama e nel contempo gli rovinò la carriera.
Egli negò "la liquefazione del sangue di san Gennaro", che portò Giannone, che temeva per la propria vita, a fuggire a Vienna. La sua "Istoria..." fu la più audace opera anti-clericale che venisse dall'Italia da quando, un secolo prima, si era fatta sentire la voce del Sarpi. Per Giannone le reliquie, pellegrinaggi ecc. erano tutta una congerie di pratiche inventate solo per far soldi. Il Giannone finì tuttavia per essere cacciato da Vienna e trascorse i suoi ultimi 14 anni di vita in carcere, componendo l'opera "Il Triregno" (che dovette attendere il 1895 per essere data alle stampe) dove sostenne che l'umanità non avrebbe mai potuto raggiungere il più alto dei regni di cui egli parlava, ossia quello celestiale, se prima non fosse stata annientata la chiesa.
Ma a parte Giannone, il sacerdote più radicale nelle sue opinioni fu pur sempre un francese: Jean Meslier.
Il Bekker aveva voluto demolire tutte le forme di superstizione; il Giannone aveva dato un'interpretazione economica della storia ecclesiastica, ma solo Meslier - morto nel 1729 - parroco delle Ardenne, mise insieme l'interpretazione del cristianesimo di tipo economico - il cristianesimo per lui era la religione che avallava lo sfruttamento dei poveri da parte dei potenti - con la tesi che la chiesa non fosse in se stessa altro che una grande costruzione superstiziosa. Il suo singolare manifesto, "Mémoire des pensées et sentiments de J.M., pretre et curé d'Etrepigny et de But, sur une partie des abus et des erreurs de la conduit et du gouvernement des hommes, où l'on voit des demonstrations claires et évidentes de la vanité et de la fausseté de toutes les divinités et de toutes les religions du monde", composto probabilmente intorno al 1725 e fu il primo trattato vero e proprio che sia apparso nella civiltà occidentale a sostegno di una visione ateistico-comunista. Gli otto capitoli della trattazione riguardavano cinque "prove" della falsità di tutte le religioni e una lunga "prova" dell'appoggio fornito dal cristianesimo all'ingiustizia sociale. Le posizioni principali professate da Meslier si trovano già abbozzate con relativa brevità e chiarezza nella prefazione esplicativa che precede il suo discorso argomentato:
"Cari fratelli, non credete a nulla di quello che ignoranti devoti o preti e dottori interessati vi raccontano e vorrebbero farvi credere, sotto il falso pretesto della loro cosiddetta santa e divina religione. Nessuno come voi è così malamente indotto all'errore e ingannato e nessuno è ad ogni passo tratto in errore quanto chi ha più ottenebrato la mente. La vostra religione non è meno priva di senso e meno superstizione di qualsiasi altra ed è non meno falsa nei suoi principi, non meno ridicola e assurda nei suoi dogmi e nelle sue massime; voi non siete meno idolatri di coloro che chiamate idolatri; gli idoli dei pagani differiscono dai vostri solo nel nome e nella forma. Insomma, tutto quanto i vostri preti e maestri di religione vi predicano con tanta eloquenza sulla grandezza, la santità e la sublimità dei misteri che vi inducono ad adorare; tutto ciò che vi dicono con tanta gravità sulla certezza dei cosiddetti miracoli e tutto ciò che spacciano con tanto zelo e tanta fiducia sulle mirabili ricompense celesti e sui castighi terribili dell'inferno, non sono in definitiva che illusioni, menzogne, errori, cose immaginarie e fittizie, inventate originariamente da scaltri politici e poi reiterate a ingannatori e impostori e accolte e ciecamente credute da sempliciotti grossolani e ignoranti e da ultimo tenute in onore dall'autorità dei grandi e dei principi di questo mondo, i quali hanno favorito questi abusi, questi errori, queste superstizioni e queste imposture (e anzi le hanno autorevolmente imposte con le loro leggi) per tenere la gente comune in schiavitù e farne quel che loro piaceva."
Nota di Lunaria: questo pensiero lo si riscontra anche in de Sade:
"Se il Dio delle nazioni fu partorito nel seno dello spavento, fu anche in quello del dolore che ogni uomo diede forma alla potenza sconosciuta ch'egli creò per se stesso: fu dunque sempre nel laboratorio del terrore e della tristezza che l'uomo sventurato creò il ridicolo fantasma di cui fece il suo Dio. E perché avremmo bisogno di questo motore, quando riflessione e studio sulla natura ci dimostrano che il moto perpetuo è la prima delle sue leggi? Se tutto si muove per se stesso, per tutta l'eternità, il sovrano motore da voi supposto ha agito un solo giorno: ora, quale culto legittimo potreste rendere a un Dio dimostrato inutile oggi?"
"Cessa di credere a questo Dio fantastico, bambina mia; non è mai esistito. La natura basta a se stessa; non ha bisogno di un motore; questo motore, gratuitamente supposto, non è che una decomposizione delle sue stesse forze, non è se non quello che noi diciamo a scuola una petizione di principio. Un Dio presuppone una creazione, vale a dire un istante in cui non c'era nulla, oppure un istante in cui tutto fu nel caos. Se l'uno o l'altro di questi stati era un male, perché il vostro stupido Dio ha permesso che sussistesse? Era un bene? Perché lo cambiò? Ma se ora è tutto bene, il vostro Dio non ha più nulla da fare; se è inutile, può essere potente? Se non è potente, può essere Dio? Può meritare il nostro omaggio? Se la natura si muove incessantemente, in una parola, a cosa serve il motore? E se il motore agisce sulla materia muovendola, come mai non è materia esso stesso? Potete concepire l'effetto dello spirito sulla materia, e la materia mossa dallo spirito che, esso stesso, non possiede movimento? Voi dite che il vostro Dio è buono; e tuttavia, secondo voi, malgrado la sua alleanza con gli uomini, malgrado il sangue del suo caro figlio, venuto per farsi appendere in Giudea, al solo scopo di cementare tale alleanza, malgrado tutto ciò, ripeto, ci saranno ancora i due terzi e mezzo del genere umano condannati al fuoco eterno, perché non hanno ricevuto da lui la grazia che tuttavia gli chiedono ogni giorno. Voi dite che è giusto, questo Dio! è forse giusto accordare la conoscenza di un culto che gli è gradito soltanto alla trentesima parte dell'universo, abbandonando il resto nell'ignoranza ch'egli punirà con l'estremo supplizio? Cosa direste di un uomo che fosse giusto come lo è il vostro Dio? è onnipotente, aggiungete. Ma, in questo stato, il male dunque gli è gradito, perché esiste sulla terra in quantità infinitamente maggiore del bene; e tuttavia lo lascia sussistere. Non c'è dunque una via di mezzo, qui: o il male gli è gradito o non ha il potere di opporvisi e, nell'un caso come nell'altro, non devo pentirmi di esservi incline; infatti, se non può impedirlo, certamente io non posso essere più forte di lui; e se gli è gradito, io non devo annientarlo in me. è immutabile, voi dite ancora: e tuttavia lo vedo cambiare cinque o sei volte di popolo, di legge, di volontà, di sentimento. D'altronde, l'immutabilità presuppone l'impassibilità: ora, un essere impassibile non può essere vendicativo; e voi tuttavia sostenete che il vostro Dio si vendica (nota di Lunaria: in riferimento alle città di Sodoma e Gomorra).
Si freme di orrore, vedendo la quantità di ridicolaggini e di incoerenze da voi attribuite a questo fantasma, esaminando a piacimento tutte le qualità ridicole e contraddittorie con le quali i suoi sostenitori sono costretti a rivestirlo per farne un essere accettabile, senza riflettere che più lo complicano, più lo rendono inconcepibile, più lo giustificano, più lo sviliscono. Verificate, Justine, verificate come tutti i suoi attributi si distruggono e si consumano reciprocamente; e dovrete riconoscere che questo essere esecrabile, nato dalla paura degli uni, dalla furbizia degli altri, e dall'ignoranza di tutti, non è che una rivoltante banalità che non merita da parte nostra un solo istante di fede, né un solo istante di rispetto; una stravaganza pietosa che ripugna all'intelletto, che rivolta lo stomaco, e che è uscita dalle tenebre solo per il tormento e l'umiliazione dell'uomo."
"Juliette! siamone certe, soltanto dai limiti della nostra mente nasce la chimera di un Dio; infatti, non sapendo a chi attribuire ciò che vediamo, nella totale impossibilità di spiegare gli inintelligibili misteri della natura, noi abbiamo semplicemente situato al di sopra di lei un essere dotato del potere di produrre tutti gli effetti le cui cause ci erano ignote. Appena si immaginò tale abominevole fantasma come creatore della natura, subito fu necessario vederlo anche come creatore del bene e del male."
"Cos'è la ragione? è la facoltà datami dalla natura di decidere in relazione ad un oggetto stabilito e di evitarne un altro, in proporzione alla dose di piacere o di fastidio che tali oggetti mi provocano: calcolo del tutto dipendente dai miei sensi, poichè da essi soltanto ricevo le impressioni comparative che costituiscono il dolore che voglio fuggire o il piacere che devo cercare. La ragione non è altro, come dice Fréret [erudito francese, 1688-1749] che la bilancia con la quale pesiamo gli oggetti e mediante la quale, rimettendo sotto pesi quelli lontano da noi, possiamo conoscere ciò che dobbiamo pensare, dal rapporto che hanno tra di loro, in modo tale che sia sempre l'apparenza del massimo piacere che vinca."
"La progressione intima degli esseri che sono stati successivamente causa ed effetto, ha ben presto stancato la mente di coloro che vogliono a tutti i costi trovare la causa in tutti gli effetti: avvertendo l'esaurimento della loro immaginazione di fronte ad una tale successione di idee, è sembrato loro più semplice risalire subito ad una causa prima che hanno immaginato come causa universale, nei confronti della quale le cause particolari sono effetti e che non è, essa, effetto di alcuna causa. (Nota di Lunaria: i celebri sofismi tomisti del "Motore immobile" e "Causa incausata"...)
