Rosa, Lucciola, Perla, Lacrime e Luna nella Poesia Barocca di Girolamo Preti e Girolamo Fontanella

Info tratte da


Per un'introduzione alla Poesia Barocca: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/09/poesia-barocca-del-seicento.html
Per i versi più belli di Marino e il suo commento alla Rosa: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/11/i-versi-piu-belli-di-giovanni-battista.html https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/06/giambattista-marino-una-poesia-inedita.html
Per un'analisi comparata tra Marino, Petrarca e Tarchetti, vedi: http://intervistemetal.blogspot.it/2017/12/i-capelli-femminili-nellestetica.html 
Per le poetesse del Seicento: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/01/le-poetesse-di-fine-cinquecento-e-del.html

Girolamo Preti: nasce a Bologna nel 1582 e muore a Barcellona nel 1626. Si dedica alla poesia, dopo aver tralasciato gli studi di Diritto.
"Rose impallidite" è la sua poesia più celebre.

Ite (1) in dono a colei, pallide rose,
a cui l'alma donai senza mercede;
e poi che'l mio penar non cura, o crede,
siate del mio morir nunzie amorose.
Vidi voi d'ostro (2) già tinte e pompose;
d'ostro che 'l labro suo forse vi diede.
Ora il pallor di Morte in voi si vede,
imitatrici del mio duol pietose.
Dite se pur vi mira e se v'accoglie
ch'io son mal vivo e sarò tosto esangue come voi,
moribonde aride foglie;
e se'l vostro color pallido langue,
ella ravvivi l'odorate spoglie
con l'onda del mio pianto e del mio sangue.

(1) andate
(2) color porpora

Il motivo della rosa, già tipico di Marino (  https://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/11/i-versi-piu-belli-di-giovanni-battista.html   ), occupa anche la storia del Marinismo. Essa riflette, in questo sonetto, la situazione dell'animo del poeta: lieta e fiorente un giorno, si ripiega ora su se stessa e perde, con i petali, la vita, così come l'autore, un tempo posseduto dalla speranza e dunque felice, è ora solo, chiuso nella sua tristezza d'amore. Nessuna novità e nessuna situazione lirica percorrono il canto, che procede tradizionale e raccoglie appunto dalla Scuola i termini entro cui si disegna. Da notare come, nelle intenzioni del poeta, siano le rose, alle quali il poeta si rivolge, che debbano portare il suo sospiro alla donna amata; ma già nella poesia del nostro Duecento questi sospiri erano idealmente trasmessi dall'amato all'amata.

Girolamo Fontanella: nasce a Napoli nel 1610 e muore nel 1644; scrive le Odi, i Nove Cieli, le Elegie.

"Alla lucciola"

Mira incauto fanciul (1) lucciola errante
di notte balenar tremola e bella,
che di qua, che di là, lieve e rotante,
somiglia in mezo al bosco aurea fiammella.
Va (2) tra le cupe e intricate piante,
stende la mano pargoletta e snella
e credendo involar rubino o stella
va de la preda suo ricco e festante.
Ma poi che 'l nostro orror (3) l'alba disgombra,
quel che pria gli parea gemma fatale, (4)
di viltà, (5) di stupor gli occhi l'ingombra.
Così, bella parea cosa mortale;
ma, vista poi che si dilegua l'ombra,
altro al fine non è ch'un verme frale. (6)

(1) si veda come le parole suggeriscano felicemente l'idea della fugace rapidità della lucciola e come nel suo rapido movimento, essa trovi rifugio tra gli alberi
(2) Il soggetto è il fanciullo
(3) l'oscurità della notte
(4) carica di mistero
(5) delusione
(6) fragile larva

Il Fontanella riprende il tema della lucciola, già tipico di Marino

"La lucciola"

Già l'ombra de la terra si dilata per tutto.
Ecco, d'intorno un denso umido velo,
la gran faccia del cielo ricopre
e folta nebbia occupando le piagge imbruna i colli.
Vedi la luccioletta, fiaccola del contado
e baleno volante.
Viva favilla alata,
viva stella animata
pur come ne le piume abbia il focile vibrando
per le siepi ali d'argento
e foco alternar le scintille.
è tempo ormai verso l'ovile,
a passi corti e lenti, di ricondur gli armenti.

ma la chiusa di Fontanella introduce un pensiero saturo di contenuta tristezza: col disperdersi delle ombre protettrici la realtà appare nella luce in tutta la sua chiarezza deludente: verme frale, fragile larva.

