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C'è nebbia. Lo scricchiolare dei tuoi passi sulla ghiaia è l'unico rumore che rompe la quiete della notte. Nei pressi del rivellino del Castello Sforzesco un urlo lancinante disintegra il silenzio. Accanto a te il corpo di una donna con indosso un elegante abito di broccato si accascia al suolo e la sua testa ti rotola tra le gambe. Si ferma proprio accanto ai tuoi piedi. Se riesci a guardare quella testa mozzata povresti accorgerti che si tratta di una donna di impareggiabile bellezza.
Bianca Maria Scappardone Visconti è solo una delle tante povere anime che nella notte dei morti è costretta a rivivere la sua tragedia fissata nell'eternità dei secoli. Tanti hanno avuto la disgrazia di vedere il suo spettro senza testa aggirarsi nei pressi del Castello con ancora stretta al corpo l'anfora che contiene il sangue di Ardizzino Valperga, suo amante, fatto uccidere per ripicca.
Bianca Maria Scappardone non era né ricca né nobile. Era una delle tante figlie del popolo che vedeva i signori passare in carrozza e sognava un destino migliore. Ma Bianca aveva un'arma in più rispetto alle sue concittadine: una strabiliante bellezza. Questa, unita a un'assoluta mancanza di moralità, spinse la ragazza fino a dove nessuna altra donna poteva sperare di arrivare.
Il primo uomo ad aiutare Bianca nella sua scalata al successo fu il vecchio e inconsapevole Ermes Visconti. Soggiogato dalle doti ammaliatrici della bella popolana, Ermes la portò all'altare donandole un patrimonio immenso ma soprattutto un cognome, Visconti, che poteva aprire tutte le porte del mondo dorato della nobiltà.
I Visconti non erano più signori di Milano da molti anni, ma il nome della nobile famiglia era ancora tenuto in alta considerazione negli ambienti che contavano. Bianca cominciò subito a intessere i giusti rapporti per diventare una dama in vista della nobiltà milanese. Un aiuto insperato le arrivò dalla morte del vecchio Ermes, che la lasciò unica erede di tutto il patrimonio e libera di continuare ad accrescere la sua fama.
Come era consuetudine, Bianca osservò il periodo di lutto prescritto dall'etichetta per poi trovare un nuovo uomo da ammaliare e sposare: Renato di Challant. Bianca ora era anche contessa di Challant. Forte del nuovo titolo, abbandonato l'insulso marito per trasferirsi a Pavia dove divenne l'animatrice di salotti e di feste e dove presto fece una nuova conoscenza, Ardizzino Valperga, conte di Masino.
Forse il conte di Masino non era ricco e inserito come Bianca si aspettava, o forse era troppo furbo per cadere nella sua rete di seduttrice. Sta di fatto che in breve tempo la loro relazione si esaurì. Mentre la contessa era intenta a far capitolare un nuovo spasimante, Roberto, Sanseverino, Ardizzino Valperga cominciò a pensare a propositi di vendetta nei confronti della giovane, rea di averlo usato e abbandonato.
Bianca teneva molto alla sua immagine pubblica e proprio lì il Valperga decise di colpire. Cominciò a mettere in giro maldicenze sul conto della contessa. Ardizzino era un uomo benvoluto e tenuto in alta considerazione. Pochi misero in dubbio le sue parole e Bianca si vide sbattere in faccia, una a una, tutte le porte dei nobili di Pavia. Unica carta che le restava da giocare era Sanseverino che continuava a venerarla come una Dea. Bianca ordinò al suo amante di uccidere Ardizzino Valperga per punirlo delle maldicenze.
Una volta tanto aveva fatto male i suoi conti. Roberto Sanseverino e Ardizzino Valperga erano ottimi amici. Il nuovo amante della Challant non impiegò molto a ritrovare la ragione perduta per quella donna e la abbandonò.
Abbattuta e sola, Bianca non si perse d'animo. Tentò una mossa ancora più disperata: tornò con la coda tra le gambe da Valperga , si scusò e gli chiese in cambio la testa di Sanseverino. Ancora una volta la ragione e l'amicizia prevalsero sugli intenti della diabolica donna e Ardizzino decise di abbandonare la contessa al suo destino e di tornarsene a Milano con Sanseverino.
Bianca era furibonda. Era un'onta che andava lavata con il sangue.
Bianca si assicurò di scegliere don Pietro di Cardona, come fido aiutante. Totalmente ammaliato dalla bella contessa, non si fece ripetere due volte le sue volontà. Voleva il sangue di Valperga? L'avrebbe avuto.
In una notte di nebbia Roberto di Cardona, aiutato da alcuni suoi fedelissimi, tese un agguato ad Ardizzino Valperga che stava rientrando nel suo castello. Per il conte e il fratello non ci furono speranze. I due uomini vennero trucidati. E Cardona, non contento, riempì un'anfora con il sangue dell'assassinato da portare in dono all'amante.
Fu Roberto Sanseverino a risolvere il caso. Insospettito dall'uccisione dell'amico, puntò un dito accusatore contro Bianca Maria e il suo nuovo amante. Pietro di Cardona cedette quasi subito ai violenti interrogatori e accusò la contessa di Challant come mandante dell'omicidio.
Era il 1526. Nel rivellino del Castello Sforzesco, davanti a centinaia di milanesi che avevano già ribatezzato Bianca "la Mantide di Challant", Bianca fu decapitata e la sua testa appesa nella chiesa di san Francesco a monito per tutte le donne di Milano. Chi era presente in quei giorni assicura che la donna, anche nell'inespressività della morte, aveva mantenuto intatta la sua stupefacente bellezza.
Per chi fosse curioso di conoscere quale fosse il volto della diabolica Mantide di Challant, ma non se la sentisse di compiere un giro di notte lungo il Castello Sforzesco e incontrare il fantasma, consigliamo una visita nella chiesa del Monastero Maggiore in corso Magenta. Qui nel 1530 Bernardino Luini affrescò la decapitazione di santa Caterina d'Alessandria. Secondo lo scrittore Matteo Bandello, Luini si ispirò al volto decapitato di Bianca, che aveva visto il giorno della sua morte.
Vedi anche: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/07/fantasmi-milano.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/08/i-fantasmi-del-castello-di-trezzo.html
http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2016/11/la-chiesa-dei-morti.html