Ecco il Dio degli uomini, Juliette; ecco la sciocca chimera della loro fragile immaginazione. Vedi attraverso quale catena di sofismi sono arrivati a crearla e, secondo la definizione particolare che ti ho dato, vedi come tale fantasma, non avendo che un'esistenza oggettiva, non potrebbe esistere al di fuori della mente di coloro che lo considerano, è quindi unico risultato delle esaltazioni del loro cervello.
Eccoti dunque il Dio dei mortali, ecco l'essere abominevole che hanno inventato, nei cui templi hanno fatto scorrere tanto sangue!"
"Qualunque sofisma sostengano i fautori assurdi della divinità chimerica degli uomini, non vi dicono altro se non che non c'è effetto senza causa, ma non vi dimostrano che occorre risalire ad una prima causa eterna, causa universale di tutte le cause particolari, che sia inoltre essa stessa creatrice e indipendente dalle altre cause. Convengo che noi non riusciamo a comprendere il legame, la successione e la progressione di tutte le cause. L'ignoranza di un fatto non è mai però motivo sufficiente per crearsene o determinarne un altro. Coloro che vogliono persuadervi dell'esistenza del loro abominevole Dio osano sfrontatamente dirvi che, dal momento che non possiamo collegare la vera causa agli effetti, occorre che necessariamente ammettiamo la causa universale. Si può fare un ragionamento più sciocco? Come se non fosse meglio confessare la propria ignoranza, invece di sostenere un'assurdità, o come se l'ammissione di tale assurdità divenisse una prova della sua esistenza. Confessare la propria pochezza non è un inconveniente, senza dubbio; l'adozione del fantasma è piena di ostacoli contro cui non faremmo che urtare se ci manteniamo tranquilli, ma dove potremmo spezzarci se permettiamo che le nostre teste si riscaldino: e le chimere accalorano sempre.
Concediamo, se si vuole, un istante, ai nostri antagonisti l'esistenza del vampiro (1) che crea lo loro felicità. Chiedo loro, in tale ipotesi, se la legge, la regola, la volontà mediante la quale Dio guida gli esseri, sono della stessa natura della nostra volontà e della nostra forza, se Dio, nelle stesse circostanze, possa volere o non volere, se la stessa cosa possa piacergli e dispiacergli, se non cambi di avviso, se la legge che lo determina è immutabile. Se è lei che lo guida, egli non fa che eseguire; quindi, non ha alcun potere (...) Se il vostro Dio non è libero, se è costretto ad agire in conseguenza delle leggi che lo dominano, allora è una forza simile al destino, alla fortuna, non influenzabile con i voti, non modificabile con le preghiere, non placabile con le offerte e che è meglio disprezzare in eterno piuttosto che implorare con tanto poco successo. Se poi il vostro esecrabile Dio è più pericoloso, più cattivo e più crudele ancora, e ha nascosto agli uomini ciò che era necessario per la loro felicità, il suo progetto allora non era di renderli felici (Nota di Lunaria: sicuramente il suo progetto non era quello di rendere felici e magnificate nel Divino le donne...); egli non li ama, quindi, non è né giusto, né benefico. Mi sembra che un Dio non debba volere altro se non il possibile, e non è possibile che l'uomo osservi leggi che lo tiranneggiano o che gli sono sconosciute."
(1) Il vampiro succhiava il sangue dei cadaveri. Dio fa scorrere il sangue degli uomini, entrambi, a ben vedere, sono chimerici: è sbagliarsi dare all'uno il nome dell'altro? (Nota dello stesso de Sade)
"Continuiamo. Vi chiedo ora, o deisti, come si comporterà questo Dio, voglio accettarlo per un momento, di fronte a coloro che non hanno alcuna cognizione delle sue leggi. Se Dio punisce l'ignoranza invincibile di coloro ai quali le sue leggi non hanno potuto essere notificate, è ingiusto (nota di Lunaria: e lo sarebbe in ugual modo essendosi fatto solo maschio...); se invece non gliele può spiegare, è incapace."
"Ogni giorno nuovi argomenti di terrore: tali sono gli unici effetti prodotti in noi dall'idea pericolosa di un Dio. è questa solo idea che causa i mali più cocenti della vita dell'uomo; è lei che lo costringe a privarsi dei piaceri più sottili della vita, per il terrore di dispiacere a questo frutto disgustoso di una delirante immaginazione. Occorre dunque, amabile amica, liberarsi al più presto possibile dei terrori che una tale chimera suscita e quindi, senza dubbio, bisogna falciare l'idolo, polverizzarlo con braccio fermo."
"Amiche", ci dice la Durand, "più si studia la natura, più si strappano i suoi segreti, meglio si conosce la sua potenza, è più si è convinti dell'inutilità di un Dio. L'istituzione di tale idolo è la più odiosa e ridicola, la più pericolosa e spregevole di tutte le chimere: favola indegna, nata, in tutti gli uomini dal timore e dalla speranza, ultimo effetto della follia umana." (Parte III)
"Fai attenzione specialmente alla religione, niente ti svierà dalla retta via come i suoi pericolosi suggerimenti; simile all'idra le cui teste rinascono appena le si taglia, essa ti tormenterà incessantemente se non avrai la massima cura di annientarne di continuo i principi. Temo che le stravaganti idee di questo Dio inesistente con cui hanno avvelenato la tua infanzia ritornino a turbare la tua fantasia durante i suoi più eccelsi voli: oh, Juliette, dimenticala, disprezzala, l'idea di questo Dio vano e ridicolo. La sua esistenza è un'ombra che dissipa istantaneamente il più lieve sforzo mentale, e tu non sarai mai tranquilla finché questa odiosa chimera non avrà perduto nei tuoi riguardi tutte le facoltà proprie dell'errore. Nutriti senza sosta delle idee di Spinoza, di Vanini, dell'autore del "Systeme de la Nature", Linneo. Li studieremo, li analizzeremo insieme. Ti ho promesso profonde discussioni su questo argomento, manterrò la parola: entrambe ci sazieremo dello studio di quelle sapienti idee. Se avrai ancora dubbi, me li comunicherai, ti tranquillizzerò: fermamente convinta come me, mi imiterai ben presto, e, come me non pronuncerai più il nome di questo Dio infame se non per bestemmiarlo e odiarlo. L'idea di una tale chimera è, confesso, il solo torto che non posso perdonare all'uomo. Lo posso scusare di tutte le sue deviazioni, lo compiango per tutte le sue debolezze, ma non posso perdonargli la costruzione di un simile mostro, non gli perdono di essersi forgiato da solo i ferri religiosi che lo hanno tanto violentemente impastoiato e di essere venuto a presentare egli stesso il collo al giogo vergognoso che la sua stoltezza aveva preparato. Non la smetterei, Juliette, se dovessi abbandonarmi a tutto l'orrore che mi ispira l'esecrabile sistema dell'esistenza di un tale Dio: il mio sangue ribolle al suo solo nome. Mi sembra di vedere intorno a me, quando lo sento pronunciare, le ombre palpitanti di tutti i disgraziati che tale abominevole idea ha distrutto sulla superficie del globo. Esse mi invocano, mi scongiurano di adoperare quante forze, quanto talento abbia in me per estirpare dal cervello dei miei simili l'idea del disgustoso fantasma che li fece morire sulla terra."
"Due classi di individui devono adottare la religione: dapprima quelli che tali assurdità fanno prosperare, poi gli imbecilli che credono sempre a tutto quanto si dice loro senza approfondire mai niente. Sfido però a sostenere che un individuo ragionevole e intelligente possa affermare che crede in buona fede all'atrocità della religione."
De Sade è l'autore più citato e il meno letto in assoluto.
è scontato trovare chi ne parli per sentito dire, è raro trovare chi lo abbia letto dal principio alla fine (come la sottoscritta)
Dal commento di Gianni Nicoletti
"Sade (...) era così fermamente ateista da scagliarsi contro Dio con le più feroci invettive, e Antoine Adam castiga la ingenuità di credere che, se insultava l'essere con tanto furore, bisognava che si pure inconsciamente continuasse ad avere fede in lui; invece, insultava l'idea di Dio e non Dio, per lui inesistente.
(Nota di Lunaria: più che l'inesistenza di Dio, occorre valutare meglio due dei suoi attributi: la sua inutilità di fronte all'Ego del Singolo e i suoi imperdonabili errori e mancanze, primo fra tutti, il sessismo. Del resto che Dio sia "pasticcione e cattivo biologo" lo fa notare anche lo stesso de Sade... e qui aggiungo, un dio tanto ebete e demente da non capire che la sua scelta di farsi unicamente maschio potenzierà, di fatto, il maschilismo e la misoginia in terra e che pure è convinto di "portare amore e giustizia", non si sa se sia più deficiente da non capire le conseguenze dei suoi atti o se sia più maschilista, da capirle benissimi...)