"Alla perla"

Vaga figlia del ciel, ch'eletta e fina
sei di conca eritrea (1)  parto lucente,
ricchezza del bellissimo oriente,
nata e concetta in mar d'umida brina; (2)
tu allumi di candor l'onda marina,
uscendo incontra al sol bianca e ridente;
il cui valor, la cui beltà nascente,
ogni ninfa, ogni Dea pregia ed inchina.
Tu, pullulando fuor d'alma natura,
non prendi qualità di salso gelo,
non tingi il tuo splendor di macchia impura;
ma qual vergine bella in bianco velo
lasci a l'onda l'amaro, e pura pura
fai de la tua beltà giudice il cielo.

(1) allusione al Mar Rosso e alle sue perle
(2) una tradizione popolare suggeriva che le perle fossero formate dalla rugiada induritasi e di cui le conchiglie si erano cibate

L'immagine è carica di luce e di trasparenze: la perla porta in sé il chiarore del cielo, mentre l'onda marina risplende per i riflessi di quel candore, vagheggiando tanta bellezza insieme al coro delle ninfe danzanti e delle Dee del mare. Incantate figurazioni care alla poetica barocca: giochi di luci, richiami di contrasti coloristici in melodiose penombre. Ma il Fontanella illumina a tratti gli insegnamenti tradizionali con accenti di partecipata liricità.

Nota di Lunaria: anche Cesare Rinaldi in "Amor verace"
aveva citato le perle:

"Sciogli, ardito nocchier,
vela d'argento, sopra nave di perle e d'or con testa,
né temer d'atre (1) nubi, atra tempesta,
o strider d'onda o strepitar di vento..."

(1) oscure

Ludovico Tingoli, invece, in "Brutta donna adorna di gran gioie" descrive, in contrasto, lo splendore dato dalla perla messo in antitesi alla bruttezza della donna che si adorna di oro, rubini e perle:

Costei cui sol di tenebre e d'orrori, Natura acherontea veste e circonda, osa intorno spiegar quanti ne l'onda del Gange e del Pattol (1) nascon fulgor.
Spargono le chiome e 'l labbro ombre e squallori e d'oro e di rubini il braccio abbonda, invece che lo sguardo i rai
(2) diffonda
sfavillano dal sen compri splendori la perla, onde la bocca orba notteggia. A l'orecchia plebea quasi per scherno pende,
ed intorno al nero collo albeggia.
Ma che stupir, s'è pur decreto eterno ch'ove ricco tesoro arde e lampeggia, ivi custode sia spirto d'Averno?

(1) fiume
(2)  raggi


Di Girolamo Fontanella aggiungo anche due poesie che riportano due elementi tra i più cantati nella poesia: le lacrime e la Luna.

"Alle lagrime"

Che sono altro che lagrime lucenti
quelle che versa a noi la bionda Aurora?
Le folte piogge e le pruine algenti, (1)
le molli brine e le rogiade ancora.
Lagrime quelle gocciole cadenti
che da gli occhi dei sassi (2) escono fuora,
che distillando e lambiccando ogn'ora
fan di lagrime poi fiumi e torrenti.
Or chi non bagnerà di pianto il viso,
se quanto accoglie il ciel sotto il suo manto
più bello ne le lagrime raviso?
Ceda ogni gemma a queste gemme il vanto;
va di candide perle (3) adorno il riso,
ma di perle più belle ornato è 'l pianto.

