Shakespeare & Milton nel commento di de Rougemont
In margine delle lotte religiose del secolo, che rimuovevano le antiche eresie in un'oscurità più profonda che mai, la tragedia degli Amanti di Verona è il velo, squarciato per un istante, che non lascia al ricordo dei nostri occhi altro che l'immagine negativa di un bagliore, "il nero sole della malinconia". Sorto dalle profondità dell'anima avida di torture trasfiguratrici, dalla notte abissale in cui il lampo dell'amore illumina talvolta un volto immobile e affascinante, questo noi d'orrore e di divinità a cui si rivolgono i nostri più bei poemi; risuscitato d'un tratto nella pienezza della sua statura, come stordito dalla sua giovinezza provocante e inebriato di retorica, sul limitare del sepolcro di Mantova, ecco il mito che si erge di nuovo, al riverbero di una torcia impugnata da Romeo.
Addormentata dal filtro, Giulietta riposa.
"Oh come spesso gli uomini sul punto di morire provano un istante di gioia: un istante che chi li veglia suole chiamare: il lampo che precede la morte. Ma io come potrei chiamare questo un lampo? O amor mio, o mia sposa! La morte che ha libato il miele del tuo respiro, nulla ha potuto ancora sulla tua bellezza: tu non sei conquistata; l'insegna della bellezza è ancora rosea sulle tue labbra e sulle tue guance e il pallido vessillo della morte non si è ancora spiegato. Ah! Cara Giulietta, perché sei ancora così bella? Debbo io credere che la morte immateriale senta l'amore, e che lo smunto aborrito mostro ti tenga qui nelle tenebre perché tu sia la mia amante? Per paura di questo io resterò per sempre accanto a te, e non mi partirò mai più da questo palazzo della scura notte: qui, qui io voglio rimanere, insieme coi vermi che sono le tue ancelle: oh! qui io fisserò il mio sempiterno riposo, e scoterò, da questa carne stanca del mondo il giogo delle avverse stelle. Occhi, guardatela per l'ultima volta! Braccia, prendete il vostro ultimo abbraccio! E voi, labbra, voi che siete la porta del respiro, suggellate, con un letale bacio, un contratto senza termine con la morte che tutto rapisce! (...) O speziale veritiero! Il tuo veleno è rapido. Io muoio così, con un bacio"
La consolazione della Morte ha suggellato il solo matrimonio cui l'Eros avrebbe potuto aspirare.
"L'aurora di questo giorno porta una dolorosa pace. Separiamoci e andiamo a trattenerci altrove delle nostre disavventure"
Per un approfondimento su Shakespeare, vedi:
https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/08/shakespeare-2-giulietta-e-romeo-otello.html
è certo che Milton, quantunque puritano, subì l'influenza di dottrine cabalistiche che erano l'antitesi dello spiritualismo. Ma la rivolta dei puritani contro la sovranità e i vescovi mondani non rievoca forse la rivolta dei puri contro la feudalità e il clero? Due poemi di Milton, scritti in giovinezza, "l'Allegro" e "il Penseroso" (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/02/lallegro-di-milton-i-versi-piu-belli.html), esprimono il conflitto del Giorno e della Notte, e la necessità di una scelta che egli non ha ancora fatto.
Prima ancora di abbracciare la causa puritana, Milton, andando alla ricerca di un soggetto d'epopea, aveva preso in considerazione il tema della leggenda celtica di Artù. Nel suo "Penseroso", panegirico della Malinconia notturna, rivolgendosi a quella "Vergine austera", la prega di evocare ancora l'anima di Orfeo, lo sposo di Canacea che possedeva l'anello e gli specchi magici e finalmente gli "illustri bardi" che con grave e solenne voce cantarono\tornei e trofei conquistati\foreste, terribili incantesimi\onde il significato supera la risonanza
Per le pagine più belle del Paradiso Perduto, vedi: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/12/milton-le-pagine-piu-belle.html
Per "la mattina della natività" https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/02/milton-nella-mattina-della-nativita-i.html
Per un maxi commento introduttivo a Milton, vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2017/11/milton-satana-e-il-black-metal.html
Dagli "Arcadi" di Milton
Guardate quale fulgida\gloria ella irradia intorno\dal suo vivido trono,\quasi i suoi raggi fossero\fili d'argento: questa,\questa e non altri è lei,\che pari a Dea risplende\della sua luce al centro.\Non è per avventura\Latona saggia, o forse\la turrita Cibele,\Madre di cento iddii?
Mark what radiant state she spreads, in circle round her shining throne shooting her beams like silver threads; this, this is she alone, sitting like a Goddess bright in the centre of her light. Might she the wise Latona be, or the towered Cybele, Mother of a hundred Gods?
Recensione a "Angel" e "Devilish"
Trama: Le antiche mura di Viterbo custodiscono un segreto: una comunità di angeli che da secoli convive pacificamente con gli abitanti della città. Vittoria ha sedici anni, è un angelo, ma è diversa da tutti i suoi simili: è senza ali e per tutta la vita si è sentita un'esclusa, un'estranea persino nella propria famiglia. Questa consapevolezza l'accompagna sempre, mentre la sua esistenza scorre tranquilla giorno dopo giorno tra scuola, amici, e litigi con la sorella maggiore. Ma quando arriva in città Guglielmo, un ragazzo misterioso dagli occhi magnetici, il mondo di Vittoria viene sconvolto, e lei scopre che l'amore può rivelarsi il peggiore dei demoni.
Commento critico di Lunaria: "Angel" è un romanzo del 2009 ed è ascrivibile al genere Urban Fantasy: in pratica, contiene tutti gli stereotipi inevitabili del genere (l'adolescente problematica\il bel tenebroso\la vita da teen ager tra amici e scuola\l'amore contrastato) ma a differenza di altre opere, molto più strombazzate in giro, come questo
e questo
scritti con uno stile narrativo a tratti tedioso, dispersivo ed impaludante oltremodo, "Angel" si riscatta con uno stile narrativo piacevole e discorsivo (niente di aulico e ricercato, intendiamoci, ma di una semplicità ed immediatezza che non risulta irritante, anche se l'uso prolungato del presente narrante può dare una sensazione di stranezza, visto che solitamente si è abituati a leggere un romanzo con l'uso quasi esclusivo del passato prossimo; tuttavia passata la prima perplessità, l'io narrante al presente risulta convincente e dà l'impressione di "registrazione diretta degli eventi" che si stanno svolgendo sotto i nostri occhi; inoltre l'Autrice ne approfitta per fare brevi riflessioni lapidarie sull'amore e sul dolore che ricordano un po' certi frammenti di poesia alla Ungaretti). Di per sé la trama sa di "già sentito" e non potrebbe essere altrimenti, essendo l'Urban Fantasy un genere che ripropone ossessivamente sempre lo stesso canovaccio, ma l'Autrice pur prediligendo uno stile narrativo semplice è riuscita a coinvolgere senza sfornare capitoli impaludanti (difetto che invece ha tutta la saga di "Fallen" e a tratti anche quella del "Diario del Vampiro", almeno dal quinto episodio in poi) e quindi ha reso avvincente la vicenda che comunque non può che rimandare, volente o nolente, a "Twilight" e ai suoi cloni. Ma c'è modo e modo di riproporre "la stessa minestra" e devo dire che "Angel" riesce a coinvolgere e si legge tutto d'un fiato, i personaggi sono meno bidimensionali di quanto ci si aspetterebbe e l'Autrice di tanto in tanto ha inserito anche degli stralci presi da Platone o Catullo, che le sono serviti per descrivere il tormento d'amore che provano i due protagonisti. Non gli autori che ti aspetteresti di trovare citati in un Urban Fantasy, per cui è sicuramente una marcia in più che rende merito a questa giovanissima scrittrice.