Discorso nerboruto ma erroneo, come si vedrà; e per incominciare, se a suo sostegno Adam trova in Sade intimamente connesse la concezione teista e dispotica, c'è da ribattere che nello stesso Sade il dispotismo è connesso intimamente anche all'ateismo"
"Nel Sadismo la Natura è crudele, vorace, distruttiva (...) Sade cercò di formulare un organismo coerente, impeccabile e monolitico, della prospettiva pessimista fino a raggiungere un nihilismo, il che non può non apparire contraddittorio e inaccettabile per la intrinseca difficoltà di dare ordine a un disordine"
Nulla della monotona biografia di Meslier spiega la sua postuma carica esplosiva. Infatti, da vivo non pubblicò mai nulla. Forse solo un prete di campagna poteva commettere la definitiva e più radicale trahison des clercs, mettendosi ad analizzare l'alleanza fra il trono e l'altare, anticipando il socialismo utopistico o proclamando che bisognava impiccare tutti i sovrani e tutti i nobili dopo averli strangolati con le budella dei preti. Il manoscritto di Meslier fu poi scoperto da Voltaire, che ne pubblicò una versione abbreviata ed espurgata, nella quale molte proposizioni arieggianti il socialismo furono omesse e alla quale aggiunse, come finale dell'opera, una preghiera di sapore deista fabbricata di tutto punto proprio per annacquare l'effetto troppo violento del comunismo e dell'ateismo di cui era impregnato il testo originale. Canonizzato così come precursore dell'Illuminismo, il Meslier suonava ugualmente più radicale, nel suo odio di tutto ciò che sapeva di clericale: proprio Meslier, che fu fondamentalmente un autodidatta, uno "Spinoza allo stato selvaggio", dà maggior forza alla tesi che lo scetticismo religioso era più audace prima dell'avvento dell'Illuminismo.
Nella guerra alla superstizione i letterati dovettero subire vari infortuni (vennero privati del lavoro, furono censurati o incarcerati), ma la loro malasorte non comportò più una condanna a morte.
"Introduzione allo Spirito Romantico" stralcio tratto da
"Il sonno della ragione genera mostri" era scritto sotto una celebre incisione di Goya raffigurante l'artista che, mentre dorme, viene assalito da una torma di spaventosi e lugubri uccelli. I temi del sogno come dell'incubo, che si erano espressi anche nell'arte di Füssli e di Blake, nascono nel cuore stesso del freddo e compassato Neoclassicismo, segno che lo spirito umano non riposa più sicuro sul culto della Dea Ragione, non è più appagato dalla ricerca della forma pura e del Bello Assoluto. Inizia così la prima fase di un'avventura artistica che, affidata alle sensazioni del singolo individuo, dopo aver percorso come una corrente sotterranea tutto l'Ottocento, giungerà a sfociare nel Simbolismo e nel Surrealismo.
1797. Il secolo dei lumi che sta per morire ha segnato molte importanti conquiste, alcune delle quali hanno grandi risvolti negativi. La Rivoluzione industriale ha potenziato sì la produttività, ma ha portato con sé sfruttamento operaio, nascita di quartieri squallidi e malsani, trasformazione della natura. E la Rivoluzione Francese ha sì eliminato regimi autoritari ma a prezzo di sangue, terrore, distruzione. Nell'incisione e nel commento di Goya c'è già il senso di un Romanticismo avant-garde: la vita non è forse un alternarsi di vigile razionalità e di stanco abbandono, di attenta e distaccata osservazione dei fatti e di partecipazione emotiva, di riposo e di lotta, di sereno equilibrio e di cupi incubi? Queste contraddizioni della vita umana vengono incarnate da due opposte tendenze tra la fine del XVIII secolo e i primi decenni del XIX: da un lato la tendenza a riscoprire l'armonia, la bellezza, l'eroicità che parevano attributi solo della classicità greca e romana (Neoclassicismo); dall'altro l'esigenza di valicare i rigidi confini della razionalità per liberare l'istinto fino a sondare le recondite zone dell'inconscio ed esplorare tutte le potenzialità della mente, che possono esprimere anche passione, follia, orrori, superstizioni (Romanticismo).
Il clima è favorevole per ascoltare con spirito nuovo anche le parole di Rousseau, che invita "il sentimento a prendere per mano la ragione", il cui mito, col volgere degli avvenimenti, si sta incrinando nella stessa misura in cui stanno cadendo le illusioni del periodo post-rivoluzionario. Napoleone primo console, poi imperatore, poi vinto ed esiliato: l'universalità vagheggiata dall'impero sul piano politico, con il supporto della superiore e obiettiva ragione, crolla lasciando negli animi sentimenti come insicurezza o indifferenza, comunque un vuoto inquietante difficile da colmare, senza punti di riferimento tangibili. E l'arte neoclassica, che era stata espressione e strumento di glorificazione dell'epopea napoleonica, con gli Ingres, i Canova, i David, si rivela inadeguata ai tempi, chiusa nei suoi canoni rigidi: perché circoscrivere l'arte entro forme perfette e universali, alla ricerca di miti eroici o a esaltazione di principi etici a cui è difficile riferirsi? Al contrario si afferma il desiderio di un individualismo senza confini, capace di esprimere tutte le ansie, gli sgomenti, le insoddisfazioni di cui l'uomo del tempo soffre. E si riconosce la libera creatività della fantasia. Lo spirito romantico nasce da questo desiderio di libertà: l'artista può guardare il mondo o ripiegarsi su se stesso, ma si rifiuta di sottostare a regole prestabilite. Ascolta i battiti del suo cuore, si lascia dominare dalle emozioni, si rivolge alla natura come all'ambiente primordiale, rifugio sicuro in un mondo che appare sempre meno "a misura d'uomo". Se ritorna al passato, non è per produrre forme o miti ma per rivisitarlo sull'onda della scossa emotiva che il presente gli procura o per attingere alle fonti della propria storia o alla storia del suo popolo. Dalla coscienza di questa individualità si risale alle origini della propria appartenenza alla nazione di cui ciascuno si sente parte.
La Grecia e Roma sono un passato troppo lontano e il nuovo punto di riferimento diventa il Medioevo, il periodo in cui si formano i primi stati nazionali, costellato da episodi che si prestano ad essere assimilati alle situazioni politiche presenti [...] E se l'artista cerca un momento di sicurezza si rifugia, quasi fosse il seno materno, nell'ambiente primordiale della natura, una natura non contaminata o violentata dalla civiltà industriale, che egli non rappresenta più con gli occhi e lo spirito del "vedutista" ma che dipinge serena e animata nel suo disordine vitale (Pittoresco) o terrificante, spaventevole, tempestosa (Sublime) (per approfondimenti vedi: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/introduzione-alla-pittura-di-friedrich.html)
E di fronte alla bellezza e allo spavento suscitati da queste visioni, l'uomo-artista sente la mano di Dio nel creato, anzi, Dio stesso dentro il creato, soffre l'intimo disagio della propria finitezza di fronte all'Infinito, e aspira al congiungimento con esso. Il Medioevo viene riscoperto anche come momento di maggiore pietas cristiana e l'arte gotica, con le sue guglie slanciate verso il cielo (*) a glorificazione dell'Eterno, acquista nuovo valore.
Il periodo romantico è quindi caratterizzato da una decisa affermazione del soggettivismo sull'oggettività, dell'energia sulla staticità, del disordine sull'ordine, del pathos sulla serenità; principi, questi, che erano già stati proclamati dallo Sturm und Drang, il "tempestoso impeto" nato in Germania come rivolta alla compostezza classica. Non si può neanche parlare di "scuola" perché le teorie romantiche sostenevano un ideale di vita non condizionato da regole e un'arte in cui il Genio non riconosca altro maestro che la propria sconfinata libertà: non a caso nel periodo romantico non si assiste al fiorire di accademie, come si era verificato in epoca neoclassica. I caposcuola del Romanticismo, infatti, provenivano da una formazione neoclassica, a cui rispondevano con l'insofferenza per le rigide regole accademiche che imponevano una composizione equilibrata, contorni precisi, colori smorzati.
Nato in Germania (**) nella terra della cupa mitologia nordica della Canzone dei Nibelunghi ("Figli del paese delle nebbie"), il nuovo spirito romantico si propaga in Inghilterra, dove si nutre della poesia sepolcrale di Young, Gray, Blair, dei Canti di Ossian (***), del romanzo storico di Walter Scott, si estende nei paesi scandinavi, si afferma come energia prorompente nella Francia post-rivoluzionaria per concludersi nel nostro paese (****) con risonanze più importanti nella letteratura e nella musica, più modeste nelle arti figurative.
Note di Lunaria:
(*) Neanche Shelley era rimasto indenne dalla bellezza delle guglie gotiche. Infatti: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/07/milano-vista-da-shelley-byron-ed-edith.html
(**) Per approfondire, vedi il commento a Schiller: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/commento-al-visionario-di-schiller.html
(***) Vedi http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/thomas-gray-elegia-scritta-in-un.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/blog-post_7.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/i-canti-di-ossian-di-james-macpherson.html
e per vederne l'evoluzione a noi contemporanea di questa estetica concettuale inaugurata da Gray, vedi
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/04/il-miglior-cd-black-metal-sinfonico.html
(****) Per il panorama italiano, vedi: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_8.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_9.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_19.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/introduzione-al-racconto-fantastico.html
ALTRO APPROFONDIMENTO TRATTO DA
Il secolo XIX si apre con due movimenti, il Neoclassicismo e il Romanticismo, che reagiscono, in maniera diversa, all'ideologia illuminista, che aveva negato valore ad ogni tradizione ed esaltato la ragione.
Neoclassici si dicono gli scrittori e gli artisti che accettano ancora l'uso della mitologia e si ispirano ai modelli antichi: i componimenti letterari offrono una forma impeccabile, la pittura e la scultura presentano linee perfette ed armoniose, seppure un poco fredde e convenzionali. Questo ritorno al culto della civiltà classica e della bellezza ellenica è favorito dalle scoperte archeologiche (soprattutto quelle di Ercolano e Pompei) e dagli studi sull'arte antica di Winckelmann e Quirino Visconti. Gli interpreti più noti di questa corrente in letteratura sono Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, nel quale però vive già una spiritualità decisamente romantica (nota di Lunaria: difatti il primo Foscolo è influenzato da Gray e Parnell; esplicito è il verso dei "Sepolcri": "Senti raspar fra le macerie e i bronchi la derelitta cagna ramingando su le fosse, e famelica ululando; e uscir del teschio, ove fuggia la Luna, l'upupa, e svolazzar su per le croci sparse per la funerea campagna, e l'immonda accusar col luttuoso singulto i rai di che son pie le stelle alle obbliate sepolture. Indarno sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte").
