''Il Romanzo della Foresta''


Una carrozza lanciata a tutta velocità nella notte termina la sua corsa tra le rovine di un'antica abbazia nel sud della Francia, nel folto di una foresta, dove un inconsueto gruppo di fuggitivi trova finalmente riparo. Pierre e Constance De la Motte, nobili decaduti, si nascondono dalla legge e dai creditori; la giovane Adeline, la loro misteriosa protetta, si è unita ai De la Motte lungo la strada, consegnata da un manipolo di banditi. Il sollievo per il nuovo rifugio dura fino al giorno in cui il proprietario di quei boschi, l'ambiguo marchese di Montalt, mette gli occhi sulla ragazza.
Tra la scoperta di sinistre reliquie del passato, incubi ossessivi e l'eco di un crimine commesso tra le mura dell'abbazia, Adeline comincerà a credere che il suo protettore sia coinvolto nei piani del marchese.

"Il Romanzo della Foresta" di Ann Radcliffe (*) apparve con clamore nel 1791 e diventò il libro con cui i grandi del XIX secolo dovettero confrontarsi: fu d'ispirazione per Jane Austen, John Keats, Mary Shelley, Honore de Balzac, E. A. Poe, Charles Dickens e Wilkie Collins.
Un romanzo pioniere del genere gotico. 

(*) Della vita di Ann Radcliffe (1764-1823) si sa pochissimo; la poetessa Christina Rossetti che voleva scrivere una biografia su Ann Radcliffe, dovette rinunciarvi per carenza di informazioni.
Si sa che nacque a Londra il 9 luglio 1764, figlia di un merciaio\negoziante di tessuti, William Ward.
Nel 1772 frequentò la scuola gestita da Sophia Lee, autrice del romanzo pseudogotico "The Recess" (1783) Un'altra Autrice molto importante fu Charlotte Dacre: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2020/10/zofloya-di-charlotte-dacre.html
Nel 1787 sposò William Radcliffe, un giornalista parlamentare.
La coppia non ebbe figli ma fu un matrimonio felice.

Gli stralci più belli:

"La strada, se di strada si poteva parlare, trattandosi di un sentiero nell'erba, era talvolta ricoperta dalla fitta vegetazione e talvolta oscurata da profonde ombre. Peter alla fine si fermò incerto sulla direzione da prendere. La Motte, che tremava all'idea di dover pernottare in un luogo così selvaggio e solitario come quella foresta, e che aveva una gran paura dei banditi, gli ordinò di procedere comunque (...) Il sole era ormai calato, ma quando La Motte guardò ansiosamente dal finestrino vide, verso Ovest, nel vivido bagliore dell'orizzonte, alcune scure torri che si levavano tra gli alberi a poca distanza, e ordinò a Peter di dirigersi lì.
"Se appartengono ad un monastero potremo probabilmente ottenere rifugio per la notte."
La carrozza procedette all'ombra di "rami tristi" attraverso i quali il crepuscolo serale che colorava l'atmosfera diffondeva una solennità che vibrava con sensazioni eccitanti nei cuori dei viaggiatori. L'attesa li rendeva silenziosi.
La scena richiamava alla mente di Adeline gli ultimi terrificanti eventi, e la sua mente già presagiva nuove sventure.
La Motte scese ai piedi di un poggio erboso, dove gli alberi, aprendosi alla luce, permettevano una veduta più ravvicinata, anche se incompleta, dell'edificio."

"Come queste antiche torri e vuote corti
gelano l'animo sospeso! Finché l'attesa
indossa il volto della paura: e la paura, quasi pronta
a diventare preghiera, mormora una sorta
di orazione mentale, non sa per quale ragione,
Che cose strane sono le circostanze!" (Horace Walpole)

"La Motte si avvicinò e vide i resti gotici di un'abbazia: si ergeva su un prato incolto, ombreggiato da alberi alti e dalla folta chioma che sembravano della stessa epoca dell'edificio e diffondevano una romantica oscurità tutt'intorno. La maggior parte della costruzione stava cadendo in rovina, e ciò che aveva resistito alle ingiurie del tempo rendeva ancora più evidente il degrado del resto della struttura. Gli alti bastioni, ricoperti fittamente di edera, erano franati in parte, diventando il rifugio di uccelli rapaci. Enormi frammenti della torre orientale, quasi tutta crollata, giacevano sparsi nell'erba alta, che si muoveva lentamente nella brezza."