Per quanto riguarda la trama in generale, qui e lì c'è qualche tono a tratti horror (gli angeli che vengono uccisi), certamente il tutto è molto contenuto e suggerito, non si scade mai nell'horror puro, così come in "Angel" mancano delle vere e proprie disgressioni sulla natura degli angeli o dei demoni (diciamo che qualche concetto teologico, non necessariamente di matrice cristiana, avrebbe reso la trama più complessa ed interessante). Molto coinvolgente e suggestiva la scena dell'incontro di Vittoria e Guglielmo al giardino della vecchia casa in rovina, con tutti i rovi, le rose e le piante infestanti che hanno ricoperto le statue in pietra degli angeli.
In conclusione: "Angel" propone il solito canovaccio inevitabile dell'Urban Fantasy, ma sa emozionare e coinvolgere per 342 pagine. è da preferire a volumi più spessi ma alquanto barbosi a tratti, come la saga di "Fallen", e quindi ne consiglio la lettura. Se cercate una bella storia d'amore e una semplice lettura piacevole di evasione, "Angel" è un libro che assolve egregiamente questo compito.
Peccato però per quel titolo, così banale e anonimo, e la copertina, che a dir la verità non mi piace moltissimo.
Gli altri libri dell'Autrice:
Gli stralci più belli:
"A volte pensare per me è qualcosa di profondamente doloroso (...) è semplicemente uno di quei giorni in cui il mondo gira male, quantomeno il mio, e io lo guardo da lontano, sentendomi un'estranea. Un'estranea in mezzo a un mondo di uguali."
"Esiste su questa terra la mia metà? Il riflesso di un angelo senza ali, qualcuno abbastanza forte da sopportare, abbastanza paziente da comprendermi, esiste? Se esiste lo voglio incontrare."
"Cammino per il giardino, pur non sapendo esattamente che direzione prendere, supero un bellissimo salice (...) mi fermo accanto a un cespuglio di rose, i cui rami ornati di fiori si sporgono in avanti e si intrecciano quasi a formare una cascata. Allungo una mano sulla pianta e accarezzo con le dita un fiore rosso scarlatto, morbido come il velluto e dal colore intenso come il sangue. (...) Faccio due passi avanti per vedere su cosa abbiano ramificato queste splendide rose e mi trovo dinnanzi lo spettacolo più incantevole che natura e anni di incuria avrebbero mai potuto creare in questa villa dimenticata, lontano da tutto e da tutti. I rami di quei fiori scarlatti si sono abbracciati e intrecciati lungo la superficie di una statua di marmo bianco. Rovi e spine si sono rincorsi sopra la statua di un angelo di marmo, sulle sue ali spiegate che ora a malapena si intuiscono, petali e arbusti abbracciano il profilo di pietra candida. Un angelo piegato di marmo bianchissimo, con ali spiegate coperti di rose rosse e di spine."
"Ignorarlo diventa ogni giorno più facile e al contempo più doloroso. Ma ci si abitua a tutto: alle situazioni piacevoli come a quelle disperate. Il corpo assorbe tutto, lentamente ma inesorabilmente, manda già entusiasmo e malessere, gioia e lacrime; divora ogni traccia e un bel giorno ti svegli e ti accorgi che non è rimasto più niente. Niente. Io attendo fiduciosa che quel giorno arrivi."
"è la mia tortura.
Ripeto.
La mia tortura.
Odiare e amare, la stessa cosa, nello stesso istante.
Sospiro e affondo il viso nel cuscino.
Chissà se anche Catullo aveva sedici anni quando l'ha pensato per la prima volta."
"Quante lacrime può versare un corpo umano prima di prosciugarsi e morire? (...) Dimenticare: questa è la cosa da fare, la cosa giusta. Prendi ogni ricordo, ogni secondo, ogni sensazione (...) legali insieme, stringi bene, bruciali senza guardarli mentre anneriscono e diventano cenere."
"In quell'istante Guglielmo allontana gli occhi da lei e li posa su di me. Dolore, tristezza, rammarico, amore... è tutto lì: tutto in un ultimo intenso sguardo, sporco di lacrime e sofferenza, il suo ultimo sguardo, per me, solo per me. Il suo ultimo secondo. Voglio che sia anche il mio."
"Amo un demone, amo un demone, io, che sono un angelo. Amo il mio opposto, il mio negativo, il mio veleno e il migliore dei miei antidoti."
Sullo stesso argomento, vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/10/recensione-dark-heaven-la-carezza.html
RECENSIONE A "DEVILISH"
Trama: Un'estate è passata da quando Vittoria ha scoperto che Guglielmo, il ragazzo che ama, è un demone. Sfidando regole e convenzioni della città degli Angeli, ha deciso di difendere questo legame proibito, senza però conoscerne il prezzo. Perché Eva, il demone che ha già cercato di riportare Guglielmo nell'Averno, ha solo atteso il momento giusto per reclamare la sua preda. Adesso la città è sconvolta da eventi misteriosi, lunghe crepe spaccano la terra tremante, l'acqua delle fonti sprigiona il suo veleno e si tinge di nero, l'immagine e le parole delle anime defunte echeggiano nel silenzio della strada. Il patto tra l'inferno e la terra è stato infranto e solo Vittoria, l'angelo senza ali, può trovare la chiave per salvare se stessa e la persona che ama.
Commento critico di Lunaria: "Devilish" è il seguito di "Angel",
In "Angel", avevamo lasciato Vittoria e Guglielmo sani e salvi dopo il tremendo scontro con la demone Eva, e "Devilish" nei primi capitoli inizia parlando proprio del rapporto di fidanzamento vero e proprio di Vittoria e Guglielmo. La loro passione è molto tenera e risulta persino "casta" perché l'elemento erotico qui è del tutto assente (l'Autrice ha descritto il tutto un po' "come un Amor Cortese"). Un'altra scelta dell'Autrice, che si notava già in "Angel", è stata quella di non presentare quasi nessun'ombra di inquietudine o di malvagità in Guglielmo, tanto che effettivamente risulta un po' debole (e tendente allo sdolcinato) come personaggio, se ci si aspetta di trovare un protagonista maschile "bello, tenebroso e tormentato"; al di là delle piume nere, in Guglielmo non c'è traccia di ambiguità (che invece era presente in Damien, il protagonista maschile della saga "Dark Heaven"
E non si capisce bene che distinzione ci sia tra lui e gli altri angeli, visto che effettivamente Guglielmo è perfettamente integrato e per niente escluso, al di là del millenario pregiudizio che tiene gli angeli sempre lontani dai demoni... Non è neanche ben chiaro "la genesi" di tutto questo, come abbiano avuto origine tanto gli uni quanto gli altri (Dio non compare neppure menzionato), se sono immortali pur avendo un corpo umano (a meno che non si uccidano a vicenda, come capitava nel primo libro quando Eva dava la caccia a Guglielmo, uccidendo Alessia, avendola scambiata per Vittoria), come mai Guglielmo sia un demone buono, ed Eva no... Insomma, domande che restano in sospeso, nel senso, il tutto è stato introdotto in maniera vaga e sintetica, però forse sarebbe stato meglio scrivere un antefatto, pseudo-teologico, tanto per spiegare meglio l'origine degli angeli sulla terra (e dei demoni esiliati) e dare una maggiore complessità alla vicenda.
Ecco, magari si poteva movimentare un po' la psicologia del personaggio maschile mettendoci un po' di brivido e di ambiguità; rendendolo più tenebroso, ma accattivante; di per sé comunque tutti i personaggi descritti dall'Autrice sono ben caratterizzati (certo, non ci troviamo di fronte ad un'opera di una profonda riflessione esistenziale nero pece alla Cioran, ma è anche giusto così, essendo una lettura di intrattenimento) e ci si affeziona abbastanza a loro, anche se alcuni sembrano "messi lì tanto per riempire" (Paride, il sindaco, la sorella di Vittoria, Nora...) perché effettivamente non hanno propriamente un ruolo importante (Paride poi ha esaurito tutto il suo interesse, come personaggio, già nel primo libro e in questo secondo libro non è neanche più un nemico e anche la spiegazione del suo "ravvedimento" non è molto convincente), sono sintetici, a malapena fondamentali (al di là dei loro rapporti di parentela o amicizia con Vittoria o Guglielmo).