Nella scultura Antonio Canova, le cui cose più belle rimangono il famoso gruppo marmoreo delle Grazie, Dedalo e Icaro, Amore e Psyche, la Venere.
Quasi contemporaneamente al Neoclassicismo sorge il movimento romantico, che vuole rivendicare il valore del sentimento contro il razionalismo del '700. Già Vico considerava il sentimento e le passioni umane come i fattori determinanti dello sviluppo dello spirito, che raggiunge forme più alte e complesse attraverso il graduale passaggio dall'istinto all'attività fantastica e da questa all'attività razionale. I toni lugubri, poi, della poesia sepolcrale inglese, la malinconia dei canti di Pindemonte, l'invito "al ritorno della Natura" di Rousseau e di Saint-Pierre, che si affermano in pieno Illuminismo, stanno ad indicare chiaramente come la pretesa illuministica di sottomettere il sentimento alla Ragione fosse illusoria.
Fallita quindi la fiducia nella Ragione, gli uomini avvertono ancora il peso dell'infelicità e tornano alla tradizionale religione cattolica o accettano la filosofia idealistica che ammette lo sviluppo incessante dello Spirito, di cui l'individuo è una manifestazione. Il sensismo del Settecento viene abbandonato in questo nuovo clima spirituale.
Per quanto riguarda il campo letterario le manifestazioni sono l'ansia religiosa, l'affermazione del proprio io, una diffusa tristezza dovuta al contrasto tra reale e ideale, tra mondo esteriore e intimità della propria coscienza. Gli uomini rientrano in se stessi e ascoltando la voce del loro cuore, soffrono e si tormentano per i misteri che avvolgono l'universo e per il male che appare a molti l'unica realtà della vita. I poeti esprimono questo sentimento con note dolenti e appassionate che rifuggono dalle eleganze formali dei classici, ma che sono tuttavia sincere e immediate.
A questa ribellione del sentimento contro il sensismo corrisponde storicamente una diversa realtà sociale e politica. Il Romanticismo, infatti, coincide col Risorgimento politico che in Germania avviene agli inizi del XIX secolo, in Italia attorno al 1820. Il Romanticismo si è spesso manifestato come un'esaltazione dell'indipendenza nazionale e della libertà individuale (nota di Lunaria: vale anche per paesi come la Romania, con Eminescu, o l'Estonia, con Koidula, Liiv o Tamm). Gli interpreti più significativi del Romanticismo Tedesco furono Schlegel, Goethe, Schiller, Heine, Novalis, Tiek.
In Francia furono Chateaubriand, Lamartine, Hugo, De Vigny, De Musset, Dumas, George Sand, Balzac, a guidare il Romanticismo.
In Inghilterra, si ricordano soprattutto Byron, Shelley e Keats.
(altro link utile per approfondire il Romanticismo Inglese http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/08/introduzione-al-romanticismo-inglese-in.html)
Le condizioni politiche dell'Italia, offrivano, come in Germania, il terreno favorevole al trionfo delle idee romantiche. Dopo il crollo delle idee napoleoniche, i vari Stati della nostra Patria caddero ancora sotto gli antichi dominatori. Accogliendo le idee romantiche i nostri letterati prepararono il Risorgimento politico della nazione: i termini "romantico" e "patriottico" in quel periodo si equivalsero. I Romantici italiani identificando l'ideale letterario con l'ideale patriottico, espressero nei loro versi il dolore per la Patria oppressa e la speranza della sua risurrezione, l'amore per la libertà e la giustizia. Il primo ad aderire con entusiasmo fu Berchet; seguirono poi Pellico, Borsieri, Confalonieri, di Breme e altri letterati che pagarono con il carcere e l'esilio il loro amore alla libertà, così come tutti i patrioti furono romantici: Mazzini, Gioberti, Settembrini, Abba, Nievo, D'Azeglio, Grossi, de Sanctis, Tommaseo. Ma le voci più alte di questa nuova spiritualità che investe ogni aspetto della vita furono quelle di Manzoni e Leopardi.
Vedi anche: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/12/introduzione-al-romanticismo-e-alle-sue.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/10/dallilluminismo-al-preromanticismo.html
Giambattista Vico: "Affetti di un disperato"
tratto da
Lasso, vi prego, acerbi miei martìri,
a unirvi insiem ne la memoria oscura, (1)
se cortesi mai sète in dar tormento;
poiché son tanti, che lo mio cor dura, (2)
di mille vostre offese i vari giri,
ch'i' non ben vi conosco e pur vi sento:
talché di rimembrar meco pavento
le mie sciagure.
[...]
Perché cadente ormai è 'l ferreo mondo
e sono già instrutti a farci strazio i fati,
di pari con le colpe i nostri mali
crebber sugli altri delle prische etati
troppo altamente, poiché sotto il pondo
di novi morbi, i gravi corpi e frali
gemono smorti, ed a la tomba l'ali
il viver nostro ha più preste e spedite,
e son sempre feconde le sventure
di sì fatte sciagure
non più per nova o antica fama udite,
e dal pensier uman tanto lontane
che crederle men sa chi più le prova:
talché sembra lo ciel che più accenda
benigno lume, onde qua giù discenda
un'alma lieta.
[...]
Ma 'l piacer fèro di dolermi sempre
parmi ch'alleggi in parte 'l mio cordoglio,
se del mio stato a lamentar mi mena;
ond'io, ch'a più e a più dolor me 'nvoglio,
farò, cantando con suavi tempre,
che pel contrario suo poggi mia pena.
[...]
Rinfacciatemi or voi, s'unqua potete,
qualche vostro favor, stelle crudeli!
Ite, e ven prego, a ritrovarlo ormai
entro quei moti de' benigni cieli,
che 'nfluiscon qua giù gioie men liete.
[...]
Poiché, se mai a' giorni, a' mesi, agli anni,
c'ho speso nel dolor, i' son rivolto,
veggio esser nato per mia cruda sorte
solo a fiamme, sospir, lagrime e morte.
E così crudi scempi e acerbi affanni
non m'hanno in quel che i'era ancor disciolto.
[...]
Mi venne sol da luminosa parte
del cielo una vaghezza di destare
a' piè de' faggi e poi de' lauri a l'ombra
la bella luce che fa l'alme chiare,
ch'a la povera mia si spense in parte
quando se 'ndossò 'l velo onde s'adombra:
talché, d'alto stupor finor ingombra,
parea a se stessa dir: "Lassa! Chi sono?"
Oimè! ch'a tal desio travaglio come
debbami dar il nome;
ma sempre 'l chiamerò pena e non dono,
se affligge più chi più conosce il male.
[...]
Ma per le pene mie i' giuro a queste
aspre selve, solinghe, orride e meste,
che non mai turberà, mentre respiro,
i lor alti silenzi un mio sospiro.
(1) Fantasia dantesca e tenebra primigenia; l'accento è ben vichiano, ma non sarà difficile ricorrere ad una esasperazione teatralmente e melodrammaticamente scenografica del paesaggio del'anima e del paesaggio della natura.
(2) Le offese contorte che il suo cuore sopporta sono tante che il poeta, pur subendole, non le riconosce distintamente.
Scipione Maffei: "Merope" (1713)
Dall'Atto Terzo
Polifonte: tu sospetti a ragion: ma io nol credo
a i detti suoi; al suo dolore il credo.
Videla il servo lacerata il crine,
di pianto il sen piena, di morte il volto:
videla sorger furibonda, e a un ferro
dar di piglio, impedita a viva forza
da l'aprirsi nel seno ampia ferita.
Or freme ed urla, or d'una in altra stanza
sen va gemendo, e chiama il figlio a nome:
qual rondine talor, che ritornando
non vede i parti, e trova rotto il nido,
ch'alto stridendo gli s'aggira intorno,
e parte, e riede, e di querele assorda.
Adrasto: Anzi ora è il tempo
di dare ormai con ciò l'ultimo impulso
a i voler vacillanti, e per tal morte
resi dal disperar ver te più miti.
Certo esser dei che acquisterà più lode
quest'apparenza di pietà, che biasmo
cento oscuri misfatti. De l'altera
Merope, dopo ciò, fanne a tuo senno.
Quanto d'atroce sen spargesse, allora
perderà fede presso il volgo, e tutto
maldicenza parrà. Vuolsi non meno
ben tosto ampia innalzar funerea pompa,
e con lugubre onor, con finto pianto
del tuo nimico celebrar la morte:
sì per mostrar d'aver cangiato il core,
come per pubblicar ciò che ti giova.
Polifonte: Tutto si faccia; e poiché vuol Messene
esser delusa, si deluda. Quando
saran da poi sopiti alquanto e queti
gli animi, l'arte del regnar mi giovi.
Per mute oblique vie n'andranno a Stige
l'alme più audaci e generose. A i vizi,
per cui vigor si abbatte, ardir si toglie,
il freno allargherò.
Nel pieno trionfo, poi, dell'ideologia illuministica, si diffonde nell'animo di molti scrittori, in Inghilterra e in Italia, un senso acuto di tristezza che si manifesta in una poesia dai toni cupi e lugubri, detta poesia sepolcrale. Segno anche questo che la Ragione non aveva potuto appagare del tutto l'ansia umana. I maggiori rappresentanti di questa poesia sono, in Inghilterra, Edward Young ("Pensieri notturni"), Thomas Gray ("Elegia sopra un cimitero campestre"), James MacPherson ("I Poemi di Ossian") , Alessandro Verri ("Notti Romane al sepolcro degli Scipioni")
Nota di Lunaria: per approfondire, vedi: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_19.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/thomas-gray-elegia-scritta-in-un.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/i-canti-di-ossian-di-james-macpherson.html
Non bisogna tuttavia dimenticare la grande importanza dell'Illuminismo, le cui conquiste si diffondono dalla Francia in tutta Europa. I viaggiatori italiani, dai loro contatti con il mondo inglese e francese attingono un entusiasmo che portano in patria. L'orizzonte dell'Italia diventa più aperto per merito dell'Algarotti, del Baretti, del Galliani, di Pietro Verri, del Beccaria; accanto a questi notevoli scrittori si levano le figure di Goldoni, Alfieri (*) e Parini.
