Aurelio Aureli: "Medea in Atene" (1675)


Tratto da


MEDO: Triforme Dea, che ne' tartarei alberghi (1) 
cinta d'argentei raggi
fra gli orrori più ciechi
pallida luce al re de l'ombre arrechi
[...] Tra queste folte piante
ove il mesto silentio oscuro nido,
vuol Medea, ch'io l'attenda: io qui m'assido [...]
Ma qual torbida nube
copre di Cintia (2) i vaghi rai (3) lucenti?
Mostruosi portenti!
Par, che s'apra l'abisso, arde la selva
e trema il suol con iterate scosse:
queste son di Medea magiche posse (4)

(1)  Nel regno dell'inferno; Ecate è triforme, ovvero triplice


(2)  di Artemide-Diana, cioè la luna, così detta dal monte Cinto, dove nacque.
(3) raggi
(4) poteri magici

Il monologo di Medea mentre resuscita un cadavere, per predire il futuro:


MEDEA: Dal livido Acheronte
cinta d'oscure bende
o figlio a te mi porto
per dar con questa verga
pace al tuo duolo, e viva voce a un morto.
Aprasi quella tomba. [qui s'apre il sepolcro e si vede il cadavere di Procuste ucciso da Teseo]
Questi, che da Teseo
cadé trafitto, a ravvivar m'accingo.
Tra quelle fredde labbra
farò che sia costretto
nudo spirto a piegar detti veraci;
tu il tutto osserva, attento ascolta, e taci.
Da gli antri di Morte,
dal centro profondo,
spirto immondo,
sù risorgi,
invisibile ormai porgi
anima, e voce a questa salma esangue. [qui il cadavere si muove]
Sù favella
alma rubella (1): di Teseo di'? Che sarà?
Regnerà?
Calcherà
d'Atene il soglio, e rapirà lo scettro?
Parla imago (2) di morte, orrido spettro.

(1) anima ribelle
(2) immagine