Esattamente come "Angel" anche "Devilish" è narrato tutto al presente che dà l'impressione di "registrazione diretta degli eventi" che si stanno svolgendo sotto i nostri occhi; ed esattamente come il primo libro, qui e lì l'Autrice inserisce brevi monologhi di Vittoria.
Rispetto al primo libro, l'Autrice ha messo anche qualche brivido dal sapore apocalittico nella trama (l'acqua nera pece che trabocca, la discesa negli Inferi, il riferimento a Samhain, i fantasmi, il cielo cupo...) ed è un peccato che abbia citato tutti questi elementi in sintesi, anche perché sono le parti migliori del romanzo (improntato, come si è detto, più all'azione dei personaggi che devono contrastare l'arrivo dei demoni sulla Terra, guidati dalla vendicativa Eva che medita vendetta contro Vittoria). Per esempio non sarebbe stato male ampliare di più il soggiorno di Vittoria negli Inferi o il colloquio con Thanatos (e approfondire anche lui), o narrare più nel dettaglio la sua natura di Iride (una vera sorpresa che giunge inaspettata all'interno della storia): lo sviluppo di tali elementi avrebbe alzato sicuramente il valore complessivo del romanzo e avrebbe fatto anche la differenza rispetto a romanzi analoghi, specialmente perché sarebbe stata occasione di sfoggiare un po' di conoscenze mitologiche classiche sugli Inferi e, perché no, anche rielaborarli a piacimento. E invece, proprio sul più bello, cioè quando ci si aspetterebbe un po' più di descrizione del mondo sotterraneo (magari virando anche sull'horror) ecco che il tutto si conclude in sole 7 pagine! Peccato, perché l'Autrice ha evitato il più ovvio e stereotipato "inferno cristiano" per narrare un inferno mitologico classico (Cerbero, le arpie...) che si sarebbe prestato ad uno sfoggio pressoché infinito di fantasia...
In conclusione: "Angel" era un buon romanzo, e se lo avete apprezzato, "Devilish" vi piacerà, anche se rispetto ad "Angel" dà l'idea di essere più sintetico, come se l'Autrice non avesse sfruttato in pieno tutte le sue potenzialità o avesse tenuto a freno la fantasia (come già dicevo, scrive molto meglio rispetto ad una Lauren Kate, che da tanto è prolissa e ridondante scade spesso nell'"effetto palude"... per cui de Spirito se lo poteva permettere di scrivere "anche di più" senza il rischio di risultare prolissa...)
Peccato però per la copertina, che non mi piace, come già dicevo anche per "Angel".
Ad ogni modo, lo comprerò presto (l'avevo preso in biblioteca) perché ci tengo ad averlo nella mia biblioteca personale di libri ^_^ e come saga mi è piaciuta (mentre sto trovando terribilmente noioso "L'ombra del male", della più nota Lisa Jane Smith, che pure è basato "sul viaggio nell'Oltretomba infero" ma è terribilmente tedioso)
Infine... chissà se mai l'Autrice scriverà un seguito o un remake di questa sua saga, magari aggiungendo cose nuove...
P.s Non ho letto "Destinazione Tokio Hotel", che suppongo siano tra i gruppi preferiti dall'Autrice. Comunque io, che trovo troppo pop i Tokio Hotel, assocerei "Angel\Devilish" piuttosto agli HIM, se dovessi scegliere un sottofondo musicale non troppo pop ma neanche funereo o catacombale...
Gli stralci più belli:
"Io esisto, sussurra il volto bagnato e pallido della mia amica, affiorato dai gorghi neri. Le parole si mescolano all'acqua e gli occhi le brillano di bagliori verdi. (...) Tu... sei morta, dico in un soffio e sento che gli occhi si fanno lucidi, perché è proprio il viso della mia amica quello che mi sta parlando dall'acqua nera di una fontana. (...) Continua a guardarmi, i suoi occhi verdi sono diventati più profondi, sembrano pozzi infiniti sul viso evanescente e livido."
"Sono una ragazza - o qualcosa del genere - che cade, si rialza, sbaglia e ha paura. Un angelo senza ali che ha paura di rimanere per sempre incompleto. (...) Quando sono con lui, il buio fa un passo indietro, sembra abbia il timore di lambirmi."
"Si raccontava che una di quelle spaccature fosse il punto di accesso per l'Averno. E Thanatos si trova lì, oltre questa apertura, il punto di contatto tra il nostro mondo e... tra questo mondo e il loro. Thanatos rappresenta l'anello di congiunzione e di divisione, siede sul suo trono di pietra e amministra la vita e la morte."
"Il buio è un panno fresco capace di avvolgermi, darmi l'illusione di stare meglio quando il dolore si fa talmente forte da urlare, e non mi rendo conto se sto urlando davvero o se il grido scoppia solo dentro la mia testa che sta impazzendo."
"Guglielmo è condannato a fare ritorno nell'Ade per essere rimasto al fianco di sua zia, rinnegando la propria appartenenza. La sua anima è dannata. Ma forse esiste un modo per liberarlo da questa condanna per far sì che la sua anima non sia più tale (...) La nebbia e la notte sono mantelli che mi nascondono, e il vento la mia strada sicura fino a casa di Guglielmo."
Milton: le pagine più belle
Con sottofondo di Cradle of Filth, ecco le pagine più belle del "Paradiso Perduto" di Milton
P.s per un maxi commento a Milton, vedi qui: https://intervistemetal.blogspot.com/2017/11/milton-satana-e-il-black-metal.html
Per la sua poesia inedita: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/06/john-milton-una-poesia-inedita.html
LIBRO I
63-85
Vi giacea senza senso e costernato,
benché fosse immortal. Ma lo serbava
a corruccio maggior la sua condanna.
Perocché si sentia da doppia spada
trafigger il pensier: delle memorie
del suo tempo felice, e dalla eterna
sua presente miseria. Attorno ei volge
le funeste pupille, onde traluce
l'ineffabile angoscia e la sfidanza
all'orgoglio ostinato ed al tenace
odio commiste. D'un girare di ciglio,
quanto più lungi spaziar può l'ala
dell'angelica vista, egli contempla
quel tristo, lagrimoso, ampio deserto,
carcere orrendo, circonfuso a guisa
d'una fornace sterminata. Luce
quella fiamma non dà, ma tal diffonde
visibil tenebrìa che scopre al guardo
(miserabile aspetto!) desolate
lande, affannose cecità, cui pace
mai non consola, nè riposo; e tolto
ogni varco v'è pure alla speranza
che per tutto pènetra.
310-320
Addio, felici
campi, soggiorno di perpetua gioja!
Tenebrosi deserti, or voi salvete!
Salve, o mondo infernale! E tu, profondo
bàratro, il nuovo tuo Signor ricevi.
Uno spirto è con lui che non si cangia
per loco o per età, giacché lo spirto
a se stesso è dimora, e può del cielo
farsi un inferno, e dell'inferno un cielo.
Che monta il dove, se quell'io pur sono,
e qual essere io debbo in sempiterno?
325-331
Perocchè non creò l'Onnipotente
questo loco infernale, onde pentito
poi ne lo invidi e ne respinga. In tutta
sicurtà regneremo; una corona
degna è d'alti pensieri, ancor che splenda
su questo abisso di dolori. Oh, meglio
Re nell'inferno che vassallo in cielo!
673-690
E l'Esperia varcata e il celto lido,
n'andò fino all'estreme isole errando.
Questi ed altri parecchi accolti insieme
veniano, ma con basse umide ciglia,
cui temprava però di qualche gioja
il veder che Satano ancor perduta
non avea la speranza, e il non sentirsi
pur nella stessa perdigion perduti,
ciò tutto riflettea su quell'altero
quasi un dubbio color; ma tosto assunto
l'orgoglio consueto, con superbo
favellar, che l'aspetto e non l'essenza
d'una severa dignità tenea,
nuovo spirto ei trasfuse all'abbattuto
loro coraggio, e quel timor ne spense.