Il Parini e l'Alfieri, specialmente, si possono considerare i rinnovatori dello spirito italiano. Essi accolsero la nuova ideologia illuminista senza soffocare le nostre esigenze e tradizioni. In Italia, dove il sentimento religioso era più profondo, gli spiriti furono animati, più che dalla lotta contro la chiesa e la religione, come era avvenuto in Francia (**), da un desiderio di rinnovamento spirituale che rivendicava una maggiore tolleranza religiosa, libertà di coscienza e autonomia dello Stato dal potere della Chiesa. Il Parini rimane il rappresentante più significativo. Egli accoglie le idee che l'Illuminismo aveva diffuso; ma la sua coscienza, profondamente onesta, le compone in un equilibrio sereno, senza eccessiva asprezza polemica. Egli sente che la società vive una vita falsa, che la tirannide è la negazione della libertà, che le classi privilegiate conducono una vita immorale tra il fasto e le mollezze (Nota di Lunaria: si veda la celebre satira della "vergine cuccia" nella parte del "Mezzogiorno" del "Il Giorno", sua opera principale), ma avverte anche che il sentimento religioso deve sempre rimanere la guida morale dell'umanità. Per questo auspica l'uguaglianza tra gli uomini e il rinnovamento della società in nome del sentimento religioso e senza spargimento di sangue (nota di Lunaria: difatti quando Parini constatò i soprusi e le violenze che i rivoluzionari commettevano in nome della libertà, non seppe fregnare lo sdegno e invitato a gridare "Viva la Repubblica, morte agli aristocratici", gridò "Viva la Repubblica, morte a nessuno") Per merito del Parini l'Italia acquista una nuova coscienza morale civile e religiosa ed il vasto moto di sentimenti e di idee dell'Illuminismo viene accolto senza che vengano distrutti i motivi perenni della civiltà che il cristianesimo aveva diffuso nel mondo.
(*) Per approfondire, vedi: http://poesiamondiale.blogspot.it/2015/08/vittorio-alfieri.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/07/vittorio-alfieri-rime-commento-la-dove.html
(**) Sull'anticlericalismo pre-illuminista, vedi questo approfondimento, tratto da
[...] Jean-Baptiste Colbert, onnipresente ministro di Luigi XIV, intervenne per far cessare la condanna di certe streghe (1670-1671)
Verso gli anni Settanta dei Seicento nella maggior parte dell'Europa occidentale ebbero fine le condanne delle streghe; gli ultimi processi per stregoneria si ebbero nel primissimo Seicento, e poi vi furono alcuni casi isolati fino al 1680 circa [...] Nelle isole britanniche il lungo elenco di incriminazioni per reato di stregoneria dibattute davanti ai tribunali riguardanti la contea di Essex, si conclude nel 1675. (Nota di Lunaria: ci si ricordi che anche gli omosessuali, "i sodomiti", venivano condannati al rogo; a partire dal 1700 a Parigi furono poste sotto inchiesta 4000 persone sospette di omosessualità, ma quasi mai si comminarono castighi che andassero oltre il carcere e il bando; in precedenza i gay - in Germania chiamati con disprezzo "unmensch", mostro, venivano mandati al rogo, come gli eretici e le streghe; nei paesi del Sud Europa infatti gli omosessuali erano giudicati dall'Inquisizione).
Ai primi del '700 prima che albeggiasse l'Illuminismo non si mandarono più al rogo né omosessuali né eretici.
Il simbolo eminente della generazione che operò tra il 1680 e 1725 fu Pierre Bayle; la sua prima opera importante "La Pensées diverses écrites à un docteur de Sorbonne à l'occasion de la comète qui parut au mois de décembre": una critica dell'idea che le comete preannunciassero eventi nefasti; tre quarti dell'opera erano poi dedicati a dimostrazioni filosofiche con le quali Bayle intese togliere ogni possibilità di significato religioso alle comete e ad altri eventi prodigiosi. La parte più notevole riguardava una discussione prolissa del paradosso, derivato da Plutarco, secondo il quale un Dio sapiente avrebbe preferito l'ateismo alla superstizione. Questa difesa filosofica dell'ateismo non fu l'unico motivo per cui Bayle fece uscire anonimo il suo libro, anche se questo fu uno dei motivi più importanti. Nello scritto successivo, Bayle allargò i confini della tolleranza religiosa fino a comprendere cattolici (e si tenga presente che l'autore era ugonotto e aveva avuto il padre e i fratelli uccisi durante le persecuzioni del 1685) e a tutte le altre religioni anche se era ancora convinto che "le vere streghe, quelle che hanno effettivamente fatto un patto col Diavolo" meritavano un castigo severo. Al pari di Bayle anche Balthasar Bekker inizò a farsi conoscere dal pubblico prendendo posizione contro l'idea che la cometa del 1680 presagisse chissà quali sventure.
Tuttavia se cerchiamo cattolici che fossero ancora più radicali ed audaci in fatto di superstizione dobbiamo guardare al napoletano Giannone che nel 1723 pubblicò "Istoria civile del Regno di Napoli" che gli assicurò la fama e nel contempo gli rovinò la carriera.
Egli negò "la liquefazione del sangue di san Gennaro", che portò Giannone, che temeva per la propria vita, a fuggire a Vienna. La sua "Istoria..." fu la più audace opera anti-clericale che venisse dall'Italia da quando, un secolo prima, si era fatta sentire la voce del Sarpi. Per Giannone le reliquie, pellegrinaggi ecc. erano tutta una congerie di pratiche inventate solo per far soldi. Il Giannone finì tuttavia per essere cacciato da Vienna e trascorse i suoi ultimi 14 anni di vita in carcere, componendo l'opera "Il Triregno" (che dovette attendere il 1895 per essere data alle stampe) dove sostenne che l'umanità non avrebbe mai potuto raggiungere il più alto dei regni di cui egli parlava, ossia quello celestiale, se prima non fosse stata annientata la chiesa.
Ma a parte Giannone, il sacerdote più radicale nelle sue opinioni fu pur sempre un francese: Jean Meslier.
Il Bekker aveva voluto demolire tutte le forme di superstizione; il Giannone aveva dato un'interpretazione economica della storia ecclesiastica, ma solo Meslier - morto nel 1729 - parroco delle Ardenne, mise insieme l'interpretazione del cristianesimo di tipo economico - il cristianesimo per lui era la religione che avallava lo sfruttamento dei poveri da parte dei potenti - con la tesi che la chiesa non fosse in se stessa altro che una grande costruzione superstiziosa. Il suo singolare manifesto, "Mémoire des pensées et sentiments de J.M., pretre et curé d'Etrepigny et de But, sur une partie des abus et des erreurs de la conduit et du gouvernement des hommes, où l'on voit des demonstrations claires et évidentes de la vanité et de la fausseté de toutes les divinités et de toutes les religions du monde", composto probabilmente intorno al 1725 e fu il primo trattato vero e proprio che sia apparso nella civiltà occidentale a sostegno di una visione ateistico-comunista. Gli otto capitoli della trattazione riguardavano cinque "prove" della falsità di tutte le religioni e una lunga "prova" dell'appoggio fornito dal cristianesimo all'ingiustizia sociale. Le posizioni principali professate da Meslier si trovano già abbozzate con relativa brevità e chiarezza nella prefazione esplicativa che precede il suo discorso argomentato:
"Cari fratelli, non credete a nulla di quello che ignoranti devoti o preti e dottori interessati vi raccontano e vorrebbero farvi credere, sotto il falso pretesto della loro cosiddetta santa e divina religione. Nessuno come voi è così malamente indotto all'errore e ingannato e nessuno è ad ogni passo tratto in errore quanto chi ha più ottenebrato la mente. La vostra religione non è meno priva di senso e meno superstizione di qualsiasi altra ed è non meno falsa nei suoi principi, non meno ridicola e assurda nei suoi dogmi e nelle sue massime; voi non siete meno idolatri di coloro che chiamate idolatri; gli idoli dei pagani differiscono dai vostri solo nel nome e nella forma. Insomma, tutto quanto i vostri preti e maestri di religione vi predicano con tanta eloquenza sulla grandezza, la santità e la sublimità dei misteri che vi inducono ad adorare; tutto ciò che vi dicono con tanta gravità sulla certezza dei cosiddetti miracoli e tutto ciò che spacciano con tanto zelo e tanta fiducia sulle mirabili ricompense celesti e sui castighi terribili dell'inferno, non sono in definitiva che illusioni, menzogne, errori, cose immaginarie e fittizie, inventate originariamente da scaltri politici e poi reiterate a ingannatori e impostori e accolte e ciecamente credute da sempliciotti grossolani e ignoranti e da ultimo tenute in onore dall'autorità dei grandi e dei principi di questo mondo, i quali hanno favorito questi abusi, questi errori, queste superstizioni e queste imposture (e anzi le hanno autorevolmente imposte con le loro leggi) per tenere la gente comune in schiavitù e farne quel che loro piaceva."
Nota di Lunaria: questo pensiero lo si riscontra anche in de Sade:
"Se il Dio delle nazioni fu partorito nel seno dello spavento, fu anche in quello del dolore che ogni uomo diede forma alla potenza sconosciuta ch'egli creò per se stesso: fu dunque sempre nel laboratorio del terrore e della tristezza che l'uomo sventurato creò il ridicolo fantasma di cui fece il suo Dio. E perché avremmo bisogno di questo motore, quando riflessione e studio sulla natura ci dimostrano che il moto perpetuo è la prima delle sue leggi? Se tutto si muove per se stesso, per tutta l'eternità, il sovrano motore da voi supposto ha agito un solo giorno: ora, quale culto legittimo potreste rendere a un Dio dimostrato inutile oggi?"