"Il cardo scuoteva la sua testa solitaria; il muschio fischiava al vento." (James MacPherson)

"Un cancello gotico rimasto intero e riccamente ornato da trafori si apriva sul corpo principale dell'edificio, che era invaso dal sottobosco.
Al di sopra del vasto e magnifico portale di questo cancello sorgeva una finestra dello stesso stile, i cui archi a sesto acuto esibivano ancora frammenti di cristallo colorato, orgoglio un tempo della devozione dei monaci.
La Motte (...) entrò in quella che sembrava essere stata la cappella dell'abbazia, dove una volta si levavano inni di devozione ed erano state versate lacrime di penitenza: suoni che ora potevano essere richiamati in vita solo dalla mente, lacrime di penitenza che erano state da lungo tempo congelate dal destino.
La Motte si fermò un momento, poiché sentiva una sensazione di maestosità che sfociava in terrore: stupore e timore reverenziale insieme.
(...) La sempre più intensa oscurità ricordò a La Motte che non aveva tempo da perdere, ma la curiosità lo spingeva a esplorare ulteriormente il luogo, e cedette all'impulso.
Mentre camminava sulla pavimentazione sconnessa, i suoni dei suoi passi riecheggiavano nell'ambiente circostante ed evocavano misteriosi accenti di riprovazione dei morti per il sacrilegio mortale che osava disturbare il loro riposo. (...) Gli sprazzi di luce che illuminavano a tratti la struttura rendevano la sua desolazione ancora più solenne, mentre l'oscurità di gran parte dell'edificio aumentava la sua maestosità e spingeva la fantasia a immaginare scene di orrore."

"Tra le varie cose si vociferava anche che strane apparizioni erano state osservate nell'abbazia e che si erano sentiti rumori insoliti; sebbene le persone più assennate avessero messo in ridicolo quei racconti come infondate superstizioni degli ignoranti, si erano inculcati così bene nella mente del popolino che negli ultimi diciassette anni nessuno dei contadini aveva più osato avvicinarsi. L'abbazia era stata quindi abbandonata alla decadenza."

"La Motte si mosse nella sua direzione e, mentre passava, guardò nella nicchia. C'era un grande baule: si avvicinò per esaminarlo e sollevandone il coperchio vide i resti di uno scheletro umano. Ebbe un moto di orrore, ritraendosi involontariamente (...) Rimase immobile a fissare lo scheletro, che sembrava confermare il racconto secondo il quale qualcuno era stato ucciso in passato nell'abbazia."

"Percorse comunque la strada davanti a lui, che lo condusse nella zona della foresta più oscura che avesse mai visto: il sentiero terminò in un buio recesso, sovrastato da alti alberi, i cui rami intrecciati impedivano l'accesso ai raggi del sole e ammettevano solo una sorta di misterioso crepuscolo. Louis si guardò intorno alla ricerca di La Motte, ma non lo vide da nessuna parte. Mentre esaminava il luogo e rifletteva sul da farsi, si accorse, nell'oscurità, di un oggetto a qualche distanza, ma la fitta ombra gli impedì di distinguere che cosa fosse. Avanzando, vide le rovine di una piccola costruzione che, da quanto ne restava, sembrava essere stata un sepolcro."

"Mentre il sole calava, l'oscurità avanzava in silenzio, e il paesaggio assumeva un aspetto di solenne grandezza. Riflettendo, si ricordò e recitò la poesia seguente:

Notte

Ora la Sera svanisce! Il suo pensoso passo si ritira,
e la Notte porta la rugiada e le ore d'ombra;
il suo maestoso sfoggio di fuochi celesti,
e tutto il suo corteo di poteri visionari.

Questi dipingono con forme fugaci il sogno del sonno,
questi gonfiano l'anima vigile con piacevole terrore;
questi attraversano le tenebre in forme terrificanti,
e risvegliano gli orrori impressionanti della morte!

Regina del solenne pensiero - Notte misteriosa!
Il cui passo è l'oscurità e la cui voce è paura!
Le tue ombre accolgo con estremo piacere,
e saluto le tue cupe brezze, quel sospiro così triste!

Quando, avvolta nelle nuvole e cavalcando nella bufera,
tu fai rotolare la tempesta lungo la riva,
amo guardare i flutti sbuffanti frangersi
sulle rocce sottostanti, e ascoltarne il ruggito.

I tuoi terrori più miti, Notte, io amo corteggiare,
i tuoi silenziosi lampi e il bagliore della tua meteora,
i tuoi fuochi settentrionali, brillanti di tonalità insanguinate,
che illuminano nell'alta volta del cielo l'aria ardente.

[...]

Lasciami stare nelle tenebre profonde
su selvaggi pendii boscosi, e sentire la brezza
che si gonfia in triste melodia tutt'intorno,
e muore debolmente sugli alberi lontani.

[...]

"Con cuore palpitante Adeline cercò il sentiero che le era stato mostrato da Peter e che portava alla tomba; trovatolo, lo percorse, triste e spaventata. Trasaliva ad ogni stormir di fronte e ad ogni battito d'ali di pipistrello che volteggiavano nel crepuscolo. Guardando indietro verso l'abbazia, le parve di distinguere, nell'oscurità sempre più profonda, figure di uomini. (...) Il terrore l'arrestò per qualche minuto: proseguire significava finire nelle mani del marchese: tornare indietro cadere in potere di La Motte."


Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2019/05/lincipit-di-romanzo-siciliano-di-ann.html