Indi cenno egli fe che, salutata
al clangor delle trombe e dei timballi
la sua si spieghi trionfale insegna.
699-711
Gli oricalchi sonori allor mandaro
uno squillo di guerra, a cui rispose
tutta quanta la turba. Immenso grido
che dell'abisso rintronò le volte,
e gli imperii del caos e dell'eterna
notte empiè di clangore e di spavento,
ed ecco fluttuar per l'aere oscuro
nel vivo orientale ostro lucenti
diecimila bandiere, e insiem con esse
sorgere un bosco di ferrate antenne,
e cimieri a cimieri, e targhe a targhe
stringersi, ricomporsi in dense file,
la cui profondità non si misura.
760-777
E sebben quest'esercito di spirti
vinca ogni prova del valor mortale,
riverente obbedisce alla parola
del suo temuto capitan - Satano!
Della fronte non pur, ma dello sguardo
superbamente imperioso, a tutti
torreggiava sovrano. Ancor perduto
non avea quell'altero il suo splendore.
Oscurato bensì, ma non di manco
l'Arcangelo parea, parea l'occaso
d'un eccesso di gloria. Come quando
povero de'suoi raggi, il sol nascente
traspar per li vapori umidi e spessi
di turbato orizzonte, o dietro al disco
della luna s'atterga in piena eclisse,
e molti imperj e nazioni avvolge
d'un crepuscolo infausto, ai re presago
di spaventosa popolar sommossa.
864-875
Or dunque guerra,
guerra coverta o manifesta - Tacque
l'Arcangelo, ciò detto, e mille e mille
(segnal d'applauso) fiammeggianti acciari
per l'aer rotear, dalle guaine
cherubiche sfuggiti. Un subitano
splendor s'effuse e rischiarò l'abisso.
Levar que' furibondi un gran muggito
contro l'Eterno; dei branditi ferri
percossero gli scudi, e suscitando
fiero suono di guerra, alla celeste
volta ulularo l'infernal disfida.
LIBRO II
80-100
Dovrà l'avviso sospirar della mossa e qui languendo
vil fuggiasco del ciel per sua dimora
ricevere quest'antro abbominoso,
questa infame prigion che l'oppressore
per noi costrusse? l'oppressor che regna
sol perché lo consente il nostro indugio?
No! col foco piuttosto e colle furie
dell'inferno, terribili, serrati
voliamo ad assalir quelle sue rocche;
trasformiamo in potenti armi di guerra
contro il loro inventor le nostre pene;
lo scoppio della folgore infenale
risponda al mugghio della sua, risponda
un vapore affocato al suo baleno
[...] Quel trono istesso
su cui s'asside, di tartareo solfo
involuto gli venga e d'atre fiamme,
pene create di sua man.
129-142
Perché dunque gl' indugi e le dubbiezze
a sfidarne il furor, se giunto al sommo
altro non può che toglierci la vita,
che consumarci la spirtal sustanza?
Meglio perir che vivere immortali
nella miseria. [...] E noi da certa
prova sappiam che l'animo ci basta
a sconvolgergli i cieli, a minacciargli
quel suo fatale inaccessibil trono
con attacchi incessanti. Ora se questa
non è piena vittoria, è almen vendetta.
353-363
[...] A quale altezza
la nostra gloria non andrà? Ma forse
temerem questo abisso e questa notte?
Non si piace talvolta il creatore
senza raggio scemar della sua luce,
sovra un trono sedersi in tenebrosa
maestà, da cui parte il lampo e il tuono
de' suoi fulmini irati? Il cielo allora
non somiglia all'inferno? E s'egli imita
la nostra oscurità, chi ci contende
lo imitar la sua luce?
768-795
E per quattro s'avviano opposti calli
lungo le quattro infernali fiumane
che metton foce nell'ardente lago.
Lo Stige abbominato, orrendo fiume,
sacro al livor; lo squallido Acheronte,
negra e cupa riviera del dolore;
Cocìto, a cui dà nome il prolungato
gemito che si leva e si propaga
da' suoi gorghi perduti; e Flegetonte,
di cui l'onda rabbiosa avvampa e rugge.
[...] Una campagna
oltre Lete si stende oscura, fredda,
aspra e selvaggia; da perpetui nembi,
da bufere e da grandine percossa.
Grandine spaventosa che s'ammucchia,
senza mai disgelar, sul tristo suolo,
e somiglia a ruine accumulate
di sovversi edifici. In ogni dove
neve spessa e gelata, orrendi abissi
che rassembrano in parte alle maremme
di Serbonia, fra il Casio, antico monte,
e Damietta egizia, in cui sommersi
furo eserciti interi.
826-838
Per ime oscure valli
passa l'affaticata, e dolorose
plaghe ed alpi or di ghiado, or di foco,
rupi, laghi, voragini, spelonche,
e burroni, e paludi, e spettri ed ombre:
universo di morte, a cui l'eterno
vindice impresse l'ira sua: creato
per dolor dello spirto, ove ogni vita
muore e vive ogni morte, ove produce
la perversa natura abbominande
cose, orribili mostri assai peggiori
di quanti immaginò la greca fola,
pitoni, idre, chimere.
Libro III
11-22
Del sol prima e de' cieli
tu fosti, e il mondo che sorgea dall'acque
tenebrose e profonde, agl'infiniti
scomposti abissi conquistato, hai cinto,
alla voce di Dio, quasi d'un manto.
Or con ali più ferme a te risalgo
fuor del lago d'inferno, ove sepolto
stetti in tènebra lunga; e nel mio volo
l'esterna e media oscurità varcando,
con armonie da quelle assai diverse
della lira d'Orfeo, cantai l'eterna
Notte e il Caosse.
710-721
Ramingar per deserte obblique vie,
con gran periglio della vita, al lieto
ridestarsi dell'alba il sommo acquista
d'un colle erto e sublime, e dall'altura
attonito contempla il bel prospetto
o d'estranie campagne a lui mal note,
o d'un'ampia città per maestose
piramidi stupenda o per raggianti
torri che il sole del mattin colora;
di tanta meraviglia a quell'aspetto
Satana fu compreso, e non di meno
visto il cielo egli avea!
950-964
La terra è quella, e v'han soggiorno
le umane creature; e quella luce
ch'or la riveste è il suo diurno lume.
La tenebra altrimenti occulteria
quell'emisperio come l'altro occulta
ma la luna vicina (è tale il nome
di quella opposta graziosa stella)
le dà pronto soccorso
(...) or ne veste or ne spoglia il dolce lume
rischiarando la terra; e cade intanto
alla squallida notte il fosco velo.
972-979
Satana s'inchinò profondamente
al maggior serafino, e il suo viaggio,
tolto commiato, ripigliò. Precipita
giù per la curva declinando al polo.
La speme dell'evento il vol n'affrettà;
ed in rapidi vortici discende,
come aereo palèo; nè mai s'arresta
fin che le cime del Nifàte (*) attinge.
(*) Nifàte, montagna dell'Armenia, appartenente alla catena del Tauro, e vicina alla sorgenti del Tigri.
LIBRO VII
1-15
Scendi, Urania, dal ciel, se veramente
tale, o diva, ti appelli. Oltre l'Olimpo,
ove l'ala di Pegaso non giunge,
spinsi il forte mio vol, la tua celeste
voce seguendo. [...]
Ma del ciel tu sei figlia, e pria che un poggio
sorgesse, e pria che gorgogliasse un'onda,
colla sorella tua la Sapienza
conversavi segreta, e nel cospetto
del Padre onnipossente, innamorato
de' tuoi canti sublimi, insiem con lei
tu beata esultavi.
306-314
Iddio d'un cenno
così quest'universo ebbe creato,
vacua, informe materia. Orrenda notte
sull'abisso premea; ma le paterne
ali lo spirto avvivator distese
sulla calma dell'acque, e vita infuse
e calor nella fluida inerte massa.
