Elementi gotici nella letteratura del Settecento e Ottocento (3) Guerrazzi


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Per la frequente ambientazione narrativa in epoche remote, superstiziose e tormentate, il romanzo storico si fa veicolo e teatro di accaduti assai vicini al gusto gotico; le fonti cronachistiche e la presunta veridicità sono il lasciapassare per le descrizioni truculente e terribili. "La battaglia di Benevento" recante il titolo "Storia del secolo XIII"


e incentrata su alcune vicende della corte normanna ne è una palese dimostrazione. L'autore, il livornese Guerrazzi, non si fa problemi a creare intrighi ed intrecci degni d'un romanzo della Radcliffe, ricorrendo ad orride e sinistre leggende, falsi (o comunque non confermati) spettri, sanguinose congiure, manieri dalle oscure e cavernose segrete, figure incappucciate; e fin dall'apertura esplicita i suoi intenti:

"Io racconto una storia di delitti, delitti atroci e crudeli, quali uomini scellerati, che hanno in odio il Creatore [...] possono commettere [...] Né alcuno mi accusi ch'io mi proponga atterrire anziché ammaestrare gente [...] Mediti prima chi tale si avvisa accusarmi su le vicende dei secoli [...]"

La periodizzazione medievale favorisce, come abbiamo già accennato, l'uso scenografico di vasti e tetri castelli. Così Guerrazzi ce ne descrive uno illuminato dalla luna:

"Alcuni torrioni pajono non aver fondamento sulla terra, e starsi così sospesi per l'aria: altri mezzo rovinati; e presentano alla fantasia uno di quei castelli che i romanzieri descrivono nelle loro leggende, dove gli spiriti maligni si radunano a celebrare il nefando sabbato, e inebbriarsi di sangue. La calda immaginazione dell'osservatore può vedere avvolgersi per quelle rovine lo spettro di Guglielmo il Malvagio"

Si stabilisce un sodalizio letterario, una continuazione ideale con i romanzieri gotici. In un altro castello del romanzo, sulla falsariga di  "The Mysteries of Udolpho" (1794) c'è una strana camera di forma cubica dall'accesso proibito, le cui pareti sono interamente rivestite di nero; priva di suppellettili, senza sedie o tavoli, ci sono solamente una lampada appesa al soffitto - anch'esso coperta da un velo nero - ed un singolo tabernacolo, forse di marmo, forse di legno, ma comunque nero.

"Nella parte occidentale del castello del conte di Caserta era una cameretta remota nella quale nessuno, per quanto fosse ardito, osava di penetrare. I servi, allorché nella notte faceva bisogno per alcuna faccenda passarvi vicino, commettevano alla sorte di quello che doveva andare; né questi apprendeva mai il suo nome senza impallidire; e sebbene si raccomandasse al suo santo protettore, e si munisse col segno santissimo della fede, pur tuttavia s'incamminava sempre tutto pauroso, senza volger la testa, a passi accellerati, mormorando un esorcismo. Ciò non accadeva senza forte ragione, imperciocché la tradizione portava che quivi fosse stato commesso un molto terribile delitto; e spesso vi si udivano pianti, gemiti ed urla disperate. V'era perfino gente della famiglia che giurava su l'Evangelo aver veduto uno spettro di donna con un pugnale nel seno, dal quale sgorgava un vivissimo sangue, farlesi incontro e domandarle con voce lamentevole: "Il mio figlio? il mio figlio?". Insomma al naturale orrore del luogo si aggiungevano le fantastiche paure di menti superstiziose e ignoranti"

Qual'è il segreto custodito nel tabernacolo? Un macabro teschio di donna, che il padrone del castello adora in segreto.

è chiaro da questi esempi come ne "La battaglia di Benevento" vi sia qualcosa in più rispetto ai crimini per quanto "atroci e crudeli", che l'autore stesso aveva annunciato di narrare in apertura al romanzo. Nonostante gli espliciti intenti didattici, c'è un'attrazione verso il Fantastico, che va oltre le consuete forme di suspense ed efferatezza proprie del romanzo storico popolare. Le premesse per una letteratura del terrore sembrano ormai complete.




Vedi anche: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2018/01/il-romanzo-nero-1-horace-walpole-e.html