"Cessa di credere a questo Dio fantastico, bambina mia; non è mai esistito. La natura basta a se stessa; non ha bisogno di un motore; questo motore, gratuitamente supposto, non è che una decomposizione delle sue stesse forze, non è se non quello che noi diciamo a scuola una petizione di principio. Un Dio presuppone una creazione, vale a dire un istante in cui non c'era nulla, oppure un istante in cui tutto fu nel caos. Se l'uno o l'altro di questi stati era un male, perché il vostro stupido Dio ha permesso che sussistesse? Era un bene? Perché lo cambiò? Ma se ora è tutto bene, il vostro Dio non ha più nulla da fare; se è inutile, può essere potente? Se non è potente, può essere Dio? Può meritare il nostro omaggio? Se la natura si muove incessantemente, in una parola, a cosa serve il motore? E se il motore agisce sulla materia muovendola, come mai non è materia esso stesso? Potete concepire l'effetto dello spirito sulla materia, e la materia mossa dallo spirito che, esso stesso, non possiede movimento? Voi dite che il vostro Dio è buono; e tuttavia, secondo voi, malgrado la sua alleanza con gli uomini, malgrado il sangue del suo caro figlio, venuto per farsi appendere in Giudea, al solo scopo di cementare tale alleanza, malgrado tutto ciò, ripeto, ci saranno ancora i due terzi e mezzo del genere umano condannati al fuoco eterno, perché non hanno ricevuto da lui la grazia che tuttavia gli chiedono ogni giorno. Voi dite che è giusto, questo Dio! è forse giusto accordare la conoscenza di un culto che gli è gradito soltanto alla trentesima parte dell'universo, abbandonando il resto nell'ignoranza ch'egli punirà con l'estremo supplizio? Cosa direste di un uomo che fosse giusto come lo è il vostro Dio? è onnipotente, aggiungete. Ma, in questo stato, il male dunque gli è gradito, perché esiste sulla terra in quantità infinitamente maggiore del bene; e tuttavia lo lascia sussistere. Non c'è dunque una via di mezzo, qui: o il male gli è gradito o non ha il potere di opporvisi e, nell'un caso come nell'altro, non devo pentirmi di esservi incline; infatti, se non può impedirlo, certamente io non posso essere più forte di lui; e se gli è gradito, io non devo annientarlo in me. è immutabile, voi dite ancora: e tuttavia lo vedo cambiare cinque o sei volte di popolo, di legge, di volontà, di sentimento. D'altronde, l'immutabilità presuppone l'impassibilità: ora, un essere impassibile non può essere vendicativo; e voi tuttavia sostenete che il vostro Dio si vendica (nota di Lunaria: in riferimento alle città di Sodoma e Gomorra).
Si freme di orrore, vedendo la quantità di ridicolaggini e di incoerenze da voi attribuite a questo fantasma, esaminando a piacimento tutte le qualità ridicole e contraddittorie con le quali i suoi sostenitori sono costretti a rivestirlo per farne un essere accettabile, senza riflettere che più lo complicano, più lo rendono inconcepibile, più lo giustificano, più lo sviliscono. Verificate, Justine, verificate come tutti i suoi attributi si distruggono e si consumano reciprocamente; e dovrete riconoscere che questo essere esecrabile, nato dalla paura degli uni, dalla furbizia degli altri, e dall'ignoranza di tutti, non è che una rivoltante banalità che non merita da parte nostra un solo istante di fede, né un solo istante di rispetto; una stravaganza pietosa che ripugna all'intelletto, che rivolta lo stomaco, e che è uscita dalle tenebre solo per il tormento e l'umiliazione dell'uomo."
"Juliette! siamone certe, soltanto dai limiti della nostra mente nasce la chimera di un Dio; infatti, non sapendo a chi attribuire ciò che vediamo, nella totale impossibilità di spiegare gli inintelligibili misteri della natura, noi abbiamo semplicemente situato al di sopra di lei un essere dotato del potere di produrre tutti gli effetti le cui cause ci erano ignote. Appena si immaginò tale abominevole fantasma come creatore della natura, subito fu necessario vederlo anche come creatore del bene e del male."
"Cos'è la ragione? è la facoltà datami dalla natura di decidere in relazione ad un oggetto stabilito e di evitarne un altro, in proporzione alla dose di piacere o di fastidio che tali oggetti mi provocano: calcolo del tutto dipendente dai miei sensi, poichè da essi soltanto ricevo le impressioni comparative che costituiscono il dolore che voglio fuggire o il piacere che devo cercare. La ragione non è altro, come dice Fréret [erudito francese, 1688-1749] che la bilancia con la quale pesiamo gli oggetti e mediante la quale, rimettendo sotto pesi quelli lontano da noi, possiamo conoscere ciò che dobbiamo pensare, dal rapporto che hanno tra di loro, in modo tale che sia sempre l'apparenza del massimo piacere che vinca."
"La progressione intima degli esseri che sono stati successivamente causa ed effetto, ha ben presto stancato la mente di coloro che vogliono a tutti i costi trovare la causa in tutti gli effetti: avvertendo l'esaurimento della loro immaginazione di fronte ad una tale successione di idee, è sembrato loro più semplice risalire subito ad una causa prima che hanno immaginato come causa universale, nei confronti della quale le cause particolari sono effetti e che non è, essa, effetto di alcuna causa. (Nota di Lunaria: i celebri sofismi tomisti del "Motore immobile" e "Causa incausata"...)
Ecco il Dio degli uomini, Juliette; ecco la sciocca chimera della loro fragile immaginazione. Vedi attraverso quale catena di sofismi sono arrivati a crearla e, secondo la definizione particolare che ti ho dato, vedi come tale fantasma, non avendo che un'esistenza oggettiva, non potrebbe esistere al di fuori della mente di coloro che lo considerano, è quindi unico risultato delle esaltazioni del loro cervello.
Eccoti dunque il Dio dei mortali, ecco l'essere abominevole che hanno inventato, nei cui templi hanno fatto scorrere tanto sangue!"
"Qualunque sofisma sostengano i fautori assurdi della divinità chimerica degli uomini, non vi dicono altro se non che non c'è effetto senza causa, ma non vi dimostrano che occorre risalire ad una prima causa eterna, causa universale di tutte le cause particolari, che sia inoltre essa stessa creatrice e indipendente dalle altre cause. Convengo che noi non riusciamo a comprendere il legame, la successione e la progressione di tutte le cause. L'ignoranza di un fatto non è mai però motivo sufficiente per crearsene o determinarne un altro. Coloro che vogliono persuadervi dell'esistenza del loro abominevole Dio osano sfrontatamente dirvi che, dal momento che non possiamo collegare la vera causa agli effetti, occorre che necessariamente ammettiamo la causa universale. Si può fare un ragionamento più sciocco? Come se non fosse meglio confessare la propria ignoranza, invece di sostenere un'assurdità, o come se l'ammissione di tale assurdità divenisse una prova della sua esistenza. Confessare la propria pochezza non è un inconveniente, senza dubbio; l'adozione del fantasma è piena di ostacoli contro cui non faremmo che urtare se ci manteniamo tranquilli, ma dove potremmo spezzarci se permettiamo che le nostre teste si riscaldino: e le chimere accalorano sempre.
Concediamo, se si vuole, un istante, ai nostri antagonisti l'esistenza del vampiro (1) che crea lo loro felicità. Chiedo loro, in tale ipotesi, se la legge, la regola, la volontà mediante la quale Dio guida gli esseri, sono della stessa natura della nostra volontà e della nostra forza, se Dio, nelle stesse circostanze, possa volere o non volere, se la stessa cosa possa piacergli e dispiacergli, se non cambi di avviso, se la legge che lo determina è immutabile. Se è lei che lo guida, egli non fa che eseguire; quindi, non ha alcun potere (...) Se il vostro Dio non è libero, se è costretto ad agire in conseguenza delle leggi che lo dominano, allora è una forza simile al destino, alla fortuna, non influenzabile con i voti, non modificabile con le preghiere, non placabile con le offerte e che è meglio disprezzare in eterno piuttosto che implorare con tanto poco successo. Se poi il vostro esecrabile Dio è più pericoloso, più cattivo e più crudele ancora, e ha nascosto agli uomini ciò che era necessario per la loro felicità, il suo progetto allora non era di renderli felici (Nota di Lunaria: sicuramente il suo progetto non era quello di rendere felici e magnificate nel Divino le donne...); egli non li ama, quindi, non è né giusto, né benefico. Mi sembra che un Dio non debba volere altro se non il possibile, e non è possibile che l'uomo osservi leggi che lo tiranneggiano o che gli sono sconosciute."
(1) Il vampiro succhiava il sangue dei cadaveri. Dio fa scorrere il sangue degli uomini, entrambi, a ben vedere, sono chimerici: è sbagliarsi dare all'uno il nome dell'altro? (Nota dello stesso de Sade)
"Continuiamo. Vi chiedo ora, o deisti, come si comporterà questo Dio, voglio accettarlo per un momento, di fronte a coloro che non hanno alcuna cognizione delle sue leggi. Se Dio punisce l'ignoranza invincibile di coloro ai quali le sue leggi non hanno potuto essere notificate, è ingiusto (nota di Lunaria: e lo sarebbe in ugual modo essendosi fatto solo maschio...); se invece non gliele può spiegare, è incapace."