Poi nel fondo calò la negra, fredda
tartarea feccia che la vita avversa.
320-326
Or sia la luce!
disse Iddio - Delle cose allor la prima,
questa eterea purissima sostanza
scaturì dall'abisso, e traversando
l'aerea cecità, dal suo nativo
oriente si mosse entro una nube
sferica, trasparente, e pria del Sole
391-395
Ma di sotto alla terra e in lungo giro
serpendo, aprono l'acque ai sinuosi
lor discorsi un cammino; e facil opra
era ad esse scavarsi in quel palude
veicoli latenti
695-705
E ti diè' liberamente
di cibarne le frutte: e qui raccolte
(varietà mirabile infinita!)
ne son quante la terra in grembo aduna.
Ma della pianta che del bene insegna
e del mal la scienza a te si vieta
frutto gustar: gustato, il giorno istesso
ne morresti; tal pena Iddio v'appose.
Frena dunque il desio, sì che la colpa,
né la seguace sua, l'orribil morte,
cogliere non ti possa.
LIBRO VIII
172-191
Tu dovresti, altrimenti, a varie spere,
circulanti in opposte obblique vie,
ascrivere quei moti, o la fatica
tanto al sole francar, come a quel rombo
che sovrasta invisibile, continuo,
velocissimo agli astri, ed è la ruota
della notte e del dì. Cessa il bisogno
di tal supposto, se la terra estimi
volgersi per sé stessa all'oriente
contro il lume del giorno; e mentre occupa
la tenebra notturna un emispero,
l'altro dal raggio mattutin s'imbianchi.
[...] Ove la luna
campi anch'essa racchiuda e creature
che soggiornino in lei, saria cortese
scambio d'affetto!
426-439
Dal solo albero del saver, che presso a quello
della vita io piantai, perché dovesse
della tue fe', dell'osservanza tua,
essermi prova, t'allontana, e frutto
non toccarne. Rammentai l'avviso
ch'io te ne porgo, e le lagrime evita
che seguir ne dovrieno. Il giorno istesso
(bada, Adamo, al mio dir!) che tu ne gusti,
così frangendo il mio solo divieto,
irreparabilmente tu morrai.
Mortale da quel giorno, e dalla lieta
tua dimora cacciato, andrai ramingo
per un mondo di stenti e di sventure.
LIBRO XI
85-90
E dall'opre che inspira e la seconda,
per gran tempo affinato, ad altra vita
l'uom sorgerà. La morte, allor che il giusto
si rinnovelli di novelle spoglie,
lo addurrà sino a me coll'universo
rigenerato.
114-120
Palesò dall'altissimo de' troni
l'onnipossente allora in queste voci
la suprema sua voglia: "O miei diletti!
l'uomo s'è fatto un di noi. Dacché le labbra
pose a quel frutto proibito, esperto
è del male e del ben; ma del perduto
bene e del mal che s'acquistò non rida!
134-143
Michele! affido
l'eseguirne il comando alla tua cura.
Scegli fra' cherubini un forte stuolo
di fiammanti guerrieri, acciò non possa
suscitar l'avversario altri tumulti
per difesa dell'uomo o per desio
d'occuparne la sede abbandonata.
Va'! la coppia colpevole allontana,
rimossa ogni pietà, dal mio giardino.
Caccia i profani dalla sacra terra.
265 -274
Altro significar quel doppio assalto
nell'aere e sulla terra al punto istesso
e dal lato medesmo? o quelle fosche
nugole in oriente anzi che il sole
giunga a mezzo il suo corso? E perché mai
più vivida risplende e porporina
la luce del mattin su quella nube
che biancheggia all'occaso? Ella riflette
nel zaffiro celeste il suo candore,
e lenta a noi discende.
614-625
Ed Adamo a Michele: "Oh qual delitto!
e qual cagion! Ma non vid'io la morte?
per tal via condurrommi alla mia polve?
Spaventevole vista! Orribil morte,
onde l'occhio e il pensiero, abbrividiti,
rifuggono del paro! Oh quanto amara
ne fia la prova!" e l'angelo ad Adamo:
"La morte t'apparì nel primo aspetto
in cui s'è manifesta al guardo umano;
pur diversi ne assume, e numerose
sono le strade, e tutte al par funeste,
che guidano alla sua buja spelonca"
632-657
De' suoi tanti malori il mostruoso
esercito vedrai; vedrai qual fonte
inesausta d'angosce all'uom dischiuse
l'intemperanza della donna. E tosto
vider gli occhi d'Adamo un tristo, oscuro,
laido ridutto, che sembiante avea
d'un ospizio d'infermi. Una gran turba
oppressa vi giacea da quanti morbi
son di strazi fecondi e di torture.
Agonie di deliqui affaticate,
febbri lente ed acute, dolorosi
contorcimenti e tremiti convulsi;
colluvie, interne pietre, ulceri, doglie;
demoniache, tranquille e furibonde
follie, tabi, languori e pestilenze
così larghe di stragi; idropi, spasmi,
che frangon l'ossa e le giunture. Orrende
n'eran le scosse, i gemiti profondi.
Sollecita correa la Disperanza
di giaciglio in giaciglio, e sugl'infermi
brandìa la Morte il trionfal suo telo,
ma di vibrarlo differia, quantunque
invocata talor dagli infelici,
come un'ultima speme, un ben supremo,
oh qual cor di macigno avria sofferto
l'orror di quei tormenti a ciglio asciutti?
LIBRO XII
49-58
Dalla rivolta
sorgerà l'oppressore, e di ribelli
darà nome agli oppressi. Ad una schiera
di compagni o di servi, che la stessa
libidine divora, ei si fa duce,
e dall'Eden si drizza all'occidente
per sopporlo al suo giogo. Or lungo un piano
in sulfureo s'abbatte oscuro gorgo,
che mormora e soverchia a fior di terra,
quasi foce infernal.
350-356
Innanzi ad esso [il trono]
splendono sette lampe, e dei celesti
lumi, novo zodiaco, offrono imago.
Posa il dì sulla tenda oscura nube,
v'arde un raggio la notte, e questo e quella
più non sono manifesti allor che in via
mettonsi le tribù.
852-861
In tal guisa parlava
la nostra antica madre, e lieto Adamo
l'udia. Ma l'appressar dell'immortale
ne tagliò le parole; e già calava
dall'opposta collina, al divisato
loco (ardente meteora) il luminoso
drappel de' cherubini; e il suo radea
pari a bianco vapor, che, nato a sera
da palude o da fiume, si dilati
su melmoso terreno, e tutto il copra...
865-871
Quella spada di Dio brandita in alto
terribile fiammava in apparenza
d'una cometa, e la torrida vampa
e l'igneo fumo che mettea, sembiante
all'ardor che di Libia il cielo adugge,
affocando venia quel dolce e mite
clima del paradiso
P.s qui alcune foto dei Cradle of Filth che ho modificato
LIBRO I
63-85
Vi giacea senza senso e costernato,
benché fosse immortal. Ma lo serbava
a corruccio maggior la sua condanna.
Perocché si sentia da doppia spada
trafigger il pensier: delle memorie
del suo tempo felice, e dalla eterna
sua presente miseria. Attorno ei volge
le funeste pupille, onde traluce
l'ineffabile angoscia e la sfidanza
all'orgoglio ostinato ed al tenace
odio commiste. D'un girare di ciglio,
quanto più lungi spaziar può l'ala
dell'angelica vista, egli contempla
quel tristo, lagrimoso, ampio deserto,
carcere orrendo, circonfuso a guisa
d'una fornace sterminata. Luce
quella fiamma non dà, ma tal diffonde
visibil tenebrìa che scopre al guardo
(miserabile aspetto!) desolate
lande, affannose cecità, cui pace
mai non consola, nè riposo; e tolto
ogni varco v'è pure alla speranza
che per tutto pènetra.
310-320
Addio, felici
campi, soggiorno di perpetua gioja!