(1) le fredde brine
(2) si allude alle fenditure presenti nelle rocce
(3) denti

Fantastica disgressione intorno alle gocce d'acqua che, come pioggia, brina o rugiada, oppure uscenti dalle fenditure dei monti costituiscono le lagrime dell'universo: il motivo non è certo peregrino sia nella proposta generale del rapporto tra la goccia d'acqua e la lagrima appunto, sia nelle particolari accezioni con cui ci viene qui presentato. E molte immagini con cui il sonetto è costruito rientrano (si veda ad esempio la "bionda Aurora") nella tradizione più nota.


"Alla Luna"

Candidissima stella
che 'l silenzio tranquillo apri nel mondo,
e pacifica e bella
rendi il fosco de l'ombre almo e giocondo, (1)
e de l'umido sonno umida sposa,
abbracciando la notte, esci pomposa;
tu con provida cura
spargi d'alta virtù (2) gravidi effetti;
tu, ne la notte oscura,
sagittaria del ciel, l'ombre saetti,
e, menando là su danze e carole, (3)
scorri i lucidi campi, (4) emula al sole.
Tu con freno d'argento (5)
reggi, in campo d'orror, carro di stelle;
tu con vago concento
mille guidi nel ciel musiche ancelle
e, reina de' boschi in bianca vesta,
coronata di corna ergi la testa. (*)
Piovi, balia feconda,
su le bocche dei fior manne stillanti,
e soave e gioconda
versi in largo tesor mille diamanti,
e squarciando le nubi intorno intorno,
rendi chiara la notte, emula al giorno.
Apri e chiudi i canali
de le fonti del ciel puri e giocondi,
e con acque vitali
la crescente virtù (6) nei corpi infondi,
e cortese a le piante, amica ai fiori,
spargi in grembo a la terra ampi tesori.
Variabile ogn'ora, (7)
fai, mutando color, diverso effetto:
ora pallida ed ora
rosseggiante nel ciel mostri l'aspetto,
e con vario apparir varia figuri
del futuro avvenir segni sicuri;
or superbo e ripieno
di fecondo licor gonfi il sembiante,
e di Teti nel seno (8)
movi al moto che fai l'onda incostante;
or cornuta hai la fronte, e scema i rai: (9)
come parti, (10) nel ciel non torni mai;
or con languido lume
fra le nubi sepolta umida manchi, (11)
or con candide piume
le selve inalbi e le campagne imbianchi,
e risorta fenice alma ed adorna,
rinnovando la luce ergi le corna.

(1) Il riferimento alla luce della Luna, che inargentando rischiara i vasti campi del cielo e la terra, ha originariamente un suo splendore lirico, ma si contrae poi in artificio di parole troppo ricercate per l'occasione.
(2) si allude alle segrete virtù e ai molteplici influssi che la tradizione attribuiva alla luna.
(3) la parola "carola" è sinonimo di danza
(4) splendenti
(5) La Luna governa quasi la luce delle stelle nella profondità cupa del cielo (campo d'orror)
(6) la virtù di crescere
(7) la Luna muta di colore, dal bianco argentato al rosso d'ocra, e muta anche di forma, a seconda dei momenti.
(8) nelle onde del mare
(9) priva di splendore
(10) cosi come
(11) vieni meno

L'inno alla luna procede secondo un'intonazione retorica ed elaborata: serie di immagini intrecciate tra loro e succedentisi l'una all'altra con continuità insistente; visioni che si disperdono in un gioco di parole ricercate; ripetersi, quasi all'inizio di ogni strofa, del tu o del verbo in seconda persona che riporta forse troppo puntualmente il discorso al soggetto del canto. In questo passo celebrativo poco affiora dal punto di vista poetico: qualche attacco di sottile dolcezza (candidissima stella), qualche rapido tocco impressionistico (le selve inalbi e le campagne imbianchi). Ma, nel suo complesso, il componimento dimostra una volta di più come il Marinismo amasse circondarsi di numerosi orpelli verbali, fossero essi appariscenti e fastosi, fossero invece intessuti di raffinato preziosismo.

(*) Nota di Lunaria: suggestivo questo verso "coronata di corna ergi la testa", perché da sempre le Dee sono state rappresentate con la mezzaluna e le corna, che sono equivalenti alla falce di luna.