"Ogni giorno nuovi argomenti di terrore: tali sono gli unici effetti prodotti in noi dall'idea pericolosa di un Dio. è questa solo idea che causa i mali più cocenti della vita dell'uomo; è lei che lo costringe a privarsi dei piaceri più sottili della vita, per il terrore di dispiacere a questo frutto disgustoso di una delirante immaginazione. Occorre dunque, amabile amica, liberarsi al più presto possibile dei terrori che una tale chimera suscita e quindi, senza dubbio, bisogna falciare l'idolo, polverizzarlo con braccio fermo."
"Amiche", ci dice la Durand, "più si studia la natura, più si strappano i suoi segreti, meglio si conosce la sua potenza, è più si è convinti dell'inutilità di un Dio. L'istituzione di tale idolo è la più odiosa e ridicola, la più pericolosa e spregevole di tutte le chimere: favola indegna, nata, in tutti gli uomini dal timore e dalla speranza, ultimo effetto della follia umana." (Parte III)
"Fai attenzione specialmente alla religione, niente ti svierà dalla retta via come i suoi pericolosi suggerimenti; simile all'idra le cui teste rinascono appena le si taglia, essa ti tormenterà incessantemente se non avrai la massima cura di annientarne di continuo i principi. Temo che le stravaganti idee di questo Dio inesistente con cui hanno avvelenato la tua infanzia ritornino a turbare la tua fantasia durante i suoi più eccelsi voli: oh, Juliette, dimenticala, disprezzala, l'idea di questo Dio vano e ridicolo. La sua esistenza è un'ombra che dissipa istantaneamente il più lieve sforzo mentale, e tu non sarai mai tranquilla finché questa odiosa chimera non avrà perduto nei tuoi riguardi tutte le facoltà proprie dell'errore. Nutriti senza sosta delle idee di Spinoza, di Vanini, dell'autore del "Systeme de la Nature", Linneo. Li studieremo, li analizzeremo insieme. Ti ho promesso profonde discussioni su questo argomento, manterrò la parola: entrambe ci sazieremo dello studio di quelle sapienti idee. Se avrai ancora dubbi, me li comunicherai, ti tranquillizzerò: fermamente convinta come me, mi imiterai ben presto, e, come me non pronuncerai più il nome di questo Dio infame se non per bestemmiarlo e odiarlo. L'idea di una tale chimera è, confesso, il solo torto che non posso perdonare all'uomo. Lo posso scusare di tutte le sue deviazioni, lo compiango per tutte le sue debolezze, ma non posso perdonargli la costruzione di un simile mostro, non gli perdono di essersi forgiato da solo i ferri religiosi che lo hanno tanto violentemente impastoiato e di essere venuto a presentare egli stesso il collo al giogo vergognoso che la sua stoltezza aveva preparato. Non la smetterei, Juliette, se dovessi abbandonarmi a tutto l'orrore che mi ispira l'esecrabile sistema dell'esistenza di un tale Dio: il mio sangue ribolle al suo solo nome. Mi sembra di vedere intorno a me, quando lo sento pronunciare, le ombre palpitanti di tutti i disgraziati che tale abominevole idea ha distrutto sulla superficie del globo. Esse mi invocano, mi scongiurano di adoperare quante forze, quanto talento abbia in me per estirpare dal cervello dei miei simili l'idea del disgustoso fantasma che li fece morire sulla terra."
"Due classi di individui devono adottare la religione: dapprima quelli che tali assurdità fanno prosperare, poi gli imbecilli che credono sempre a tutto quanto si dice loro senza approfondire mai niente. Sfido però a sostenere che un individuo ragionevole e intelligente possa affermare che crede in buona fede all'atrocità della religione."
De Sade è l'autore più citato e il meno letto in assoluto.
è scontato trovare chi ne parli per sentito dire, è raro trovare chi lo abbia letto dal principio alla fine (come la sottoscritta)
Dal commento di Gianni Nicoletti
"Sade (...) era così fermamente ateista da scagliarsi contro Dio con le più feroci invettive, e Antoine Adam castiga la ingenuità di credere che, se insultava l'essere con tanto furore, bisognava che si pure inconsciamente continuasse ad avere fede in lui; invece, insultava l'idea di Dio e non Dio, per lui inesistente.
(Nota di Lunaria: più che l'inesistenza di Dio, occorre valutare meglio due dei suoi attributi: la sua inutilità di fronte all'Ego del Singolo e i suoi imperdonabili errori e mancanze, primo fra tutti, il sessismo. Del resto che Dio sia "pasticcione e cattivo biologo" lo fa notare anche lo stesso de Sade... e qui aggiungo, un dio tanto ebete e demente da non capire che la sua scelta di farsi unicamente maschio potenzierà, di fatto, il maschilismo e la misoginia in terra e che pure è convinto di "portare amore e giustizia", non si sa se sia più deficiente da non capire le conseguenze dei suoi atti o se sia più maschilista, da capirle benissimi...)
Discorso nerboruto ma erroneo, come si vedrà; e per incominciare, se a suo sostegno Adam trova in Sade intimamente connesse la concezione teista e dispotica, c'è da ribattere che nello stesso Sade il dispotismo è connesso intimamente anche all'ateismo"
"Nel Sadismo la Natura è crudele, vorace, distruttiva (...) Sade cercò di formulare un organismo coerente, impeccabile e monolitico, della prospettiva pessimista fino a raggiungere un nihilismo, il che non può non apparire contraddittorio e inaccettabile per la intrinseca difficoltà di dare ordine a un disordine"
Nulla della monotona biografia di Meslier spiega la sua postuma carica esplosiva. Infatti, da vivo non pubblicò mai nulla. Forse solo un prete di campagna poteva commettere la definitiva e più radicale trahison des clercs, mettendosi ad analizzare l'alleanza fra il trono e l'altare, anticipando il socialismo utopistico o proclamando che bisognava impiccare tutti i sovrani e tutti i nobili dopo averli strangolati con le budella dei preti. Il manoscritto di Meslier fu poi scoperto da Voltaire, che ne pubblicò una versione abbreviata ed espurgata, nella quale molte proposizioni arieggianti il socialismo furono omesse e alla quale aggiunse, come finale dell'opera, una preghiera di sapore deista fabbricata di tutto punto proprio per annacquare l'effetto troppo violento del comunismo e dell'ateismo di cui era impregnato il testo originale. Canonizzato così come precursore dell'Illuminismo, il Meslier suonava ugualmente più radicale, nel suo odio di tutto ciò che sapeva di clericale: proprio Meslier, che fu fondamentalmente un autodidatta, uno "Spinoza allo stato selvaggio", dà maggior forza alla tesi che lo scetticismo religioso era più audace prima dell'avvento dell'Illuminismo.
Nella guerra alla superstizione i letterati dovettero subire vari infortuni (vennero privati del lavoro, furono censurati o incarcerati), ma la loro malasorte non comportò più una condanna a morte.
"Introduzione allo Spirito Romantico" stralcio tratto da
"Il sonno della ragione genera mostri" era scritto sotto una celebre incisione di Goya raffigurante l'artista che, mentre dorme, viene assalito da una torma di spaventosi e lugubri uccelli. I temi del sogno come dell'incubo, che si erano espressi anche nell'arte di Füssli e di Blake, nascono nel cuore stesso del freddo e compassato Neoclassicismo, segno che lo spirito umano non riposa più sicuro sul culto della Dea Ragione, non è più appagato dalla ricerca della forma pura e del Bello Assoluto. Inizia così la prima fase di un'avventura artistica che, affidata alle sensazioni del singolo individuo, dopo aver percorso come una corrente sotterranea tutto l'Ottocento, giungerà a sfociare nel Simbolismo e nel Surrealismo.
1797. Il secolo dei lumi che sta per morire ha segnato molte importanti conquiste, alcune delle quali hanno grandi risvolti negativi. La Rivoluzione industriale ha potenziato sì la produttività, ma ha portato con sé sfruttamento operaio, nascita di quartieri squallidi e malsani, trasformazione della natura. E la Rivoluzione Francese ha sì eliminato regimi autoritari ma a prezzo di sangue, terrore, distruzione. Nell'incisione e nel commento di Goya c'è già il senso di un Romanticismo avant-garde: la vita non è forse un alternarsi di vigile razionalità e di stanco abbandono, di attenta e distaccata osservazione dei fatti e di partecipazione emotiva, di riposo e di lotta, di sereno equilibrio e di cupi incubi? Queste contraddizioni della vita umana vengono incarnate da due opposte tendenze tra la fine del XVIII secolo e i primi decenni del XIX: da un lato la tendenza a riscoprire l'armonia, la bellezza, l'eroicità che parevano attributi solo della classicità greca e romana (Neoclassicismo); dall'altro l'esigenza di valicare i rigidi confini della razionalità per liberare l'istinto fino a sondare le recondite zone dell'inconscio ed esplorare tutte le potenzialità della mente, che possono esprimere anche passione, follia, orrori, superstizioni (Romanticismo).
Il clima è favorevole per ascoltare con spirito nuovo anche le parole di Rousseau, che invita "il sentimento a prendere per mano la ragione", il cui mito, col volgere degli avvenimenti, si sta incrinando nella stessa misura in cui stanno cadendo le illusioni del periodo post-rivoluzionario. Napoleone primo console, poi imperatore, poi vinto ed esiliato: l'universalità vagheggiata dall'impero sul piano politico, con il supporto della superiore e obiettiva ragione, crolla lasciando negli animi sentimenti come insicurezza o indifferenza, comunque un vuoto inquietante difficile da colmare, senza punti di riferimento tangibili. E l'arte neoclassica, che era stata espressione e strumento di glorificazione dell'epopea napoleonica, con gli Ingres, i Canova, i David, si rivela inadeguata ai tempi, chiusa nei suoi canoni rigidi: perché circoscrivere l'arte entro forme perfette e universali, alla ricerca di miti eroici o a esaltazione di principi etici a cui è difficile riferirsi? Al contrario si afferma il desiderio di un individualismo senza confini, capace di esprimere tutte le ansie, gli sgomenti, le insoddisfazioni di cui l'uomo del tempo soffre. E si riconosce la libera creatività della fantasia. Lo spirito romantico nasce da questo desiderio di libertà: l'artista può guardare il mondo o ripiegarsi su se stesso, ma si rifiuta di sottostare a regole prestabilite. Ascolta i battiti del suo cuore, si lascia dominare dalle emozioni, si rivolge alla natura come all'ambiente primordiale, rifugio sicuro in un mondo che appare sempre meno "a misura d'uomo". Se ritorna al passato, non è per produrre forme o miti ma per rivisitarlo sull'onda della scossa emotiva che il presente gli procura o per attingere alle fonti della propria storia o alla storia del suo popolo. Dalla coscienza di questa individualità si risale alle origini della propria appartenenza alla nazione di cui ciascuno si sente parte.