Tenebrosi deserti, or voi salvete!
Salve, o mondo infernale! E tu, profondo
bàratro, il nuovo tuo Signor ricevi.
Uno spirto è con lui che non si cangia
per loco o per età, giacché lo spirto
a se stesso è dimora, e può del cielo
farsi un inferno, e dell'inferno un cielo.
Che monta il dove, se quell'io pur sono,
e qual essere io debbo in sempiterno?
325-331
Perocchè non creò l'Onnipotente
questo loco infernale, onde pentito
poi ne lo invidi e ne respinga. In tutta
sicurtà regneremo; una corona
degna è d'alti pensieri, ancor che splenda
su questo abisso di dolori. Oh, meglio
Re nell'inferno che vassallo in cielo!
673-690
E l'Esperia varcata e il celto lido,
n'andò fino all'estreme isole errando.
Questi ed altri parecchi accolti insieme
veniano, ma con basse umide ciglia,
cui temprava però di qualche gioja
il veder che Satano ancor perduta
non avea la speranza, e il non sentirsi
pur nella stessa perdigion perduti,
ciò tutto riflettea su quell'altero
quasi un dubbio color; ma tosto assunto
l'orgoglio consueto, con superbo
favellar, che l'aspetto e non l'essenza
d'una severa dignità tenea,
nuovo spirto ei trasfuse all'abbattuto
loro coraggio, e quel timor ne spense.
Indi cenno egli fe che, salutata
al clangor delle trombe e dei timballi
la sua si spieghi trionfale insegna.
699-711
Gli oricalchi sonori allor mandaro
uno squillo di guerra, a cui rispose
tutta quanta la turba. Immenso grido
che dell'abisso rintronò le volte,
e gli imperii del caos e dell'eterna
notte empiè di clangore e di spavento,
ed ecco fluttuar per l'aere oscuro
nel vivo orientale ostro lucenti
diecimila bandiere, e insiem con esse
sorgere un bosco di ferrate antenne,
e cimieri a cimieri, e targhe a targhe
stringersi, ricomporsi in dense file,
la cui profondità non si misura.
760-777
E sebben quest'esercito di spirti
vinca ogni prova del valor mortale,
riverente obbedisce alla parola
del suo temuto capitan - Satano!
Della fronte non pur, ma dello sguardo
superbamente imperioso, a tutti
torreggiava sovrano. Ancor perduto
non avea quell'altero il suo splendore.
Oscurato bensì, ma non di manco
l'Arcangelo parea, parea l'occaso
d'un eccesso di gloria. Come quando
povero de'suoi raggi, il sol nascente
traspar per li vapori umidi e spessi
di turbato orizzonte, o dietro al disco
della luna s'atterga in piena eclisse,
e molti imperj e nazioni avvolge
d'un crepuscolo infausto, ai re presago
di spaventosa popolar sommossa.
864-875
Or dunque guerra,
guerra coverta o manifesta - Tacque
l'Arcangelo, ciò detto, e mille e mille
(segnal d'applauso) fiammeggianti acciari
per l'aer rotear, dalle guaine
cherubiche sfuggiti. Un subitano
splendor s'effuse e rischiarò l'abisso.
Levar que' furibondi un gran muggito
contro l'Eterno; dei branditi ferri
percossero gli scudi, e suscitando
fiero suono di guerra, alla celeste
volta ulularo l'infernal disfida.
LIBRO II
80-100
Dovrà l'avviso sospirar della mossa e qui languendo
vil fuggiasco del ciel per sua dimora
ricevere quest'antro abbominoso,
questa infame prigion che l'oppressore
per noi costrusse? l'oppressor che regna
sol perché lo consente il nostro indugio?
No! col foco piuttosto e colle furie
dell'inferno, terribili, serrati
voliamo ad assalir quelle sue rocche;
trasformiamo in potenti armi di guerra
contro il loro inventor le nostre pene;
lo scoppio della folgore infenale
risponda al mugghio della sua, risponda
un vapore affocato al suo baleno
[...] Quel trono istesso
su cui s'asside, di tartareo solfo
involuto gli venga e d'atre fiamme,
pene create di sua man.
129-142
Perché dunque gl' indugi e le dubbiezze
a sfidarne il furor, se giunto al sommo
altro non può che toglierci la vita,
che consumarci la spirtal sustanza?
Meglio perir che vivere immortali
nella miseria. [...] E noi da certa
prova sappiam che l'animo ci basta
a sconvolgergli i cieli, a minacciargli
quel suo fatale inaccessibil trono
con attacchi incessanti. Ora se questa
non è piena vittoria, è almen vendetta.
353-363
[...] A quale altezza
la nostra gloria non andrà? Ma forse
temerem questo abisso e questa notte?
Non si piace talvolta il creatore
senza raggio scemar della sua luce,
sovra un trono sedersi in tenebrosa
maestà, da cui parte il lampo e il tuono
de' suoi fulmini irati? Il cielo allora
non somiglia all'inferno? E s'egli imita
la nostra oscurità, chi ci contende
lo imitar la sua luce?
768-795
E per quattro s'avviano opposti calli
lungo le quattro infernali fiumane
che metton foce nell'ardente lago.
Lo Stige abbominato, orrendo fiume,
sacro al livor; lo squallido Acheronte,
negra e cupa riviera del dolore;
Cocìto, a cui dà nome il prolungato
gemito che si leva e si propaga
da' suoi gorghi perduti; e Flegetonte,
di cui l'onda rabbiosa avvampa e rugge.
[...] Una campagna
oltre Lete si stende oscura, fredda,
aspra e selvaggia; da perpetui nembi,
da bufere e da grandine percossa.
Grandine spaventosa che s'ammucchia,
senza mai disgelar, sul tristo suolo,
e somiglia a ruine accumulate
di sovversi edifici. In ogni dove
neve spessa e gelata, orrendi abissi
che rassembrano in parte alle maremme
di Serbonia, fra il Casio, antico monte,
e Damietta egizia, in cui sommersi
furo eserciti interi.
826-838
Per ime oscure valli
passa l'affaticata, e dolorose
plaghe ed alpi or di ghiado, or di foco,
rupi, laghi, voragini, spelonche,
e burroni, e paludi, e spettri ed ombre:
universo di morte, a cui l'eterno
vindice impresse l'ira sua: creato
per dolor dello spirto, ove ogni vita
muore e vive ogni morte, ove produce
la perversa natura abbominande
cose, orribili mostri assai peggiori
di quanti immaginò la greca fola,
pitoni, idre, chimere.
Libro III
11-22
Del sol prima e de' cieli
tu fosti, e il mondo che sorgea dall'acque
tenebrose e profonde, agl'infiniti
scomposti abissi conquistato, hai cinto,
alla voce di Dio, quasi d'un manto.
Or con ali più ferme a te risalgo
fuor del lago d'inferno, ove sepolto
stetti in tènebra lunga; e nel mio volo
l'esterna e media oscurità varcando,
con armonie da quelle assai diverse
della lira d'Orfeo, cantai l'eterna
Notte e il Caosse.
710-721
Ramingar per deserte obblique vie,
con gran periglio della vita, al lieto
ridestarsi dell'alba il sommo acquista
d'un colle erto e sublime, e dall'altura
attonito contempla il bel prospetto
o d'estranie campagne a lui mal note,
o d'un'ampia città per maestose
piramidi stupenda o per raggianti
torri che il sole del mattin colora;
di tanta meraviglia a quell'aspetto
Satana fu compreso, e non di meno
visto il cielo egli avea!
950-964
La terra è quella, e v'han soggiorno
le umane creature; e quella luce
ch'or la riveste è il suo diurno lume.
La tenebra altrimenti occulteria
quell'emisperio come l'altro occulta
ma la luna vicina (è tale il nome
di quella opposta graziosa stella)
le dà pronto soccorso
(...) or ne veste or ne spoglia il dolce lume
rischiarando la terra; e cade intanto
alla squallida notte il fosco velo.
972-979
Satana s'inchinò profondamente
al maggior serafino, e il suo viaggio,
tolto commiato, ripigliò. Precipita
giù per la curva declinando al polo.
La speme dell'evento il vol n'affrettà;
ed in rapidi vortici discende,
come aereo palèo; nè mai s'arresta
fin che le cime del Nifàte (*) attinge.
(*) Nifàte, montagna dell'Armenia, appartenente alla catena del Tauro, e vicina alla sorgenti del Tigri.
LIBRO VII
1-15
Scendi, Urania, dal ciel, se veramente
tale, o diva, ti appelli. Oltre l'Olimpo,
ove l'ala di Pegaso non giunge,
spinsi il forte mio vol, la tua celeste
voce seguendo. [...]
Ma del ciel tu sei figlia, e pria che un poggio
sorgesse, e pria che gorgogliasse un'onda,
colla sorella tua la Sapienza
conversavi segreta, e nel cospetto
del Padre onnipossente, innamorato
de' tuoi canti sublimi, insiem con lei
tu beata esultavi.
306-314
Iddio d'un cenno
così quest'universo ebbe creato,
vacua, informe materia. Orrenda notte
sull'abisso premea; ma le paterne
ali lo spirto avvivator distese
sulla calma dell'acque, e vita infuse
e calor nella fluida inerte massa.
Poi nel fondo calò la negra, fredda
tartarea feccia che la vita avversa.
320-326
Or sia la luce!
disse Iddio - Delle cose allor la prima,
questa eterea purissima sostanza
scaturì dall'abisso, e traversando
l'aerea cecità, dal suo nativo
oriente si mosse entro una nube
sferica, trasparente, e pria del Sole
391-395
Ma di sotto alla terra e in lungo giro
serpendo, aprono l'acque ai sinuosi
lor discorsi un cammino; e facil opra
era ad esse scavarsi in quel palude
veicoli latenti
695-705
E ti diè' liberamente
di cibarne le frutte: e qui raccolte
(varietà mirabile infinita!)
ne son quante la terra in grembo aduna.
Ma della pianta che del bene insegna
e del mal la scienza a te si vieta
frutto gustar: gustato, il giorno istesso
ne morresti; tal pena Iddio v'appose.
Frena dunque il desio, sì che la colpa,
né la seguace sua, l'orribil morte,
cogliere non ti possa.
LIBRO VIII
172-191
Tu dovresti, altrimenti, a varie spere,
circulanti in opposte obblique vie,
ascrivere quei moti, o la fatica
tanto al sole francar, come a quel rombo
che sovrasta invisibile, continuo,
velocissimo agli astri, ed è la ruota
della notte e del dì. Cessa il bisogno
di tal supposto, se la terra estimi
volgersi per sé stessa all'oriente
contro il lume del giorno; e mentre occupa
la tenebra notturna un emispero,
l'altro dal raggio mattutin s'imbianchi.
[...] Ove la luna
campi anch'essa racchiuda e creature
che soggiornino in lei, saria cortese
scambio d'affetto!
426-439
Dal solo albero del saver, che presso a quello
della vita io piantai, perché dovesse
della tue fe', dell'osservanza tua,
essermi prova, t'allontana, e frutto
non toccarne. Rammentai l'avviso
ch'io te ne porgo, e le lagrime evita
che seguir ne dovrieno. Il giorno istesso
(bada, Adamo, al mio dir!) che tu ne gusti,
così frangendo il mio solo divieto,
irreparabilmente tu morrai.
Mortale da quel giorno, e dalla lieta
tua dimora cacciato, andrai ramingo
per un mondo di stenti e di sventure.
LIBRO XI
85-90
E dall'opre che inspira e la seconda,
per gran tempo affinato, ad altra vita
l'uom sorgerà. La morte, allor che il giusto
si rinnovelli di novelle spoglie,
lo addurrà sino a me coll'universo
rigenerato.
114-120
Palesò dall'altissimo de' troni
l'onnipossente allora in queste voci
la suprema sua voglia: "O miei diletti!
l'uomo s'è fatto un di noi. Dacché le labbra
pose a quel frutto proibito, esperto
è del male e del ben; ma del perduto
bene e del mal che s'acquistò non rida!
134-143
Michele! affido
l'eseguirne il comando alla tua cura.
Scegli fra' cherubini un forte stuolo
di fiammanti guerrieri, acciò non possa
suscitar l'avversario altri tumulti
per difesa dell'uomo o per desio
d'occuparne la sede abbandonata.
Va'! la coppia colpevole allontana,
rimossa ogni pietà, dal mio giardino.
Caccia i profani dalla sacra terra.
265 -274
Altro significar quel doppio assalto
nell'aere e sulla terra al punto istesso
e dal lato medesmo? o quelle fosche
nugole in oriente anzi che il sole
giunga a mezzo il suo corso? E perché mai
più vivida risplende e porporina
la luce del mattin su quella nube
che biancheggia all'occaso? Ella riflette
nel zaffiro celeste il suo candore,
e lenta a noi discende.
614-625
Ed Adamo a Michele: "Oh qual delitto!
e qual cagion! Ma non vid'io la morte?
per tal via condurrommi alla mia polve?
Spaventevole vista! Orribil morte,
onde l'occhio e il pensiero, abbrividiti,
rifuggono del paro! Oh quanto amara
ne fia la prova!" e l'angelo ad Adamo:
"La morte t'apparì nel primo aspetto
in cui s'è manifesta al guardo umano;
pur diversi ne assume, e numerose
sono le strade, e tutte al par funeste,
che guidano alla sua buja spelonca"
632-657
De' suoi tanti malori il mostruoso
esercito vedrai; vedrai qual fonte
inesausta d'angosce all'uom dischiuse
l'intemperanza della donna. E tosto
vider gli occhi d'Adamo un tristo, oscuro,
laido ridutto, che sembiante avea
d'un ospizio d'infermi. Una gran turba
oppressa vi giacea da quanti morbi
son di strazi fecondi e di torture.
Agonie di deliqui affaticate,
febbri lente ed acute, dolorosi
contorcimenti e tremiti convulsi;
colluvie, interne pietre, ulceri, doglie;
demoniache, tranquille e furibonde
follie, tabi, languori e pestilenze
così larghe di stragi; idropi, spasmi,
che frangon l'ossa e le giunture. Orrende
n'eran le scosse, i gemiti profondi.
Sollecita correa la Disperanza
di giaciglio in giaciglio, e sugl'infermi
brandìa la Morte il trionfal suo telo,
ma di vibrarlo differia, quantunque
invocata talor dagli infelici,
come un'ultima speme, un ben supremo,
oh qual cor di macigno avria sofferto
l'orror di quei tormenti a ciglio asciutti?
LIBRO XII
49-58
Dalla rivolta
sorgerà l'oppressore, e di ribelli
darà nome agli oppressi. Ad una schiera
di compagni o di servi, che la stessa
libidine divora, ei si fa duce,
e dall'Eden si drizza all'occidente
per sopporlo al suo giogo. Or lungo un piano
in sulfureo s'abbatte oscuro gorgo,
che mormora e soverchia a fior di terra,
quasi foce infernal.
350-356
Innanzi ad esso [il trono]
splendono sette lampe, e dei celesti
lumi, novo zodiaco, offrono imago.
Posa il dì sulla tenda oscura nube,
v'arde un raggio la notte, e questo e quella
più non sono manifesti allor che in via
mettonsi le tribù.
852-861
In tal guisa parlava
la nostra antica madre, e lieto Adamo
l'udia. Ma l'appressar dell'immortale
ne tagliò le parole; e già calava
dall'opposta collina, al divisato
loco (ardente meteora) il luminoso
drappel de' cherubini; e il suo radea
pari a bianco vapor, che, nato a sera
da palude o da fiume, si dilati
su melmoso terreno, e tutto il copra...