La Grecia e Roma sono un passato troppo lontano e il nuovo punto di riferimento diventa il Medioevo, il periodo in cui si formano i primi stati nazionali, costellato da episodi che si prestano ad essere assimilati alle situazioni politiche presenti [...] E se l'artista cerca un momento di sicurezza si rifugia, quasi fosse il seno materno, nell'ambiente primordiale della natura, una natura non contaminata o violentata dalla civiltà industriale, che egli non rappresenta più con gli occhi e lo spirito del "vedutista" ma che dipinge serena e animata nel suo disordine vitale (Pittoresco) o terrificante, spaventevole, tempestosa (Sublime) (per approfondimenti vedi: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/introduzione-alla-pittura-di-friedrich.html)
E di fronte alla bellezza e allo spavento suscitati da queste visioni, l'uomo-artista sente la mano di Dio nel creato, anzi, Dio stesso dentro il creato, soffre l'intimo disagio della propria finitezza di fronte all'Infinito, e aspira al congiungimento con esso. Il Medioevo viene riscoperto anche come momento di maggiore pietas cristiana e l'arte gotica, con le sue guglie slanciate verso il cielo (*) a glorificazione dell'Eterno, acquista nuovo valore.
Il periodo romantico è quindi caratterizzato da una decisa affermazione del soggettivismo sull'oggettività, dell'energia sulla staticità, del disordine sull'ordine, del pathos sulla serenità; principi, questi, che erano già stati proclamati dallo Sturm und Drang, il "tempestoso impeto" nato in Germania come rivolta alla compostezza classica. Non si può neanche parlare di "scuola" perché le teorie romantiche sostenevano un ideale di vita non condizionato da regole e un'arte in cui il Genio non riconosca altro maestro che la propria sconfinata libertà: non a caso nel periodo romantico non si assiste al fiorire di accademie, come si era verificato in epoca neoclassica. I caposcuola del Romanticismo, infatti, provenivano da una formazione neoclassica, a cui rispondevano con l'insofferenza per le rigide regole accademiche che imponevano una composizione equilibrata, contorni precisi, colori smorzati.
Nato in Germania (**) nella terra della cupa mitologia nordica della Canzone dei Nibelunghi ("Figli del paese delle nebbie"), il nuovo spirito romantico si propaga in Inghilterra, dove si nutre della poesia sepolcrale di Young, Gray, Blair, dei Canti di Ossian (***), del romanzo storico di Walter Scott, si estende nei paesi scandinavi, si afferma come energia prorompente nella Francia post-rivoluzionaria per concludersi nel nostro paese (****) con risonanze più importanti nella letteratura e nella musica, più modeste nelle arti figurative.
Note di Lunaria:
(*) Neanche Shelley era rimasto indenne dalla bellezza delle guglie gotiche. Infatti: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/07/milano-vista-da-shelley-byron-ed-edith.html
(**) Per approfondire, vedi il commento a Schiller: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/commento-al-visionario-di-schiller.html
(***) Vedi http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/thomas-gray-elegia-scritta-in-un.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2013/06/blog-post_7.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/i-canti-di-ossian-di-james-macpherson.html
e per vederne l'evoluzione a noi contemporanea di questa estetica concettuale inaugurata da Gray, vedi
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/04/il-miglior-cd-black-metal-sinfonico.html
(****) Per il panorama italiano, vedi: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_8.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_9.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/elementi-gotici-nella-letteratura-del_19.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/introduzione-al-racconto-fantastico.html
ALTRO APPROFONDIMENTO TRATTO DA
Il secolo XIX si apre con due movimenti, il Neoclassicismo e il Romanticismo, che reagiscono, in maniera diversa, all'ideologia illuminista, che aveva negato valore ad ogni tradizione ed esaltato la ragione.
Neoclassici si dicono gli scrittori e gli artisti che accettano ancora l'uso della mitologia e si ispirano ai modelli antichi: i componimenti letterari offrono una forma impeccabile, la pittura e la scultura presentano linee perfette ed armoniose, seppure un poco fredde e convenzionali. Questo ritorno al culto della civiltà classica e della bellezza ellenica è favorito dalle scoperte archeologiche (soprattutto quelle di Ercolano e Pompei) e dagli studi sull'arte antica di Winckelmann e Quirino Visconti. Gli interpreti più noti di questa corrente in letteratura sono Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, nel quale però vive già una spiritualità decisamente romantica (nota di Lunaria: difatti il primo Foscolo è influenzato da Gray e Parnell; esplicito è il verso dei "Sepolcri": "Senti raspar fra le macerie e i bronchi la derelitta cagna ramingando su le fosse, e famelica ululando; e uscir del teschio, ove fuggia la Luna, l'upupa, e svolazzar su per le croci sparse per la funerea campagna, e l'immonda accusar col luttuoso singulto i rai di che son pie le stelle alle obbliate sepolture. Indarno sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte").
Nella scultura Antonio Canova, le cui cose più belle rimangono il famoso gruppo marmoreo delle Grazie, Dedalo e Icaro, Amore e Psyche, la Venere.
Quasi contemporaneamente al Neoclassicismo sorge il movimento romantico, che vuole rivendicare il valore del sentimento contro il razionalismo del '700. Già Vico considerava il sentimento e le passioni umane come i fattori determinanti dello sviluppo dello spirito, che raggiunge forme più alte e complesse attraverso il graduale passaggio dall'istinto all'attività fantastica e da questa all'attività razionale. I toni lugubri, poi, della poesia sepolcrale inglese, la malinconia dei canti di Pindemonte, l'invito "al ritorno della Natura" di Rousseau e di Saint-Pierre, che si affermano in pieno Illuminismo, stanno ad indicare chiaramente come la pretesa illuministica di sottomettere il sentimento alla Ragione fosse illusoria.
Fallita quindi la fiducia nella Ragione, gli uomini avvertono ancora il peso dell'infelicità e tornano alla tradizionale religione cattolica o accettano la filosofia idealistica che ammette lo sviluppo incessante dello Spirito, di cui l'individuo è una manifestazione. Il sensismo del Settecento viene abbandonato in questo nuovo clima spirituale.
Per quanto riguarda il campo letterario le manifestazioni sono l'ansia religiosa, l'affermazione del proprio io, una diffusa tristezza dovuta al contrasto tra reale e ideale, tra mondo esteriore e intimità della propria coscienza. Gli uomini rientrano in se stessi e ascoltando la voce del loro cuore, soffrono e si tormentano per i misteri che avvolgono l'universo e per il male che appare a molti l'unica realtà della vita. I poeti esprimono questo sentimento con note dolenti e appassionate che rifuggono dalle eleganze formali dei classici, ma che sono tuttavia sincere e immediate.
A questa ribellione del sentimento contro il sensismo corrisponde storicamente una diversa realtà sociale e politica. Il Romanticismo, infatti, coincide col Risorgimento politico che in Germania avviene agli inizi del XIX secolo, in Italia attorno al 1820. Il Romanticismo si è spesso manifestato come un'esaltazione dell'indipendenza nazionale e della libertà individuale (nota di Lunaria: vale anche per paesi come la Romania, con Eminescu, o l'Estonia, con Koidula, Liiv o Tamm). Gli interpreti più significativi del Romanticismo Tedesco furono Schlegel, Goethe, Schiller, Heine, Novalis, Tiek.
In Francia furono Chateaubriand, Lamartine, Hugo, De Vigny, De Musset, Dumas, George Sand, Balzac, a guidare il Romanticismo.
In Inghilterra, si ricordano soprattutto Byron, Shelley e Keats.
(altro link utile per approfondire il Romanticismo Inglese http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/08/introduzione-al-romanticismo-inglese-in.html)
Le condizioni politiche dell'Italia, offrivano, come in Germania, il terreno favorevole al trionfo delle idee romantiche. Dopo il crollo delle idee napoleoniche, i vari Stati della nostra Patria caddero ancora sotto gli antichi dominatori. Accogliendo le idee romantiche i nostri letterati prepararono il Risorgimento politico della nazione: i termini "romantico" e "patriottico" in quel periodo si equivalsero. I Romantici italiani identificando l'ideale letterario con l'ideale patriottico, espressero nei loro versi il dolore per la Patria oppressa e la speranza della sua risurrezione, l'amore per la libertà e la giustizia. Il primo ad aderire con entusiasmo fu Berchet; seguirono poi Pellico, Borsieri, Confalonieri, di Breme e altri letterati che pagarono con il carcere e l'esilio il loro amore alla libertà, così come tutti i patrioti furono romantici: Mazzini, Gioberti, Settembrini, Abba, Nievo, D'Azeglio, Grossi, de Sanctis, Tommaseo. Ma le voci più alte di questa nuova spiritualità che investe ogni aspetto della vita furono quelle di Manzoni e Leopardi.
Vedi anche: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/12/introduzione-al-romanticismo-e-alle-sue.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/10/dallilluminismo-al-preromanticismo.html