865-871
Quella spada di Dio brandita in alto
terribile fiammava in apparenza
d'una cometa, e la torrida vampa
e l'igneo fumo che mettea, sembiante
all'ardor che di Libia il cielo adugge,
affocando venia quel dolce e mite
clima del paradiso
P.s qui alcune foto dei Cradle of Filth che ho modificato
Recensione a "Dark Heaven: la carezza dell'angelo"
Trama: è una gelida sera di febbraio a Venezia quando Virginia, 18 anni e i capelli rossi, incontra Damien De Silva. è tardi, le strade sono deserte e lei sta tornando a casa dall'allenamento di pallavolo... all'improvviso, dal buio, spunta un uomo, bellissimo e misterioso. Decisa a non incrociare lo sguardo, Virginia gli scivola accanto con gli occhi bassi. Ma proprio in quel momento sente due parole nella mente: sono tornato. Chi è quell'uomo e cosa sta succedendo? Il giorno seguente, lo sconosciuto si presenta nella scuola di Virginia come "nuovo professore di italiano", affascinando tutte le ragazze della scuola. E a Virginia cominciano a capitare strane cose, visioni che le annebbiano la mente... come se lei e Damien si fossero già conosciuti in un'altra vita... Ma chi è davvero Damien? Ci si può fidare di lui?
Commento di Lunaria: "Dark Heaven - La carezza dell'angelo" di Bianca Leoni Capello (*) fa parte di una trilogia
ascrivibile al genere Urban Fantasy. Nonostante in questo particolare settore letterario ormai non ci sia più nessuna originalità e sia piuttosto inflazionato, tanto da rischiare un'"implosione" (personaggi e trame sono intercambiabili, basati sempre sugli stessi clichè svuotati da qualsiasi valenza horror, pur riprendendo le creature tipiche della letteratura del macabro) e "Dark Heaven" riecheggi degli inevitabili riferimenti a "Twilight\Fallen" (una giovane ragazza, angeli, demoni, eventi del passato che si rivelano come flashback, reincarnazione...), non è scritto male e si lascia leggere con piacere. I personaggi sono ben delineati, non c'è nessun "impaludamento" che inficia la lettura, gli elementi inquietanti sono disseminati egregiamente e riesce ad intrigare quel tanto che basta per voler leggere gli altri due libri, dove si darà più spazio all'aspetto paranormale della vicenda.
Il personaggio maschile è "costruito a puntino" per piacere alle lettrici, la protagonista condensa in sé aspettative, desideri e pensieri femminili che sono tipici di tutte le donne (teen ager, ma anche no...), per cui le due autrici hanno ideato e scritto un libro che sicuramente piacerà a tutte le appassionate del genere (a patto che non siano fanatiche e non trovino fastidiose le "citazioni" prese da "Twilight\Fallen", che questo romanzo, come tanti altri, si porta appresso, inevitabilmente).
I detrattori critici faranno notare che questo tipo di romanzi "sono tutti uguali", ma di per sé la ripetizione del solito canovaccio, se è narrata con maestria, può anche starci, in fin dei conti libri come questo servono ad intrattenere emozionando, e assolvono egregiamente lo scopo per il quale sono pensati.
Rispetto ad altri libri del genere, "Dark Heaven" cita anche qualche riferimento letterario illustre (il" Faust", Thomas S. Eliot, Lucrezio... anche se un autore come Milton sarebbe stato più appropriato per una vicenda che parla di angeli e demoni...) e il ritmo narrativo è ben orchestrato (la vicenda riporta due punti di vista sullo svolgersi degli eventi: quello di Virginia e quello di Damien) anche se l'uso del presente (la vicenda è narrata "in presa diretta") a lungo andare può "sfasare" un po' (soprattutto perché è più frequente usare il passato, quando si racconta qualcosa). Devo dire che "Dark Heaven" mi è piaciuto di più, rispetto ad altri libri più "spaparazzati in giro" (mi viene in mente il mediocre "Black Moon: i peccati del vampiro" o il pessimo "Danze dall'inferno")
ma anche rispetto allo stesso "Fallen" (mastodontica saga https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/i-fotogrammi-piu-belli-di-fallen.html in quattro volumi che si poteva ridurre, come storia, ad appena uno o due libri e che presentava parecchi "impaludamenti" che servivano ad infiacchire il ritmo "ingrassando" la vicenda con particolari e disgressioni del tutto inutili e ridondanti,
difetto che peraltro hanno anche Stephen King e Clive Barker; chi ha letto "Imagica" o "Gioco dannato" concorderà con me...)
Per cui sì, paradossalmente "Dark Heaven" l'ho preferito a "Fallen", pur essendo a tutti gli effetti un "epigono" di questi, perché narrato con più maestria e senza "impaludamenti soporiferi". Penso proprio che leggerò anche gli altri due libri che compongono la saga.
(*) pseudonimo di due autrici: Flavia Pecorari e Lorenza Stroppa
Gli stralci più belli: "[...] l'uomo infatti indossa un normale impermeabile scuro le cui lunghe falde danzano nell'aria, mosse dal vento. Distolgo lo sguardo, turbata. Lo sconosciuto, però, continua a fissarmi, e si dirige verso di me. Il mio cuore perde un battito. I suoi occhi, ora che sono più vicina, sono braci ardenti che brillano nella notte [...] è bello da togliere il fiato, ma i lineamenti sono duri, sembrano scolpiti nella pietra. Gli passo accanto velocemente, trattenendo il respiro. Quando lo supero, qualcosa di freddo e pungente si insinua nei miei pensieri: due parole semplici e terrificanti. Sono tornato."
"[...] Un'ultima cosa, dice, poi, abbassando la voce, aggiunge: Ignoratur enim quae sit natura animai, nata sit an contra nascentibus insinuetur...". Mentre recita queste parole, che hanno il suono di un altro tempo e di un altro luogo, vengo catturata dal nero dei suoi occhi, due abissi che mi trascinano lontano. Mi sento risucchiata in un vortice che mi avvolge e cancella ogni traccia di razionalità mentre dico "Et simul intereat nobiscum morte dirempta an tenebras Orci visat vastasque lacunas" (1)
"Si avvicina e mi fissa le labbra con intensità. Ho l'impressione che voglia baciarmi. Vorrei allontanarmi, ma al tempo stesso sento crescere in me un desiderio fortissimo, un'attrazione che fatico a tenere a bada. Ci separano pochi centimetri, i nostri respiri si confondono... Lui mi prende il volto tra le mani e mi guarda negli occhi. Siamo così vicini che, nonostante il buio, riesco a vedere la lieve differenza di tono tra l'iride e la pupilla: "Quando capirai di essere sempre stata mia?", sussurra."
"Cosa sei, Damien? Cosa sei esattamente?", gli chiedo tremando. "Vuoi davvero saperlo?" "Sì". Tace per un attimo, combattuto. Poi mi risponde e la sua voce è quasi un ringhio, profondo, spaventoso. "Io sono il male, Virginia." All'improvviso si alza il vento, scompigliandogli i capelli sulla fronte e facendo alzare le ali del suo impermeabile. è spaventosamente bello, mentre si allontana sotto la luce fioca del lampione. Sembra un angelo venuto dall'Inferno."
"[...] Il prezzo da pagare per poterti stare vicino è alto: devo compiere azioni spietate che vanno contro la mia natura e contro la mia coscienza [...] L'unica sicurezza che ho è che il mio amore non è stato contaminato da queste tenebre, ma se non te la senti di starmi vicino, di conoscere il mio lato oscuro, ti capirò."
"[...] Finalmente comprendo la vera natura di Damien [...] scuoto la testa, cercando di cancellare il ricordo dei suoi baci e pensando ai suoi occhi gelidi, spaventosi, quegli occhi che mi hanno terrorizzata fin dal primo istante, che mi hanno fatta sentire sull'orlo del precipizio."
(1) S'ignora infatti quale sia la natura dell'anima, se sia nata o al contrario s'introduca nei nascenti, se perisca insieme a noi dissolta dalla morte o visiti le tenebre dell'Orco e gli immani abissi
Sullo stesso tema vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2018/12/recensione-angel.html
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